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Jean Paul Sartre
Opere principali
Immagine e coscienza (1940), L'essere e il nulla (1943), L'esistenzialismo è un umanismo (1946), Che cos'è la letteratura (1947), Critica della ragion dialettica (1960). Accanto a queste opere di riflessione filosofica vanno ricordati i romanzi e i lavori teatrali: La nausea (1938), Il muro (1939), Le mosche (1940), I sequestrati di Altona (1959). Va ricordata anche la rivista Les temps modernes. Non può essere taciuto il suo rifiuto del premio Nobel per la letteratura nel 1965.
Premessa
L'opera più significativa dell'esistenzialismo sartriano, attorno alla quale ruota tutto il suo pensiero, è L'essere e il nulla. La fenomenologia, che definisce come 'il fatto più saliente della filosofia dell'anteguerra', è la principale fonte di ispirazione della sua filosofia. Essa ha rovesciato il rapporto fra uomo e mondo teorizzando la trascendenza della coscienza, 'la coscienza è coscienza di qualcosa: questo significa che la trascendenza è la struttura costitutiva della coscienza; cioè che la coscienza nasce rivolta sopra un essere che non è se stessa'.
La ricerca dell'essere
Per comprendersi la coscienza deve analizzare il suo contenuto, il singolo oggetto della sua esperienza. Il senso di questa esperienza rimanda necessariamente all'essere, la condizione di ogni rivelazione. L'esistenza quindi può essere compresa solo come ricerca dell'essere. Infatti ogni tentativo del pensiero moderno di ridurre l'esistente alla serie delle sue manifestazioni è fallito: si è risolto in un dualismo contraddittorio l'opposizione interiore-esteriore nelle varie forme in cui si è espressa nella filosofia, chiudendo ogni possibilità di autentica comprensione. La fenomenologia ha indicato la strada per il superamento del dualismo: il fenomeno, l'apparenza, non si oppone all'essenza, è l'essenza stessa che la coscienza coglie attraverso un atto intuitivo.
Nel momento in cui la coscienza coglie l'essere, si differenzia da esso, si pone in una dimensione esterna all'essere stesso. Il mondo è essere, è l'oggettività, nello stesso tempo per la coscienza è fenomeno.
Questa duplicità apre una contraddizione insanabile: l'essere è fondamento di quanto esiste, l'in sé, ma ha il proprio fondamento nella coscienza, si pone per sé; l'essere in sé è comprensibile solo come essere per sé.
Nella ricerca del senso dell'essere la coscienza si rivela come progetto di essere: l'essere percepito dalla coscienza è sempre un determinato modo di essere. Ne consegue che la proposizione l'essere è ciò che è non è una tautologia, un giudizio analitico, è una proposizione sintetica, che afferma l'essere in sé e insieme l'essere della coscienza, cioè un modo di essere.
Il nulla
Se per la coscienza l'essere è una modalità, esso può venire pensato solo come negazione: l'essere è il nulla. Questo nulla non è una nozione complementare astratta dell'essere, è il suo senso profondo, intimo.
[I1 nulla è la problematizzazione dell'essere da parte dell'essere, cioè la coscienza o per sé. E' un avvenimento assoluto che viene all'essere da parte dell'essere, e che, senza avere l'essere, è sempre sostenuto dall'essere. () Il nulla è la possibilità più propria dell'essere e la sua unica possibilità. Inoltre questa possibilità originale appare solo nell'atto assoluto che la realizza.] (L'essere e il nulla).
Il nulla, proprio perché è non essere, non può annullarsi autonomamente; si impone quindi la domanda 'donde viene il nulla?'.
La prima risposta è che esso sia determinato dalla coscienza; il nulla è prodotto dall'uomo attraverso il suo agire, attraverso il suo farsi 'essere'. La risposta che il nulla sia prodotto dalla coscienza fa nascere una nuova domanda di carattere etico: 'cosa deve essere l'uomo nel suo essere perché il nulla venga all'essere per mezzo suo?'.
La libertà e l'angoscia
La risposta di Sartre a questa domanda è: l'uomo è libertà. Il nulla per prodursi richiede che l'uomo sia capace di annullarsi, faccia 'nel suo essere la questione del suo essere'. Se l'uomo fosse condizionato dal mondo non potrebbe produrre il nulla. Questa possibilità è la sua condizione esistenziale: l'esistenza infatti altro non è che sospensione fra un passato che non è più e un futuro che non è ancora, perché è solo possibilità delle azioni che ognuno deciderà liberamente di praticare per essere. La riflessione sulla situazione esistenziale determina l'angoscia, il sentimento esistenziale che deriva dalla coscienza della libertà, dalla coscienza che il nulla è il senso dell'esistenza.
Ma la libertà è anche impotenza: l'uomo non è mai totalmente libero, non riesce mai a ridurre completamente il mondo al suo senso. Cerca di sfuggire all'angoscia ma non gli è possibile, perché 'la struttura originaria 'del non essere ciò che si è' rende anticipatamente impossibile ogni divenire verso l'essere in sé o 'esser ciò che si è''. L'uomo cerca così di sfuggire al proprio destino, cerca di diventare ciò che non è, ma tutto questo è vano, 'essere libero significa essere condannato a essere libero'. L'esistenza riporta l'uomo al suo destino, a diventare ciò che è.
La comprensione
Se l'agire umano è mosso dal bisogno di attuare l'essere diventa necessario comprendere cosa sia l'essere: la comprensione più immediata è la conoscenza oggettiva. A ben guardare essa è solo una serie di negazioni: il mondo che cerchiamo di comprendere attraverso la conoscenza è mancanza, in fondo alla conoscenza non ci sono gli oggetti, c'è solo la coscienza, 'voglio cogliere questo essere e non trovo che me stesso. Il fatto è che la conoscenza, intermediario fra l'essere e il non essere, mi rimanda all'essere assoluto se la voglio soggettiva e mi rimanda a me stesso quando credo di cogliere l'assoluto'.
Il progetto, l'assurdo
Il destino dell'uomo, il suo progetto fondamentale, è di farsi tutt'uno con l'assoluto, 'l'uomo è l'essere che progetta di essere Dio', ma questo Dio è qualcosa di sostanzialmente diverso dall'uomo, è perciò irraggiungibile. L'impossibilità del progetto determina l'assurdità dell'esistenza e l'assurdità di un assoluto al quale per definizione non si può pervenire; ne consegue che 'stessa cosa è ubriacarsi in solitudine o condurre i popoli. Se una di queste attività è superiore all'altra non è a causa del suo scopo reale, ma a causa della coscienza che possiede del suo scopo ideale; e in questo caso il quietismo dell'ubriaco solitario è superiore alla vana agitazione del conduttore di popoli'.
I valori che muovono l'esistenza, che determinano l'agire, il progetto, non hanno un fondamento in se stessi, ma nell'uomo, in sé sono tutti equivalenti.
La malafede
Dal momento che la coscienza è realizzazione del nulla attraverso la negazione, l'esistenza è sostanzialmente malafede. La malafede non è menzogna, questa implica la volontà di ingannare qualcuno, la malafede è perseguimento di un modo di essere diverso. Quando guardiamo il cameriere al bar notiamo che più egli cerca di far bene il proprio lavoro più sembra un automa; la situazione è falsa, è un gioco. Ma se cerchiamo di scoprire tale gioco vediamo che quel cameriere 'gioca ad essere cameriere'.
La malafede, che è struttura dell'esistenza, dimostra che la vita è un gioco delle parti e diventa assurdo porre un mondo di valori che dia senso all'esistenza; il suo solo fondamento è l'infelicità.
Gli altri
L'assurdità dell'esistenza non viene superata nemmeno dalla coscienza dell'esistenza degli altri. Essa condiziona l'uomo perché implica la possibilità di entrare in un progetto di altri e alienarsi a se stessi. Questa possibilità può tradursi in due modi: l'amore, quando il rapporto con gli altri ha per fine l'unione, e l'odio, quando esso ha come fine l'annullamento dell'altro; entrambi implicano una ineliminabile conflittualità. Infatti nell'amore l'uomo vuole essere amato, 'ma se l'altro mi ama, mi delude profondamente per questo suo amore: io esigevo da lui di fondare il mio essere come oggetto privilegiato mantenendosi come pura soggettività di fronte a me; e poiché mi ama mi sente come soggetto e si sprofonda nella sua oggettività di fronte alla mia soggettività . Così pure nell'odio perché, anche se annullati, gli altri continuano ad esistere nella coscienza di chi odia.
La praxis
Unica prospettiva che permette all'uomo di uscire dalla solitudine è la cooperazione che gli uomini attuano attraverso il lavoro, la praxis. L'analisi dei rapporti sociali dà all'uomo una nuova dimensione: in questo campo egli si giudica in base al raggiungimento dei fini che si è dato, si sente soggetto collettivo. la società e la storia vengono così giudicate per la rispondenza ai bisogni individuali: 'il campo sociale è pieno di atti senza autori, di costruzioni senza costruttore: se riscopriamo l'uomo nella sua vera unità, cioè il potere di fare la storia perseguendo i propri fini, allora, in periodo di alienazione, vedremo che il disumano si presenta coi caratteri dell'umano e che i 'collettivi', prospettive di fuga attraverso gli uomini, trattengono in sé la finalità che caratterizza le relazioni umane'.
L'impegno politico
Avviene in questo modo l'incontro col marxismo, la sua tormentata vicenda col P.C.F. e l'appassionata difesa dei diritti umani condotta fino alla morte. La sua filosofia, da analisi della condizione esistenziale diventa lotta teorica e politica per la liberazione dell'uomo, fine al quale anche l'arte e la letteratura debbono sottostare; 'non è correndo dietro all'immortalità che si diventa eterni (), ma perché avremo combattuto appassionatamente nella nostra epoca (). In conclusione è nostra intenzione concorrere a produrre certi mutamenti nella società che ci circonda (). Noi ci schieriamo al fianco di chi vuole mutare insieme la condizione sociale dell'uomo e la concezione che egli ha di se stesso'. Questi ultimi temi, sviluppati ne La critica della ragion dialettica e nelle opere successive possono sembrare in contrasto con la problematica di L'Essere e il Nulla; ne sono invece lo sviluppo. I numerosi richiami a L'Essere e il Nulla presenti nella Critica vogliono essere una testimonianza della fondamentale continuità del pensiero sartriano.
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