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"Impotenza educativa", un'espressione che oggi si sente spesso dire da chi ricopre il ruolo di genitore, di insegnante, di educatore. Questa espressione esprime tutta la frustrazione di chi non trova nella realtà quotidiana il frutto di ciò che ha seminato e che vorrebbe vedere sbocciare o peggio ancora di chi non riesce neppure a trovare la breccia per entrare nel mondo dei ragazzi e stabilire con loro un contatto significativo.
L'affermazione "impotenza educativa" non trova riscontro nella mia esperienza personale in quanto riconosco il ruolo importante avuto per la mia educazione dalla mia famiglia, dalla scuola e da altre figure significative per me, come per esempio i miei capi scout o alcuni amici dei miei genitori che frequento da quando sono piccola.
Forse non è questione solo di fortuna se io ho trovato il più delle volte lungo il mio cammino delle persone adulte positive, ma credo siano state anche le scelte dei miei genitori che fin da quando ero piccola mi hanno indirizzato verso ambienti positivi e anche il mio carattere determinato che mi ha portato a cercare situazioni a me confacenti.
Anche se tutte le figure educative sono state importanti per me, esse hanno avuto ruoli e compiti diversi e credo che il risultato della loro azione è dipeso sia da come esse hanno svolto il loro compito sia da come io sono stata pronta a cogliere le indicazioni.
Questo non vuol dire che io mi comporto esattamente come i miei genitori, o chi per essi, si aspettano che io faccia o che io sia sempre d'accordo con loro, anzi!
Vuol dire che ascolto i loro consigli e tengo in considerazione quello che pensano perchè ho fiducia in loro e so che quello vogliono è per il mio bene e anche perché mi vogliono bene. Penso che sia molto importante per un educatore che vuole essere rispettato il suo atteggiamento e il suo esempio più di tante parole. Non sopporto quando mi capita di trovarmi di fronte a delle persone adulte che si comportano diversamente da come dovrebbero o da come predicano.
Spesso sugli organi di stampa vengono riportati episodi di giovani adolescenti che compiono atti disgustosi di bullismo e di violenza o altri legati al consumo di alcool e droga e le prime domande che ci si pone sono: Ma come è possibile che ciò sia accaduto senza che nessuno si accorgesse e facesse qualcosa? Ma la famiglia dov'era e come mai non si è mai resa conto di certi comportamenti ? Ma la scuola come mai non è riuscita nel suo intento educativo? Ma questi ragazzi cosa hanno per la testa?
Anch'io rimango colpita nell'ascoltare questi fatti, ma non so dare una risposta certa sul perché in questi casi l'educazione non abbia funzionato. Credo sia un problema molto complesso e che, pur avendo lo stessa età dei ragazzi protagonisti, vivo come lontano dalla mia esperienza.
Penso che nel rapporto educativo si debba distinguere tra il ragazzo che si sta formando, l'educatore, il contesto generale e che il risultato di un intervento educativo dipenda dalle caratteristiche di ognuno dei tre fattori e da come questi tre fattori si relazionano tra di loro. Non si può attribuire la responsabilità solo ad uno dei tre fattori e neppure dare risposte generiche, ma interrogarsi su quali sono le responsabilità specifiche di ognuno.
I ragazzi rappresentano la parte più debole perché sono vulnerabili e quello che diventeranno dipende in larga misura dal contesto educativo in cui vivono ma, anche se giovani, non vanno sempre giustificati.
La famiglia non può rinunciare al suo compito educativo, anche se con tanti dubbi e problemi i genitori devono trasmettere ai propri figli dei principi, delle regole, dei consigli attraverso l'esempio e l'amore. I genitori sono insostituibili e devono rappresentare per un ragazzo un porto sicuro.
Le altre agenzie educative intervengono a seconda delle loro finalità e sono importantissime nel formare la personalità perché la vita di un ragazzo non può esaurirsi all'interno della famiglia.
Ci sono tanti altri fattori che intervengono nella vita di un ragazzo in modo più caotico e disordinato e che possono influenzarla, per esempio gli amici, le letture, i film, la musica, la televisione, i fatti che succedono nel mondo, le persone che incontra. Se la famiglia e le agenzie educative preposte sono assenti o non hanno saputo dare al ragazzo quegli strumenti che gli permettono di saper filtrare e capire quello che è bene e quello che è male, c'è il rischio che si trovi disorientato e segua la via più semplice o quella del gruppo.
E' difficile sapere fino a che punto un'azione educativa sia andata a buon fine perché molte volte i risultati non si vedono immediatamente. Questo però dovrebbe incoraggiare tutti gli educatori: continuare a seminare e sperare che ciò che si è seminato verrà raccolto molti anni dopo.
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