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La principale linea di sviluppo della narrativa dell'inizio del ventesimo secolo rappresenta una rottura con la scuola naturalista e un movimento verso una più sottile e complessa visione dell'uomo e del suo mondo. La rottura avvenne durante la seconda decade del secolo, quando una nuova generazione di scrittori iniziò a mettere in dubbio le convenzioni e la pretesa obiettività della narrativa tradizionale. Inoltre con l'aiuto dei nuovi sviluppi nella psicologia, specialmente della psicoanalisi di Freud, essi proposero di andare oltre l'apparente superficie razionale della mente conscia, scavando nell'oscuro, irrazionale mondo dell'inconscio. E con loro la realtà divenne materia di impressioni personali; il centro dell'attenzione si spostò dai fatti esterni alle nostre reazioni ad essi.
La corrente della novella di coscienza è un tentativo di rendere il continuo flusso della mente col suo libero gioco di immagini ed associazioni. Il suo mezzo idoneo è il monologo interiore, che è un genere di soliloquio della mente con se stessa. La tradizionale mediazione del narratore tra il personaggio e il lettore è abolita. Il lettore è trasportato dentro le menti dei personaggi e può seguire i loro pensieri fluttuanti o pensieri appena formati, aggrovigliati e caotici, come essi fluiscono e appaiono nell'ininterrotto flusso della coscienza.
La corrente della tecnica consapevole può definirsi come un ulteriore sviluppo del metodo diretto o drammatico, il quale è così esteso dalle azioni esterne agli eventi che trovano posto nella mente.
Il rappresentante indiscusso della nuova narrativa è James Joyce.
Un poeta e un commediografo come pure un narratore, Joyce scrisse due collezioni di versi, musica da camera (1907) e i poemi di Penyeach (1927), e un dramma, gli esiliati (1918). Questi comunque possono essere ricordati come i lavori minori, interessanti ma non completamente soddisfacenti, di uno scrittore il cui vero interesse era la novella e i problemi della tecnica narrativa. Quando apparve musica da camera nel 1907, Joyce aveva già scritto una notevole collana di storie brevi, gente di Dublino, che comunque non fu pubblicata fino al 1914.
Sebbene non c'è niente di veramente rivoluzionario nello stile o nella trattazione in queste storie, la migliore di esse - specialmente l'ultima, la morte, che è la più famosa - già mostra la sua capacità di fondere le tradizioni naturaliste e simboliste, con un modo di creare una forma d'arte allo stesso tempo realistica e altamente simbolica.
Questa tendenza è esplosiva nella sua prima novella, ritratto di un artista come un giovane uomo, pubblicato nel 1916, che offre un'affascinante descrizione della crescita della mente di un artista, largamente basato sulle esperienze di Joyce durante i suoi primi anni. L'eroe, Stefano Dedalo, è il simbolo romantico dell'intellettuale estraniato, alienato nel mondo ostile della società contemporanea, che come Joyce rifiuterà la sua gente e religione per trovare nell'esilio il suo completamento come artista-martire.
Ma sebbene nello scrivere il ritratto Joyce ovviamente partì dalle sue esperienze, il libro non è una mera autobiografia e si sviluppa in una obiettiva e drammatica presentazione dell'artista moderno. Joyce vi ha impiegato espedienti tecnici (come l'uso del monologo interiore), motivi e simboli che già puntano in direzione dell'Ulisse. Come esso mostra, il libro si sviluppa in modo sempre più completo, stilisticamente come simbolicamente. E nell'ultima parte ci sono parallelismi biblici che danno alla storia e ai personaggi molti significati più profondi di quelli che potrebbero apparire all'inizio (è stato suggerito che Stefano potesse nel finale identificarsi con Cristo).
Il ritratto è il primo successo, ma fu comunque nella sua seguente novella, l'Ulisse, pubblicato a Parigi nel 1922, che Joyce mostrò pienamente il suo genio e la sua originalità, e le sue straordinarie doti verbali.
L'Ulisse è una novella molto lunga e complessa che tratta delle esperienze piuttosto comuni e perfino primitive di tre principali personaggi e di alcuni minori durante un solo giorno a Dublino (16 giugno 1904). I principali personaggi sono Leopoldo Bloom, un ebreo convertito, e la sua lasciva moglie Marion, un cantante sfiorito, e Stefano Dedalus, il giovane, alienato intellettuale di "Un ritratto dell'artista come un giovane uomo". Ma l'Ulisse è concepito come un parallelo dell'Odissea di Omero, in un eroe comico o chiave comica, Bloom che corrisponde ad Ulisse, Marion alla sua moglie Penelope, e Stefano al loro figlio Telemaco. Inoltre i diversi episodi del libro hanno un parallelo nell'Odissea, così che per esempio un moderno ufficio è allo stesso tempo la caverna di Eolo, dio dei venti, e un bordello che diventa il regno di Circe, la maga che trasformò gli uomini in maiali.
La storia e i personaggi dell'Ulisse sono così inseriti in un complesso contesto di simboli e riferimenti, così che esse assumono significati multipli e il libro appare alla fine un mostruoso, simbolico ritratto della storia umana.
Il libro non può essere letto senza l'aiuto di un'introduzione espositiva e di qualche nota di commento.
La complessità dell'Ulisse comunque non è niente se paragonata all'ultima novella di Joyce, Finnegans Wake, sulla quale egli lavorò per 16 anni e che finalmente pubblicò nel 1939. La sua azione è complessa in una singola notte, a bilanciare il precedente giorno di lavoro, e la scena è ancora a Dublino. Ma mentre l'Ulisse tratta principalmente della vita conscia, Finnegans Wake investiga profondamente nella vita inconscia e nella mente dormiente di H.C. Earwicker, e di sua moglie Anna. Le loro esperienze si estendono ad un completo riassunto della storia umana e essi vengono presi a rappresentare tutta l'umanità in tutte le età, passando attraverso molti famosi personaggi storici, da Adamo a Cesare e da Eva a Cleopatra. Finnegans Wake ha una struttura circolare basata su una visione ciclica della storia (che Joyce riprende da Vico e adatta ai suoi scopi) che implica che l'intero corso storico è un flusso ininterrotto di eventi perpetuamente ricorrenti.
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