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Lezione su Jacques Copeau
Nota biografica
Jacques Copeau nasce il 4 febbraio 1879 a Parigi, da una famiglia della buona borghesia. La sua formazione culturale è classica e umanistica: Studi di lettere e filosofia alla Sorbonne (lascerà tuttavia incompiuti gli studi accademici).
1908 fonda con altri intellettuali e umanisti la rivista letteraria La Novelle Revue Français
1911 - aprile. Viene presentato al Théatre des Artes, Les Frères Kamamazov dramma in cinque atti, riduzione di Copeau.
1913-1914 Fonda il Théatre du Vieux Colombier. Costituisce la troupe e inizia le prove nella sua casa di campagna, al Limon.
Scoppio della guerra molti attori partono per il fronte. In questi anni a Firenze incontra Craig, in Svizzera Appia, conosciuto attraverso Jacques-Dalcroize. Nel novembre del 1915 fonda un embrione della scuola drammatica con Susanne Bing (dodici giovani che si riuniscono il giovedì).
1917 Incaricato dal ministro Gorge Clemenceau soggiorna quattro mesi negli Stati Uniti, tenendo lezioni drammatiche e conferenze, allo scopo di preparare il terreno per la creazione di un Teatro Francese a New York (con l'obiettivo di contrastare l'influenza della cultura tedesca su quella americana). Torna in Francia, ricostituisce la compagnia del Vieux Colombier e parte nuovamente per New York, dove adatta la sala del Garrick Thèatre alle esigenze del suo teatro. Le stagioni teatrali americane sono due: 1917-18 e 1918-19.
Alla fine del 1919 ritorna in Francia e riapre nel 1920 il Vieux Colombier.
1920 Fonda l'École du Vieux Colombier, la Scuola.
1923-24 Chiude il teatro del Vieux Colombier e la compagnia viene sciolta.
La Borgogna e i Copiaus (così chiamati gli allievi di Copeau in Borgogna).
Nell'autunno 1924 Copeau, con la sua famiglia i suoi amici e gli allievi si installano in Borgogna (provvisoriamente al Castello di Morteuil, vicino a Demigny nel dipartimento di Saône-et-Loire). Riapre la Scuola, ma sopravvengono difficoltà finanziarie e nel 1925 la Scuola chiude di nuovo. La crisi religiosa di Copeau ha il suo acme: conversione formale al cattolicesimo. In questi anni ci sono le prime avvisaglie della sua malattia: l'arteriosclerosi.
Nel 1926 i Copiaus si trasferiscono a Pernand-Vergeless (Borgogna - dipartimento della Côte-d'Or). Riaprono Scuola e teatro. Parallelamente Copeau tiene numerose conferenze e letture drammatiche in Francia e all'estero. Nuovi progetti per riaprire un suo teatro a Parigi, ma non sono mai realizzati.
Nel 1929 Si scioglie la Compagnia dei Copiaus; in settembre si ricostituiscono autonomamente da Copeau come Compagnie des Quinze.
1933-1943 Anni delle "grandi regie" - spettacoli en plein air.
1941 Pubblica Le théatre populaire. Si ritira a Pernard.
1944 Pubblica Le petit Pauvre la sua drammaturgia testamento.
1949 Muore il 10 ottobre.
Nuclei fondamentali
Jacques Copeau fu critico teatrale, attore, drammaturgo, regista e pedagogista teatrale. La sua ricerca non si è mai rinchiusa in formule, essa è sostanzialmente il rifiuto di adeguarsi alle richieste della società e il desiderio di continuare a cercare e a scoprire.
Il problema del teatro nella società, del ruolo della cultura nella società e di un valore culturale del teatro. Idea che teatro e spettacolo non sono due universi identificabili. Il teatro pur facendo ricorso a pratiche dello spettacolo deve mantenere nell'insieme una funzione diversa. Ideale di teatro come rito di una collettività ed esperienza necessaria della sua cultura. Il teatro si può esprimere laddove attore e pubblico condividano non necessariamente uno stile di vita, una posizione sociale o di classe ma un sistema di credenze, di valori e di costumi.
etica - Arte intesa in prima istanza con una funzione etica: la qualità umana dell'attore è elemento primo delle dignità estetica della sua arte. Copeau vuole rendere all'uomo il suo posto di centro dell'universo e a questo scopo mette l'attore sul palcoscenico nudo, centro e creatore della realtà scenica. La Scuola come un momento pedagogico, etico ed estetico dove formare i giovani nella loro pienezza dei mezzi artistici e della propria umanità. "Che l'attore ridivenga un essere umano!".
il TEATRO
Perché il teatro. Si dedica al teatro con l'intento di rinnovamento, perché esso era affetto da quella malattia che lui chiamava cabotinage ovvero il guittismo, della falsità, l'asservimento dell'arte dell'attore alle logiche del commercio e del mercato Teatro di repertorio: assenza della tragedia antica; farsa popolare; repertorio classico francese e europeo; esclusione del dramma moderno (anche se le intenzioni erano quelle di aprirsi ai nuovi autori.); Molière (lingua teatrale per eccellenza, fondata sull'essere lingua del corpo in movimento: come la Commedia dell'Arte).
Obiettivi. Il teatro per creare un nuovo autore drammatico, un nuovo attore (sincero) e un nuovo pubblico.
La scena. L'organizzazione dello spazio come scena nuda. Il teatro si fonda sulla povertà scenica e sulla onestà di interpretazione: per creare lo spazio scenico è sufficiente il testo reso vivente dall'attore. Da questo principio nasce l'organizzazione austera e rigorosa della sala, concepita come un ambiente funzionale al lavoro dell'uomo-attore. Uno spazio architettonico semplice, ricco di possibilità artistiche e stabile: dispositivo scenico fisso, come la scena greca o la scena elisabettiana.
Il personaggio. Con Copeau cambia radicalmente la concezione della rappresentazione. L'attore non deve "entrare nel personaggio", al contrario è il personaggio che deve trovare l'attore disponibile; l'attore da parte sua deve cioè lavorare su di sé per mettersi in una condizione di estrema sensibilità e purezza, in uno stato di ricettività.
la SCUOLA
Scuola più che una istituzione didattica, una situazione pedagogica: Educare gli uomini e non solo gli attori: scuola di vita
Il primo grado dell'educazione è l'educazione corporea. Il problema dell'attore è in prima istanza il suo corpo, è lo stare sulla scena in modo reale.
Educazione etica: la sincerità (1) il possedersi, la consapevolezza di sé: stato di riposo e di calma, di distensione o decontrazione, di silenzio o di semplicità; 2) il sapersi donare).
Educazione estetica: la tecnica (l'educazione al mestiere).
Scuola: formare nuove generazioni di attori, preparare il teatro del futuro.
Educazione dell'attore: rinnovare l'attore, liberarlo dagli stereotipi del mestiere. La Scuola si pone questo obiettivo, cominciare a educare gli uomini sin da giovani, non "recuperare" gli attori ormai stereotipati nei cliché dal lavoro-mercato dello spettacolo.
Organizzazione della Scuola: educazione di base generale per tutti. In seguito ogni singolo allievo sceglierà la propria strada (attore, scenografo, drammaturgo, etc.) secondo le proprie inclinazioni.
Di estrema importanza per la definizione della pedagogia teatrale di Copeau sono le riflessioni e lo studio del gioco drammatico infantile (come manifestazione insieme logica e coerente e creativa); gli esercizi con la maschera neutra; la Commedia dell'Arte; le teorie sul movimento ritmico di Jacques Dalcroze; il Teatro orientale (N giapponese) per la commistione di declamazione, canto, danza, movimento corporeo.
i COPIAUS e le ULTIME REGIE
L'esperienza in Borgogna dei Copiaus (1925-1929)
- Tra la Scuola e il Teatro Copeau sceglie la Scuola → continuare e approfondire la ricerca con gli allievi, quelli che lo avevano seguito da Parigi. Fonda una "comunità": vita e lavoro in comune degli allievi-attori e di Copeau.
- Pubblico formato in prevalenza da contadini e da viticultori: spettacoli itineranti in villaggi, nelle fiere, nei mercati, nei borghi e nei villaggi che vivevano del lavoro delle vigne, seguendo il ritmo delle stagioni. La cultura degli spettatori diventa ispirazione e cultura per gli attori.
- Esperienza si conclude: - contrasti interni tra Copeau che desidera la Scuola e i Copiaus che invece sono desiderosi di sperimentarsi nello spettacolo-teatro; - stanchezza e malattia di Copeau, - desiderio di Copeau di nuovi progetti.
Note sulle ultime regie
Il Miracolo di Sant'Uliva, di Anonimo, Santa Croce, 1933, Firenze; Savonarola, di Rino Alessi, Piazza della Signoria, 1935, Firenze; Come vi garba, Shakespeare, Giardino di Boboli, 1937, Firenze; Le Miracle du Pain Doré, nell'adattamento di Jacques Copeau, Hospices di Beaune, 1943, Borgogna
La posizione di Copeau è ora quella Regista-creatore. Il regista è l'artefice dello spettacolo, il poeta è il mezzo di cui si serve per "scrivere" il proprio dramma sulla scena. Visione liturgica e celebrativa del teatro che attraverso i valori poetici del testo pone la rappresentazione come momento privilegiato della vita, momento in cui si recupererebbero le ragioni esistenziali, smarrite, del vivere
STRUTTURA: la struttura dello spazio scenico è quello della scena multipla e dei luoghi gerarchizzati. Il pubblico viene inserito nella struttura scenica perché la sua posizione è quella di rivivere la rievocazione di un evento: modelli medioevali, elisabettiani e greci.
Alcune questioni preliminari
- Per donarsi è necessario, per prima cosa, che l'attore si possieda. La sincerità non è altro che questo possedersi.
La maschera neutra è il primo e più importante strumento per l'educazione corporea come consapevolezza del sé.
- Il punto di partenze dell'espressione è lo stato di riposo, di calma, di distensione o decontrazione, di silenzio o di semplicità. L'immobilità e il controllo dell'immobilità: un attore è sempre portato a credere che il tempo della sua immobilità sia troppo prolungato. L'attore fa sempre troppi gesti, e troppi ne fa involontariamente, dietro il pretesto della naturalezza. Non sa che l'immobilità come il silenzio, è espressiva. Il silenzio è reso espressivo dalla sincerità di colui che ascolta, dalla semplice preparazione interna della risposta. Un attore che pensa e che sente impressiona il pubblico per la sola qualità della sua presenza.
- A partire dal momento in cui è mascherato l'allievo sperimenta il so fondo personale. Gli esercizi non consistono in primo luogo nel mostrare i sentimenti, ma nel permettere all'allievo di sperimentare ciò che accade quando li si prova, nel costatare che provarli è la prima condizione per poterli mostrare. C'è, dunque, precedentemente a ogni azione, uno stato
La maschera neutra è uno strumento per far provare all'allievo quello stato di calma, di immobilità e di silenzio che "preparano" e non "annunciano" la parole e il gesto che li seguiranno. Con la maschera egli prova quali segni hanno partecipato del suo stato, e quali altri sono stati superficiali o superflui.
Jacques Copeau
I seguenti documenti sono tratti da: Jacques Copeau, Les registres du Vieux Colombier (Registres, VI),édition de Claude Sicard, Gallimard, Paris, 2000.
L'ora della maschera è venuta. A partire dal momento in cui è mascherato, l'allievo si libera. Egli sperimenta ancor meglio il suo fondo personale. È meglio non fare portare a un principiante una maschera espressiva, poiché l'espressione della maschera rischia di influenzare la sua maniera di lavorare, e di falsarla. Bisogna farlo iniziare quanto più vicino possibile a se stesso e affinché osi essere completamente sincero, nascondergli il volto, dargli un riparo dietro un volto impassibile, cancellare le sue smorfie. Per cominciare: una maschera di stoffa morbida che modelli il volto con i tratti semplificati. Per questa educazione alla mimica bisogna evitare prima di tutto e sin dall'inizio tutto ciò che potrebbe portare alla "maniera", alla "maniera di fare", alla "simulazione". Fare sì che colui che inizia sia messo in condizione di essere così sinceramente e semplicemente quanto può permetterglielo la sicurezza che deve inizialmente provare con il suo volto nascosto. Deve essere e provare veramente partendo dall'autentico fondo di sé.
È importante per fare scoprire ciò che la maschera impone ai movimenti: lentezza, larghezza, semplicità ecc. Imparare innanzitutto a calzare la maschera: raccogliersi un istante prima di cominciare, veramente, per rendersi liberi, disponibili. Fare questo senza affettazione[1], il che accade spesso. Fare in modo che questa sosta, prima di inabissarsi nella maschera e di mettersi interamente al servizio dell'azione che si intraprenderà, divenga così realmente necessaria, fisicamente indispensabile. Quando si è ben disposti, decontratti, silenziosi e preparati, allora si abbassa la maschera: da questo momento più niente è indifferente. Si è imbarcati nell'azione. Bisogna per cominciare limitarsi a fare gesti lenti, anche troppo lenti per sentire, per così dire, il disegno che essi descrivono iniziando e nascendo nell'immobilità, percorrendo una certa traiettoria, che deve in tutti i suoi punti essere consapevole da parte dell'attore e visibile da parte dello spettatore, per ritornare poi all'immobilità.
Esercizi individuali. Esercizi delle braccia e delle mani, il corpo e la testa mascherata immobili.
- Seduti su una sedia in modo ben stabile. Calzare la maschera. Le due mani riposano sulle ginocchia senza rigidità. Fare tre gesti allo stesso modo con il braccio sinistro (gesti semplici in un solo movimento).
- Ogni volta che l'esercizio proposto è finito e che si è ritornati all'immobilità iniziale, rialzare la maschera.
- Stessa posizione. Un gesto con il braccio destro, cominciato e terminato con la stessa posizione immobile sulle ginocchia. Subito dopo stesso gesto con il braccio sinistro terminato ugualmente nell'immobilità sulle ginocchia. Subito dopo stesso gesto con le due braccia contemporaneamente.
- Stessa posizione. Un gesto con il braccio destro; appena finito scatta un altro gesto con il braccio sinistro, poi un altro con il destro, e un altro con il sinistro. Per finire un gesto uguale con le due braccia allo stesso tempo.
- Fare tutti questi esercizi allo stesso modo, ma invece di fare ogni volta un gesto semplice in un solo movimento, fare ogni volta un gesto composto in due, tre o quattro movimenti.
Per es.: il braccio si alza con il pugno chiuso, poi la mano si apre. Due movimenti. Il braccio si tende con la mano chiusa, la mano si apre, la mano fa un segno richiudendosi, come per dire "vieni", o levando un dito ecc. Tre movimenti ecc.
- Fare tutti i medesimi esercizi in piedi, ben stabili, senza spostare il resto del corpo né muoversi con le gambe.
Bibliografia essenziale
Opere di Jacques Copeau in italiano
Jacques Copeau, Souvenirs du Vieux Colombier, Les Nouvelles Editions Latines, Paris, 1931 [trad. it. Ricordi del Vieux Colombier, a cura di A. Nacci, Il Saggiatore, Milano, 1962].
Jacques Copeau, Le Theatre Populaire, Presses Universitaires de France, Paris, 1941 [trad. it. Il teatro popolare, a cura di G. Gozzi, in Eroi e Massa , Patron, Bologna, 1979, pp. 107-46].
Il luogo del teatro. Antologia degli scritti, a cura di Maria Ines Aliverti, La casa Usher, Firenze 1988.
Bibliografia critica su Jacques Copeau in italiano
Maria Ines Aliverti, Jacques Copeau, Edizioni Laterza, Roma-Bari, 1997.
Fabrizio Cruciani, Jacques Copeau o le aporie del teatro moderno, Bulzoni, Roma, 1971.
Franco Cologni, Jacques Copeau. Il Vieux Colombier. I Copiaus, Capelli, Bologna, 1962.
La pedagogia di Copeau e il Teatro dei Copiaus di Marco Miglionico
«È una povertà della nostra cultura teatrale fingere di conoscere già Copeau attraverso etichette e definizioni del suo pensiero, della sua poetica, della sua presenza storica»[3]. Copeau, come tanti altri grandi uomini di teatro del Novecento, è arrivato a noi tramite una serie di aneddoti, di miti e leggende più o meno veritiere, più o meno precise. Ad oggi non esiste un catalogo completo della sua opera; il lavoro di raccolta, catalogazione e pubblicazione delle sue carte sembra non dover aver mai termine e così, l'ultimo desiderio, coltivato per lungo tempo dal Patron[4]: «concludere la sua infaticabile ricerca riassumendo i risultati conseguiti in un opera, da lasciare in eredità agli uomini di domani non è ancora stato realizzato.
Per poter iniziare un discorso serio e onesto su Copeau bisogna tenere in considerazione tale presupposto: la sua pedagogia e il suo teatro sono state "ricerca", dunque mai conclusa e mai definitiva. La vita di questo grande protagonista del teatro francese è stata caratterizzata da una sete insaziabile di scoperta, da una insoddisfazione, un bisogno di andare sempre avanti che hanno fatto di lui e dei suoi collaboratori degli straordinari scopritori e instancabili indagatori dell'arte teatrale. Una ricerca che per una serie di motivi[6] pur essendo stata la linfa vitale di gran parte del teatro successivo, francese e non solo, è stata in un certo modo banalizzata in facili etichette e poi dimenticata. Per questo motivo ritengo che oggi, se la nostra cultura teatrale, sempre più povera di teatro, vuole riscoprirsi e dare un senso al suo essere, deve necessariamente riprendere il discorso coponiano, riallacciare i fili di quella tradizione e innestarla all'interno della società contemporanea. Deve riprendere Copeau e fare più di Copeau!
La pedagogia del Patron
La pedagogia teatrale di Copeau nasce e si sviluppa attorno al concetto di "rinnovamento del teatro", tale rinnovamento innanzitutto deve essere una «riedificazione dell'uomo nel teatro»[7]. Il teatro, infatti, per il Patron, ruota attorno a tre elementi: l'autore, cioè il poeta drammaturgo, l'attore e il pubblico e per ognuno di essi Copeau rivendica un cambiamento. La scrittura deve diventare una «nuova drammaturgia, capace di restituire al teatro, purificati, i suoi tre essenziali elementi: un autore umano, degli attori e un regista responsabili, un pubblico consapevole» ; ma è sicuramente sull'educazione dell'uomo-attore che la ricerca coponiana ha offerto i suoi frutti migliori. Copeau parte dal presupposto che il teatro è il luogo della relazione: «uomini che hanno bisogno di vedere e di sentire qualcosa si incontrano con uomini che hanno qualche cosa da dire e da mostrare loro e che sapranno inventare i mezzi per comunicarlo il più sinceramente, il più semplicemente, il più onestamente possibile» . Ecco che allora il teatro può essere fatto ovunque, l'importante è che si venga a creare la condizione fondamentale perché esso esista: un uomo-attore che abbia individuato qualcosa da dire e un uomo-spettattore che abbia desiderio di ascoltalo. Perché questo avvenga è necessario, da una parte, creare ed educare un pubblico, dall'altra, educare l'attore, il quale, oltre ad avere "un qualcosa" da esprimere, deve possedere anche la tecnica dei linguaggi teatrali per farlo. Sette anni dopo l'apertura del Vieux Colombier, nel 1920, si apre la Scuola il cui fine è quello di «offrire agli allievi una formazione professionale più completa possibile [.]» e ancora «il giovane, diventando attore, ha tuttavia da rimanere sempre uomo, ciò gli sarà consentito purché sappia essere sincero in ogni sua espressione, parola o gesto»[11]. La "questione della sincerità" è uno dei nuclei più discussi e più complessi del pedagogista teatrale francese, lui stesso la definisce come: «un sentimento di calma e di potenza, di dominio il quale permette all'artista ad un tempo di essere posseduto da quello che esprime e di condurne l'espressione» . La Scuola è ciò che davvero desidera Copeau: in quella piccola comunità di giovani trovano spazio sia l'attività didattica, sia quella di ricerca, ma la Scuola è soprattutto un luogo dove si educano degli uomini. L'educazione al teatro diviene così pedagogia mediante una tecnica (lo studio e la ricerca delle leggi drammatiche e dei linguaggi della scena) e una disciplina, un'etica di lavoro.
«Prima di darsi bisogna possedersi»[13], ovvero prima di essere uomini-attori bisogna essere uomini, conoscere e saper utilizzare la propria teatralità; tuttavia la disciplina e l'etica dovranno prevalere sempre sulla tecnica, infatti questa deve essere sempre uno strumento posseduto dall'uomo per "donarsi agli altri" e mai una tecnica da attore virtuoso. Afferma Copeau in una conferenza: «Per ritrovare la vivente semplicità dobbiamo lavarci da tutte le sozzure del teatro, spogliarci di tutte le sue abitudini. E questo risultato lo otterremo non tanto insegnando ai nostri giovani attori una tecnica, quanto apprendendo loro a vivere e a sentire, cambiando loro il carattere, facendo di loro degli esseri umani. [.] Bisogna proibirgli di specializzarsi, di meccanizzarsi con l'abuso della tecnica. A mio avviso la tecnica dell'interprete drammatico non deve essere sviluppata al di là di un certo limite. Appena egli si sente capace di esprimere troppo diviene un virtuoso» .
Il Teatro dei Copiaus
Nel 1913 Copeau fonda il Théatre du Vieux Colombier, nel 1924 il teatro chiude e la compagnia viene sciolta, intanto si era aperta la Scuola e si era raggiunto il successo internazionale. Copeau apre il suo teatro con un intento ben definito: «per reagire contro tutte le brutture del teatro mercantile, e per difendere le più sincere e più libere manifestazioni di un arte drammatica nuova»[15]. Per questo motivo ricerca un pubblico nuovo, anzi, vuole di più, si propone di formarlo, considerando il teatro come «centro vivo di cultura» . «Chiamo pubblico l'insieme di coloro che uno stesso bisogno, uno stesso desiderio, una stessa aspirazione conducono in uno stesso luogo, per soddisfare il loro gusto di vivere insieme, di provare insieme le passioni umane, il rapimento e il riso e quello della poesia attraverso uno spettacolo più completo di quello della vita» . Il pubblico che, sin dall'inizio si propone di raggiungere è un pubblico «minore, composto in parte da intelligenti amatori, in parte da chi non vuole più incoraggiare la banalità e le ipocrisie del teatro di cassetta, in parte da una nuova umanità. Noi speriamo che i primi spettatori saranno i nostri vicini, le persone colte, gli studenti, gli scrittori, gli artisti, gli intellettuali stranieri» . Ad un certo punto però succede qualcosa, siamo nel 1924, il teatro ha alcune difficoltà economiche, ma non più gravi di quelle in cui abitualmente naviga; la Scuola prosegue e sembra dare i primi frutti, ma proprio in questo momento il Patron decide di fermarsi. Questa scelta ha molte cause, alcune delle quali appartenenti al privato dell'uomo Copeau, fra le tante motivazioni una è da prendere in forte considerazioni alla luce del nostro discorso: Copeau decide di aprire un teatro per rinnovare il Teatro, ma ad un certo punto si trova a dirigere un vero e proprio centro di organizzazione e di produzione di spettacoli; sia pure di creazioni qualitativamente più pregevoli e "sincere" rispetto alla media degli altri teatri parigini ed europei, ma sempre di spettacolo e non di teatro. Infatti non si era realizzato un «teatro come rito di una collettività ed espressione necessaria della sua cultura . È anche per questo che Copeau chiude il Vieux Colombier e si scioglie la compagnia: egli desidera investire nella Scuola e tra gli attori e i suoi allievi sceglie proprio questi ultimi, fugge da Parigi e si ritira in Borgogna per iniziare di nuovo la sua ricerca: un attore sincero per un pubblico sincero. La Scuola nasce come la necessità di una pedagogia che permetta il rinnovamento del teatro e l'esperienza dei Copiaus in Borgogna costituisce l'oltre del momento pedagogico, quello della sperimentazione, seppur ambigua, imperfetta e non conclusa: un germoglio per il teatro del futuro.
Quello che accadde in quei pochi anni, tra il 1924 e il 1929, è questo: una rifioritura del teatro come rito culturale necessario, il quale basa la sua essenza sull'incontro tra gli "operai della scena"[20] con gli operai delle vigne, i contadini, la gente comune e semplice. Quello che i Copiaus rendono possibile è un teatro vivo che mette insieme quella particolare «scrittura di scena propria della Commedia dell'Arte con lo studio dei linguaggi teatrali indagati nella Scuola del Vieux Colombier. Il punto di partenza è una scrittura semplice che si collega alle feste e ai riti stagionali di una regione che vive del lavoro della terra. Questo tentativo rimane purtroppo solo un abbozzo, naufraga incompreso dai suoi stessi protagonisti: maestro e allievi vivono un rapporto che piano piano si logora, fatto di incomprensioni, di desideri e obiettivi che divergono sempre più. Improvvisamente tutto finisce, Copeau scioglie nuovamente il gruppo e ricomincia di nuovo, questa volta solo, la sua ricerca. Ma è da questa esperienza che nasce quasi tutto il futuro grande teatro francese. Lo stesso Patron, negli ultimi anni della sua vita, racconta quel tentativo narrandolo in modo quasi mitico. Oggi quella esperienza è ancora avvolta in gran parte dal mistero, poco studiata, poco indagata, quasi protetta da un alone di sacralità inviolabile. È necessario riprendere quel tentativo solo abbozzato.
Il teatro di oggi se si vuole porre come vivo incontro di uomini deve riuscire a mettere insieme l'eredità della ricerca coponiana: la consapevolezza del sé e la questione del teatro e del suo ruolo nella società.
Solamente possedendosi, conoscendo la propria teatralità l'uomo può essere attore, cioè avere la capacità di utilizzare i propri linguaggi in modo creativo; in questo modo l'attore potrà rimanere uomo e dialogare umanamente con gli altri uomini.
Copeau, a Parigi, cerca di raccogliere attorno a sé un pubblico, in Borgogna incontra delle persone e rende possibile un teatro[22] perché lo fa vivere dentro una società. Questi due estremi sono i limiti fra i quali oscillare: accettare la sfida di una società, quella contemporanea, dialogare con essa, essere in ascolto dei suoi bisogni, e nello stesso momento essere in grado di elaborare una proposta culturale che faccia del teatro qualcosa di necessario: un uomo che abbia individuato qualcosa da dire e un uomo che abbia desiderio di ascoltarlo.
Bisogna rendere questo possibile: riprendere Copeau e fare più di Copeau!
Copeau, insieme ad un gruppo di allievi, si stabilì per un certo periodo (1924-1929) in Borgogna ove svolse una serie di ricerche teatrali. Copiaus era il nome con il quale la gente del luogo chiamava i suoi allievi.
Termine con il quale i commedianti del Vieux Colombier erano soliti designare Copeau. Il teatro del Vieux Colombier fu fondato a Parigi da Copeau nell'ottobre del 1913, esso chiuse nella stagione 1923-1924.
Jacques Copeau, Réflexions sur le «Paradoxe», 1929, in Notes sur le métier de comédiant, Brient, 1955.
Conferenza tenuta agli Washington Aquare Players di new York il 20 gennaio 1917; pubblicata nei crb, II, 4 (1954), pag. 8-20.
Copeau utilizza questo termine per paragonare il lavoro dell'attore a quello dell'artigiano, cioè di qualcuno che possiede un'arte, intesa nel senso medioevale di mestiere.
Scrittura di scena: la drammaturgia-canovaccio che all'improvviso (ma frutto di un lungo lavoro di studio e di pratica da parte dei commedianti) diventa testo, un testo agito. Cfr. Roberto Tessari, Il Mercato delle maschere in Storia del teatro moderno e contemporaneo. Cinquecento e Seicento, vol. I. Einaudi, Torino, 2001, pag. 164.
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