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In bilico tra malattia e guarigione
Sono guarito'. Queste parole sono la testimonianza e l'esplicitazione dell'autoinganno del protagonista di 'Senilità' di Italo Svevo, Emilio Bretani, che tormentato dai desideri e dai ripensamenti che caratterizzano l'amore contraddittorio che prova nei confronti di Angiolina, preferisce far credere a se stesso e agli altri di aver superato la sua 'malattia'
Emilio è un semplice impiegato, un uomo ordinario che conduce una vita conforme alle regole di una presunta normalitàegli si rende però conto ad un certo punto della sua vita di essere frustrato, di avere nella sua interiorità una forte senilità, che poteva essere messa in discussione solo da una grande passione. Egli conosce così Angiolina, della quale non aveva previsto di innamorarsi, volendo egli solo godere della sua giovane passionalità per spazzare via quei tratti eccessivamente senili della sua esistenza. Innamorato però, in seguito a una serie di vicessitudini, Emilio si ritrova a dover fronteggiare la tortuosità della sua psiche. la sua 'malattia' è infatti quella degli 'infiniti tormenti', è la malattia dell'indecisione, della contraddizione, del conflitto interiore generato dall'opposizione di desiderio e repressione. Egli inizialmente vive in modo consapevole il rapporto con la sua interiorità confusa, ma successivamente nella lotta tra le pulsioni e la resistenza , ha la meglio la seconda. Con l'espressione 'credendo di essere sincero', Svevo ci lascia intendere che Emilio sta attuando il meccanismo degli auto inganni per reprimere tutte le sue inquietudini, le sue incertezze e i ripensamenti. Come un malato che non vuole accettare la sua malattia, fingendo di non vederla, Emilio soffoca la sua confilttualità interiore eritorna a farsi assalire dalla 'normalità', dalla senilità e dalla noia di una vita gabbia di illusioni.
Enrico IV, personaggio dell'omonima opera teatrale di Pirandello, agisce invece all'opposto di Emilio, rifiutandosi infatti di ritornare nella condizione iniziale di presunta normalità. Dopo aver vissuto 12 anni di reale pazzia, provocatagli da un incidente durante una sorta di gioco in maschera tra amici, Enrico IV , recuperata la consapevolezza e il senno, decide di continuare a vivere in quella condizione, prendendosi gioco di tutti coloro che avevano protratto la recitazione in maschera, credendolo ancora pazzo.
Il suo intento è quello di vivere <<(..).con la più lucida consapevolezza della sua pazzia.().>> , per poter evidenziare a se stesso il contrasto con quelli che credono di essere normali, ma sono inconsapevoli della loro pazzia. In quest'opera teatrale si assiste infatti al capovolgimento dei ruoli: i 'normali' si travestono per recitare una commedia storica per tutta la vita, comportandosi come dei pazzi, mentre il presunto pazzo dopo essere guarito si rende in realtà conto di essere l'unico normale, in quanto è l'unico ad avere la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Enrico IV non vuole 'aprire le finestre' , non vuole tornare alla vita esterna al suo palazzo di carta pesta, decide piuttosto di ritirarsi, rifugiandosi nella follia che gli permette di mantenere un'estraneità dall'esistenza reale. Enrico IV è perciò un pazzo guarito , che impara a non vivere in quanto si ritrova a voler recitare per il resto dei suoi giorni il ruolo di un personaggio.è una sorta di pazzo consapevole.
La diagnosi della malattia di Zeno, personaggio de 'La coscienza di Zeno' di Svevo, è ancora più complessa. La sua malattia è quella del proposito non attuato, la nevrosi e la continua contraddizione con se stesso. <<non sapevo se amavo o odiavo la sigaretta e il suo sapore e lo stato in cui la nicotina mi metteva>>: la contradditorietà di questa frase è in realtà riscontrabile in qualsiasi pensiero di Zeno, che si crea propositi continui per poterli rimandare e regole per poterle violare.
Zeno non ha però paura di affrontare la sua coscienza, e cerca di analizzarla ammettendo a se stesso i dubbi, le inquietudini ( <<mi colse un'inquietudine enorme>>) e i suoi piccoli vuoti quotidiani.
Dopo aver analizzato e tematizzato diversi episodi del suo passato per molto tempo, rispettando le indicazioni del suo medico , Zeno si accorge che la psicoanalisi non è una reale cura, ma solo un mezzo per acquisire maggiore consapevolezza della vita. Per questo abbandona la terapia, comprendendo che la vera sanità risieda solo nella consapevolezza.
Coloro che si credono sani sono gli inconsapevoli, ovvero coloro che reprimono le pulsioni, i tormenti e che rispettano la forma recitando il ruolo che è stato loro attribuito e rifugiandosi in una presunta normalità o in una presunta pazzia. Chi non vuole vedere non ha l'arma dell'ironia e prima o poi finisce schiacciato dalle pulsioni represse , quindi dal lato più oscuro della coscienza. Sano è dunque colui che prende coscienza della 'malattia della vita che procede per crisi e lisi' e nello stesso tempo continua a vivere la sua quotidianità. E' in quest'ottica che Zeno smette di psicoanalizzare la sua coscienza, affermando nel capitolo della psicoanalisi: <<IO sono guarito>>.
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