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LUDOVICO ARIOSTO
Politica, arte e letteratura a Ferrara tra Quattro e Cinquecento
La vita e la produzione letteraria di Ludovico Ariosto si svolsero sullo sfondo della corte di Ferrara nei primi decenni del Cinquecento, quando la città era governata dalla famiglia d'Este. Il padre di Ludovico, Niccolò, apparteneva alla piccola nobiltà ferrarese, ricca di iniziative ma economicamente modesta. Fino alla morte, avvenuta nel 1500, era stato funzionario degli Estensi in qualità di amministratore e diplomatico, sperando di consolidare la fortuna finanziaria e politica dello Stato ferrarese e, insieme, della propria famiglia. Scomparso Niccolò, il primogenito Ludovico, che avrebbe desiderato proseguire gli studi letterari e artistici, fu invece costretto a seguire le orme paterne, per poter provvedere ai bisogni dei nove fratelli minori. Entrò così alle dipendenze degli Estensi come cortigiano e funzionario di corte. L'attività burocratica e politica divenne il mestiere con il quale egli avrebbe mantenuto se stesso e la famiglia per tutta la vita.
Impegnato in ambasciate, missioni e affari amministrativi, Ariosto dedicò il proprio tempo libero alla letteratura, alla creazione artistica, che egli sentiva come aspirazione principale. L'ambiente della corte ferrarese gli fornì gli stimoli fondamentali: tra il Quattro e il Cinquecento, infatti, Ferrara era una delle capitali culturali, oltre che politiche, d'Italia e d'Europa, in cui confluivano i maggiori filosofi, artisti e scienziati dell'epoca. A partire dalla metà del XV secolo, in particolare, la famiglia Estense, per motivi di prestigio e per gusto personale, aveva deciso di promuovere il rilancio del ducato di Ferrara su scala internazionale; attirati da commissioni e incarichi ben remunerati, erano approdati in città grandi architetti, famosi pittori, umanisti e studiosi di talento. Così, in pochi decenni, si era creato un ambiente artistico vivace e produttivo.
Alle origini della poesia di Ariosto
A Ferrara la sperimentazione e la ricerca letteraria si erano indirizzate verso due generi poetici che riscuotevano grande interesse e ammirazione nel raffinato pubblico di corte composto da duchi, cavalieri e principesse: il teatro e il romanzo cavalleresco di origine medievale.
Già il poeta Matteo Maria Boiardo (1441-1494) si era mosso in questa direzione, offrendo alla famiglia estense un grande poema cavalleresco, l'Orlando innamorato, e una commedia, Il Timone, composta per le nozze del duca Ercole I con Anna Sforza. Considerato il successo di queste opere, Ariosto decise di proseguire sulla stessa via, cercando di perfezionare le forme letterarie sperimentate da Boiardo, e di mostrare il proprio grande talento e la propria fantasia inesauribile. Così nacquero i suoi capolavori: le cinque commedie (La Cassaria, I Suppositi, Il Negromante, La Lena, I Studenti) e soprattutto il poema Orlando furioso.
Dalla diretta esperienza della vita di corte, fra politica e cultura, impegni burocratici e aspirazioni artistiche, Ariosto trasse i temi per la realizzazione dell'altra sua grande opera, la raccolta delle Satire, una riflessione sui costumi di quel mondo nel quale aveva trascorso la sua esistenza, rievocandone le tappe fondamentali; gli studi all'Università di Ferrara; la morte del padre; la necessità di provvedere ai bisogni economici della famiglia; le difficoltà delle mansioni affidategli dalla famiglia Estense; il desiderio di libertà e autonomia, spesso frustrato dal controllo e dalla severità dei principi; la scoperta del valore degli affetti e delle amicizie.
Le Satire, le commedie e l'Orlando furioso sono opere assai diverse fra loro, e tuttavia rappresentano l'unicità della vocazione artistica dell'autore, tesa da un lato alla rappresentazione della varietà del mondo, per cogliere il significato dell'esistenza e delle passioni umane; e dall'altro alla trasfigurazione poetica della realtà storica, per scorgere le verità profonde e universali nascoste sotto la superficie degli eventi.
Nel mondo di Ariosto: filoni di ispirazione e linee di sviluppo
La biografia di Ariosto è priva di colpi di scena e gesti spettacolari, apparentemente divisa tra le fastidiose incombenze professionali e gli svaghi letterari, tra le preoccupazioni dell'uomo di corte, stipendiato dalla famiglia ducale, e gli ozi dello scrittore. Dietro tale divaricazione, però, la letteratura non fu per Ariosto una via di fuga e evasione dalla realtà, dalle ristrettezze della vita quotidiana, verso i regni felici dell'arte e della fantasia; semmai divenne l'occasione per mettere a profitto la propria esperienza del mondo, per dare espressione compiuta alle intuizioni sulla natura degli uomini e le relazioni sociali. In questa prospettiva la sua evoluzione letteraria si sviluppò in maniera particolare: la carriera artistica di Ariosto, infatti, fu dominata e contrassegnata sa una sola "grande" opera, l'Orlando furioso, pensata ed elaborata, corretta e perfezionata senza soste per trent'anni, dal 1502 al 1532, quale sintesi complessiva della propria visione del mondo.
Il lavoro sul testo dell'Orlando furioso passò attraverso diverse tappe: la lunga fase iniziale approdò alla prima edizione, pubblicata a Ferrara nel 1516; nel 1521 il poema venne ristampato, dopo l'aggiunta di un centinaio di versi e un'attenta revisione linguistica; tra il 1524 e il 1531 vennero aggiunti nuovi episodi alla trama, e fu raffinata la veste lessicale e sintattica. Nel 1532, pochi mesi prima della morte dell'autore, venne pubblicata la terza e definitiva redazione dell'opera, al termine di un complesso processo evolutivo, che consegnò ai lettori un testo ormai molto cambiato rispetto a quello del 1516. Lungo questo arco pluridecennale si collocarono le opere minori: le poesie giovanili in latino e in volgare, scritte all'inizio del secolo; le cinque commedie, composte e rielaborate dal 1508 al 1532 e le sette Satire, composte tra il 1517 e il 1525.
Vita dell'autore
(Reggio Emilia 1474 - Ferrara 1533)
Primogenito del ferrarese Nicolò (capitano della cittadella di Reggio, poi tesoriere generale delle milizie estensi e capo dell'amministrazione comunale di Ferrara) e della reggiana Doria Malaguzzi Valeri, fu indirizzato allo studio del diritto, riuscendo poi, nel 1494, a ottenere dal padre di potersi dedicare alla lettere. In una capitale della civiltà rinascimentale qual era Ferrara tra Quattrocento e Cinquecento, il giovane Ariosto ebbe modo di acquisire una discreta educazione umanistica sotto la guida del dotto monaco agostiniano Gregorio de Spoleto, educazione che non poté però approfondire perché, rimasto orfano del padre nel 1500, fu costretto a interrompere gli studi e a provvedere al sostentamento della famiglia e all'educazione dei nove fratelli. Per godere dei benefici ecclesiastici, nel 1503 prese gli ordini minori e nel 1504 entrò al servizio del cardinale Ippolito d'Este, fratello del duca Alfonso. Ma, uomo d'azione scarsamente incline agli interessi letterari, il cardinale lasciava poco spazio alle esigenze del poeta. Lo incaricò invece di numerose ambascerie: a Firenze, a Mantova e più volte a Roma, presso papa Giulio II, sempre per missioni molto delicate e, specialmente quelle romane, talora anche rischiose. Nel 1516 uscì a Ferrara la prima edizione dell' Orlando furioso (probabilmente iniziato intorno al 1505) con dedica a Ippolito. L'anno seguente, licenziato dal cardinale per aver rifiutato di seguirlo nella sua sede arcivescovile, in Ungheria, entrò al servizio del duca Alfonso. Nel 1522 le difficoltà economiche familiari, aggiuntesi alla grave situazione dell'intero ducato (che aveva costretto il duca a privare il poeta del salario), costrinsero Ariosto ad accettare l'incarico di governatore della Garfagnana, allora infestata dai briganti e travagliata da lotte interne; compito che egli assolse fino al 1525 con notevole senso pratico e non senza generosità. Tornato a Ferrara, acquistò in contrada Mirasole la "parva domus", dove poté godere dei sempre sognati otia letterari, confortato dall'affetto di Alessandra Benucci (vedova dell'amico Tito Strozzi, che l'Ariosto sposerà segretamente nel 1528) e del figlio prediletto Virginio, natogli nel 1509 da una precedente relazione (un altro figlio illegittimo l'aveva avuto con una domestica). In quegli anni ricorresse instancabilmente il Furioso; organizzò rappresentazioni teatrali per la corte, mantenendo intensi rapporti con gli amici umanisti e, più raramente, svolgendo missioni politico - diplomatiche per il suo duca. A Venezia, nel 1531, incontrò Tiziano, che fece il suo ritratto, mentre Alfonso d'Avalos, marchese di Pescara, gli assegnò una pensione annua di cento ducati d'oro, a testimonianza d'una fama ormai consacrata in Italia e Europa.
Struttura e nuclei tematici del poema
A livello strutturale, le vicende narrate nel poema si intrecciano e si sovrappongono fra loro: le avventure dei personaggi si interrompono e riprendono, non in maniera casuale ma secondo una strategia attentamente calibrata, che vuole conservare in equilibrio fatti lieti e tristi, amorosi e guerreschi, senza generare gli effetti di monotonia dovuti al prevalere degli uni sugli altri.
Nella complessa trama dell'Orlando furioso si possono riconoscere tre nuclei principali, che corrispondono alle storie fondamentali del poema:
la storia epica: la guerra mossa da Agramente, re dei saraceni, e da Marsilio, re di Spagna, contro Carlo Magno, che oppone cavalieri musulmani e cristiani e che comporta una serie di colpi di scena, fino alla vittoria dell'esercito di Carlo;
la storia sentimentale: la passione di Orlando, il più valoroso paladino cristiano, per Angelica (la bellissima figlia del re del Catai), la tenace ricerca dell'amata da parte del paladino, il quale, scoperte le nozze di Angelica con Medoro, dapprima impazzisce e poi riacquista la ragione, grazie al viaggio di Astolfo che recupera il suo senno della luna;
la storia celebrativa: l'amore tra Ruggero (cavaliere saraceno) e Bradamante (guerriera cristiana), che si snoda attraverso varie peripezie e si conclude con la conversione di Ruggero e il matrimonio con l'amata, da cui avrà origine, nella fantasia, la famiglia Estense.
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