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Titolo: Il Sergente nella neve
Autore: Mario Rigoni Stern
Casa editrice: Einaudi
Anno e luogo di pubblicazione: 1953, Torino
Genere: Romanzo
Epoca: Seconda guerra mondiale, Ritirata dalla Russia
Ambiente: Rive del Don, distese innevate e ghiacciate
Caratteristiche dei protagonisti :
Mario Rigoni Stern, è nato ad Asiago nel 1921. Nel 1938 si arruola volontario alla scuola militare d'alpinismo di Aosta e, più tardi, combatte come alpino nella divisione Tridentina, nel battaglione Vestone, in Francia, Grecia, Albania, Russia. Fatto prigioniero dai tedeschi allorché l'Italia firma l'armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), è trasferito in Prussia orientale. Rientra a casa a piedi dopo due anni di lager, il 5 maggio 1945.
È morto il 16 giugno 2008 ad Asiago
Caratteristiche dei personaggi secondari: la compagnia dei tridentini è una storica divisione alpina dell'Esercito italiano, il cui nucleo venne costituito il 7 gennaio 1923 dal 2° Raggruppamento Alpino. L'11 marzo 1926 l'unificazione sotto un unico comando dei Reggimenti 5°, 6° e 7° Alpini e 2° Artiglieria da montagna diede vita alla 2^ Brigata Alpina.
Trama: Rigoni Stern si trova in un caposaldo sul fiume Don. Sotto al caposaldo scorre il fiume spesso gelato e sulla riva opposta c'è un caposaldo russo. È inverno ed il freddo congela le armi. Le giornate sono monotone: si cerca petrolio per le lampade, si ricontrollano le armi, si fa la polenta che riscalda (un po') i soldati e ricorda le montagne italiane sulle quali sono cresciuti tutti i reggimenti alpini. A volte è tutto interrotto dal fuoco dei cecchini russi, da brevi incursioni nemiche e da combattimenti con i mortai. Ognuno riceve posta e poiché è Natale anche auguri, cartoline e pacchetti di sigarette e cognac. La situazione non è delle più facili fino a quando il tenente si ammala e le munizioni per i mortai finiscono. A questo punto le infiltrazioni russe iniziano ad essere più frequenti. La pericolosità dei russi aumenta tanto che Rigoni si salva per miracolo da una pallottola che gli s'incastra nella canna del moschetto. Vedendo che le cose peggiorano, arriva l'ordine della ritirata. I battaglioni sono divisi in gruppi che a turno dovranno lasciare il caposaldo e coprire le spalle al gruppo successivo. Tutto procede secondo i piani ed i Russi non accortisi della ritirata non attaccano il caposaldo. Quando viene però il momento di lasciare il caposaldo per Rigoni, egli si blocca, rimane stordito; in quel posto egli lascia molti suoi compagni, molti ricordi e per sfogarsi prima di andarsene scarica un paio di caricatori di un mitragliatore e lancia delle granate. Il gruppo in ritirata si incammina verso le gelide steppe russe nella speranza di non essere trovato dai russi. Nel tragitto Rigoni incontra il cugino Adriano che lo aiuta a ripensare a ricordi felici, quando era ancora nel suo paese, in Veneto. Rigoni essendo caritatevole ed altruista spesso aiuta i compagni in difficoltà e sprofondando nella neve fino alle ginocchia soffre le pene dell'inferno. Incontrano quindi un villaggio e nelle isbe riposano cercando di riscaldarsi e dormire un po'. La ritirata non è priva di pericoli e ne sa qualcosa lui che è mandato in retroguardia a sostituire un plotone annientato dai pesanti carri armati russi. La cosa grave è che il capitano del suo plotone si ammala e prende quindi lui il comando. La steppa è popolata da camion incendiati, carcasse di carri , carcasse di soldati pietrificati dal freddo, suoni di spari e di bombardamenti, pallottole traccianti che fischiano sopra le loro teste. I russi sono ın qualche modo tenuti indietro e Rigoni si riunisce alla sua compagnia che si era intanto rimessa in marcia. Giunti in un altro villaggio i soldati si riposano nelle isbe mentre il plotone di Rigoni è mandato a coprire parte del perimetro esterno. Dopo poco però arriva l'ordine di lasciare la posizione e quindi ognuno ritorna nell'isba calda. La sera è tranquilla finché una pallottola infrange il vetro della finestra e sfiora proprio lui, che stava quasi riuscendo ad addormentarsi, sotto il tavolo. Si odono alcuni spari e si pensa siano partigiani ma ci si accorge poi che sono solo dei tedeschi.
Assaltano quindi un villaggio e con l'aiuto dei carri e dei mezzi tedeschi è presto occupato. Qui ci si riposa un po' ed in un isba i soldati trovano tre ragazze russe che barattano alimenti freschi con gallette di pane. Lasciato il villaggio, una battaglia caratterizza il terreno duro della steppa: carri russi contro mezzi tedeschi che con le cannonate illuminano il buio cielo invernale. Messi in fuga i russi gli italiani raggiungono un grosso fienile che d'improvviso s'apre e lascia uscire decine di prigionieri italiani liberati dalle guardie russe che scappavano. Essendo il capitano ammalato, è assegnato al plotone di Rigoni un ufficiale che si dice essere uno iettatore. Tedesco, scontroso e molto rigido non sta bene a Rigoni che chiede al capitano di trasferire l'ufficiale in un altro plotone ed egli acconsente. Le marce sono lunghe e difficili e all'orizzonte, a sera, è possibile vedere distanti villaggi in fiamme e rumori di spari. Si vedono nella steppa scheletri neri e fumanti di case e granai, sempre più corpi abbandonati o congelati.
Appena passata la frontiera ucraina, una violenta battaglia scuote tutti i soldati, tedeschi e italiani. È il 26 gennaio, a Nikolaevka diversi plotoni ed intere compagnie sono andate incontro alla morte; qui dopo un confuso assalto dei più coraggiosi, aspettando il sostegno aereo e della cavalleria tedesca che non è mai arrivato, per conquistare una stazione ormai distrutta dalle bombe, più della metà dei soldati italiani sono rimasti uccisi. Una lunga e inutile battaglia ha visto prima un veloce assalto al quale è successa una lenta ritirata. Dopo l'ennesima marcia giunge in un villaggio, in un'isba si mangia un pezzo di gallina in compagnia d'alcuni soldati che non conosce. Si addormenta ed al suo risveglio si accorge che gli hanno rubato il caro moschetto compagno di mille battaglie. In un'isba trova un grosso e pesante fucile da caccia che accetta però le sue munizioni e dopo averlo preso, si incammina in fretta per raggiungere la compagnia. Il suo piede è ferito, ha una piaga dolorosa e ciò gli rende il cammino difficile tanto che è costretto ad usare un ramo come stampella. Raggiunge in ogni caso il gruppo e incontra Romeo, un vecchio compagno che incontrò nel corso rocciatori. Dopo lunghe marce riesce, insieme ai suoi compagni ancora vivi, ad uscire dalla valle e raggiunge finalmente un caposaldo tedesco dove si lava, si cura e dorme per due giorni. Lì trova un isba calda in cui ci abita una fanciulla russa insieme al suo bambino e la sua famiglia; restando lì a fissare il soffitto, mentre la ragazza fila la lana e canta al suo bambino ritrova la fiducia nella vita.
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