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LA FORMA DELL'ACQUA
CAMILLERI
Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle nel 1925, ha lavorato a lungo come sceneggiatore e regista teatrale e televisivo, producendo le famose serie del commissario Maigret e del tenente Sheridan.Esordisce come romanziere nel 1978 con Il corso delle cose. Seguono Un filo di fumo,La stagione della caccia, La strage dimenticata, La bolla di componenda, La concessione del telefono.
Gli otto romanzi che hanno come protagonista il commissario Montalbano sono: La forma dell'acqua, Il cane di terracotta, Il ladro di merendine,La voce del violino, Un mese con Montalbano, Gli arancini di Montalbano, La gita a Tindari, La paura di Montalbano.
TRAMA
Viene ritrovato a Vigata presso LA MANNARA, luogo malfamato, frequentato da prostitute, l'ingegner Luparello, in una macchina, svestito. Il corpo viene ritrovato da due spazzini Pino e Saro, due geometri che hanno dovuto scegliere questo impiego, per necessità.
Saro ha un bambino malato, che necessita di cure costosissime, Pino ha invece velleità letterarie e vive con la mamma.
Entrambi decidono di telefonare all'avvocato Rizzo, braccio destro di Luparello, entrambi appartenenti al partito democratico.
Luparello laureatosi in ingegneria, era ritornato al suo paese, facendosi le ossa presso l'organizzazione dei Cattolici Universitari e si era fatto molte amicizie. Dopo 20 anni di ombre e di silenzi era riuscito a farsi dei servi, in breve tutto il partito di Montelusa e provincia era passato nelle sue mani, così come l'ottanta per cento degli appalti pubblici e privati.
Il terremoto scatenato da Mani pulite non l'aveva scosso, anzi essendo sempre stato in secondo piano ora poteva uscire allo scoperto e indignarsi per la corruzione dei suoi compagni di partito.
Era diventato quindi l'alfiere del rinnovamento e segretario provinciale. I due spazzini vanno dritti al commissariato, evitano i Carabinieri, perché comandati da un tenente milanese.
La polizia invece è guidata da Salvo Montalbano di Catania che "quando una cosa la voleva capire, la capiva."
La telefonata a Rizzo li lascia sconcertati, in quanto l'avvocato non sembra affatto sorpreso e turbato dalla morte del suo migliore amico, come soleva definirsi.
Iniziano così le indagini. L'ingegner Luparello sembra morto per cause naturali, colto da un malore mentre viveva un'esperienza particolare alla Mannara. Ma a Salvo Montalbano le cose non quadrano e non archivia il caso. Montalbano inizia a seguire le piste a lui più congeniali, parla con Gegè, suo ex amico di scuola, che ora gestisce la Mannara e da lui apprende che era una donna che guidava e che dopo aver fatto l'amore con l'ingegnere, è scesa di corsa e una macchina al volo l' ha fatta salire.
Tutti gli indizi portano ad Ingrid Sjostrom, una svedese sposata con Cardamone, figlio di un galantuomo.
Da questo momento Montalbano si mette sulle tracce di questa donna, la rintraccia, la conosce e le fa percorrere con la macchina il canaletto, un percorso impervio, che comunque ha percorso la macchina dell'ingegner Luparello.
Ingrid lo percorre senza rompere le sospensioni della macchina, cosa invece accaduta alle sospensioni della BMW di Luparello.
Ingrid svela però molte cose a Montalbano, che è costretta ad essere l'amante del suocero, che usa la casa di Luparello, con cui una volta sola era stata a letto.
Montalbano comprende che lei non c'entra niente, ma che comunque è stata tirata dentro, per una vera e propria manovra politica.
Il suocero infatti è stato proposto proprio dall'avvocato Rizzo, come successore di Luparello, pur essendo stato da sempre un oppositore.
Rizzo diviene ora braccio destro di Cardamone.
Montalbano comprende che si tratta di un delitto di mafia e parlando con la vedova Luparello se ne convince. La vedova con freddezza e lucidità spiega a Montalbano che il marito, dagli ambigui gusti sessuali, dopo anni passati in ombra in politica, ora era emerso, pertanto non si sarebbe mai immischiato in uno scandalo facendosi scoprire con una prostituta.
In casa Luparello Montalbano conosce Giorgio, nipote della signora, morbosamente innamorato dello zio e in preda ad una crisi di epilessia e isteria, dopo al morte di questo.
Intanto anche Rizzo viene ucciso. Il quadro è sempre più chiaro, Ingrid è stata usata come un paravento, la sua collana e la sua borsa alla Mannara dovevano spingere a credere lei la donna al volante.
Ingrid svedese, dai costumi tropo libertini per la Sicilia, era un capro espiatorio ottimo.
Tutto ciò però non era sfuggito a Montalbano, che morto Rizzo e morto anche Giorgio, mette tutto a tacere, lascia che la morte di Luparello non appaia un delitto.
Apprendiamo come la vicenda si è realmente svolta attraverso il racconto di Montalbano, in tono ufficioso al Questore e a Livia, la sua donna di Genova, che ogni tanto raggiunge.
Nella garçonniere di Capo Massaria, dell'ingegner Luparello era avvenuto tutto, durante un incontro d'amore dell'ingegnere con il nipote.
Morto l'ingegnere, il nipote Giorgio, impazzito per la paura dello scandalo e di infrangere la memoria dello zio, aveva tentato di rivestirlo e portarlo altrove. Ecco dunque spiegato il motivo delle mutande a rovescio, notate nella foto scientifica dalla vedova.
Giorgio resosi conto che la finzione non reggeva , aveva telefonato all'avvocato Rizzo, che andato a Capo Massaria, riveste l'ingegnere e chiamato un travestito, gli fa indossare i vestiti, la borsa e i gioielli di Ingrid, trovati nella casetta. Affida al travestito Merylin la macchina e Luparello morto, per condurlo alla Mannara.
Lì vengono appositamente persi collana e borsa. Tutto ricondurrà ad Ingrid e Rizzo attraverso questo giochetto avrà nelle sue mani Cardamone. Luparello infangato nell'onore, è una carta vincente, perché politicamente elimina gli amici della sua corrente.
Rizzo stabilisce quindi il triangolo Sjostrom-Luparello-Mannara, poi telefona a Cardamone ed inizia a giocare le sue carte. Rizzo ha però sottovalutato le reazioni di Giorgio, che sconvolto cerca Rizzo e lo uccide, poi si suicida.
La trama di questo romanzo è tutta incentrata su un delitto, il primo della seconda repubblica. Un omicidio eccellente che si spande tra gli alambicchi ritorti e i vasi inopinatamente comunicanti del comitato affaristico-politico-mafioso, che domina la città di Vigata, anche dopo il crollo del ceto dirigente. Ma la sua sostanza, il colpevole, il movente,le circostanze dell'assassinio, sono più antiche, più resistenti, più appassionanti.
Appartengono al substrato culturale e sociale della Sicilia, terra che si presta al genere giallo e poliziesco, che fornisce continuamente un teatro di contrasti ed arcaismi.
Camilleri è logicamente un innovatore del giallo siciliano, per la grazia particolare di raccontare, per la lingua che si modula senza sforzo e fastidi sul dialetto, per la potenza della comicità, ma soprattutto per l'intuizione completa dei nuovi scenari. Egli presenta con grande regia quel miscuglio di cultura millenaria che i sociologi definiscono MODERNIZZAZIONE SENZA SVILUPPO.
Camilleri usa come sfondo dei suoi romanzi la Sicilia che già è stata di Pirandello, Brancati e Sciascia.
La sua non è diversa, essa si presenta sempre come una realtà che sembra sfuggire fra le mani dell'osservatore, tutta intessuta come è di moventi umani elementari, ma oscuri, di gesti cerimoniali, che alludono ad una seconda natura, ad un'ipotesi dell'uomo, non misurabile secondo i parametri della logica.
Camilleri rievoca come già altri scrittori avevano fatto, quella densità dell'atmosfera siciliana, guidando il lettore sulle vie pericolose e stregate dell'ipotesi mentale e della domanda continua.
La sua parola a volte sorniona, a volte musicale mette in luce quelle trame segrete che fanno della Sicilia una terra a parte, comprensibile, e non del tutto, solo da chi la conosce nel suo tessuto più profondo, solo da chi ne sa interpretare i silenzi, gli sguardi, la mentalità superbamente perfetta.
Per Camilleri la Sicilia di oggi è fonte continua di ispirazione e di scoperta, di intrecci, di romanzo poliziesco e di osservazione di un costume , magari inquietante ma certamente non statico.
Soprattutto gli suggerisce un linguaggio mai banale.
Vigata diviene il centro più inventato della Sicilia più tipica, una Sicilia in cui, afferma Montalbano, si servono due stati diversi, tematica non solo di Camilleri, ma di tutti quei letterati siciliani consapevoli che in Sicilia c'è sempre stato uno stato diverso, ed esso ha continuato ad esistere malgrado i cambiamenti, adattandosi alle nuove e diverse situazioni, proprio come il titolo del romanzo in questione indica.
La forma dell'acqua è appunto metafora della duttilità di adattamento della mafia, e la spiegazione di esso viene data dalla vedova Luparello, trapiantata in Sicilia; mentre giocava da piccola con un amichetto, che aveva sistemato tanti recipienti contenenti acqua, lei gli aveva domandato: Che fai? E lui le aveva risposto con un'altra domanda : Quale è la forma dell'acqua? Ma l'acqua non ha forma, aveva detto la vedova ridendo, piglia la forma che le viene data.
Così si sono comportate la mafia e la Sicilia, hanno preso la forma che gli hanno dato, perché hanno semplicemente cambiato recipiente.
La regione del silenzio si è infiltrata nelle trame burocratiche dello stato. Camilleri mette in luce un'altra caratteristica, già ben conosciuta, a chi non è estranea la Sicilia: IL SILENZIO.
Zito, conduttore di Telelibera a Vigata, amico di Montalbano spiega bene la natura del silenzio, quando definisce il motivo di non aver dato tanto risalto alla morte di Luparello.
"SE INVECE METTI TUTTO SOTTO SILENZIO, IL SILENZIO COMINCIA A PARLARE, MOLTIPLICA LE VOCI INCONTROLLATE, NON LA FINISCE PIU' DI FARLE CRESCERE".
IL LINGUAGGIO
Sono ricorrenti i proverbi, quelle pillole della saggezza popolare, che a volte chiariscono a Montalbano quella realtà fuggevole della Sicilia, a volte così intricata anche per lui che è un siciliano D.O.C..
Ritornano quei proverbi cari a molti autori siciliani, espressione di una cristallizzazione, che caratterizza questa regione, malgrado il progresso.
Una parte della Sicilia sembra non mutare, ma radicarsi profondamente a ciò che è stato suo e che nessun altro, soprattutto i continentali, possono capire.
Livia la donna di Montalbano definisce infatti il loro modo di ragionare contorto.
MONTALBANO
Montalbano riecheggia Montalban autore spagnolo di romanzi gialli, tanto caro a Camilleri, per quel modo di presentare e risolvere i casi, entrando in perfetta comunione con il suo ambiente.
L'ambiente spagnolo è assimilabile a quello siciliano, così come il modo di pensare.
Determinante una frase di Montalban, perfetta anche per la Sicilia: Le apparenze ingannano, ma sono pur sempre l'argomento più solido che abbiamo. L'apparenza è la realtà e superarla implica uno sforzo, di cui quasi nessuno ha bisogno e che quasi sempre conduce ad evidenze peggiori delle apparenze di origine.(Da Quartetto)
Salvo Montalbano va a scovare dietro queste apparenze e per affinità ambientale, per occhio e per intelletto di giustizia, riesce a cogliere in ogni indizio un univoco messaggio di un codice conosciuto da decrittare, simbolo per simbolo, come una lingua arcaica, che continua a parlare in forme nuove.
Ecco perché Montalbano rifiuta sempre le promozioni, come accadrà in Il ladro di merendine, perché non vuole rinunciare ai propri capricci investigativi, che lo portano cercare la collaborazione di Gegè e di Ingrid , che dopo la forma dell'acqua diventerà sua interlocutrice, e ad evitare compromissioni burocratiche.
Montalbano in tutto ciò che appare semplice, cerca l'inatteso, egli afferma : nell' anormalità del delitto due più due può fare cinque.
Andare al di là delle apparenze è il motore di ogni indagine di Montalbano, che egli giustifica rifacendosi a Sciascia, anche lui attratto dall'insolito, mascherato da ovvietà.
Quando Montalbano parla con il questore dell'affare Luparello, fa riferimento pertanto al Candido di Sciascia,in cui il protagonista afferma che le cose sono quasi sempre semplici. Quel quasi sottolinea la possibilità delle eccezioni, le eccezioni su cui lavora Montalbano e il suo lavoro trasforma il sogno, sottotitolo del Candido, nell'incubo della realtà, quella politica e criminale.
Montalbano alla ferocia della vita però si oppone e si logora nei suoi BUSILLISI, con la sua morale fatalista, ma non rassegnata, le sue armi sono intelligenza, ironia e pietà.
"Quando Montalbano incornava su una cosa non c'erano santi", per Montalbano bastano una parola stonata, un gesto incontrollato, un dettaglio incongruo, isolati con percezione nella catena dell'assurdità del vivere quotidiano, ciò mette in moto le indagini di Montalbano.
Egli indaga non tanto sulla colpa, quanto sulla nostra armata e disarmante umanità. Anche se è una mattina di pioggia, non ha ancora preso il caffè ed è di umore NIVURO, come l'inchiostro, o se a mezzanotte, piegato dalla stanchezza, guida verso la sua casa di Marinella, pregustando un'ora di fresca solitudine sulla verandina in riva al mare, pensando o telefonando a Livia, così lontana e a volte così vicina; o persino se sul suo tavolo, alla trattoria San Calogero hanno appena servito un piatto cucinato "Come Dio comanda".
Tra italiano e siciliano, un pastiche che è diventato un caso letterario, Montalbano si muove tra una realtà non facile, di cui riesce ancora a ridere.
Spesso il lettore è trascinato nella sua stessa mente, nel suo modo di pensare e di vivere.
Le azzuffatine con Livia, le arrabbiature con i suoi colleghi, i pranzi di Adelina, questa è la semplice complessità di Montalbano, che non demorde di fronte a niente e spinge il lettore, avvinto, a farcela insieme a lui.
Ma Montalbano è anche un uomo estremamente colto, di una cultura non pavoneggiata, non mostrata, ma celata come ogni altra cosa viene celata in Sicilia.
Spesso lo troviamo con un libro in mano o lo sentiamo fare raffronti con Pirandello, che Camilleri piccolissimo ha conosciuto, Verga, Brancati e Sciascia.
Il suo universo è un coacervo di tutta la Sicilia, narrata e taciuta.
Camilleri è forse Salvo Montalbano, in lui c'è molto del letterato, dell'uomo di cultura, impregnato di tradizione letteraria e cultura popolare.
Ed è per questo che nel romanzo uscito nel 1999, Camilleri nel racconto "Montalbano si rifiuta" inscena una vicenda tipicamente pirandelliana. Camilleri immagina di stare scrivendo una storia in cui il Commissario è inserito in uno scenario di sangue. Montalbano telefona allora al SITTANTINO, Camilleri, in quanto si rifiuta di vivere quella vicenda di "occhi fritti".
Camilleri gli spiega che non è per sua volontà, quanto per il fatto che lo accusano di essere un buonista "uno che racconta storia mielate e rassicuranti, cert'altri dicono invece che il successo che ho grazie a te, non mi ha fatto bene, che sono diventato ripetitivo, con l'occhio solo ai diritti d'autore. Sostengono che sono uno scrittore facile, MACARI SE POI S'ADDANNANO A CAPIRE COME SCRIVO.
STO CERCANDO D'AGGIORNARMI, SALVO. CHE FAI, VUOI METTERTI A SOTTTILIZZARE?
Camilleri attraverso la ribellione del suo personaggio attua una vera e propria polemica, con cui cerca nei suoi libri ciò che però non va e non ciò che va. Il personaggio di Camilleri a differenza di quello di Pirandello non si ribella contro la forma conferitagli dall'autore, anzi contro quella che gli vorrebbero conferire eminenti critici e pubblici.
Montalbano nella fantasia di Camilleri accetta la maschera dell'autore, è sua, non appare affatto una maschera. Camilleri quindi al di là delle critiche non cede a tentazioni di SPLATTER, DIFFAMAZIONE, e va per la sua strada, senza assilli di buonismo. E' vero comunque che quando prevale le vena ironica, quella taciuta superiorità il sittantino Camilleri afferma la propria volontà a perseguire il cammino intrapreso, usare il giallo "come esercizio di disciplina per verificare se è capace di organizzare un intrigo, secondo linee logiche."
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