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Carlo Goldoni commediografo italiano nato a Venezia nel 1707.
Lascia la sua carriera giuridica per il teatro, raggiungendo il primo successo nel 1734 con la tragedia Belisario. All'età di quarantun'anni entra a far parte, come poeta drammatico, nella compagnia di Gerolamo Medebac di Venezia, rappresentando la sua prima commedia scritta interamente La donna di Garbo (1743).
Per la stessa compagnia e per il Teatro Sant'Angelo, il Goldoni scrisse numerose commedie, attuando quella riforma parzialmente cominciata nel 1738 con il Momolo cortesan.
Con tale riforma, esposta nel Teatro Comico nel 1751, l'autore si propone di restituire dignità letteraria al teatro contrapponendo alle buffonesche improvvisazioni della commedia dell'arte il brioso e garbato studio dei costumi della sua commedia di carattere. Prendendo spunto dalla vita quotidiana ne rinnova la trama facendo uso di un linguaggio che evidenzia l'aspetto realistico delle situazioni create dai suoi personaggi oramai privi di maschere.
Nel 1762 si trasferisce a Parigi a redigere la Commédie Italienne, fu poi insegnante di italiano alle figlie di Luigi XV. Morirà a Parigi nell'anno 1793.
Scrisse oltre 150 lavori in italiano ed in dialetto veneziano, tra cui:
Arlecchino servitore di due padroni, 1745;
La vedova scaltra, 1748;
La famiglia dell'antiquario, 1749;
La bottega del caffè, 1750;
La locandiera, 1753;
I rusteghi, 1760;
Le smanie per la villeggiatura, 1761;
Le baruffe chiozzotte e Sior Todero brontolon nel 1762;
Il ventaglio, 1765;
Burbero benefico, in lingua francese, nel 1771.
Importanti i suoi Mémoires, in francese iniziati nel 1784 e pubblicati nel 1787.
"Il termine baruffa è lo stesso nel linguaggio Chiozzotto Veneziano, e Toscano. Significa confusione, una mischia, un azzuffamento d'uomini, o di donne, che gridano, o si battono insieme. Queste baruffe sono communi tra il popolo minuto, e abbondano a Chiozza più che altrove.". L'autore ha utilizzato questo termine popolare perché nei suoi dialoghi viene riportata la viva voce del popolo.
Si tratta di una commedia strutturata in tre atti: il primo comprende tredici scene, il secondo sedici e il terzo venticinque. È di una commedia d'ambiente popolare, in cui il paesaggio umano, e sociale, è molto più importante di quello fisico, l'autore ci descrive una classe umile, che rispetta il valore dei sentimenti, seguiti con pudore, che attira la simpatia del Goldoni. Si tratta anche di una commedia d'amore, soprattutto dell'amore tradito, che esplode in gelosia. La riconciliazione tra Orsetta e il suo amato è veloce, ma tra Titta Nane e Lucietta è penosa e lenta, ricca di orgoglio offeso, dispetto e rabbia. Infine è classificabile come una commedia di conversazione: l'azione è ridotta in funzione della parola, lo strumento per affermare un senso di vitalità e salute morale, nella classe popolare che non avverte limiti nell'espandere i propri sentimenti, in opposizione al mondo aristocratico. E al mondo plebeo Goldoni guarda con simpatia.
Goldoni aveva vissuto in gioventù a Chioggia, quindi il luogo rievoca ricordi nostalgici, facendo della commedia quasi un'opera autobiografica. Chioggia sembra un "paradiso" che esiste solo in scena, perché la realtà è diversa, più dura e ingiusta.
Il primo atto presenta una struttura semplice: si parte dal pacato dialogo iniziale per arrivare a due baruffe, di gravità ascendente. La prima avviene tra donne, ma viene prontamente sedata quando viene annunciato l'arrivo degli uomini dal mare, la seconda è introdotta da pettegolezzi femminili, coinvolge anche gli uomini e si chiude con un tono di minaccia. Un espediente molto utile per separare le due serie di pettegolezzi per poi riunirne gli effetti alla fine è il cambiamento di scena: dalla veduta del canale con le barche (scene V-IX) alla strada con case (scene X-XIII).
Il secondo atto, a differenza del terzo che assomiglia al primo, ha una costruzione diversa. Elemento in comune è sempre il criterio di simmetria: l'atto inizia in cancelleria, continua per strada e termina sempre in cancelleria. In posizione centrale abbiamo la scena di gelosia tra Titta Nane e Lucietta, predisposta come scena centrale di tutta la commedia. Il tema del terzo atto riprende quello del primo, con due baruffe, ma con gravità decrescente; la prima è di donne, basata su false notizie e interpretazioni discordanti, la seconda di uomini e donne. Nella prima sequenza si ha l'intervento dall'esterno di un nuovo personaggio, ogni volta che si passa da un sentimento all'altro (come tra speranza e allarme); nella seconda sequenza il ribaltamento avviene all'interno di una scena, accelerandone il ritmo. In realtà l'azione è veramente condensata al minimo, ridotta nelle tre scene principali, in cui un banale dispetto d'amore scatena all'improvviso un "temporale". Tutto il resto non è che una serie di espedienti per sanare un contrasto che sembrerebbe risolvibile facilmente e che verrà sciolto dopo i tre atti soltanto per permettere all'autore di attuare un esercizio "conversativo", che ha nella parola il fine e il mezzo ultimo.
Il primo tema riguarda la lontananza degli uomini dovuta alla pesca. Il secondo, legato all'altro, è la condizione di lavoro delle donne a terra in attesa degli uomini in mare. Il tema principale è quello delle preoccupazioni matrimoniali delle ragazze. Riporto il passaggio tra il secondo e il terzo tema, in cui sono specificate le aspirazioni matrimoniali delle giovani:
LUCIETTA ".te mettistu in donzelon?"
CHECCA " In donzelon? No so miga cossa che voggia dire."
ORSETTA "O che pandola! No ti sa che co una putta xe granda, se ghe fa el donzelon; e che co la gh'ha el donzelon, xe segno che i soi i la vuol maridare?"
Il quarto tema riguarda la gelosia, collegato al terzo.
Tutti i sentimenti forti non sono ignorati, anzi livellati in modo democratico: per cui anche la normalissima Checca ha la sua parte di onorata felicità.
Le vicende si svolgono nell'arco di pochi giorni e sono ambientate nell'epoca in cui visse e operò Carlo Goldoni. Possiamo notare che il tempo della storia coincide con il tempo del racconto, in quanto non sono presenti flash-back, né anticipazioni, ma tutte le scene avvengono in successione temporale. Non sono presenti avvenimenti storici e questo sta a significare che probabilmente non è importante l'epoca nella quale sono ambientate le vicende, ma i contenuti e i sentimenti delle persone. Trattandosi di una commedia la fabula coincide inevitabilmente con l'intreccio.
Le vicende sono interamente svolte a Chioggia "una bella e ricca città venticinque miglia distante da Venezia, piantata anch'essa nelle Lagune e isolata, ma resa Penisola per via di un lunghissimo ponte di legno, che comunica colla terraferma.". Per quanto riguarda i luoghi in generale, non hanno molta importanza quelli fisici, infatti non troviamo descrizioni paesaggistiche, ma conta maggiormente il paesaggio umano. Goldoni crea una certa atmosfera, anche spaziale, che si può intuire dal testo, ma questa sensazione si compenetra poi con le azioni e le sensazioni provate dai personaggi.
In molti passi si può rintracciare un ricco uso di assonanze e allitterazioni , come nel passo seguente, in cui abbiamo anche una serie di infiniti in rima tra loro: I, 6
PASQUA "Mo che omini! Mo che omini malignazi!"
TONI "Mo che donne; mo che donne da pastare co fa i granzi per andar a pescare."
Oppure ci sono molte opposizioni di affermazioni esasperate di diversi personaggi che reagiscono a delle situazioni precise:
I, 1
CHECCA (un marito qualsiasi, presto) "Me voggio maridare, se credesse de aver da tiore un de quei squartai che va a granzi"
I, 6
LUCIETTA (un marito determinato, subito) "O che el me sposa subito, o per diana de dia, voggio andar più tosto a servire."
II, 6
LUCIETTA (nessun marito, mai) "No, no me voggio più maridare. Più tosto me voggio andar a annegare."
Una nota generale riguarda la presentazione da parte di Goldoni della volubilità dei personaggi popolari, sottolineandone il lato fanciullesco del carattere. Possiamo però intendere che i personaggi in realtà abbiano coscienza della propria carica emotiva, come il commento autoironico nell'atto I,9
CHECCA "Oe! Cossa gh'astu paura?"
ORSETTA "Mi? Gnente."
CHECCA "Se Lucietta perderà el novizio, so danno."
ORSETTA "Mi lo gh'ho intanto."
CHECCA "E mi me lo saverò trovare."
ORSETTA "Oh che spasemi!"
CHECCA "Oh che travaggi!"
ORSETTA "Gnanca in mente!"
CHECCA "Gnanca in ti busi del naso!"
In questo passo abbiamo visto anche della anafore (oh, che.oh, che, gnanca.gnanca, mi.mi).
Per la maggior parte del testo, ci troviamo di fronte a frasi cortissime e molto ritmate, che danno molto movimento all'azione. Spesso i discorsi lunghi hanno un'importanza particolare, affrontando argomenti di vasta portata, come l'interpretazione della società veneta da parte dei personaggi: l'avidità dei mercanti all'ingrosso (da parte di Toni, in cui si rispecchia Goldoni, sensibile ai problemi economici dei ceti da cui estrapola i suoi personaggi), l'indifferenza dei patrizi, l'innocenza dei pescatori. Altri discorsi lunghi affrontano temi più universali, come l'amore fedele dei giovani chioggiotti, come nell'atto II, 3, in cui Pasqua assicura Titta Nane dell'affetto di Lucietta, o III, 2 tra Orsetta e Beppo. In altri punti ritroviamo gruppi di pause riflessive.
LINGUA:
La lingua utilizzata dall'autore è il dialetto veneziano, la lingua degli abitanti di Chioggia. Il dialetto rappresenta un limite che ha impedito una larghissima diffusione.
Dalla lettura di questa commedia, si può capire che non emerge nessun personaggio in particolare, non esiste un protagonista nel senso classico del termine: l'unico protagonista è il popolo di Chioggia e quindi questa può essere definita una commedia "corale". Nonostante ciò, si può vedere nel Cogitore una rappresentazione del Goldoni da giovane, avendo ricoperto la stessa carica. Isidoro è il personaggio più presente nel secondo atto e che dà maggior contributo al lieto fine del terzo. Essendo un funzionario, si trova perfettamente a suo agio in Cancelleria, in cui è alle prese con Toffolo, il querelante, e Fortunato. Ma le relazioni tra loro sono diverse. Con Toffolo, malizioso e meno spontaneo, si stabilisce una comunicazione diretta, rispettando le parti, l'autorità dell'uno e la riverenza dell'altro, con un linguaggio comune e quindi paritario. All'opposto sta Fortunato, il pescatore anziano che parla in fretta mangiando le sillabe come se non avesse ancora trovato un modo di parlare comprensibile, passando bruscamente dal silenzio del mare al diverso ritmo della città rumorosa. Anche il loro tipo di linguaggio è differente, risultando uno estraneo all'altro, simbolo della difficoltà di integrazione tra la classe dominante veneziana e il popolo di Chioggia. Anche il rapporto con le tre donne è di nuovo differente. Con Checca il Cogitore assume un atteggiamento galante, con Orsetta un rapporto distaccato e freddo, con Libera è stizzoso. Un elemento che sottolinea l'estraneità di Isidoro al popolo di Chioggia è l'assenza di un soprannome, che ogni popolano si affretta ad affibbiargli: "signor de bon gusto,.galantuomo,.sior dalla perucca,.amante dei ninzoletti,.bonazzo,.caro lustrissimo benedetto,.sior cogitore giazzao,.ingalbanio,.lustrissimo inspiritao,.quel panchiana del cogitore.". Anche il rapporto con l'amore da parte della ragazze è differente: Lucietta, matura nei sentimenti, è l'unica che si sposa per amore; Checca perché ha voglia di un marito e per la speranza di uscire dalla tutela del cognato e della sorella; Orsetta è il compromesso tra l'amore e la convenienza. Ma in fondo tutte e tre sono nel giusto, pur in modo differente.
L'oggetto della narrazione è il "popolino" dei pescatori di Chioggia. Gli uomini sono in mare a guadagnarsi da vivere. Le donne ne attendono l'arrivo, sedute per strada, a ricamare e cucire. Da una parte troviamo Pasqua e Lucietta, dall'altra Libera, Orsetta e Checca: donne di due famiglie vicine, prossime a imparentarsi. L'atmosfera è calma, ma ad un tratto scocca la scintilla che fa nascere la prima baruffa: Lucietta che si intristisce nel sentire Checca chiedere del suo fidanzato Titta Nane; Checca indispettita dal fatto che Toffolo ha offerto a Lucietta una fetta di zucca "barucca"; quest'ultima che rivela a Toffolo il soprannome di Checca. La tensione cresce e gli insulti più pittoreschi vengono scambiati; intanto arrivano le barche e le donne si affrettano ad andare incontro ai loro uomini. I primi a ritrovarsi sono i membri della famiglia di paron Toni: Lucietta e Pasqua raccontano, a modo loro, la baruffa di poco prima con le vicine e il colloquio di queste con Toffolo detto Marmottina, quanto basta per montare la gelosia di Beppo; fidanzato di Orsetta. Le altre tre donne, andate a ricevere paron Fortunato, ne approfittano per insinuare a Titta Nane sospetti sul conto di Lucietta e Toffolo. Costui ormai diviene il bersaglio dei fidanzati gelosi. Prima lo affronta Beppo, aiutato da paron Toni, poi è la volta di Titta Nane. Il povero Marmottina si difende tirando sassate, ma gli altri hanno in mano coltelli e pistole, e solo a stento le donne e paron Fortunato riescono a trattenerli e quindi trascinarli in casa. Le cose si complicano perché Toffolo sporge querela contro i suoi assalitori. Isidoro, il coadiutore del Cancelliere, convoca alcuni testimoni, interrogandoli separatamente: prima la giovanissima Checca, per la quale il coadiutore mostra un interesse extraprofessioniale; poi è la volta di Orsetta, sicura e spigliata; quindi di donna Libera, che si finge sorda per non dover dichiarare la propria età. Pasqua e Lucietta, convocate ma non interrogate, protestano clamorosamente, sospettando un'ingiustizia. Gli animi intanto non si sono placati; e mentre Isidoro cerca di metter pace tra i fidanzati furenti, una nuova zuffa scoppia tra le donne, qui corrono ad unirsi gli uomini, piantando in asso il coadiutore. Infine la paziente e l'autorità del coadiutore accomodano tutto; Titta Nane si riconcilia con Lucietta e la sposa; Beppo e Orsetta fanno altrettanto; a Checca rimane, con sua soddisfazione, Toffolo Marmottina.
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