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Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev'essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua, e delle tegole al sole. Adesso a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di padron 'Ntoni, quelli della casa del nespolo, e della Provvidenza ch'era [continua]
Per
tutto il paese non si parlava d'altro che del negozio dei lupini, e come
- Un affar d'oro! - vociava Piedipapera, arrancando colla gamba storta dietro a padron 'Ntoni, il quale era andato a sedersi sugli scalini della chiesa, accanto a padron Fortunato Cipolla, e al fratello di Menico della Locca che stavano a prendere il fresco. - Lo zio Crocifisso strillava come se gli strappassero le penne mastre, ma non bisogna badarci, perché delle penne ne ha molte, il vecchio. - Eh! s'è lavorato! potete dirlo anche voi, padron 'Ntoni! - ma per padron 'Ntoni ei si sarebbe buttato dall'alto del fariglione, com'è vero iddio! e a lui lo zio Crocifisso gli dava retta, perché [continua]
Dopo la
mezzanotte il vento s'era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero
tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire
attorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera
di S. Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell'anima di Giuda. Insomma
una brutta domenica di settembre, di quel settembre traditore che vi lascia
andare un colpo di mare fra capo e collo, come una schioppettata tra i
fichidindia. Le barche del villaggio erano tirate sulla spiaggia, e bene
ammarate alle grosse pietre sotto il lavatoio; perciò i monelli si divertivano
a vociare e fischiare quando si vedeva passare in lontananza qualche [continua]
Il peggio era che i lupini li avevano presi a credenza, e lo zio Crocifisso non
si contentava di «buone parole e mele fradicie», per questo lo chiamavano
Campana di legno, perché non ci sentiva da quell'orecchio, quando lo volevano
pagare con delle chiacchiere, e diceva che «alla credenza ci si pensa». Egli
era un buon diavolaccio, e viveva imprestando agli amici, non faceva altro
mestiere, che per questo stava in piazza tutto il giorno, colle mani nelle
tasche, o addossato al muro della chiesa, con quel giubbone tutto lacero che
non gli avreste dato un baiocco; ma aveva denari sin che ne volevano, e se
qualcheduno andava a chiedergli dodici tarì glieli prestava subito, col pegno,
perché «chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno» a
patto di averli restituiti la domenica, d'argento e colle colonne, che [continua]
Anche compare Mosca aveva un'aria stralunata, e vedendo in quel modo la ragazza, con quel fazzoletto nero che ci aveva al collo, se la prendeva coi bottoni del farsetto, si dondolava ora su di un piede e ora su di un altro, e avrebbe pagato qualche cosa per andarsene. - Sentite, io non ci ho colpa, l'ho sentito dire nel cortile di Campana di legno, mentre stavo spaccando il carrubbo che fu schiantato dal temporale [continua]
'Ntoni
era arrivato in giorno di festa, e andava di porta in porta a salutare i vicini
e i conoscenti, sicché tutti stavano a guardarlo dove passava; gli amici gli
facevano codazzo, e le ragazze si affacciavano dalle finestre; ma la sola che
non si vedesse era Sara di comare Tudda.
- Se n'è andata ad Ognina con suo marito, gli disse
- Uno che è vedovo è come uno che vada soldato, aggiunse
Comare Venera
Quello fu un brutto Natale pei Malavoglia; giusto in quel tempo anche Luca prese il suo numero alla leva, un numero basso da povero diavolo, e se ne andò a fare il soldato senza tanti piagnistei, che ormai ci aveva fatto il callo. Stavolta 'Ntoni accompagnando il fratello col berretto sull'orecchio, talché pareva fosse lui che partisse, gli diceva che non era nulla, e anche lui aveva fatto il soldato. Quel giorno pioveva, e la strada era tutta una pozzanghera.
- Non voglio che mi accompagnate, - ripeteva Luca alla mamma; - già la stazione è lontana. - E stava sull'uscio a veder piovere sul nespolo, col suo fardelletto sotto il [continua]
Luca, poveretto, non ci stava né meglio né peggio; faceva il suo dovere laggiù, come l'aveva fatto a casa sua, e si contentava. Non scriveva spesso, è vero - i francobolli costavano venti centesimi - né aveva ancora mandato il ritratto, perché da ragazzo lo canzonavano che aveva le orecchie d'asino; e invece di tanto in tanto metteva nella lettera qualche biglietto da cinque lire, che trovava modo di buscarsi servendo gli ufficiali.
Il
nonno aveva detto: «Prima deve maritarsi
Né i
Malavoglia, né alcun altro in paese sapevano di quel che stavano almanaccando
Piedipapera collo zio Crocifisso. Il giorno di Pasqua padron 'Ntoni prese
quelle cento lire che ci erano nel canterano, e si mise il giubbone nuovo per
andare a portarle allo zio Crocifisso.
- Che sono tutte qui? disse costui.
- Tutte non ci possono essere, zio Crocifisso; voi lo sapete quel che ci vuole
a far cento lire. Ma «meglio poco che nulla» e «chi dà acconto non è cattivo
pagatore». Ora viene l'estate, e coll'aiuto di Dio pagheremo [continua]
'Ntoni
andava a spasso sul mare tutti i santi giorni, e gli toccava camminare coi
remi, logorandosi la schiena. Però quando il mare era cattivo, e voleva
inghiottirseli in un boccone, loro,
Il sangue dei Malavoglia! diceva il nonno; e bisognava vederlo alla manovra,
coi capelli che gli fischiavano al vento, mentre la barca saltava sui marosi
come un cefalo in amore.
La Provvidenza si avventurava spesso al largo, così vecchia e
rattoppata com'era, per amore di quel po' di pesca, ora che nel paese c'erano
tante barche che spazzavano il [continua]
Una volta 'Ntoni Malavoglia, andando girelloni pel paese, aveva visto due giovanotti che s'erano imbarcati qualche anno prima a Riposto, a cercar fortuna, e tornavano da Trieste, o da Alessandria d'Egitto, insomma da lontano, e spendevano e spandevano all'osteria meglio di compare Naso, o di padron Cipolla; si mettevano a cavalcioni sul desco; dicevano delle barzellette alle ragazze, e avevano dei fazzoletti di seta in ogni tasca del giubbone; sicché il paese era in rivoluzione per loro.
'Ntoni, quando la sera tornava a casa, non trovava altro che le donne, le quale mutavano la salamoia nei barilotti, e cianciavano in crocchio colle vicine, sedute sui [continua]
Padron 'Ntoni, ora che non gli era rimasto altri che Alessi pel governo della barca, doveva prendere a giornata qualcheduno, o compare Nunzio, che era carico di figliuoli, e aveva la moglie malata, o il figlio della Locca, il quale veniva a piagnucolare dietro l'uscio che sua madre moriva di fame, e lo zio Crocifisso non voleva dargli nulla, perché il colèra l'aveva rovinato, diceva con tanti che erano morti e gli avevano truffati i denari, talché aveva preso il colèra anche lui, ma non era morto, aggiungeva il figlio della Locca, e scuoteva il capo tristamente. - Adesso ci avremmo da mangiare io e mia madre e tutto il parentado, se fosse morto. Siamo stati a curarlo due giorni colla Vespa, che pareva avesse ad andarsene da un momento all'altro, ma poi non è morto!
Però, quel che i Malavoglia guadagnavano non bastava spesso a pagare lo zio Nunzio, o il figlio della [continua]
Padron 'Ntoni, come il nipote gli arrivava a casa ubbriaco, la sera, faceva di tutto per mandarlo a letto senza che gli altri se ne avvedessero, perché questo non c'era mai stato nei Malavoglia, e gli venivano le lagrime agli occhi. La notte, quando si alzava e chiamava Alessi per andare al mare, lasciava dormire l'altro; tanto non sarebbe stato buono a nulla. 'Ntoni da prima se ne vergognava, e andava ad aspettarli sulla riva appena tornavano, colla testa bassa. Ma a poco a poco ci fece il callo, e diceva fra di sé: - Così domani faremo ancora domenica!
Il povero vecchio cercò tutti i mezzi di toccargli il cuore e di nascosto gli fece persino esorcizzare la camicia da don Giammaria, e spese tre tarì. - Vedi! Gli diceva, questo non c'è mai stato nei [continua]
Quando 'Ntoni Malavoglia incontrò don Michele per dargli il resto fu un brutto affare, di notte, mentre diluviava, ed era scuro che non ci avrebbe visto neppure un gatto, all'angolo della sciara verso il Rotolo, dove bordeggiavano quatte quatte le barche che facevano finta di pescare merluzzi a mezzanotte, e dove 'Ntoni andava a ronzare, con Rocco Spatu, e Cinghialenta, ed altri malarnesi, con la pipa in bocca, che le guardie le conoscevano ad una ad una quelle punte di fuoco delle pipe, mentre stavano appiattate fra gli scogli con le carabine in mano.
- Comare Mena, - aveva detto don Michele un'altra volta, passando dalla strada del Nero; - ditegli a vostro fratello di non andarci di notte al Rotolo, con Rocco Spatu e Cinghialenta.
Ma 'Ntoni aveva fatto il sordo perché «ventre affamato non sente ragione»; e don Michele non gli faceva più paura, dopo che si erano rotolati a pugni e a cazzotti sotto le [continua]
La gente diceva che
Amici di Famiglia:
Personaggi vari:
Don Franco
Pizzuto
Zio Santoro
Padron Cipolla
Zio Cola
Zio Crocifisso
Piedipapera
Massaro Filippo
Cinghialenta
Donne del paese:
NARRATORE
E' onnisciente, conosce tutti i fatti e spesso li anticipa, come la morte del giovane Luca. Si limita a raccontare le azioni senza esprimere giudizi personali. Sembra un narratore popolare che condivide il modo di comportarsi, i pregiudizi, la mentalità, la cultura del mondo di cui parla, anche perché i luoghi del romanzo sono gli stessi nativi dell'autore. Il punto di vista è esterno.
PROTAGONISTA
Può essere
considerata l'intera famiglia dei Malavoglia, presentata direttamente dal
narratore all'inizio del romanzo. Come per tutti gli altri personaggi non c'è
presentazione fisica, quasi a significare che tutte le persone che vivono in
queste pagine possono essere considerati dei tipi. Il narratore non si fa
mai portavoce dei pensieri dei personaggi, ma li lascia parlare liberamente .La
famiglia viene paragonata alle dita della mano: padron Ntoni era il
"patriarca", sapeva molti proverbi simbolo della saggezza popolare, Bastianazzo
definito " grande e grosso",
Padron 'Ntoni: è il capofamiglia, il più anziano. È un uomo caparbio che non rinuncia mai a fare il suo dovere. Amante del mare e quindi del suo mestiere di pescatore. Inizialmente il narratore non descrive in modo dettagliato il personaggio, dice solo che è un vecchi curvo, ma in seguito, quando si ammala, lo descrive con maggiore attenzione, come se attraverso la descrizione fisica emergesse anche il profilo psicologico e affettivo.
Padron 'Ntoni non si oppone alla società del suo tempo, né la subisce, la rispetta, con tutte le sue credenze e tradizioni.
Il suo animo sereno nel primo capitolo va cambiando attraverso le disgrazie che dovrà affrontare. Negli ultimi capitoli troviamo un uomo stanco della vita, che, ormai giunto ad una età avanzata, non aspetta che la morte.
Bastianazzo: è il figlio di Padron 'Ntoni, è un uomo di buon cuore e lavoratore. Muore ancora giovane in mare durante una tempesta.
Maruzza (
La sua serenità svanisce con la morte prematura del marito, e poi del figlio Luca. Il dolore per le numerose perdite la invecchia precocemente. La sua vita viene spezzata da una grave malattia: il colera.
'Ntoni: è il figlio maggiore di Bastianazzo e Maruzza. È un ragazzo giudizioso, anche se a volte troppo impulsivo. Col passare degli anni, la sua voglia di lavorare diventa sempre minore, si ribella alla sua condizione di miseria e povertà, in un modo insolito: smette di lavorare e va a cercare guai all'osteria. Questa vita lo porterà a scontare cinque anni di galera. Dopo essere stato rilasciato, lascia il paese d'origine.
Mena: è una figlia giudiziosa e riservata. È soprannominata Sant'Agata per il suo assiduo lavoro al telaio. Dopo la morte della madre sa educare la sorella minore Lia e mandare avanti la casa.
Le disgrazie e i dispiaceri la invecchiano assai precocemente: a soli ventisei anni le sembra già di essere vecchia.
È molto influenzata dalla società del suo tempo, infatti decide di non sposarsi con Alfio Mosca, di cui era innamorata, perché questo avrebbe riportato sulla bocca di tutti la triste sorte della sorella.
Luca: "un vero Malavoglia", giudizioso e di buon cuore, come il padre, muore prematuramente in guerra.
Alessi: è un bravo ragazzo, si dà da fare per tirare su la famiglia dopo la morte del nonno, del padre, della madre e la "fuga" di 'Ntoni . Riesce a riscattare la casa del Nespolo e ricostruisce la famiglia dei Malavoglia. Sposa una brava ragazza, Nunziata.
Lia: La più piccola della famiglia Malavoglia. Finisce sulle bocche di tutti dopo il processo del fratello, e per questo lascia Aci Trezza. Nessuno avrà più sue notizie. Solo Alfio Mosca sa la verità.
ALTRI PERSONAGGI
Il "secondo
protagonista" del romanzo è l'intero paese, composto da personaggi uniti da una
stessa cultura ma divisi da antiche rivalità, tipi che parlano e si confondono
tra loro creando un effetto corale che nei primi capitoli quasi disorienta il
lettore.
TEMPO
Le vicende durano circa otto o nove anni ( Alfio Mosca nel quindicesimo capitolo dice che erano passati otto anni da quando aveva lasciato Aci Trezza), mentre il tempo del racconto non è omogeneo. Sono frequenti le ellissi e spesso vengono narrate intere giornate. Il ritmo è quindi abbastanza accelerato, frammentario e solo in alcuni punti viene rallentato da piccole riflessioni e descrizioni. L'elemento dominante è la scena e in questi punti tempo del racconto e tempo della storia coincidono. Sono praticamente assenti flashback e anticipazioni. Le indicazioni temporali sono solamente quelle legate alle feste liturgiche e all'alternarsi delle stagioni, elementi tipici che caratterizzano lo scorrere del tempo nella cultura contadina.
LUOGHI
L'intero romanzo è ambientato ad Aci Trezza, piccolo paese vicino Catania. Il paesino è solo il contenitore delle vicende caratterizzato da luoghi tipici: la piazza, luogo dei pettegolezzi, l'osteria dei perdigiorno e luogo di sotterfugi, la casa come nido domestico. Il mare e il cielo coi suoi "Tre re" sono presenze vive e palpabili che osservano distanti e pacifici le vicissitudini dei personaggi.
STILE
Il romanzo crea l'illusione che a parlare sia il mondo raccontato. Verga applica la formula verista, filtra il racconto attraverso i pensieri e i discorsi dei personaggi; questa viene definita la tecnica del "discorso rivissuto" che dà come conseguenza un effetto di vivacità. Dice lo stesso Verga per giustificare il suo oggettivismo: "Chi osserva questo spettacolo non ha diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione e rendere la scena nettamente coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realtà come è stato o come avrebbe dovuto essere".
CONTESTO
Il contesto è culturale. Dato che si tratta di un romanzo verista, Verga coglie la realtà del suo tempo, perciò punta sulla cultura e sul modo di pensare dei pescatori.
Tra le righe del romanzo si legge la presenza forte, occulta, ma soprattutto nemica dello Stato, incombente sul piccolo mondo dei pescatori col suo servizio di leva, le sue imposte, la sua iniqua giustizia.
TEMA E SIGNIFICATI
Come abbiamo già
sottolineato e come lo stesso Verga ci dice nella prefazione, la tematica
affrontata è quella della lotta per i bisogni fondamentali dell'uomo, la
tematica del lavoro e della fatica incessante per ottenere risultati distrutti
poi dalle disgrazie, la tematica dei vinti. Vari possono essere gli spunti
carichi di significati metaforici: l'asino di Alfio Mosca,
Appunti su: https:wwwappuntimaniacomumanisticheletteratura-italianomalavoglia33php, |
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