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Il pericolo del nuovo millennio: il terrorismo internazionale
Le mutate condizioni del quadro geopolitica mondiale, con la caduta del colosso sovietico,sono alla base della ribalta, specie con i fatti dell' 11 settembre 2001, del terrorismo islamico internazionale e degli attentati da esso perpetrati da esso con l' uso dei kamikaze.
Questo genere di violenze è realtà quotidiana della vita di Israele, oggi è invece divenuta una realtà del mondo intero, proponendo tanti interrogativi, specie sulle motivazioni che possono indurre un giovane ad usare il proprio corpo come mezzo per condurre esplosivo e diventare esso stesso un' arma per uccidere innocenti. Se si rileggono le pagine di storia, si può notare che l'esercito giapponese si era sempre avvalso di questo "sistema di combattimento" che salì alle cronache internazionali soprattutto durante il II conflitto mondiale; i nipponici addestravano appositamente i piloti che, più che volontari, erano convinti (o meglio venivano convinti) che la loro morte era un'arma con la quale gli dei avrebbero punito i nemici dell'impero nipponico. Tutto era dunque programmato, stabilito, destinato: questo modo di pensare portò all'inutile martirio di di tanti giovani giapponesi (e tanti americani vittime delle loro gesta "eroiche"), illusi dall'idea di potere essere uno strumento divino.
La storia si ripete: i kamikaze islamici, che vengono detti shahid, martiri, sono giovani tra i 18 e 25 anni, selezionati e addestrati con rigidi protocolli religiosi e militari, in cambio del loro sacrificio viene promesso come premio il più alto livello del paradiso e che i suoi compagni si prenderanno cura della propria famiglia. Un terrorismo questo, che fonda le sue basi su un fanatismo religioso senza limiti e che offre a dei giovani che probabilmente dalla vita hanno avuto poco o nulla la possibilità di divenire importanti per la loro famiglia, per la loro patria (nel caso dei palestinesi), per il loro dio attraverso la perdita della loro stessa vita, da spendere per colpire chi è ritenuto responsabile delle proprie vicissitudini: il mondo pagano occidentale, ricco ed industrializzato.
Che Bin Laden sia vivo o morto poco importa. La guerra al terrorismo internazionale si potrà vincere solo quando i grandi del mondo daranno all'europeo ed al mediorientale, al bianco ed al nero, all'arabo ed al cristiano le stesse possibilità economiche, democratiche, religiose.
Se tutti i cittadini del mondo avranno la possibilità di vivere per qualunque cosa o comunque la speranza per un futuro migliore, solo allora potremo dire di avere vinto non una battaglia, ma la guerra, poiché sottrarremo al nostro avversario, il fanatismo religioso, il terreno da cui accinge i suoi frutti mortali: analfabetismo, povertà emarginazione.
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