L'Ermetismo
Alla
base di questa scuola, che ebbe come modello i grandi del decadentismo francese
come Mallarmé, Rimbaud e Valéry, si trova un gruppo di poeti, chiamati
ermetici, che seguirono gli insegnamenti di Ungaretti e, se pur in modo
differente, di Montale. Il nome 'Ermetismo' deriva dal Dio Ermete o
Mercurio, dio delle scienze occulte, e fu adoperato in senso dispregiativo da Francesco
Flora nel suo saggio 'La poesia Ermetica'. Insofferenti del residuo dannunzianesimo
enfatico e del debole pascolismo i poeti di questa generazione si trovano
impegnati in una ricerca di modernità che prevede un accostamento a quella
tradizione simbolista che aveva individuato nella lirica pura la vera poesia.
Costoro rifiutano la parola come atto di comunicazione per lasciarle solo il
carattere evocativo abbandonando. Gli ermetici si servono della forma analogica
per rappresentare la condizione tragica dell'esistenza umana isolandosi in uno
spazio interiore a difesa della retorica fascista. Appartengono alla scuola
ermetica i poeti Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Sergio
Solmi, Mario Luzi, Vittorio Sereni, Sandro Penna, Libero de Libero, Giorgio Caproni,
Salvatore Quasimodo e Luca Angelini. Nel campo della critica ermetica
autorevole fu la figura di Carlo Bo che, con il suo discorso La letteratura
come vita del 1938, scrisse il vero manifesto ermetico parlando di poesia
intesa come momento dell'assoluto. Lo stile difficile e chiuso nella ricerca
della forma analogica, insieme all'approfondimento di una nascosta esperienza
interiore, contraddistinse questo gruppo che, rifiutando in modo diretto ogni
impegno politico e sociale, cercava di staccarsi dalla cultura fascista.