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ITALO SVEVO
La letteratura dei primi anni del novecento fa emergere una figura che rappresenta a pieno la ricerca interiore, una ricerca cosciente che tratta temi come l'inettitudine, la malattia e la vecchiaia. Questa figura ha il nome di Italo Svevo.
La vita e le opere
Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz (Trieste 1861 - Treviso 1928), fu uno scrittore italiano, la cui opera costituì un momento di passaggio tra le esperienze del decadentismo italiano e la grande narrativa europea dei primi decenni del Novecento.
La coscienza di Zeno, in particolare, avrebbe influenzato la narrativa italiana degli anni '30 e del dopoguerra.
Di famiglia ebraica, Svevo riuscì, grazie anche alle caratteristiche culturali di una città come Trieste, allora parte dell'impero austro-ungarico, una cultura che gli consentì di acquisire uno spessore intellettuale raro negli scrittori italiani del tempo.
Al centro di questa sua formazione stanno da una parte la conoscenza della filosofia tedesca e della psicoanalisi di Freud e, dall'altra, l'interesse per i maestri del romanzo francese fino al naturalismo di Zola.
Svevo compì o approfondì queste letture nel tempo libero che gli lasciava il suo lavoro di impiegato di banca, iniziato nel 1880 dopo il fallimento della ditta paterna.
Per diciotto anni fece l'impiegato di banca, infatti questo periodo della propria esistenza vene in parte descritto da Svevo nel primo romanzo "Una Vita", in cui il protagonista, Alfonso Nitti, è un impiegato di banca.
Il romanzo "Una vita", passò quasi completamente inosservato e la stessa sorte accompagnò l'uscita di "Senilità", secondo romanzo apparso a puntate su un quotidiano del tempo.
Dopo l'uscita di quest'ultimo romanzo, Svevo non pubblicò più niente per venticinque anni, fino al 1923, anno in cui pubblicò il suo terzo romanzo, "La coscienza di Zeno". I venticinque anni che separano la pubblicazione della Coscienza da quella di Senilità vengono generalmente definiti come "periodo del silenzio". Svevo, pur non pubblicando niente, continuò a scrivere racconti, saggi, favole o commedie che non vennero pubblicate. Annotava anche appunti e pagine di diario che dimostravano la volontà di indagare attraverso la scrittura la propria interiorità.
Nei primi anni del '900 avvennero poi due incontri che si sarebbero rivelati fondamentali per Svevo: quello con Joyce e, soprattutto con le opere di Freud e con la psicoanalisi. Con lo scoppio della 1 guerra mondiale la fabbrica di cui, dopo il matrimonio con Livia, era dirigente, venne chiusa. Così, libero dagli affari imprenditoriali incominciò a scrivere La Coscienza che venen pubblicata nel 1923.
Successivamente, grazie a Joyce e, a Montale, lo scrittore fece conoscere le sue opere, quindi incominciò ad uscire dall'ombra che lo aveva circondato per anni.
Negli ultimi anni della sua vita Svevo progettò anche un quarto romanzo, Il vecchione o Il vergliardo, che si proponeva di essere la continuazione della Coscienza, e che rimase incompiuto per la morte dell'autore a causa di un incidente automobilistico.
I temi del romanzo di Svevo
Italo Svevo, al termine della sua vita, diceva di avere scritto "un romanzo solo", volendo così sottolineare i numerosi punti di contatto che legano i tre romanzi.
L'elemento fondamentale che caratterizzava sia Una Vita sia Senilità sia La Coscienza di Zeno riguarda il carattere dei protagonisti dei romanzi di Svevo: l'impiegato di banca Alfonso Nitti, protagonista di Una vita, il giovane Emilio Brentani, che si sente vecchio prima del tempo in Senilità, e Zeno Cosini nella Coscienza, appartengono alla stessa famiglia degli "inetti".
Gli inetti sono uomini incapaci di inserirsi nella realtà circostante, impacciati nei rapporti con gli altri, tagliati fuori dalla vita e troppo deboli per poter lottare con successo contro i propri simili; sono degli antieroi, privi di grandi ideali in cui credere e ai quali dedicare la propria esistenza.
E' significativa l'inettitudine dei suoi personaggi, ponendo di fronte a loro degli antagonisti, degli uomini cioè, che appaiono l'opposto rispetto a loro. Nei tre romanzi si ripete infatti la coppia inetto - non inetto: al primo gruppo appartengono Alfonso, Emilio e Zeno, al secondo appartengono Macario, lo scultore Balli e Guido, tre personaggi capaci invece di muoversi con disinvoltura nella realtà che li circonda.
I 3 protagonisti reagiscono in modo diverso di fronte alla loro incapacità di affrontare la vita: Alfonso, finisce per uccidersi; Zeno, guarda la propria inettitudine con ironia e sorride di fronte ai numerosi insuccessi della vita. Tra i due si colloca Emilio, che non si scontra più in modo drammatico con la realtà (come Alfonso), ma che non ha ancora imparato a sorridere sulla propria inettitudine (come Zeno).
Coloro che appaiono "vincenti", trionfano in Una vita, ma soccombono nella Coscienza. In quest'ultimo romanzo non è più l'inetto Zeno ad uccidersi (Zeno ha ormai imparato a sorridere alla vita), ma è il non inetto Guido che, prendendo troppo sul serio l'esistenza sceglie la strada del suicidio di fronte al fallimento della propria impresa commerciale.
Nonostante gli elementi comuni, da Una Vita alla Coscienza assistiamo ad una chiara evoluzione della narrativa di Svevo. Questa evoluzione è dovuta essenzialmente ad un progressivo allontanamento dal romanzo naturalista. Se in Una vita troviamo elementi ancora naturalisti (come la descrizione dettagliata dell'ambiente degli impiegati di banca), la Coscienza si presenta come un romanzo in cui conta l'indagine dell'interiorità del protagonista.
In Una Vita, la malattia corrisponde ancora ad un malessere fisico anche se Alfonso incomincia a rendersi conto del carattere psicologico del suo malessere, che è strettamente legato ad un disagio esistenziale. Emilio, in Senilità si sente vecchio anche se ha trentacinque anni: la sua "vecchiaia" (variante del tema della "malattia") è tutta mentale e psicologica. Con Zeno la malattia non è più fisica, ma psicosomatica: il disagio dell'inetto si manifesta attraverso un malessere fisico.
Il capolavoro di svevo: La Coscienza Di Zeno
Fra le varie influenze subite da Italo Svevo, quella della psicanalisi è sicuramente la più evidente nel suo terzo romanzo: "La coscienza di Zeno". Il rapporto dello scrittore con tale disciplina però fin sin dall'inizio assai problematico: egli infatti non applicò la psicanalisi come terapia che pretendeva di portare alla salute il malato di nevrosi, tuttavia ne riconosceva la validità in campo conoscitivo come puro strumento capace di indagare più a fondo nelle psiche.
Svevo si mostra interessato soprattutto al valore conoscitivo della psicanalisi e in particolare del concetto di inconscio. E invece scettico sulle possibilità terapeutiche della psicanalisi: la malattia gli appare non come il prodotto di una individuale conformazione psichica, e quindi curabile, ma come la condizione normale dell'esistenza.
La salute in realtà non esiste e i personaggi che ci presenta come sani si rivelano, nel corso del racconto, non meno malati del protagonista. La figura di Zeno Cosini ben si presta a dimostrare la presenza di fortissime ambivalenze nell'inconscio di ogni uomo. A partire dal suo rapporto ambiguo col padre, sinceramente amato, ma deluso dall'ozio e dall'inconcludenza negli studi, che lo porta ad odiarlo.
Tuttavia il romanzo non è altro che l'analisi della psicologia di Zeno, che si sente "malato" o "inetto" e continuamente cerca di guarire con tentativi a volte assurdi controproducenti. Nella prefazione del romanzo, lo psicanalista Dottor S. dichiara che vuole pubblicare per vendetta alcune memorie di un suo paziente, che si è sottratto alla cura. Questo paziente è proprio Zeno Cosini che quindi fa questa confessione scritta per il suo psicanalista.
La narrazione, svolta in prima persona, si articola secondo punti fondamentali fra cui la morte del padre, il fumo, il rapporto con la moglie. Non segue un ordine cronologico ma un ordine dettato da rapporti logici e analogici tra gli episodi ricordati.
Mentre nella prefazione il Dottor S. espone l'origine del libro, nel Preambolo Zeno racconta i suoi primi inutili tentativi di ricordare la sua infanzia. Il romanzo si può suddividere in più parti:
Il fumo, in cui Zeno parla della malattia del fumo e i fatti narrati coprono tutta la vita del protagonista. Oltre infatti l'inettitudine, il suo grande problema è il fumo, dal quale non riesce a liberarsi. Nonostante si ripropone più volte di smettere, non ci riesce e per questo si sente frustato. I tentativi sono vani, ogni volta che Zeno prova a smettere di fumare, decide di fumare un'"ultima sigaretta", e per lui è un'esperienza piacevolissima, in quanto quella ogni volta assume un sapore diverso, causato dalla coscienza che dopo quella, non ne potrà fumare più.
La morte del padre, in cui Zeno rievoca il rapporto conflittuale con il padre, particolarmente nei suoi ultimi giorni di vita. Il padre non ha alcuna stima del figlio, tanto che affida l'azienda commerciale ad un'altra persona, a sua volta anche il figlio non ha stima del padre poiché non riesce a parlargli di argomenti profondi.
La storia del matrimonio, in cui Zeno parla delle vicende che lo portano al matrimonio.
Gli anni del matrimonio, in cui Zeno ricorre alla ricerca dell'amante per sfuggire alla sofferenza della vita coniugale.
L'associazione commerciale, poiché incapace di gestire il proprio patrimonio, Zeno stipula un'associazione commerciale con Guido Spejer, marito di Ada. Nei suoi confronti Zeno ha un atteggiamento di odio-attrazione, che si concretizza in comportamenti anomali. Guido, considerato da tutti un vincente, si rivela un fallito, quando per una grossa perdita di denaro, arriva al suicidio. Al funerale, Zeno sbaglia corteo funebre tradendo, così, i veri sentimenti d'odio per il cognato.
La conclusione, basata sulla psico-analisi. Alla fine del capitolo precedente, si chiude il racconto imposto dal medico a Zeno, ma questi decide di riprenderlo, per ribellarsi al medico, in quanto non è riuscito a guarirlo. Zeno tiene cosi un diario che poi invia al Dottor S, per fargli capire come la pensa. Questo si compone di tre parti distinte, contrassegnate dalle date di tre giorni distinti negli anni di guerra 1915-1916. Nella riflessione conclusiva, Zeno s'accorge di essere sano e conclude con una visione in cui l'uomo, creatore di mostri distruttivi, appare l'artefice di un disfacimento cosmico che sconvolgerà la terra, lasciando spazio ad un'utopica sana rinascita del mondo.
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