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Le funzioni della punteggiatura
Come disse Isaac Babel, "non c'è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto". Oltre alle parole, chiunque si cimenti nella scrittura ha a sua disposizione un certo numero di segni non alfabetici, ovvero non costituiti da lettere. Virgole, punti, parentesi, ma anche maiuscole e accenti, sono usati largamente in ogni tipo di testo con funzioni e caratteristiche diverse. Eppure, nonostante la frequenza con cui questi segni sono disseminati tra le parole, rispetto ad esse presentano per lo scritttore un grado maggiore di difficoltà nell'uso. Anche perché, di fronte a dubbi sul significato di una parola, può venire in soccorso il vocabolario; ma se il dubbio riguarda l'uso della virgola o del punto e virgola, allora non c'è alcun testo che contenga la soluzione. Le grammatiche e gli studiosi presentano la questione in modo problematico: come dichiara Il Salvalingua di Della Valle-Patota, "non ci sono regole che dicano in modo netto e valido quando si deve usare un segno d'interpunzione piuttosto che un altro".
Esistono diverse impostazioni per quanto riguarda la definizione di questi segni, l'individuazione delle loro funzioni e addirittura il modo stesso di raggrupparli. Alcuni linguisti includono nell'insieme della punteggiatura, oltre ai segni interpuntivi propriamente detti (punto, punto e virgola, due punti, virgola, punti di sospensione, punto interrogativo ed esclamativo), una serie di convenzioni grafiche come l'apostrofo, l'accento, le parentesi e le virgolette. Generalmente, però, quando si parla di punteggiatura, ci si riferisce a quei segni che, secondo Serianni, "hanno un corrispettivo nel sistema di pause e nell'intonazione propria del parlato".
Gli studiosi si dividono però perfino sulla definizione di "scritto" e di "parlato". A lungo ha predominato l'idea che lo scritto fosse semplicemente la trascrizione del parlato, nonostante l'italiano abbia conosciuto il processo inverso, e soltanto recentemente questa lingua, che per tanto tempo era prevalentemente scritta, è diventata lingua parlata a livello nazionale.
Quest'imitazione del parlato era però considerata da Socrate inferiore: "un libro se interrogato non risponde" e non ha la carica di emotività della comunicazione orale. Socrate però non teneva in alcun conto la funzione del lettore che, con la sua interpretazione, può far parlare il libro, dando vita alla parola scritta sulla carta. I segni di punteggiatura, allo stesso modo, restituiscono ad un testo il tono con cui era stato pensato in partenza e costituiscono quindi uno strumento fondamentale per la carica espressiva e comunicativa di un testo. Ciò vale in particolare per il punto esclamativo e il punto interrogativo.
La punteggiatura contribuisce così a stabilire un nesso con il parlato, in particolare quando svolge una delle sue funzioni più importanti: la funzione pausativa. La vicinanza tra scrittura e musica, con i loro tempi, le loro pause, i loro periodi, è evidente: lo stesso Quintiliano considerava "la scrittura come una forma di notazione musicale". Un esempio eccellente è quello di D'Annunzio, la cui punteggiatura segue la suggestione del suono e della melodia più che la sintassi, e con il quale si afferma un uso più libero e "musicale" dei segni d'interpunzione. L'analogia tra segni d'interpunzione e segni del pentagramma non tiene però in considerazione il fatto che i segni d'interpunzione non hanno un valore preciso e assoluto come quelli del pentagramma, che peraltro Marinetti, nel suo Manifesto programmatico, proponeva di usare al posto della punteggiatura.
I segni interpuntivi non hanno però solo funzione pausativa. Seguendo lo schema della Grammatica di Serianni, le funzioni principali della punteggiatura possono essere ridotte a quattro.
La funzione di commento, ovvero la funzione ad esempio delle virgolette alte, quando segnalano l'uso improprio di un termine, e altri segni usati per segnalare un intervento esterno al testo, come (ndr) o [.].
La funzione segmentatrice consiste nel separare tra loro i diversi elementi di un testo, evitando possibili ambiguità e facilitando in questo modo la sua piena comprensione.
La funzione sintattica chiarisce il rapporto tra due frasi o vari elementi di una stessa frase, chiarendone le gerarchie.
La funzione emotivo-intonativa dà indicazioni sull'intonazione di una determinata frase e, di conseguenza, sul significato della frase stessa. "Hai capito?", "Hai capito!", e "Hai capito." sono proposizioni diverse e indicano intonazioni differenti. Questa funzione è propria in particolare del punto esclamativo, del punto interrogativo, e dei punti di sospensione, come dimostra la frequenza di questi segni nei fumetti dove, magari combinati tra di loro (?!?!), sono in grado di esprimere perplessità, sconcerto o disappunto. La stessa cosa vale per le battute di dialogo nei romanzi, come per esempio in questo dialogo telefonico tratto da City di Alessandro Baricco:
[] E quindi la licenzio, signorina Shell.
Prego?
Sono costretto a licenziarla, signorina.
Sul serio?
Mi spiace.
Come commentò Frescaroli, in questo caso "con i puntini si dà la parola al silenzio: un silenzio che talora è più eloquente dell'eloquenza stessa".
Tutti i segni interpuntivi possono essere ricondotti a queste quattro funzioni, sebbene molti di essi abbiano cambiato nel tempo il loro valore, parallelamente all'evoluzione che nei secoli ha conosciuto la lingua italiana.
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