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Il romanzo dall'antichita' al manzoni




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IL ROMANZO DALL'ANTICHITA' AL MANZONI



Occorre prima di iniziare definire correttamente cosa s'intende con il termine Romanzo, il termine si riferisce a composizione narrativa estesa, in prosa, di vicende fantastiche o realistiche. Implica di solito una situazione conflittuale di cui segue gli sviluppi sino alla conclusione, di segno positivo o negativo.


Nonostante alcune manifestazioni letterarie assimilabili al romanzo si possono trovare in civiltà orientali come quelle Assiro-babilonesi, egizie, siriache è nella Grecia ellenica che questa tipologia ebbe la sua prima gran fioritura anche se non identificato con il genere del romanzo.

Molti sono gli autori che si cimentano nella composizione narrativa rivelando molti caratteri comuni.

La storia prende le mosse dall'amore contrastato di due giovani: attraverso una serie di prove e d'eventi, quali rapimenti, agguati pirateschi, decessi presunti, guerre e disordini politici, si giunge al lieto epilogo rappresentato dal ricongiungimento dei due innamorati. Si nota come l'elemento portante di tutta la storia sia l'eros, intenso come forte e casto sentimento e non come passione sfrenata. Altro pilastro riscontrabile nell'opera è la presenza massiccia del Caso che è il motore che innesca e complica innumerevoli peripezie dei protagonisti. Con Omero in Grecia si raggiungerà l'apice di questo tipo di narrazione. Tuttavia nonostante la vicinanza e i frequenti contatti con il mondo ellenico la letteratura romana tarderà ad acquisire questa nuova forma. In principio si tende a porre le origini del romanzo nella storiografia che con la narrazione di eventi reali ha fornito le basi di quella concezione narrativa che successivamente s'identificherà meglio con il romanzo vero e proprio. Il genere storiografico nella Roma antica era molto presente si pensi ad esempio ad Ennio che con i suoi Annales ha fornito un quadro abbastanza dettagliato della Roma durante l'affermazione dell'imperialismo. Lo stesso Ennio si definisce l'altro Omero per il carattere imponente della sua opera.

Comunque è ancora improprio parlare di romanzo perché ci si riferisce ancora a narrazioni quasi prive di intreccio e che si limitano solo a riportare in modo cronologico avvenimenti storici. Il genere storiografico rimarrà sempre presente e in uso sino ad arrivare all'età dei Giulio-Claudi. Fino a questo momento, infatti, si riscontrano componimenti che si potrebbero accostare al romanzo per vie improprie, ma che sarebbe sbagliato annoverare tra le basi del romanzo attuale.

Bisogna arrivare fino a Petronio per verificare la vera entrata di questo nuovo genere letterario nella civiltà romana.

E' necessario però specificare che Petronio nell'elaborare il Satyricon (questo il nome del suo romanzo) devia un po' dagli insegnamenti dei suoi predecessori greci. Sostituisce alla coppia di innamorati una coppia di omosessuali che in prima persona raccontano le vicende e le peripezie che si trovano ad affrontare. Altro elemento mancante è la serietà della vicenda e la mancanza di moralità elementi di gran rilievo nella Grecia ellenica e soprattutto nella Roma antica.

Per la prima volta nonostante sia sottintesa la sottolineatura dei vizi del tempo ci si trova davanti ad un'opera non di argomento politico ne tantomeno sociale bensì una critica al cattivo gusto (Petronio è ricordato ancora oggi come Arbiter Elegantiarum). Posteriori a Petronio sono l'opera d'Apuleio, Le metamorfosi, e l'opera di Luciano, Lucio o l'asino.

Tuttavia il romanzo si definisce e si afferma come vero e proprio genere letterario nel quadro della profonda mutazione culturale maturata in Francia intorno alla metà del XII secolo.Di derivazione medioevale è anche il termine: in francese antico romanz, derivato a sua volta dall'avverbio latino romanice che (nell'espressione romanice loqui) contrassegnava correntemente la nuova realtà della parlata, opposta al latino e agli idiomi barbarici, svolta e differenziata in più varietà presso le popolazioni romanizzate.Tale termine da prima viene attribuito ad ogni manifestazione letteraria volgare ma con il passare del tempo l'affermazione di tali lingue fa sì che l'avverbio vada a rappresentare qualsiasi testo orale o scritto senza riferimento ad un genere preciso; attraverso percorsi ancora non molto chiari tale termine si specializzò a designare un particolare "genere", costituito da opere narrative, fittizie, In versi ma non destinate ad essere cantate bensì ad essere lette in pubblico o in privato. Tema principale di queste nuove opere era l'avventura di un eroe, spesso tali storie avevano una sorta di antecedenti in miti e leggende antiche e si svolgevano su sfondi celtici, bizantini, orientali o nelle ambientazioni cortesi locali. In Francia tra il XI ed il XIII secolo si ha una fiorente produzione narrativa epico-cavalleresca, che merita l'appellativo di originale anche se si rifà in non pochi casi a modelli antecedenti. Si tratta di opere composte dapprima in versi, quando è ancora molto in uso la diffusione orale, per poi passare a composizioni in prosa quando la diffusione diventa per lo più scritta e non necessita più di quelle cadenze ritmiche fondamentali per la narrazione orale. Tra queste produzioni spiccano la chanson de geste e il romanzo cavalleresco (anch'esso sia in versi che in prosa).

I primi sono componimenti che tramandano imprese di re o padroni feudali all'interno di un quadro storico preciso anche se molte volte le imprese dei protagonisti appaiono trasfigurate in una sorta di leggenda o mito. Occorre ricordare tra queste le gesta del re francese Carlo Magno, il re cristiano che combatté eroicamente contro i Saraceni, trasmettendo valori quali il coraggio, la lealtà, l'eroismo guerriero, l'amor di patria e soprattutto la difesa della religione cristiana dagli infedeli. Ovviamente l'elasticità del modello trattato permetterà successivamente di poter cambiare il soggetto del romanzo con altri minori ed anche non francesi Che seppur condividono gli ideali trasmessi dal modello originale trasmettono un sentimento individuale e in alcuni casi anche nazionale. Forse la più antica opera appartenente a questo genere è la famosa "chanson de Roland" che tratta delle imprese spagnole contro i saraceni del re Carlo Magno ed in particolare della sconfitta della sua retroguardia sui Pirenei. La critica ancora oggi indaga per cercare di trovare una cronologia precisa che permetta di identificare la nascita di questa tipologia addebitata fin ora a solitari compositori di impostazione giullaresca o forse clericale.

Altro grande filone di produzione in prosa inerente a questo periodo è quello dei romanzi cavallereschi, lunghi componimenti narrativi in versi che solo in seguito prenderanno la forma prosastica e una struttura che si avvicina all'idea che noi, oggi, abbiamo di "romanzo". Questi componimenti trattano sempre temi relativi al coraggio, all'onore, alle virtù degli uomini di cui vengono narrate le vicende ma al contrario dei precedenti modelli si riscontra una minore tendenza a finalizzare le gesta eroiche dei protagonisti ad un austero ideale religioso. Prendono parte alle vicende anche valori quali la gloria individuale, lo spirito d'avventura che spesso sconfina nel gusto tutto letterario del magico, il fantastico, l'esotico...

Tradizionalmente i romanzi cavallereschi vengono suddivisi in base all'argomento trattato: "materia bretone" e "materia antica" principalmente ma si deve anche menzionare la "materia esotica" anche se mantiene un numero limitato di componimenti. La materia bretone nasce dalla romanzata "historia regum Britanniae" di Goffrey of Monmouth da cui prese le mosse tutta la conosciutissima vicenda del re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda e tutta la lunga storia del santo Graal. La Francia trasmette all'Italia un patrimonio di vicende, situazioni, modelli o miti umani, codici di comportamento destinati ad esercitare un'influenza non indifferente sulla nostra letteratura. Lo spirito e la cultura "cortese", raffinata sostanzialmente laica, tende a far propria la più austera materia delle Chanson de geste, immettendo in quelle trame e in quelle vicende il gusto dell'impresa individuale, dell'avventura per l'avventura, del fantastico, e in qualche caso lasciando spazio ad avventure sentimentali. L'opposizione chanson de geste/ romanzo cavalleresco perde il suo primitivo vigore e lascia luogo, attraverso un una seria di gradazioni e di sfumature, ad una semplice distinzione di materie: la carolingia, la bretone, l'antica. Lo spirito, insomma, è sempre meno quello della crociata e sempre più quello della "cavalleria" e della "cortesia"; tuttavia le materie non sempre vengono tenute di fatto distanti.

Spesso prendendo in considerazione le opere che ci restano di questo periodo possiamo notare che ci troviamo di fronte a volgarizzamenti e parziali rielaborazioni, oltre che ad opere originali; e che spesso, non essendoci pervenute le fonti degli scrittori, è difficile stabilire, in ogni opera, quanto sia il materiale originale e quanto sia quello rielaborato. Le forme in cui si attesta in Italia il romanzo cavalleresco sono varie: il romanzo in prosa (lunghi componimenti destinati per lo più ad un pubblico medio-borghese), del cantare (componimenti di media lunghezza prodotti da canterini o giullari) ed infine il più tardo poema cavalleresco (componimenti divisi in canti destinati a limitata fruizione e spesso destinati alla lettura individuale). Il secolo di feconda fruizione in Italia è senza dubbio il trecento, tuttavia molti documenti fanno pensare che la materia epico-cavalleresca fosse nota tanto da influire sul costume e sull'iconografia assai prima dei più remoti testi conservatrici in volgare italiano. E' quindi ipotizzabile una circolazione di componimenti di carattere epico-cavalleresco già prima del Trecento. Per tutto il Duecento ed il Tercento assistiamo ad un vera diffusione in Italia del romanzo tanto che anche in area italiana si diffondono compilazioni romanzesche di vari materia e di vari originalità. Non è trascurabile la produzione in volgare d'oil da parte di autori italiani che assumono il Francese come lingua d'arte e sono per lo più d'area veneta, come rivelano certe commistioni linguistiche. Queste ultime opere, molto importanti per la funzione di mediazione della materia carolingia in Italia, e per l'impasto linguistico franco-veneto, testimoniano fra l'altro l'intervento originale degli scrittori italiani che fanno agire i paladini francesi anche in area italiana, quando non ne vantano origini italiane, esaltando le imprese di italiani in aiuto dei tradizionali paladini. Tra i testi in volgare italiano, numerosissimi a partire dal Trecento, spiccano per la materia bretone il cosiddetto Tristano Riccardiano, opera tardo duecentesca che è sostanzialmente una raccolta di testi francesi ma in lingua volgare, la Tavola Ritonda, rielaborazione assai più originale del primo Trecento e la Storia di Merlino, coeva alla precedente, centrata sulle vicende del mago che dà nome all'opera. La materia bretone godeva di una maggiore fortuna presso il pubblico aristocratico e medi borghese, che spesso era in grado di leggere: questo spiega la maggiore diffusione nell'ambito di questa materia dei romanzi scritti rispetto alla non copiosa produzione canterina. Quest'ultima, essendo di diffusione orale, aveva come destinatario principale il pubblico dei ceti popolari edera quindi orienta verso la materia carolingia, religiosa leggendaria, per loro natura più "popolari".

Ancor più ricca e a diffusione più popolare è quindi tutta la produzione Tre-Quattrocentesca in centrata tutta sulla materia carolingia. Durante questo periodo possiamo assistere alla totale fusione dei vari cicli, di avventure fantastiche e di amori cortesi ed esasperati. Ovviamente nella società fiorentina del tempo costituita in prevalenza da ceti medio-borghesi e mercantili, l'ideale cavalleresco non può mantenere la sua originaria natura aristocratica e militare, diviene materia fantastica liberamente rielaborata ed interpretata ma soprattutto riunita in un unico grande romanzo.

Oltre alla produzione romanzesca va ricordata la copiosa produzione canterina che, soprattutto nel Quattrocento, svolgerà in tutti i suoi aspetti questa materia: in particolare in quest'epoca ci troviamo di fronte all'organizzazione dei cantari in poemi di più ampio respiro. Nei primi decenni del Quattrocento quando la letteratura colta in volgare tace, nelle piazze continua l'intensa attività dei canterini. Con il termine "cantari" si indicano quei componimenti in rima prodotti dai giullari, o canterini, e diffusi essenzialmente tramite recite nelle piazze e quindi per via orale, talora con accompagnamento musicale. Trattando temi affini a quelli del romanzo durante tutto il Quattrocento si assiste all'evoluzione dei cicli di cantari in veri e propri poemi cavallereschi che si suole definire colti o con intenti d'arte. Cambiano infatti gli autori, non più giullari o trovatori, bensì uomini di una determinata cultura che trattano di conseguenza argomenti di più alto tono; dovuto a questo è anche il cambio del destinatario che diventa un pubblico più colto, borghese (da ricordare a proposito di questo le opere del Pulci, il Morgante, e del Boiardo, l'Orlando innamorato). Tale stravolgimento di genere e carattere fa sì che cambi anche il mezzo di diffusione non più la recita ma la stampa. Degno di nota è il fatto che si sta lentamente cambiando il soggetto dell'opera, cioè, quella che prima era un opera in cui veniva elogiato il sovrano (Carlo Magno nel caso dei poemi carolingi), con la nascita dei poemi cavallereschi, diventa un elogio a personaggi che hanno sempre avuto un ruolo nascosto o comunque non preponderante nelle opere prcedenti. Si esaltano le gesta di semplici paladini o addirittura di personaggi loschi e vagabondi, come succederà con il romanzo "picaresco". Nato in Spagna, molto velocemente si diffonderà in tutta Europa. La denominazione deriva dal termine picaro (che significa furfante, manigoldo, pitocco). Sul piano della letteratura europea è quindi nata una nuova tipologia, basata sulle avventure e peregrinazioni di accattoni dediti ad ogni sorta di ruberia. Accanto al romanzo picaresco nasceva il romanzo pastorale che contrapponeva alla vita corrotta della corte un rapporto idillico con la natura. Esponente principale di questo nuovo tipo di romanzo, che vede la sua massima fioritura fra il Quattrocento ed il Cinquecento, è Jacopo Sannazaro con il suo capolavoro: l'Arcadia. All'origine, nell'antichità classica, si collocano la tradizione idillica che muove da Teocrito e soprattutto le ecloghe virgiliane che proseguono e rinnovano quella tradizione: è a partire da questo momento che al termine ecloga verrà attribuito, definitivamente, il significato di "componimento d'argomento pastorale".

Con l'umanesimo vari autori avevano ripreso con rinnovata fedeltà i modelli antichi soprattutto nella prospettiva di un'aristocratica idealizzazione della vita campestre. Di riflesso si era venuta sviluppando un'analoga produzione in volgare, specie in ambiente senese e poi napoletano. Al culmine di questa tradizione, infine, si colloca la felice sintesi sannazariana, che è contemporaneamente la summa di tutta una tradizione bucolica precedente ed opera del tutto nuova nello spirito nonché nella sua forma complessiva di prosimetrum (alternanza di prosa e versi), che sviluppa con particolare forza le componenti narrative. Nonostante il grane contributo che questo autore dette alla letteratura italiana va ricordato che il suo capolavoro rimane solamente un passo, seppur decisivo, verso l'affermazione del romanzo. In questa opera si nota un cambiamento di contenuti, da una prosa sopraffatta dalla poesia ad una prosa forte che ha come obbiettivo il carattere autobiografico, ulteriore passo verso l'affermazione del romanzo moderno.

Nel Seicento l'avvento della cultura Barocca non poteva non lasciare il suo influsso anche nella letteratura. E' durante questo periodo che si afferma definitivamente il romanzo in prosa. Grande imput alla produzione romanzesca in Italia è la continua fruizione di opere straniere in lingua originale o tradotte. Così in Italia si leggono i romanzi cavallereschi, picareschi e pastorali spagnoli, ma anche i romanzi pastorali ed eroico-galanti francesi, a fine Seicento, anche quelli educativi e psicologici. In verità, bisogna precisare che molte di queste esperienze narrative straniere, se si passa dal piano della circolazione e della letteratura a quello della diretta influenza sulle posteriori esperienze narrative italiane, risultano in larga misura inoperanti e stimolano un desiderio generico di emulazione, che si traduce però in forme e strutture diverse.

L'esperienza del romanzo barocco italiano ha una genesi remota, ma uno sviluppo rapido e clamoroso. Appena concepito diventa un genere alla moda che investe un pubblico assai vasto, borghese e cortigiano, e interessi editoriali consistenti.

Ma appena formulata questa affermazione sul rapido sviluppo di questo genere, tre considerazioni almeno si impongono. In primo luogo, questa straordinari fioritura riguarda un arco di tempo ben limitato, dal 1625 al 1670 circa: prima vi sono quasi esclusivamente traduzioni di romanzi stranieri, dopo si assiste ad una caduta verticale delle produzioni di opere nuove, mentre progressivamente diminuiscono anche le ristampe. In secondo luogo, pochissimi testi sopravvivono a questa stagione di grande fervore: nel duplice senso che poche e di pochissimi autori sono le ristampe Sette-Otto-Novecentesche e che poche sono le copie che materialmente sopravvivono a tutt'oggi delle antiche edizioni. Questo fatto dimostra come, durante il periodo barocco, la letteratura sia tesa solo verso scopi puramente materiali (di guadagno) piuttosto che tentare di influire in qualche modo in un secolo culturalmente povero e prettamente materialista. Appare oggi difficile e forse improduttivo compiere un rigida classificazione del romanzo barocco per tipologie e per tematiche, distinguendo ad esempio romanzi epico-galanti, di costume, politici, morali e storici. Tali suddivisioni tematico-tipologiche andranno prese con dovuta attenzione, visto che i vari motivi si mescolano e s'intrecciano determinando una difficoltà maggiore nell'identificazione dei diversi filoni. Le esigenze di un pubblico nuovo, anche se legato ai valori tradizionali, fa sì che gli argomenti dei romanzi trattino di personaggi altolocati (re, principi, baroni ecc.) e si ambientino in ambiti cortesi, sontuosi e spesso esotici. Moltissime vicende si incentrano su amori contrastati, che si proiettano su scenari di guerre internazionali e di conflitti cortigiani, o ancor più precisamente si incentrano sul conflitto di passioni, guerre e ragion di stato, o su quello moralità-passione; o ancora fanno sfumare i conflitti amorosi verso problematiche politico-religiose di conquista ed evangelizzazione di paesi esotici. Tipicamente barocco appare il miscuglio di moralismo ed erotismo, d'infrazioni e punizioni, di tinte gaie e di tinte fosche che caratterizza molte di queste opere, con oscillazioni sino ai limiti del sadismo, sul quale esercitano un'evidente suggestione magismi, supplizi, parti mostruosi, sabba demoniaci, frodi di stregoni; una teratomania che colleziona spettri, basilischi, cannibali, lupi mannari rettili orrendi, creature di molteplice natura; un labirinto in cui striscia una psicologia torbida, che vagheggia oscuri e inquieti ritorni, fughe nel buio, piaceri malati. Tuttavia non bisogna credere che tutta la produzione romanzesca barocca sia così torbida e fosca, anzi lascia spazio anche ai più bonari e borghesi moralismi, per galanteria e raffinati rituali sociali, per conversazioni divaganti di stampo accademico, per temi quali l'amicizia, la fedeltà, la lealtà e via dicendo. Sul piano dell'intreccio e della struttura, dati salienti si possono considerare da un lato la complicazione estrema delle macchine narrative e dal lato opposto la quasi vanificazione dell'intreccio operata dalla presenza di frequentissime digressioni gratuite. Un dato rilevante nell'evoluzione di tale tipologia di romanzo è che, dopo i vasti e complicati romanzi di metà secolo, nei decenni successivi la produzione di opere sì fatte va progressivamente scemando. In coincidenza, poi, con un vistoso allentamento dell'attività censoria e inquisitoriale, di cui avevano fatto le spese anche dei romanzieri, nella seconda metà del secolo si constata una diffusione di romanzi di costume e di cronaca contemporanei. Con l'avvento del Settecento, la produzione letteraria italiana ha un brusco calo, di questo, ovviamente, ne risentirà anche la produzione romanzesca. Tale non fu, però, per la circolazione di opere straniere in lingua originale o in traduzione, che continuò a circolare in Italia con un discreto successo. Il fatto è che si tratta di opere che tutt'al più conservano un interesse documentario soprattutto in direzione di una caratterizzazione del mercato editoriale e di un mercato piuttosto marginale, o magari in direzione della storia del costume. Insomma cera una risposta negativa da parte degli autori italiani verso quelle erano le esigenze del romanzo e soprattutto del pubblico annoiato dalle interminabili descrizioni e digressioni prerogativa essenziale del romanzo barocco visto fin ora. Tutto il Settecento italiano può dirsi a ragione un secolo senza romanzo.

L'unica produzione che possiamo rilevare riguarda la nascita di nuove tematiche, ibride, che tentano di mantenere buona la produzione letteraria italiana. E' da rilevare come tutte le produzioni siano percorsi da una consistente vena satirica volta ora in direzione di un moralismo generico, ora di una critica di costume, sociale e politica ispirata ai principi dell'illuminismo. Tale vena satirica percorre trasversalmente molti generi diversi dilagando, nella letteratura di tutta Europa, da quello che nel sistema classicistico era il suo ambito specifico e cioè la satira sul modello graziano e di altri satirici latini.

Altra vena che influenza la produzione settecentesca è quella memorialistica e dell'autobiografia (l'Autobiografia di G.Vico, i Mémories di C.Goldoni.). Mentre in Italia la produzione del romanzo è in crisi all'estero, soprattutto in Inghilterra, in Francia e in Germania. E' proprio in questi luoghi che vedrà la luce il "romanzo borghese" o "romanzo moderno" che ha molti aspetti rilevanti senza contare che è il più prossimo progenitore del romanzo contemporaneo. Gli scrittori settecentesche si mostravano consapevoli che la forma narrativa da loro adottata costituiva un nuovo genere, e anzi rivendicavano sia la novità che la dignità del romanzo, individuandone fra le caratteristiche salienti l'essere questo essenzialmente rivolto ritrarre ed analizzare la società e i costumi contemporanei. Anche se per molti versi è vero che in opere come il Decameron, il Don Chisciotte o la Principessa di Clèves si potevano individuare elementi anticipatori del romanzo moderno, è anche vero che complessivamente lo scarto fra il romanzo settecentesco e le forme precedenti, è assai forte e investe non una singola opera ma tutto il quadro della narrativa. Tra i fattori socio-culturali del sorgere di una nuova forma narrativa e della sua straordinaria e rapida espansione, quello per molti versi fondamentale è la presenza di un consistente ceto borghese capace di leggere, ma non acculturato al punto da mostrarsi interessato alle forme letterarie auliche o classicistiche della tradizione e aperto piuttosto a forme letterarie più semplici e immediate; anche linguisticamente e stilisticamente, come la prosa dei fogli periodici e, appunto, quella romanzesca. E' in questo modo che nascono, soprattutto all'estero (in Inghilterra), grandi romanzi ma i loro autori non possono essere classificati veri letterati (o almeno nel senso specifico della parola), sono dei pubblicisti attivi in un mercato editoriale di cui ben percepiscono e cercano di sfruttare, talvolta con spregiudicatezza, le potenzialità commerciali (come Daniel Defoe autore del Robinson Crusoe). Questo stretto legame, sui due versanti del pubblico e degli scrittori, del romanzo con il mercato editoriale e con certi meccanismi della società borghese è probabilmente essenziale per comprendere molti aspetti, sia tematici che stilistici, del romanzo in quanto forma letteraria: della scelta d'argomenti popolari, di grande presa sul pubblico dei ceti medi, a quella di mettere in scena eroi borghesi per consentire più immediate forme d'immedesimazione, all'esigenza di un lignaggio semplice e chiaro, retoricamente poco elaborato, essenzialmente referenziale, concreto, appropriato ai personaggi e comprensibile ai lettori. Fatto sta che la diffusione del romanzo nel settecento è in termini quantitativi un fenomeno imponente. Nonostante ciò è possibile trovare romanzi che pur mettendo in scena personaggi borghesi e una concezione non più idealizzata della realtà e delle passioni si mostrano inclini alle dinamiche d'intreccio complesse, intricate e fantasiose, ricche di colpi di scena, peripezie in certa misura irrealistiche, effetti di suspance e sorpresa; e ci sono viceversa romanzi che si sviluppano in modo assai più semplice e lineare e magari fanno già propria, in forma anche polemica, una poetica che si fondi su una più realistica concezione dell'intreccio, dell'avventura e delle passioni. E' proprio durante questo periodo che sorgono grandi capolavori della letteratura, specialmente inglesi, come I Viaggi di Gulliver di Jonatan Swift, Pamela di Samuel Richardson, Tom Jones e La vita e le opinioni di Tristram Shandy di Laurence Sterne. Tutte queste opere e molte altre costituiscono le pietre miliari della storia del romanzo moderno alle sue origini. E' interessante notare come se in Inghilterra la produzione romanzesca non trova nessun tipo d'ostacolo, viceversa, in Francia, viene ostacolata dalla cultura ufficiale e dai poteri istituzionali: per un certo periodo addirittura le opere in Francia sono stampate clandestinamente o all'estero, condividendo in un certo senso la sorte e le difficoltà cui andavano incontro le opere degli enciclopedisti e degli illuministi. Nel Settecento si ha, Quindi, una grande varietà d'argomenti e forme e il panorama si presenta molto vasto ed articolato. Il rapporto tra romanzo ed Illuminismo è complesso ed è certo che anche questa nuova forma narrativa dette un contributo notevole alla propaganda delle idee illuministiche, magari in parte snaturandole, ma dimostrando comunque anche la sua straordinaria versatilità e permeabilità. E' in questo modo che nascono anche i rapporti tra il romanzo e le correnti di pensiero e di sensibilità post-illuministiche.

Nell'ottocento, nel quadro di un fiorente sviluppo dell'industria editoriale e di una diffusione sociale del fenomeno letterario, che investe soprattutto il romanzo in quanto genere più popolare, e nel quadro oltre tutto di interscambio di esperienze sempre più fitto ed intenso non solo a livello europeo, il romanzo ha uno sviluppo e un'articolazione neppure immaginabili pochi decenni prima: alla forma romanzo vengono affidati i principali messaggi che il sistema culturale ottocentesco elabora; attraverso il romanzo si potrebbe cogliere l'intero sviluppo della cultura contemporanea, nei suoi più disparati riflessi. Il romanzo diviene il principale specchio del proprio tempo e si avvia, nell'ambito di una progressiva dissoluzione dei generi della tradizione, a collocarsi al centro del sistema letterario contemporaneo, accanto alla lirica, cui sono concessi tuttavia ambiti sociali di circolazione sempre più ristretti e cui viene affidata una diversa funzione rispetto al passato.

Nel periodo che va dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione, la vicenda del romanzo e del racconto si intreccia con quella del movimento pre-romantico e romantico.

Il quasi immediato diffondersi del loro influsso in tutta Europa, le opere narrative più significative si distanziano in vario modo da quel filone di narrativa realistico-borghese che era stato avviato con tanto entusiasmo nel corso del Settecento inglese e , in parte, francese. Accanto ad un genere quale il romanzo storico, portato al successo europeo soprattutto da Walter Scott a partire da secondo decennio dell'ottocento, c'è ad esempio una narrativa eminentemente lirica (nel senso che privilegia l'effusione sentimentale, la confessione diretta), che si distanzia dal realismo borghese del settecento perché, oltre a mettere in scena personaggi dai tratti per molti versi eccezionali, mira a coglierne le vicende umane, i drammi interiori in assoluto, per così dire, senza coglierne o cogliendone assai debolmente i nessi con un preciso ambiente storico-sociale o proiettandoli su sfondi ambientali generici, spesso naturali e talora esotici. E' una narrativa di carattere introspettivo, o più spesso autointrospettivo, che sembra delineare un distacco dalla realtà sociale contemporanea, o quanto meno nel conflitto tipicamente romantico tra reale ed ideale pare mettere l'accento sull'ideale; esotismo e primitismo, un'inclinazione all'idillio, il disgusto del social e la fuga nella natura, casi d'amore disperati, analisi di animi in preda all'angoscia esistenziale, tipi umani melanconici, storie di anime malate, sono quindi i motivi portanti della narrativa ottocentesca. Pre-romanticismo e romanticismo delineano il loro mito umano, quell'eroe travagliato che tanto influenzerà anche la letteratura successiva fino ad oltre il decadentismo. Fra i modelli maggiormente influenzati su questa tendenza narrativa sono i romanzi di Goethe e in particolare I dolori del giovane Werther e i vari scritti di Rousseau e soprattutto Le confessioni, il notevole romanzo epistolare di Friedrich Holderlin Iperone, mirabile e complessa sintesi di istanze romantiche e neoclassiche. Costituiscono anche modelli strutturali Benjamin Constant nell'Adolphe, Chateaubriand in Atala e in René, il Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis. In tutti questi casi il modulo largamente privilegiato sia in forma epistolare, sia in forma di discorso a voce o di manoscritto, è quello della confessione, della narrazione soggettiva e spesso decisamente autobiografica. Modulo particolarmente funzionale alle concezione romantica, individualistica e soggettiva, della vita e dell'arte. I testi francesi sono fra i testi a più larga diffusione europea e certamente i più influenti sulla cultura e letteratura italiana. Ma la sostanziale crisi del romanzo realistico-borghese viene confermata anche allargando lo sguardo ad altre tradizioni. In Germania, a parte la complessa opera di Goethe, la narrativa si orienta di preferenza verso il romanzo o il racconto idillico e fiabesco con Jean Paul, il romanzo filosofico-simbolico con Novalis, una novellistica che risente ancora di influssi della tradizione classica con Kleist, o il romanzo e il racconto decisamente fantastico con Chamisso e Hoffmann. In Inghilterra le opere narrative più significative di questi anni, a parte il romanzo storico di Scott, si devono annoverare poemetti strettamente o latamente autobiografici come Il preludio di Wordsworth o I pellegrinaggi del giovane Aroldo di Byron e narrazioni pure autobiografiche come appunto Le confessioni di un mangiatore d'oppio di Thomas de Quincey, più tardi tradotte da Baudelaire. E' certo che si fece sentire l'influsso pre-romantico e romantico, specie nelle precoci formulazioni teoriche tedesche più inclini all'evasione nella fantasia, nel sogno e nell'ideale che all'immersione nel reale storico contemporaneo. Ma ciò probabilmente non basta. Secondo l'Auerbach, specie in Francia e di riflesso in Italia, fu la delusione storica conseguente alla rivoluzione francese a giustificare questa tendenza di fronte alla realtà contemporanea. Solo più tardi il rapporto con la realtà storico-sociale si sarebbe riannodato: con Stendhal, Balzac e Flaubert in Francia e con Thakeray e Dikens in Inghilterra, sarebbe stata la grande stagione del realismo narrativo. E' necessario soffermarsi ora sulla tipologia di "eroe romantico". Definire in generale e in astratto la fisionomia dell'eroe romantico è forse alquanto arbitrario e tuttavia è un rischio che si può correre. Basterà ricordare che la teorizzazione di un arte libera e spontanea e il rifiuto delle regole finalizzato ad un rapporto di immediatezza tra ispirazione ed espressione erano legati alla scoperta e all'enfatizzazione dell'io, della magmatica interiorità con l'infinita gamma delle sue pulsioni. Proprio quella "delusione storica" che provarono quanti si trovarono a vivere l'esperienza della rivoluzione francese e i suoi successivi sviluppi è un dato di fondo che contribuisce non poco a spiegare tanti atteggiamenti del tempo, che investono sia l'ambito strettamente biografico sia quello della creazione letteraria nel duplice aspetto della definizione del rapporto con la realtà e della creazione di un particolare mito umano. Tale mito si concreta in quei personaggi che nei primi due decenni dell'ottocento vengono creati dagli artisti, come Chateaubriand o Foscolo, Byron o Manzoni, che più efficacemente esprimono il loro tempo. Il disgusto della realtà e la fuga nella natura o nel sogno, il compiacimento del proprio eccezionale soffrire, e ancora il vagheggiamento, quale compenso alla meschinità del presente, di realtà e mondi ideali suggestivi (L'esotismo di Byron, il culto della Grecia di Holderlin e Foscolo o del Medioevo in Novalis); o, all'opposto, il ribellismo e la titanica sfida contro la realtà; e ancora la negazione-affermazione di sé nel suicidio (esito talora della fuga dalla realtà e talora di un'intransigente contrapposizione ad essa); e ancora una gamma di atteggiamenti religiosi e spiritualistici, che va dal fascino estetizzante che Chateaubriand sentiva nella liturgia all'intimo impulso verso l'infinito e l'esterno, su un altro piano, alla confidente attesa di un aldilà compensativo delle sofferenze terrene, tutti questi aspetti sono l'espressione e il sintomo di quel particolare modo di essere che si configura nei primi anni dell'ottocento e che fu definito "la malattia del secolo".

Due elementi prettamente romantici, il senso della storia e quello della nazionalità (o se vogliamo storicismo e patriottismo) sono alle radici di un'altra forma narrativa che nei primi decenni dell'ottocento si impone a livello europeo, accanto al romanzo autobiografico o di confessione: il romanzo storico. Tale genere, la cui originaria fortuna è legata alla celebre opera dello Scozzese Walter Scott, è molto importante nel nostro discorso perché è la forma in cui finalmente il romanzo riuscirà ad imporsi anche in Italia. La nuova forma del romanzo storico, per le sue caratteristiche intrinseche e ancor più per l'uso che in quegli anni ne venne fatto, poté assolvere una duplice funzione: da un lato un'evasione dal presente verso epoche, e specialmente il Medioevo, per vari motivi mitizzate proprio dal romanticismo, che talora le aveva presentate come momenti ideali della storia umana; e dall'altro, di attualizzazione del passato, di momenti ed episodi particolarmente significativi della storia della patria, in funzione nazionalistica e patriottica. Le due funzioni possono apparire divergenti e antitetiche, ed in certa misura lo sono; ma talora si presentano strettamente intrecciate e difficilmente districabili. In Itali i motivi patriottico-risorgimentali, le finalità pedagogiche e civili servono anche a legittimare e dare dignità ad una forma narrativa che era considerata dalla società letteraria un genere basso, di valore assai scarso.

Walter Scott non si limita ad una celebrazione che doveva certamente compiacere sul piano ideologico e del sentimento nazionale il pubblico dei suoi lettori e i ceti dirigenti del paese; egli cercava di andare incontro alla cultura, al gusto e al bisogno di storie avventurose del suo pubblico. Quella di Scott era anche un'operazione letteraria e commerciale (i suoi romanzi gli diedero fama e ricchezza, e quando venne coinvolto nel fallimento del suo editore la produzione narrativa e giornalistica, sempre più serrata, divenne per lui un'esigenza imprescindibile). Ecco allora i principali temi e topoi del romanticismo, ecco allora le trame avventurose e intricate orchestrate con sapienza narrativa e senso delle attese del suo pubblico. I tratti salienti del genere codificato da Scott sono: il pittoresco medioevale, il gusto romantico, gli sfondi storici e naturali di maniera, un gusto didascalico incentrato sulla divulgazione storica ed il continuo movimento narrativo fondato su un intreccio intricato e sulla continua suspance, sui colpi di scena e su imprevedibili agnizioni, su una caratterizzazione psicologica spesso acuta ma spesso anche polarizzata nell'opposizione buoni/cattivi; insomma tutto il repertorio che era già stato della tradizione epico-cavalleresca presentato in forma nuova ed attuale. I classicisti lo giudicano un genere facile, ibrido e volgare, non sottoposto a quel lavorio artistico che è una componente essenziale della vera letteratura; i romantici, per converso, lo giudicano il genere che per la sua libertà strutturale, per il linguaggio prosastico, per la rispondenza ai gusti di un vasto pubblico meglio di ogni altro può farsi veicolo di una nuova concezione del mondo e della letteratura. Di un impegno civile e risorgimentale. E' chiaro che le implicazioni nazionalistiche e patriottistiche dei romanzi scottiani, tese a celebrare un processo storico effettivamente realizzatosi i cui esiti erano tangibili nel presente, non potevano essere riproposte in forma analoga in Italia: l'Italia era divisa, la sua storia politica, passata e recente, era una storia di delusioni e di atti mancati. Nell'epoca del sorgere delle alte nazionalità, l'Italia non aveva condotto a termine nessun processo di unificazione politica, e in verità neppure socio-culturale: no c'era la possibilità di celebrare, bensì quella di sferzare gli animi all'azione di infiammarli, scegliendo episodi che avessero almeno il sapore di una coscienza nazionale che non si era mai costituita e che proprio in quegl'anni faticosamente si cercava di costruire. Questa, patriottica e risorgimentale, è la caratteristica ideologica, non di tutta ma di buona parte della produzione letteraria italiana. La produzione del 1827 apre due vie al romanzo storico in Italia: quella manzoniana e quella scottiana. Il Manzoni riconosce il suo debito verso Scott, ma al tempo stesso compose un romanzo storico molto differente: un romanzo "antiromanzesco" e storico in un senso ben più profondo di quello dello stesso Scott, che pure ricostruì contesti spesso storicamente attendibili, e soprattutto di quello di molti suoi epigoni italiani, che accentuarono gli argomenti di maniera e no si fecero scrupolo, a volte, di addurre falsi documenti. Il modello manzoniano risulta quindi un modello rigido, originale e a tratti troppo severo, mentre quello scottiano appare più alla portata di tutti e di più sicuro successo commerciale, probabilmente più adatto a quelle che erano le esigenze del pubblico di allora.

Un antecedente del romanzo fantastico ottocentesco è il romanzo nero o gotico che si era diffuso in Inghilterra fin dalla metà del secolo precedente e che aveva goduto di una discreta fortuna in tutta Europa. E' in sostanza un romanzo di intrigo che, attraverso una serie di espedienti tecnici, di ambientazioni e di tematiche opportunamente scelti, mira ad avvincere il lettore incutendogli paura ed orrore. Le vicende si collocano su uno sfondo storico approssimativamente ricostruito: spesso gli autori scelgono ambientazioni medioevali o rinascimentali italiane; il che significa, nella prospettiva del pubblico inglese, un'ambientazione esotica e lontana nel tempo. Narra le vicende palesemente irreali, fantastiche, popolate di spettri e fantasmi, vampiri, demoni ed altre presenze inquietanti e soprannaturali, e collocate in scenari notturni, in luoghi desolati, in foschi castelli, tra messe nere, torture, profanazioni di luoghi sacri o di tombe, con una palese inclinazione al macabro, al demoniaco e talora al sacrilego, e con forti componenti erotiche. Lo sviluppo dell'intreccio è per lo più serrato e denso di colpi di scena e di rapidi capovolgimenti di fronte. (Horace Walpole I castelli di Otranto).

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