Ludovico Ariosto (1474-1533)
Primo di dieci figli, Ludovico
Ariosto nasce a Reggio Emilia l'8 settembre 1474 da Daria Malaguzzi Valeri e
dal conte Niccolò Ariosto, capitano della rocca di quella città. La famiglia si
trasferisce prima, nel 1481, a Rovigo, dove Niccolò è stato inviato dal duca I
d'Este con l'incarico di comandante della guarnigione; poi, a seguito della
guerra scoppiata tra Ferrara e Venezia, a Reggio, infine nel 1484, a Ferrara. E
ferrarese, poi l'Ariosto amò sempre dirsi, tanto che, oramai vecchio,
dichiarava che avrebbe ucciso chi gli avesse impedito di passeggiare ogni
giorno sulla piazza di Ferrara, tra la facciata del duomo e le due statue dei
marchesi Niccolò e Borso. In mezzo a quell'Italia sconvolta dalle guerre tra
Spagna e Francia, Ferrara rappresentava per lui la stabilità. Tra il 1489 e il
1494, contro voglia, per volere del padre, e con esiti piuttosto modesti,
studia diritto presso l'Università di Ferrara. Ma intanto partecipa alla vivace
vita della corte di Ercole I, dove entra in contatto con vari e prestigiosi
letterati e umanisti (Ercole Strozzi, Pietro Bembo e molti altri). Lasciato
finalmente libero dal padre di dedicarsi ai prediletti studi letterari,
abbandona la giurisprudenza e intraprende lo studio della letteratura latina,
impegnandosi anche in una produzione poetica sia latina (liriche amorose,
elegie, De diversis amoribus, De laudibus Sophiae ad Herculem
Ferrariae ducem primum, Epithalamium, epitaffi ed epigrammi) sia volgare,
le Rime (pubblicate postume 1546).Nel 1500 si chiude bruscamente il
periodo degli studi tranquilli e dell'ozio letterario e si colloca la prima e
traumatica svolta nella vita dell'Ariosto. Muore il padre, lasciando a lui che
è il primogenito, oltre a una non floridissima situazione economica, la tutela
delle cinque sorelle e dei quattro fratelli (tre dei quali minorenni e il
maggiore Gabriele paralitico, che rimane con lui tutta la vita). Per provvedere
alle necessità familiari, è costretto, pertanto, ad assumere i più diversi
incarichi pubblici e privati, che a malincuore vengono continuamente a
distrarlo dall'attività letteraria, l'unica a lui congeniale. E proprio a causa
delle condizioni economiche e materiali imposte dalla vita cortigiana,
l'Ariosto, a differenza del Boiardo, avverte una forte contraddizione tra la
sua passione letteraria e il legame con la corte estense.Nel 1502 ottiene il
capitanato della rocca di Canossa. Intorno al 1503 ha un figlio, Giambattista,
dalla domestica Maria (più tardi avrà un altro figlio, Virginio, da Olimpia Sassomarino).
Sempre nello stesso anno entra al servizio del cardinale Ippolito d'Este,
figlio di Ercole I e fratello del duca Alfonso. Sotto il «giogo del Cardinal da
Este», uomo gretto, avaro e insensibile alla cultura e alla poesia, svolge
svariati, faticosi, mal retribuiti e ingrati compiti: dalle incombenze
pratiche, quali aiutare il signore a spogliarsi, alle faccende amministrative,
dalle funzioni di intrattenimento e di rappresentanza alle delicate e rischiose
missioni politiche e diplomatiche. Tra il 1507 e il 1515, periodo assai ricco
di incidenti diplomatici, è spesso costretto a fare viaggi a cavallo per
recarsi ad Urbino, a Venezia, a Firenze, a Bologna, a Modena, a Mantova e a
Roma. E così, mentre attende alla stesura dell'Orlando furioso, e si impegna
nell'ambito del teatro di corte, scrivendo e mettendo in scena i primi
importanti esperimenti del nuovo teatro volgare, le commedie Cassaria e I
Suppositi, l'Ariosto è protagonista di una delle fasi più aspre delle
guerre d'Italia.Nel 1509 segue il cardinale nella guerra contro Venezia. Nel
1510 si reca a Roma per ottenere la revoca della scomunica inflitta da papa
Giulio II al cardinale, ma viene minacciato di essere gettato ai pesci. Nel
1512, insieme al duca Alfonso, vive una romanzesca fuga attraverso gli
Appennini, per sottrarsi alle ire del pontefice, deciso a non riconciliarsi con
gli Estensi, alleatisi con i francesi nella guerra della Lega Santa.Nel 1513, alla
morte di Giulio II, si reca nuovamente a Roma per felicitarsi con il nuovo papa
Leone X, sperando, tuttavia invano, di ottenere un beneficio generoso che gli
permetta una sistemazione più tranquilla. In quello stesso anno torna a
Firenze, dove dichiara il suo amore alla donna della sua vita, Alessandra
Benucci, una fiorentina sposata con il ferrarese Tito Strozzi. Morto il marito,
nel 1515, la Benucci verrà ad abitare a Ferrara, ma non vivrà mai con lui,
neppure dopo il matrimonio, celebrato in gran segreto nel 1527 - affinché lei
non perda i diritti all'eredità del marito e lui i suoi benefici ecclesiastici.
Nel 1516 esce la prima edizione dell'Orlando furioso, dedicata al
cardinale Ippolito d'Este, che tuttavia non dimostra alcuna gratitudine. E
quando, nel 1517, questi, eletto vescovo di Buda, pretende che il poeta lo
segua in Ungheria, egli si rifiuta, rompendo ogni legame. Siamo a un'altra
svolta nella vita dell'Ariosto. Inizia un tormentato periodo di crisi non solo
per il poeta, in gravi difficoltà economiche, familiari e giudiziarie (per
certe proprietà terriere della sua famiglia), ma anche per il ducato Estense in
lotta con il papato e per l'Italia intera. Nel 1518, dunque, passa al servizio
- o «servitù» - del duca Alfonso, pur senza migliorare la situazione economica.
Intanto, tra il 1517 e il 1525, attende alla composizione delle sette Satire
(pubblicate solo nel 1534): realistica e amara meditazione sugli ambienti
cortigiani e sulla sorte degli uomini di lettere. Questi sono probabilmente anche
gli anni a cui risale la stesura dei Cinque Canti, composti in vista di
un inserimento nel Furioso, ma poi lasciati da parte a causa dei toni cupi e
perciò dissonanti rispetto al resto del poema. Tra il 1519 e il 1520 prosegue
la composizione delle rime in volgare e compone, inoltre, due commedie Il
Negromante e I studenti (incompiuta). Dopo aver ristampato nel 1521
il Furioso, essendogli stato sospeso lo stipendio di cortigiano, nel
1522 l'Ariosto è costretto, seppur malvolentieri, ad accettare l'incarico
affidatogli dal duca Alfonso: il commissariato della regione montuosa e
selvatica della Garfagnana. Le Lettere, scritte per dovere d'ufficio al
duca, rivelano la grande fermezza, serietà e sagacia amministrativa e politica
con cui l'Ariosto cercò di ricondurre la legge e l'ordine in quel territorio di
confine, infestato dai banditi e dalle violenza delle fazioni rivali. Lasciata
la Garfagnana, nel 1525 si apre un periodo più sereno e per il poeta e per il
suo ducato. Tornato a Ferrara, il duca gli affida varie cariche amministrative
ma anche incarichi a lui più congeniali. Viene chiamato, infatti, a far parte
del Maestrato dei savi e viene nominato sovrintendente agli spettacoli di
corte. Riscrive in versi la Cassaria e I Suppositi, rielabora Il
Negromante e nel 1528 scrive una nuova commedia, la Lena. Nel 1532,
tra l'altro, dirige le recite di una compagnia padovana inviata a Ferrara dal
Ruzzante. Pochi sono i viaggi di questi anni. Nel 1528 è a Modena con il duca
per scortare l'imperatore Carlo V di passaggio nello Stato estense. Nel 1531,
dopo essere stato a Firenze, ad Abano e a Venezia, il marchese del Vasto,
Alfonso d'Avalos, condottiero dell'esercito imperiale, gli assegna, a
Correggio, una pensione di cento ducati d'oro. L'Ariosto trascorre gli ultimi
anni della sua vita nell'amata casetta in contrada Mirasole, tra l'affetto di
Alessandra e del figlio Virginio e la revisione del Furioso, la cui
edizione definitiva esce nel 1532. Ammalatosi di enterite, muore il 6 luglio
1533. Dal 1801 il suo corpo è tumulato nella sala maggiore della Biblioteca
Ariostea di Ferrara.
COMMENTO
Ludovico Ariosto rappresenta una
delle figure di maggior spicco della letteratura italiana di tutti i tempi,e il
suo pensiero presenta dei tratti di modernità difficilmente riscontrabili in un
autore della sua epoca. Inoltre, è uno degli autori italiani più studiati
all'estero-e a testimoniare ciò basterebbe enumerare la quantità enorme di siti
stranieri a lui dedicata-,insieme ovviamente a Dante, Petrarcae Boccaccio.
Ariosto rappresenta la tipica figura di intellettuale cortigiano del
Rinascimento, come Castiglione, Bembo e molti altri letterati dell'epoca. Ma la
personalità di Ariosto è complessa,poiché egli nei confronti di tale ambiente
nutre sentimenti di malcelato rifiuto e opera contro di essi una sottile
polemica. E' proprio dalla quotidianità che Ariosto trae gli elementi
essenziali delle sue opere leggendo i suoi testi,ci si accorge di come egli non
cerchi scampo dalla vita di tutti i giorni rifugiandosi in un universo di letteratura
immaginaria e fantastica, ma di come egli estrapoli dalle sue esperienze i
momenti decisivi per focalizzare tutto il suo repertorio letterario . Nelle
Satire,analizza la vita di corte e si autoanalizza, rivendicando la propria
libertà di intellettuale e mettendosi a nudo nel proprio intimo- ampi stralci
sono dedicati ad Alessandra Benucci, sua compagna di vita-. E' la realtà di
tutti i giorni che fornisce ad Ariosto il substrato fondante della sua
scrittura. Ciò avviene persino nel suo capolavoro, l'Orlando Furioso, la cui
vera materia non è costituita dalle istituzioni cavalleresche,come per lungo
tempo si è creduto, ma dalla concezione moderna che il poeta ha nei confronti
dell'uomo e della vita. Analizzato sotto questo punto di vista,il poema cavalleresco
si trasforma in una sorta di grande romanzo contemporaneo,che analizza
sentimenti quali devozione, fedeltà, tradimento e inganno. La presenza di
questi elementi infonde all'opera un tono di realismo evidente in quella che è
considerata la più grande opera fantastica della letteratura italiana. Leggete
per credere. forse Ariosto è più vicino a noi di quello che possiamo
immaginare.