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La concezione del Bello nel Neoclassicismo
Dal punto di vista filosofico, è il filosofo illuminista Immauel Kant a dare una spiegazione molto dettagliata del concetto di bello e del connesso concetto di sublime. Nella sua Critica del Giudizio, infatti, Kant, analizzando il giudizio estetico riferito alla Natura, parla del bello come qualcosa che piace senza interessi, universalmente, come qualcosa di collegato alla finalità stessa dell'oggetto e come il soggetto di un piacere necessario; successivamente analizza anche il concetto di sublime, cioè un qualcosa che genera un sentimento non positivo (causato dal bello), bensì un sentimento negativo, di attrazione e meraviglia.
Dal punto di vista artistico, si assiste ad una ripresa dei modelli classici, con lo scopo di trarne ispirazione per lavori del tutto nuovi; massimo teorico del nuovo gusto Neoclassico è il tedesco Johann Joachim Winckelmann, il quale definiva il culmine dell'arte quella greca: quindi l'unico modo per divenire grandi era imitare, cioè ispirarsi e non copiare, tali modelli. Per Winckelmann l'opera d'arte, in particolar modo quella greca, ha due caratteristiche: la nobile semplicità e la quieta grandezza. Connesse a queste affermazioni ci sono le teorie sulla rappresentazione del soggetto nell'istante precedente o successivo l'azione, in cui la bellezza non è scossa dalle tensioni fisiche o emotive.
Massima espressione delle teorie di Winckelmann fu lo scultore Antonio Canova, che incarnò profondamente nella sua opera gli ideali neoclassici. Sua opera forse più famosa è il gruppo scultoreo Amore e Psiche, in cui vediamo i due amanti sospesi nell'attimo immediatamente prima o, forse, appena dopo il bacio: essi si sfiorano appena, si contemplano. Dalla visione frontale si nota la perfetta struttura geometrica dell'opera; tuttavia è necessario osservare l'opera da più angolazioni per apprezzare a fondo la perfezione di questo gruppo scultoreo, impreziosito dall'uso perfetto del marmo da parte del Canova, che attraverso un opportuno utilizzo della cera riesce a creare un perfetto effetto di incarnato.
Proprio a Canova è dedicata una delle opere di Ugo Foscolo, Le Grazie, dallo spiccato gusto neoclassico. Il poema è stato composto e rielaborato dal Foscolo in vari momenti della sua vita, senza mai giungere al completamento del progetto; in base ad esso l'opera si sarebbe dovuta articolare in un unico inno, ma poi il Foscolo la divise in tre inni, dedicati rispettivamente a Venere, a Vesta e a Pallade. Alla base delle Grazie, oltre alla chiara matrice classicista, vi è il culto della bellezza, della quale le Grazie sono la rappresentazione allegorica. Nel verso vi è anche la ricerca di ciò che il poeta stesso chiama "melodia pittrice", in particolare nell'elaborazione di un verso di grande musicalità che trasmetta anche suggestioni visive. Inoltre è da notare anche in quest'opera del Foscolo un intento civile della poesia: infatti è idoleggiata la bellezza come mezzo di fuga da un presente straziato dalle guerre napoleoniche.
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