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La Mandragola di Machiavelli




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La Mandragola di Machiavelli

La Mandragola fu composta, secondo studi approfonditi sull'argomento, nel gennaio-febbraio 1518 e rappresentata per la prima volta durante le rappresentazioni teatrali organizzate per le nozze di Lorenzo de' Medici (detto Lorenzino) con Margherita de La Tour d'Auvergne nel settembre dello stesso anno (le altre commedie furono il Falargho e la Nutrice o Pisana di Filippo Strozzi). La fortuna della Mandragola fu rapida e di grande importanza; le rappresentazioni più importanti avvennero nel 1520, durante il carnevale di Venezia del 1522 'allorché la prima recita fu sospesa per l'eccessivo affollamento del teatro, e sempre nella stessa città nel 1526'. Alla fine del 1525 Machiavelli compose le Canzoni, per le rappresentazioni del Carnevale di Modena del 1526 patrocinate da Francesco Guicciardini. La prima metà del Cinquecento fu indubbiamente importante per la storia del teatro italiano; si abbandonarono finalmente le commedie scritte in latino, destinate esclusivamente alla lettura delle persone colte, e le rare rappresentazioni di commedie di Plauto insieme a quelle che avveniva sui sagrati delle chiese, per passare, prima di tutto con l'opera di Ludovico Ariosto, alla scrittura e rappresentazione di opere che, pur restando in qualche modo nel solco della tradizione classica e più recentemente della novellistica italiana (ad es. Boccaccio), rappresentavano la realtà contemporanea. Sul piano allegorico Messer Nicia potrebbe rappresentare il Soderini, che tra l'altro aveva una moglie bella e sterile, e il suo nome richiama alla mente Nicia, il bravo ma irresoluto comandante delle truppe ateniesi durante la guerra del Peloponneso e il vano assedio della città di Siracusa; Lucrezia richiama alla mente, da parte sua, la virtuosa e fedele matrona romana. La mandragola è una commedia in prosa in cinque atti con una canzone iniziale quattro Canzoni che chiudono i primi quattro Atti, e un Prologo nel quale si narra agli spettatori la vicenda, ispirata alle novelle 'VII-7, VIII-6 e III-6' del Decameron di Boccaccio: il giovane e ricco Callimaco torna da Parigi a Firenze attirato dalla fama della bellezza di Lucrezia, moglie fedele e devota la marito, più vecchio di lei, sciocco e pieno di sè. Per sedurre Lucrezia gli viene in aiuto Ligurio, un 'astuto perdigiorno e profittatore', che nella fattispecie sfrutta la buonafede del credulone Messer Nicia e la sua voglia di avere un bambino. Nicia crede ormai che la moglie sia sterile, ma Ligurio gli dice di conoscere un bravo medico, molto celebre in Parigi, che potrebbe guarire la sterilità della moglie. Callimaco, fingendo di esaminare l'urina di Lucrezia, detta la cura che questa avrebbe dovuto seguire: bere una pozione di mandragola, efficace contro la sterilità ma dagli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con la donna la prima notte dopo aver bevuto la pozione. Per evitare il luttuoso evento i due suggeriscono a Messer Nicia di far giacere la moglie con uno sconosciuto; riescono a convincere Messer Nicia e Lucrezia, dopo molte resistenze e con l'aiuto di Sostrata (la madre della sposa) e del corrotto frate Timoteo, lautamente pagato; a questo scopo organizzano un rapimento durante la notte per le vie della città e rapiscono un giovane deforme e robusto sotto le cui spoglie si nasconde proprio Callimaco. Tutta la notte giace Callimaco con Lucrezia e al mattino le svela l'inganno e il suo grande amore per lei, e promettendole di sposarla, nel caso in cui Dio avesse voluto chiamare a sé il vecchio Nicia, le chiede di poter continuare ad amarla: Lucrezia allora, che aveva potuto provare quale differenza passasse fra il guacere col marito e il giacere con un giovane forte oltre che coraggioso, gli risponde: 'Poiché la tua astuzia, la stupidità di mio marito, l'ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per una sera, voglio che sia per sempre'. Callimaco diventa compare di Messer Nicia proprio su consiglio di Lucrezia, e ciascuno ottiene quello che maggiormente desidera.

Analisi dei personaggi

Callimaco

Callimaco, dalle battute iniziali della commedia, sembra essere in grado di onorare il suo nome, derivato dal greco, che significa colui che combatte bene. Infatti egli, pur essendosi innamorato di una donna irraggiungibile, per giunta per sentito dire, non rinuncia a propositi battaglieri, confidati al servo Nicia, a differenza dei vari innamorati tramandatici dalla letteratura precedente, che si limitavano a struggersi nell'impossibilitò del loro amore. Quindi Callimaco sembra essere una sorta di 'Principe', capace di agire per raggiungere il proprio scopo, non disdegnando neanche l'inganno. Tuttavia egli si rivela un personaggio mediocre, perché delega l'azione al parassita Ligurio, e da questo momento in poi subentra in lui l'esaltazione della passionalità, non solo in termini alti e raffinati, ma anche 'volgari'. Callimaco infine riuscirà a possedere Lucrezia, ma non grazie alla sua virtù, ma a quella di Ligurio, a conferma della tesi di Machiavelli secondo cui i fiorentini avevano perso la capacità di agire.

Nicia

Nicia non è solo lo sciocco raggirato ma incarna anche i difetti dei fiorentini, che avevano perso 'l'antica virtù', come afferma Machiavelli nel prologo. Infatti, egli, notaio, rappresenta l'ottusità della classe dominante fiorentina, che valuta il mondo solo in base alla sua esperienza limitata a Firenze. Nicia, infatti non si è mai allontanato troppo da Firenze, pur vantandosi del contrario.Come i suoi concittadini, egli è attaccato ai soldi e la sua voglia di avere un erede non è altro che per non far disperdere il suo patrimonio. Per questo è disposto a costringere la moglie ad avere un rapporto sessuale con un 'garzonaccio', onde evitare gli effetti letali della mandragola anti-sterilità. Naturalmente questo è l'inganno progettato da Ligurio, ma Nicia è troppo ottuso per comprenderlo e anzi aiuta il parassita ad organizzarlo, preoccupandosi solo delle possibili conseguenze giudiziarie e non di quelle morali per la morte del 'garzonaccio'. Infine, il giudizio che Nicia ha dei suoi concittadini, a suo dire 'cacastecchi', sembra ancora più pesante considerando da che pulpito vien la predica.

Ligurio

Ligurio viene presentato come un parassita, ma in realtà egli non organizza l'inganno per ricevere soldi da Callimaco, al quale propone di avere qualche pasto se non ne ha disponibili. Egli infatti possiede l'attivismo energico ed eroico del 'Principe' di Machiavelli, di cui rappresenta una proiezione in scala, infatti egli è capace di modellare il reale secondo i suoi progetti e i suoi calcoli. Escogita l'inganno per consentire a Callimaco di possedere Lucrezia, e successivamente lo mette in atto. Ma per far questo non si pone problemi riguardanti la morale, e questo rende problematico il suo personaggio, visto l'intento moralista e di denuncia di Machiavelli. La risoluzione di questa problematica è analoga a quella del 'Principe': infatti Machiavelli sa bene che le sue azioni sono moralmente deplorevoli, ma sono efficaci a raggiungere lo scopo e inoltre egli non può agire secondo la morale perché gli uomini sono 'tristi'. In questo caso i malvagi sono proprio i fiorentini, con i loro costumi decaduti.

Timoteo

Fra Timoteo rappresenta la corruzione del clero, interessato più al dio denaro che al Dio biblico. Pertanto su di lui il giudizio morale non può che essere negativo, ma nonostante ciò di lui Machiavelli mette in evidenza l'intelligenza, la capacità di agire per ottenere il suo scopo, ovvero quello di intascare i quattrini, e se per farlo deve convincere una giovane donna ad avere un rapporto sessuale con uno sconosciuto, egli, infischiandosene della morale, la convince servendosi di argute argomentazioni teologiche. Quindi, messa da parte la morale, egli è un personaggio che Machiavelli ammira per le sue qualità ed è per questo affine a Ligurio, ma a differenza del quale egli si presta all'inganno solo per ricevere denaro.

Lucrezia

Lucrezia incarna una certa superiorità morale rispetto agli altri personaggi, che ostacola seriamente l'inganno ordito da Ligurio. Proprio in questa luce appare contraddittorio il cambiamento del personaggio, che dopo aver giaciuto con il 'garzonaccio', che poi si rivela essere Callimaco, decide di tradire stabilmente il marito con il giovane amante. Non si sa quindi il motivo di tale radicale cambiamento e abbandono della sua ferrea morale, si può ipotizzare una vendetta nei confronti di suo marito perché l'aveva costretta a quel gravissimo atto, o più semplicemente alla voglia di godere della passione di un giovane amante. Qualcuno ha però ipotizzato che in realtà la vera Lucrezia sia quella mostrata nella parte finale della commedia, rimasta precedentemente nascosta da una maschera virtuosa, oppure che il comportamento di Lucrezia non sia altro che una forma di duttilità, qualità esaltata da Machiavelli nel 'Principe', nei confronti del variare della fortuna, forza troppo impetuosa perché si possa dominare.


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