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L'emancipazione e il ruolo della donna nel '900
In Italia le lotte per l'emancipazione femminile furono guidate a fine '800 da figure come Anna Maria Mozzoni (1837-1920), dapprima mazziniana e poi socialista, e dalla socialista Anna Kuliscioff (1857-1925). Il quadro sociale italiano era complessivamente molto arretrato anche a causa del forte influsso conservatore della Chiesa cattolica che limitava fortemente la libertà femminile.
Nel 1903 Nasce il "Gran consiglio nazionale delle donne italiane", nel 1906 le donne socialiste, capitanate dall'esule russa Angelica Valavanov, chiedono il voto. Nel 1907 il comitato pro suffragio presenta una petizione al Parlamento e nonostante sia firmata da Maria Montessori, la prima donna italiana laureata in medicina, viene bocciata.
Nel 1908 viene istituito il primo Congresso delle donne italiane; le delegate di settanta associazioni femminili si riunirono a Roma per chiedere il voto, la repressione della violenza sessuale, l'abolizione del matrimonio riparatorio. Ma quando viene presentata una campagna contro l'insegnamento della religione nelle scuole, il Congresso si spacca.
Nel 1919 le donne ottennero l'emancipazione giuridica e nel 1922 il diritto di voto alle elezioni amministrative anche se, in seguito, il fascismo le abolì. É solo nel 1945 che si ottenne il suffragio universale attivo maschile e femminile e nel 1946 quello passivo ad opera di Ivanoe Bonomi, presidente del consiglio. Il diritto di voto fu esercitato per la prima volta alle elezioni del 2 giugno 1946.
Sempre alla fine del XIX secolo nacque in Gran Bretagna il movimento delle suffragette, movimento femminista che si batté per il diritto delle donne al voto nelle elezioni generali. Il rifiuto di concedere l'estensione alle donne portò Emmeline Pankhurst a fondare nel 1903 un movimento che fu definito "militante": l'Unione nazionale sociale e politica delle donne che promosse agitazioni culminate in numerosi arresti. Tale movimento venne definito delle suffragette in contrapposizione a quello delle suffragiste che perseguiva il medesimo obiettivo ma con metodi più moderati.
Movimenti analoghi si formarono in tutto il mondo e fu il Wyoming (USA) al primo stato in assoluto a concedere il suffragio alle donne nel 1869; seguirono l'esempio la Nuova Zelanda nel 1893, l'Australia e i paesi scandinavi nel 1903.
Ai primi del '900 la corsa verso il suffragio femminile sembrava destinata ad una rapida vittoria. Quello femminista era un movimento pacifista, egualitario, ricco di iniziative; il 1914 sarebbe potuto essere l'«anno delle donne» se non fosse scoppiata la Grande Guerra. Le donne scoprirono di non essere pacifiste per natura: la Serbia possedeva reparti di donne combattenti, la Russia il Battaglione femminile della morte. La guerra chiamò le donne a ruoli nuovi per sostituire gli uomini impiegati sul fronte. Operaie nell'industria bellica, autiste di tram, capifamiglia a casa. Sembrava emancipazione ma i sindacati, a guerra finita, si preoccuparono solo di far ritrovare il posto di lavoro agli uomini e di licenziare le operaie (già discriminate sul piano salariale).
Nella Prima guerra mondiale, ma ancor più nella Seconda, le donne vennero arruolate come ausiliarie nell'esercito. Nacquero subito sospetti di omosessualità , di immoralità, di prostituzione. Il soldato era convinto che la guerra fosse cosa da uomini, una lotta virile proprio per la protezione delle donne; il suo equilibrio psichico poteva risultarne turbato. La donna era l'oggetto dei suoi sogni, la madre dei suoi figli, era collocata nel futuro e a casa, non nel presente e al fronte. L'unica donna ammessa, perché vicina all'idea di angelo e madre, era l'infermiera.
La guerra fermò l'emancipazione, persino nella memoria le statue e le lapidi commemoravano uomini. Le donne avevano solo funzione allegorica. La vittoria, la madre, la vedova; prima, nel Risorgimento, la stessa Italia era vista come una donna da liberare.
Finita la Grande Guerra le donne si ritrovarono ad essere cittadine di "serie B" seppur meno discriminate; il diritto di voto si allontanò. Solo le Americane e le Inglesi lo ottennero negli anni '20.
Proprio in quegli anni in America le donne divennero "muse del consumo" e non più "vestali del risparmio"; i pubblicitari rielaborarono il messaggio del movimento femminile e lo adattarono al mercato (gli slogan annunciavano libertà e felicità se si fossero comprati detersivi, articoli per la casa e quant'altro). Tuttavia questo nuovo modello di donna faticò a sbarcare in un'Europa inquieta.
Mussolini nacque politicamente a Sinistra vicino all'esule russa Angelica Valavanov, una leader del movimento femminista socialista. Giunto al potere sembrava voler introdurre una sorta di diritto per le donne salvo poi cambiare opinione, abbandonando la proposta del voto per tutti. Il fascismo si interessò alla donna ma non la emancipò; mobilitò le giovani per la ginnastica, creò un'associazione di donne volontarie ma non concesse l'autonomia né l'accesso alla vita politica. Durante la Seconda guerra mondiale molte donne si impegnarono nelle resistenze: per diventare combattenti dovevano superare muri di maschilismo e intanto il fascismo della Repubblica Sociale ne convinse migliaia a prendere le armi. Quando tutto fu finito molte furono fucilate o sottoposte ad una gogna pubblica. La fine del conflitto vide il riaffermarsi di ideologie maschiliste, militariste, intolleranti e violente.
Dopo la Seconda guerra le democrazie concessero il diritto di voto ma non cancellarono le leggi che sottoponevano le donne alle autorità dei mariti. Si diceva che esse avessero "il potere della casa", che però non godeva di alcuna valenza giuridica e si basava sul sacrificio delle donne senza considerare poi i numerosissimi casi di violenza tra le mura domestiche.
Nel primo dopoguerra le donne costituivano ormai più del 50% dell'elettorato attivo e negli anni '60-'70 proposero un cambiamento dimostrando coraggio: chiesero parità di salari, di carriera, col marito, congedo di maternità e asili nido, divorzio e aborto. Una rivoluzione silenziosa attraversò tappa per tappa la seconda metà del '900; tuttavia oggi la condizione femminile è ancora lontana, nella realtà quotidiana e sociale, dalla piena emancipazione anche nei paesi democratici e benestanti. Purtroppo le donne continuano ad essere vittime della sopraffazione fisica, godono di un potere decisionale, economico e politico inadeguato: infatti, nonostante il numero di laureate abbia superato quello maschile in molti paesi, sono ancora pochissime le donne con posizioni lavorative dirigenziali di prestigio.
Il potere di un'amante, un esempio
Durante l'epoca fascista il punto più vicino al potere lo raggiunse un'amante di Mussolini, Margherita Sarfatti: ella infatti fu in grado di influenzare la vita politica dell' "uomo della provvidenza".
La donna segue passo per passo il "cambiamento di pelle" di Mussolini, dal socialismo al fascismo; è un'ereditiera, possiede quindi i mezzi per organizzargli attorno il consenso di artisti e intellettuali. Lo sgrezza, lo riveste, mette le basi al mito del Duce scrivendo la sua biografia, Dux. Lo porta al successo anche all'estero, si convince che Mussolini sia una sua creatura.
Il fascismo decanta la giovinezza ma la giovinezza sfugge, Mussolini invecchia e reagisce con una "raffica" di amanti giovani, mentre Margherita Sarfatti invecchia e basta.
Nel 1938 fugge all'estero a causa delle leggi razziali poiché ebrea.
Mafia: con i boss in carcere gestiscono affari e collegamenti
Il ruolo delle donne in questo frangente consiste nel portare avanti gli "affari di famiglia" in assenza dei propri mariti o parenti che siano.
Facendo la spola nei diversi istituti di pena riferiscono all'uno quello che l'altro dice con linguaggi o codici cifrati e spesso gestiscono e smistano i soldi della cosca. Secondo i dati del ministero della Giustizia, al 30 giugno scorso le donne detenute per la violazione dell'articolo 41 bis del codice penale (l'associazione mafiosa, appunto) erano 84, ma da allora ne sono state arrestate altre. Se poi si aggiungono le 47 in prigione per reati aggravati dall'aver favorito l'associazione mafiosa, si arriva a superare largamente la cifre delle 100 "donne d'onore"; emerge così uno spaccato di mafia al femminile molto più ampio di quello immaginabile solo poco tempo fa. Tuttavia non si deve pensare che Cosa Nostra abbia avviato una politica di "pari opportunità" per le donne: la mafia era e resta un universo maschilista ma necessita di risorse femminili dopo che la maggior parte degli uomini si è trovata in galera.
"Un tempo le donne erano custodi del potere mafioso all'interno delle mura domestiche, mentre mariti e fratelli lo esercitavano all'esterno; oggi, per via delle lunghe detenzioni imposte agli uomini lo garantiscono anche fuori di casa, mantenendo i collegamenti col carcere e la presenza sul territorio"[1]
L'importanza di essere mogli
In assoluto le donne più famose nel campo dei politici sono le first lady. In Italia tale ruolo è ancora marginale dato che le mogli dei leader devono stare alle spalle dei mariti. In altri paesi, tuttavia, le first ladies godono di un'opportunità unica per utilizzare una piattaforma per perorare cause che ritengono importanti da sostenere. La signora Bush, per esempio, si è occupata delle cause dell'istruzione mondiale, dell'alfabetizzazione, della valorizzazione delle donne, della sanità mondiale come l' HIV, l'AIDS, la malaria, il cancro al seno e la cardiopatia.
- ANNA ELEONOR ROOSVELT
Prima first lady che resta per più tempo alla casa bianca (1933-1945); salva la carriera politica del marito, sopporta le sue amanti, lo sostiene quando viene paralizzato dalla poliomielite, diventa la sua consigliera e portavoce. In segreto ha una relazione con una giornalista, si batte per i diritti delle donne e degli afroamericani e pubblica numerosi libri e articoli di giornale.
- HILLARY CLINTON
Oltre ad essere uno dei primi 100 avvocati d'America assume il ruolo di first lady nel 1993. Diventa senatrice e prima donna a tentare la nomination alla Casa Bianca ma resta schiacciata dall'immagine del marito, infatti per molti americani non rappresenta più il nuovo, il cambiamento. Barack Obama è l' "evento storico" che la ferma. Hilary è comunque Segretario di stato, è attiva, dinamica e sempre al centro dell'attenzione mondiale.
CURIOSITA'
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