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Marcel Proust - Alla ricerca del tempo perduto
"Alla ricerca del tempo perduto" (titolo originale "À la recherche du temps perdu") è un romanzo di Marcel Proust composto fra il 1908 e il 1922, anno della morte dello scrittore, e pubblicato a partire dal 1913 fino al 1927. Il componimento narrativo si sviluppa in sette volumi che sono "Dalla parte di Swann", "All'ombra delle fanciulle in fiore", "I Guermantes", "Sodoma e Gomorra", "La prigioniera", "La fuggitiva" e "Il tempo ritrovato".
Quest'opera, ritenuta con le sue quasi quattromila pagine la più lunga mai composta, è stata scritta da Proust per soddisfare un proprio bisogno personale di autoaffermazione. Egli era una persona con scarsa autostima, poca volontà e soprattutto omosessuale, situazione che, anche a causa del contesto socio-culturale dell'epoca, lo portava ad una chiusura su se stesso ancora maggiore. Scrivendo, Proust decide di darsi una possibilità di fare qualcosa per mostrare a se stesso quando valesse davvero. Infatti, alla fine della Recherche si sente pronto a scrivere un libro importante, un libro sul tempo e sull'uomo, ma non sarà un altro libro: è quello che ha appena scritto. Nella sua opera l'autore va ad indagare temi importantissimi ed oscuri come la memoria, l'importanza del ricordo e la felicità che ne deriva. Egli, insomma, compone il libro che aveva intenzione di scrivere mentre scrive per formarsi, per diventare scrittore.
Gli alberi di Hudimesnil - "All'ombra delle fanciulle in fiore" (pag. 20)
Questo passo è stato inserito nell'ambito delle esperienze con persone affette dal morbo d'Alzheimer, in quanto tratta dello sforzo che la memoria compie nel ricordare qualcosa ma senza successo. L'io narrante si trova su una carrozza e vede in lontananza degli alberi che gli pare di aver già visto altrove. Subito il protagonista si mette a pensare dove possa aver visto quegli alberi ma non riesce a darsi una spiegazione, non riesce a ricordare dove gli abbia già visti. La sensazione che sperimenta è un misto di angoscia e rammarico: è cosciente del fatto che le cose che dimentica non le potrà mai più rivivere, ma anzi saranno perdute per sempre.
Nel morbo d'Alzheimer, lo sforzo che la memoria attua per ricostruire se stessa è enorme e, purtroppo, col progredire della malattia è sempre più vano. Chi è affetto da questa patologia, per quanto possa sforzarsi, non riuscirà mai più a ricostruire parte della propria vita, ricordi di un'interiorità che svaniscono per sempre. Questo concetto è magnificamente espresso nella frase "tutta una parte di te stesso che noi ti stavamo portando cadrà per sempre nel nulla".
La madeleine - "Dalla parte di Swann" (pag. 25)
Nell'illustrare i meccanismi di funzionamento di un hard disk, è subito risultato evidente quanto debba essere precisa la memorizzazione e la ricerca dei file archiviati perché il computer funzioni correttamente, tanto che necessita di una mappa, la FAT, così che il sistema operativo abbia sempre disponibile rapidamente le coordinate di ogni singolo file.
Non funziona così per la memoria umana. Il passo citato è quello famosissimo della madeleine, il dolcetto dell'infanzia di Proust che, riassaporandolo ormai da adulto, lo riporta a vivere i momenti più felici delle sue estati alla Maison de Tante Léonie. Tuttavia, l'autore precisa che non è un percorso razionale e intenzionale; per caso Proust prova l'estasiante sensazione del ricordo. Quando invece egli si sforza con la volontà e la razionalità di ricordare che cosa di preciso quella madeleine stesse rievocando, fallisce miseramente. Il ricordo viene spontaneo, è irrazionale, non può essere sondato a nostro piacimento ma è lui stesso che riaffiora in noi non appena trova un collegamento con il presente. Infatti, proprio nel momento in cui l'autore termina di sforzarsi con la memoria volontaria e dà qualche attimo di quiete alla propria mente, ecco che subito viene inondato dai profumi e dai sapori della propria infanzia. Questo dimostra l'enorme superiorità dell'uomo rispetto alle macchine; esse sono solo meccanicità, seguono stupidamente degli algoritmi senza una reale consapevolezza. L'uomo invece possiede l'immaginazione: "Cercare? Di più: creare".
La verità del ricordo - "Il tempo ritrovato" (pag. 49)
Così come Seneca spiega a Lucilio che nella senescenza la vita viene vista in maniera più distaccata, così Proust nelle ultime pagine dell'ultimo volume fa presente che spesso la vita viene vista da lontano in modo errato. A volte, col passare del tempo, una persona ripensa alla propria vita e, nonostante abbia vissuto anche dei momenti estremamente belli e sereni, la vede priva di attrattiva, la vede insoddisfacente, brutta. Questo capita perché spesso si fa riferimento ai nostri ricordi, che sono soggettivi in quanto siamo noi ad attribuire loro le caratteristiche, e quindi essi non corrispondono più a quello che realmente è stato della vita.
Questa concezione dell'immaginarsi il mondo e del vederlo com'è realmente è anche alla base del romanzo "Le lacrime di Nietzsche": ciò che a Breuer e Nietzsche sembrava di vitale importanza, in realtà non era che per entrambi nulla più che una parentesi della loro esistenza, una parentesi che però nel romanzo li ha tormentati per molto tempo e, solo alla fine, rendendosi conto che ciò che si ricordavano non era ciò che rispecchiava la realtà, sono riusciti a scaricarsi di questo gravoso tormento.
La felicità nel ricordo - "Il tempo ritrovato" (pag. 56)
Nell'ultima pagina del settimo volume Proust ci svela il segreto che rende l'uomo felice quando ricorda: l'immaginazione. L'uomo in quanto tale, come si diceva in precedenza, non è solo razionalità ma è anche emotività, immaginazione, impulsi. Tutta questa sfera emotiva non può essere espressa nella realtà perché il tempo che corre nella vita di tutti i giorni non lascia spazio a ciò, ma permette appena alla razionalità di capire che cosa ci stia succedendo intorno e quindi di reagire di conseguenza. Immerso nel tempo, l'uomo è incapace di goderne. Il ricordo però è la sua arma più poderosa: il ricordo è extratemporale, non appartiene al tempo e quindi ad esso è applicabile l'immaginazione, la fantasia, la parte più emotiva e forse anche più importante dell'essere umano. Solo lì, nel ricordo, possono avere sfogo tutti questi aspetti e l'uomo si sente davvero felice.
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