La Poesia del 900
Data d'inizio il 1903. Data di chiusura il 1919.
Questo è l'arco di tempo in cui si sviluppano forme di poesia che possono
definirsi d'avanguardia e che, pure gravitando per filiazione o
ribellione intorno a Carducci, Pascoli e D'Annunzio, sicuramente esibiscono un
corpo nuovo: lessicale, metrico e tematico.
Ai crepuscolari resta il merito di non aver fondato scuole, ma tendenze
comuni: estraneità alla cultura accademica, per esempio, frammentizzazione dei
moduli metrici, gusto del prosaico, del quotidiano fino al culto sotto tono per
la malattia e lo sfinimento del vivere. Linee non programmatiche, ma che
consentono una rottura con la tradizione e un collegamento della lirica
italiana con il decadentismo europeo.
Il crepuscolarismo romano porta il nome di Sergio Corazzini, che
pubblica soprattutto su diverse riviste e pochi volumi presso tipografie
private; la prima raccolta complessiva esce, infatti, postuma, a cura di alcuni
amici, nel 1908: Liriche seguita da una seconda nel 1922 e da una terza
del 1959 sempre a cura dell'editrice Ricciardi di Napoli.
Nella carriera poetica di Aldo Palazzeschi (Aldo Giurlani) l'esordio è
un misto di crepuscolarismo e futurismo, nell'apparente facilità e leggerezza
dei suoi versi, provocatoriamente anti-letterari; le prime raccolte del 1905,
1907 e 1909 escono a Firenze a spese dell'autore con un editore falso il cui
nome Cesare Blanc risulta essere quello del suo gatto.
L'Incendiario del 1910 viene ospitata nelle Edizioni di Poesia di
Marinetti e a lui anima della nostra fiamma personalmente dedicata.
Guido Gozzano , dopo diverse pubblicazioni su riviste, esce nel 1907 per
l'editore Streglio di Torino con la raccolta La via del rifugio e, nel
1911, con il suo libro-capolavoro I colloqui per i Fratelli Treves di
Milano.
Crepuscolare a suo modo, è l'unico poeta del Novecento ammesso da Croce,
l'unico apprezzato dai vociani, sicuramente il grande liquidatore di
un'intera tradizione classica.
Nelle riviste come Poesia, La Voce e Lacerba si raccolgono
le prime esperienze dei poeti: futuristi come Corrado Govoni che,
proprio nel 1918, dà alle stampe un'antologia della prima produzione Poesie
scelte chiudendo simbolicamente un ciclo, o come Luciano Folgore, il
più rappresentato nell'antologia I poeti futuristi del 1912, pubblicata,
appunto, per le Edizioni futuriste di Poesia, e che chiude la grande
stagione d'avanguardia con Città veloce. Lirismo sintetico, del 1919,
con le Edizioni della Voce di Roma; esordienti come Umberto
Saba, che pubblica proprio nelle Edizioni della Voce, nel 1912, Coi
miei occhi (il mio secondo libro di versi.
Nell'autunno del 1913, Dino Campana dà a Soffici la copia dei Canti
Orfici, che andrà smarrita costringendo il poeta a riscriverla a memoria
per pubblicarla, poi, nel 1914.
Con quest'opera, unica testimonianza di una mente creativa, Campana si
aggiudica il titolo di capostipite della lirica nuova, per molti critici, o si
attira il giudizio riduttivo e negativo di altri, tra i quali colleghi di
scrittura come Saba, che lo liquida brutalmente: era matto e solo matto.
Resta il fatto che le liriche dei Canti rappresentano il ponte più
complesso con la cultura europea, con Baudelaire, Rimbaud facendo
del poème en prose un coacervo di stimoli e tendenze vociane,
lacerbiane, futuriste della nuova cultura letteraria italiana.
Ancora Lacerba e questa volta con i primi versi di Giuseppe Ungaretti,
che nel 1916 pubblica Il porto sepolto e poi parte, fervente
interventista, per la guerra sul Carso.
Nel 1919, a Firenze, edizione Vallecchi, pubblica Allegria di naufragi e
a Parigi, in contemporanea, la plaquette di versi in francese La
guerre. Ed è anche l'anno in cui il poeta aderisce al fascismo.
Con Allegria Ungaretti viene riconosciuto, immediatamente, come il
portatore di una poetica nuova, l'ermetismo, garantendosi il plauso della
critica militante di allora.