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L'autore: Publio Ovidio Nasone, poeta latino vissuto nel I secolo a.C. Nato a Sulmona nel 43 a.C. Ovidio raggiunge il successo letterario a Roma, dove entra a far parte del circolo culturale di Messalla Corvino e stringe amicizia con i più importanti poeti del tempo. Giunto all'apice della fama, è però colpito da un provvedimento punitivo emanato da Augusto, le cui cause non sono state mai completamente chiarite, e viene relegato a Tomi sul Mar Nero, dove muore nel 17 d.C.
Il testo è tratto da: Metamorfosi, un «poema collettivo» in lingua latina, ovvero un'ampia narrazione in versi, in 15 libri, che raggruppa una serie di storie indipendenti, accomunate da uno stesso tema, quello appunto della trasformazione di un essere vivente in un elemento della natura pianta, animale, roccia, fiume, statua ecc.) in seguito all'intervento divino. Confluisce pertanto nell'opera una grandissima quantità di miti, attraverso i quali il poeta segue l'evoluzione dell'universo e dell'uomo, dalla nascita del mondo dal caos informe al diluvio universale e alla rinascita dell'umanità grazie a Deucalione e Pirra, fino alle vicende che hanno per protagonisti dei e semidei.
'IL MITO DI PERSEO' Ovidio
Perseo riprese le sue ali
legandole ai lati dei piedi, cinse la spada ricurva
e muovendo i calzari alati solcò l'aria trasparente.
Dopo aver sorvolato e lambito innumerevoli popoli,
giuse in vista degli Etiopi e delle terre di Cefeo.
Lì Ammone aveva selvaggiamente ordinato che l'innocente
Andromeda pagasse con la vita l'arroganza della madre.
Come la vide, le braccia incatenate a un masso della scogliera
(se la brezza non le avesse scompigliato i capelli e calde lacrime
non le fossero sgorgate dagli occhi, una statua di marmo, questo
l'avrebbe creduta), Perseo senza avvedersene se ne infiammò,
rapito dal fascino che quella stupenda visione emanava,
tanto che per poco le ali non si scordò di battere nell'aria.
Sceso a terra, disse: «No, tu non meriti queste catene,
ma solo quelle che stringono nel desiderio gli amanti:
svelami, voglio saperlo, il nome di questa terra e il tuo,
e perché porti i ceppi!». Sulle prime lei tace, non osa,
lei vergine, rivolgersi a un uomo, e per timidezza si sarebbe
nascosto il volto con le mani, se non fosse stata incatenata.
Gli occhi le si riempirono di lacrime: solo questo poté.
Ma lui insisteva, e allora, perché non pensasse che gli celava
colpe sue, gli rivelò il nome della terra, il suo,
e quanta presunzione nella propria bellezza avesse riposto
sua madre. Non aveva ancora raccontato tutto, che scrosciarono
le onde e apparve un mostro, che avanzando si ergeva
sull'immensità del mare e col petto ne copriva un largo tratto.
Urlò la vergine. A lei si erano accostati il padre in lutto
e la madre, entrambi angosciati, ma a maggior ragione questa:
non le portavano aiuto, ma solo il pianto e la disperazione
per quella sventura e si stringevano al suo corpo in catene.
Intervenne allora lo straniero: «Per piangere potrete avere
tutto il tempo; per portare aiuto non c'è che un attimo.
Se io la chiedessi in sposa, io, Perseo, figlio di Giove e di colei
che fra le sbarre Giove rese madre fecondandola con l'oro
io, Perseo, che ho vinto la Gòrgone dalla chioma di serpi e spazio
senza timore nel cielo con un battito d'ali,
sarei certo preferito a tutti come genero. Ma ancora un merito,
se mi assistono gli dei, cercherò di aggiungere a tanto prestigio.
Facciamo un patto: che sia mia, se la salvo col mio valore!».
PARAFRASI
Perse prese i suoi sandali alati, per spostarsi velocemente e la sua spada ricurva di diamante e muovano i calzari alati solcò l'aria trasparente. Dopo aver sorvolato innumerevoli nazioni arrivò alla terra degli Etiopi e alle terre di Cefeo, loro re e padre di Andromeda.
Eus aveva ordinato che Andromeda, innocente, pagazssa con la vita l'arroganza della madre.
Quando la vide con le braccia incatenate ad un masso della scogliera (l'avrebbe creduta una statua di marmo, se la brezza non le avesse scompigliato i capelli e se le lacrime non fossero sgorgate dai suoi occhi) subito se ne infatuò, colpito dal fascino che essa emanava.
Scese a terra e disse 'No, tu non meriti queste catene, ma solo quelle del cuore'
Sulle prime lei tacque per la timidezza, avrebbe nascosto il volto se non fosse stata incatenata, poteva solo piangere.
Ma alla sua insistenza si sciolse e gli rivelò la sua storia. Non aveva ancora raccontato tutto che con scroscii di onde un mostro apparve dall'oceano. La vergine urlò.
Il padre e la madre le si accostarono per piangere, angosciati.
Ma perseo li consolò: 'Ci sarà sempre tempo per piangere, ma per aiutarla non c'è un'attimo da perdere.'
Detto ciò la chiese in sposa ed andò ad affrontare il mostro.
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