La città della gioia
"La
città della gioia" è un libro scritto da Dominique Lapierre e pubblicato per la prima volta in francese nel
1985. I fatti si svolgono soprattutto nella bidonville di Calcutta, dove si
snodano tutti gli accadimenti successivi, ma all'inizio il luogo principale è
un altro: il Bengala. Questo è scritto in prima persona ed è la storia di un
contadino indiano alla ricerca della propria dignità. Hasari
Pal è un contadino di trentadue anni che mantiene la
propria famiglia coltivando con un duro lavoro il riso. La riuscita del
raccolto infatti è determinata soltanto dal monsone. Questo fatto sta a
testimoniare che nei paesi del terzo mondo, la mancanza di mezzi adeguati e
l'arretratezza delle conoscenze, portano gravi danni all'agricoltura e quindi
di conseguenza alla popolazione stessa che lotta con tutte le sue forze per
cercare di produrre di più e più volte
all'anno. Per molti anni la famiglia di Hasari aveva
vissuto abbastanza tranquillamente poiché il monsone era sempre arrivato con una
certa puntualità, ma quell'anno non era destinata ad
andare come gli altri. Infatti quel fenomeno atmosferico tipico dell' India si
fece aspettare a lungo, provocando la distruzione dei raccolti di un anno e la
disperazione di migliaia di famiglie. Hasari Pal allora, messo alle strette,decise di trasferirsi a
Calcutta con la sua famiglia per cercare un altro lavoro che fosse più
redditizio di quello dl contadino. Inizialmente essi furono costretti a vivere
sul marciapiede della stazione, ma dopo trovano un catapecchia nella bidonville
chiamata appunto "La città della gioia". L'ex contadino bengalese
a questo punto trova lavoro come conducente di risciò. Questo mestiere, però,
non era come se lo prospettava Hasari prima di
praticarlo poiché comportava una grande fatica e il salario era veramente da
fame. Comunque era l'unico mezzo di sopravvivenza di cui disponeva e per questo
continuava a praticarlo e, con qualche piccola difficoltà iniziale, riuscì
proprio a diventare espero del mestiere. Ma questo maledetto lavoro gli
provocherà, poi, la morte a causa della febbre rossa proprio il giorno delle
nozze di sua figlia. Hasari, siccome voleva creare un
futuro ai suoi figli,fece anche delle pazzie: una fu quella di vendere il
proprio sangue. Fare questa azione comportava grandi rischi, ma all'uomo risciò
non importava, poiché diceva <<Per i figli si fa questo ed altro>>.
Un altro personaggio che caratterizza la storia della "Città della gioia" è Max
Loeb, giovane medico statunitense che deluso e
amareggiato sotto il profilo professionale lascia il suo paese e va in India,
alla ricerca di qualcosa che gli restituisca il senso dell'esistenza ,
intraprendendo un lungo viaggio dalla ricca America alle bidonville di
Calcutta. Ma la realtà che lo aspetta è veramente impressionante: malattie,
miseria, degradazione, un vero e proprio inferno. Comunque il medico
statunitense non si perde d'animo di fronte al terribile spettacolo della
miseria, infatti proprio per dare una mano a tutta quella gente in difficoltà
costruisce una specie di lebbrosario in casa sua per curare i malati della
bidonville. Naturalmente l'aiuto che dà alla città della gioia è soltanto una
goccia d'acqua in mezzo ad un mare di morte ma comunque è sempre un soccorso,
una mano tesa sempre pronta a prostrarsi verso il prossimo. Hasari
Pal e Max Loeb un giorno si
incontrano nella bidonville di Calcutta e da qui in poi diventeranno veramente
grandi amici, aiutandosi l'uno con l'altro e vivendo giorno per giorno insieme,
sempre all'insegna dell'amore e della pace. Comunque un altro personaggio che
appare in questo romanzo è Poul Lambert, sacerdote
francese stabilitosi a Calcutta per dividere con i più diseredati i disagi di
un'esistenza inumana. Durante il periodo nel quale il monsone era atteso da
miglia di persone in India, proprio nelle zone intorno a Calcutta si scatenò
un'altra catastrofe che accentrò ancor di più la miseria di questa povera gente:
un uragano. Questo, in pochi minuti distrusse tutto quello che una volta era
stato costruito dall'uomo. Ma la popolazione dell'India è una popolazione fiera
e soprattutto credente. Proprio grazie a questo la gente è sempre pronta a
rimboccarsi le maniche e a ricominciare una nuova vita, forse anche migliore di
quella di una volta. Tutto questo è simboleggiato da una bambina che in mezzo ai
cadavere e alle macerie ride, inconsapevole dell'accaduto.I
temi di fondo del libro "La città della gioia" sono molteplici: naturalmente
quello che spicca di più fra tutti è la povertà. Questa è alimentata da se
stessa poiché la povertà limita le conoscenze, limita quindi il raccolto e di
conseguenza la popolazione muore di fame. Tutta l'agricoltura, soprattutto
quella dell'India è legata ad un solo fattore: il monsone. Senza di quello
tutta l'economia andrebbe in tilt e anche la popolazione ne risentirebbe molto.
Questo è il caso di Hasari. Comunque un altro
argomento che caratterizza ancora di più questo libro è l'aiuto. Due persone
soprattutto sono quelle che in questo testo si sono caratterizzate per il loro
amore per il prossimo e soprattutto per il rispetto reciproco fra esseri umani:
Max Loeb e Paul Lambert. Il
primo ha lasciato tutti gli agi che gli poteva offrire la ricca e potente
America per andare a soccorrere i più bisognosi e i più diseredati delle
bidonville di Calcutta. Il secondo invece, per spirito vocativo, è andato
ugualmente nella città della gioia per dare una mano a chi riterrà opportuno. Dominique Lapierre ama raccontare
i fatti accaduti descrivendo minuziosamente tutti luoghi che vengono toccati
dal suo racconto. Per esempio quando ci viene presentato l'ospedale di
Calcutta, ci viene descritto come un luogo dove la sanità è all'ultimo
d'importanza. Dove la pulizia non sembra mai essere stata inventata e dove i
malati vanno lì non più per essere curati ma per aspettare la fine della
propria esistenza insieme ad altra gente. Il libro è scritto in una forma molto
comprensibile, a mio parere adatta alla nostra età e ho notato una cosa in
questo testa che ha risaltato ancor di più la sua bellezza: la brevità delle proposizioni.
Questo metodo permette al lettore di leggere con più semplicità il testo e
lascia un senso i modernità sulla mente di chi legge. Alla fine di tutte queste
analisi posso affermare con certezza che questo libro è veramente interessante.
Ti prende e ti porta in un mondo diverso, peggiore che prima conoscevo a
malapena. Mentre leggevo mi immedesimavo in Hasari e,
ad ogni scelta che il contadino prendeva, mi fermavo e riflettevo su come avrei
reagito io in quella situazione. A mio modo di vedere un libro si può veramente
definire bello soltanto quando il lettore riesce veramente ad entrare nel
protagonista o in un altro personaggio: soffrendo e gioendo insieme a lui poichè la vita, si sa, ci presenta sempre nuovi ostacoli da
oltrepassare. Questo libro lo consiglierei ad un ragazzo delle mia stessa età,
curioso come me, che vuole conoscere più approfonditamente la vita e i disagi
delle popolazioni molto lontane da noi, per capire quanto siamo stati fortunati
a nascere nel nostro paese.