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Il romanzo di achille




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IL ROMANZO DI ACHILLE


La prima e fondamentale opera letteraria dei Greci, il più antico poema dell'Occidente, narra l'assedio di una città e implicitamente, celebra una vittoria storica di enorme prestigio: quella che portò l'esercito confederato degli Elleni a conquistare e distruggere la    più bella, la più ricca e la più famosa città del medio oriente: Troia, chiamata anche Ilio.

L'Iliade circoscrive un episodio di quella guerra decennale che segnò il primo trionfo dell'Occidente sull'Oriente. Un'armata eccezionale per la quantità di uomini e la qualità degli  equipaggiamenti fu imbarcata su una imponente flotta e approdò a quel lembo di pianura ai piedi delle mura di Troia, la "città dalle ampie strade".

La storia rivela tutti i moventi economici dell'intera vicenda dell'impresa panellenica sulle coste della Troade.

Il mito pone al centro degli avvenimenti una donna di incomparabile bellezza - la greca Elena, moglie di Menelao re di Sparta-, rapita per amore da Paride figlio di Priamo re di Troia. Per lei si scatena una lunga guerra nella quale combattono guerrieri provenienti dai più lontani e diversi paesi. Troia, circondata dalle sue mura imprendibili, è come la torre che imprigiona la bella, in attesa del suo liberatore.

Intorno a questo nucleo narrativo sono fiorite centinaia di leggende: da quelle che precedono la spedizione stessa a quelle che arricchiscono di mille variazioni i lunghi anni dell'assedio e gli altrettanto lunghi anni del ritorno, con ipotesi fantastiche e invenzioni straordinarie.

Il merito di Omero- nome senza volto e senza storia, a cui viene attribuita la paternità dell'Iliade e dell'Odissea- è di aver estratto dalle congerie del materiale tramandato da rapsodi o aedi gli eventi più significativi per la tradizione storica e culturale della Grecia, naturalmente ammesso che attribuiamo l'Iliade  interamente a Omero, e di averli accentrati intorno a due figure di eroi destinati a diventate gli emblemi dello spirito ellenico: colui che con il suo valore, portò gli Achei al limite della vittoria - Achille figlio di Peleo e Teti, re di Ftia -, e colui che dopo la morte di Achille ne completò l'opera con ideologia e metodi diversi: Odisseo figlio di Laerte re di Itaca.

L'Iliade, poema di Ilio, è in realtà un frammento della storia di Achille. A lui appartengono il primo e l'ultimo atto del racconto epico: l'episodio iniziale dell'ira, che serve a disegnare il profilo del personaggio, a fornire le sue coordinate delle qualità e del suo carattere, a informarci del particolare destino che gli è riservato; e lo scontro finale con il principale avversario e nemico acerrimo di Ettore, figlio di Priamo, scontro che suggella insieme la sorte personale di entrambi gli eroi e quella della città stessa: perché, dopo la morte di Ettore, è fatale che muoia anche Achille e perisca la città di Troia. Ma non solo questo: tutta la struttura portante del poema ruota intorno ad Achille. Il primo canto-quasi un preludio teatrale al racconto epico - mette in scena l'eroe e lo elimina subito. Dopo la sua scomparsa però comincia la l'attesa, sapientemente dilazionata da calibrate apparizioni: nel nono canto, quando riceve gli ambasciatori illustri inviatigli da Agamennone per negoziare il suo ritorno in battaglia; nel sedicesimo, quando cede all'amico Patroclo le sue armi e lo manda in campo al posto suo; nel diciottesimo, quando gli viene annunciata la morte di Patroclo ucciso da Ettore e subito egli decide di ritornare a combattere per vendicare l'amico.

Poi, dal diciannovesimo canto al ventiquattresimo, l'attenzione di focalizza interamente su Achille , in un crescendo di tensione che culmina con lo spettacolare duello con Ettore e si chiude con la scena emotivamente tesa, patetica, della restituzione del corpo di Ettore al padre Priamo per gli onori funebri che verranno celebrati a Troia.

Fra questi estremi si inserisce la sintesi di una lunga guerra. Sottintesi, o appena accennati di scorcio i grandi movimenti di massa, la battaglia si risolve in grandiosi duelli fra nobili, gli aristoì, in mirabili imprese di singoli eroi: un susseguirsi di sfide e di scontri all'ultimo sangue, con la supervisione e l'intervento diretto delle divinità, schierate a loro volta in opposte fazioni, con poche ma indelebili digressioni: l'incontro fra Ettore e Andromaca alle porte Scee, la solenne e drammatica scena dell'ambasceria nella tenda di Achille, l'intermezzo notturno della spedizione in campo troiano, la seduzione di Zeus da parte di Era, la leggendaria fabbricazione delle armi di Achille da parte di Efesto, lo scontro tra gli dei, riflesso nella parodia degli eventi umani, le olimpiadi in onore di Patroclo. Tanti quadri che allentano e che allo stesso tempo incrementano la tensione concentrandola sull'obiettivo finale, la vittoria di Achille su Ettore, l'evento che segna la svolta decisiva per Achille e per Troia.


Al poema di Ilio manca l'ultimo atto: tutti gli avvenimenti che si succedono dopo la morte di Ettore, gli episodi dell'etiope Memnone e dell'amazzone Pentesilea, la sorte di Achille stesso, e di Aiace e di Paride, e infine l'innestarsi di una storia diversa per iniziativa e per spirito, la storia del cavallo di legno ideato da Odisseo per una conquista notturna e senza luce di gloria.

Tutto questo, l'Iliade non lo narra; si ferma prima nel momento in cui il romanzo di Achille giunge alla sua apoteosi, nel momento in cui Priamo, il re che impersona tutto l'Oriente, si prostra ai piedi del giovane per supplicarlo di restituire ai Troiani il cadavere di Ettore, al prezzo di un favoloso riscatto. Apoteosi di Achille e del suo valore eccezionale. Con l'uccisione di Ettore, il nome dell'eroe entrerà nel mito, la sua fama sarà eterna, la sua gloria immortale. La guerra non è impresa collettiva, movimento corale, bensì prova individuale. Tutti i re e i principi, non solo Achille ed Ettore, Aiace e Sarpedonte, ma Diomede, Idomeneo, Odisseo, fino al vecchio Nestore, ed anche Menelao e Paride, tutti si battono per la propria gloria personale e per l'aristocratico vanto della stirpe. Non per la patria, non per Elena. Perché Elena è bella, ma è più bello combattere, è più bella la gloria, più ambita e seducente è Troia, la città che non si concede, la sposa che porta in dote un tesoro inestimabile, l'esaltazione dell'onore, l'immortalità della fama.

Perciò l'Iliade, oltre a narrare le gesta di Achille, è anche il canto d'amore di due eroi per una grande città; è giusto quinddi che la storia si interrompa allla vigilia di un assalto decisivo e fraudolentoal quale nessuno dei due potrà prendere parte, nè per difenderla nè per conquistarla.


In questa vicenda di uomini in battaglia Elena trascorre come un'ombra. Proprio come il fantasma della leggenda immortalata da una celebre poesia di Stesicoro, secondo la quale non fu Elena in carne ed ossa ad approdare a Troia insieme a Paride, ma solo la sua immagine, il suo eidolon. Come un eidolon, Elena traspare nell'Iliade: schiacciata da altre ben più concrete presenze come quella di Ecuba, sposa di Priamo, e Andromaca, sposa di Ettore, e dalle affascinanti apparizioni divine di Era, Atena, Afrodite, di Teti, madre di Achille; sminuita dalle figure dei due sposi, modesti comprimari, nessuno dei quali è in grado di contare sulle sue sole forze per rivendicarne il posseso con autorità, sconosciuta ad Achille, il più fotre degli eroi.

Vengono perciò del tutto disattesi i parametri della fiaba tradizionale: la più bella delle donne non è destinata al più valoroso, al più bello dei principi. Tutto è giocato su piani ben diversi, secondo diverse ideologie.

Non Elena, ma certo neppure la schiava Briseide, costituiscono il punto focale del romanzo di Achille: sono piuttosto Agamennone, Patroclo ed Ettore a segnare le tappe del suo destino. La guerra è la "festa crudele" di guerrieri che sfidano la morte ad ogni istante.

Altri poeti narrano di Elena sottratta all'ira vendicatrice dei Greci stessi e furtivamente ricondotta da Menelao alla sua nave., nella notte della sanguinosa conquista di Troia. Nell'Odissea Omero la raffigura a Sparta, reintegrata nel suo ruolo di spoa, di madre, di regina.

Solo alcuni, insoddisfatti e romantici sognatori, ben lontani dall'aspro spirito omerico, cercano di ricostruire una fiaba impossibile e dicono di un amore tra Elena e Achille, un amore che nacque durante l'assedio e che, privato della sua realizzazione, si compie e si pepetua dopo la morte in una unione immortale nella mitica isola di Leuca.

Sedotto da queste voci, il poeta Goffried Benn ha dedicato alla coppia divina- mai immaginata da Omero- alcuni dei suoi versi più belli (Poesie Statiche, trad. G.Baioni).


I POEMI OMERICI

Omero è un nome e tutto ciò che si sa di lui è, azzardano alcuni studiosi, probabilmente solo leggenda.

Incerta è l'epoca in cui sarebbe vissuto (VIII o VII secolo a.C.), incerto il luogo della nascita (Smirne, Chio,Colofone?), oscure le vicende legate alla sua vita e i particolari relativi alla sua persona.

Fra tutti i racconti tramandati, intessute di notizie fantasiose e incredibili, un'immagine permane attraverso i secoli e costituisce ancora un punto di riferimento: quella del cantore cieco, del rapsodo che, di città in città, negli agoni e nelle feste, andava recitando le imprese degli antichi eroi.

E' probabile anche  che Omero non sia mai esistito e nella figura-simbolo dell'aedo ciecosi compendino i molti aedi che tramandarono oralmente e che conservarono nella memoria le vicende legate a Troia.

Ma se le tracce del "poeta" svaniscono nel nulla, la realtà dei poemi che oggi leggiamo ripropone nei secoli l'enigma di una "costruzione", di una sintesi perfetta che in un epoca determinata (VI secolo a.C.) fu operata all'interno di un materaile tanto vasto quanto eterogeneo.

Dice Luciano Canfora che è stato difficile creare un'opera tanto compatta  unitaria intorno ad una vicenda monumentale quale la guerra di Troia (Storia della letteratura greca, Bari 1986).

Ventiquattro canti ha l'Iliade, ventiquattro ne ha l'Odissea; poema di guerra e di morte, ma anche dell'inesorabilità del fato il primo, poema di avventure, di pace, di famiglia il secondo; incentarto sull'ira di Achille il primo, sulle disavventure di Odisseo il secondo. Tra i due poemi la lacuna incolmabile è l'episodio del cavallo di Troia, ripreso poi da Virgilio, in lingua e stile completamente differenti.

Al di là delle vicende narrate, i due poemi rappresentano il compendio enciclopedico di tutta la sapienza arcaica, raccolgono quanto di più significativo e prezioso era stato accumulato nella tradizione, costituiscono l'Antico Testamento del popolo greco, come sottolinea ancora Luciano Canfora.

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