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"il fu mattia pascal" di pirandello




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"IL FU MATTIA PASCAL" DI PIRANDELLO



La storia di Mattia Pascal registra il fallimento di una possibilità di vita alternativa alle prigioni delle convenzioni borghesi, alla miseria quotidiana della famiglia.

Con Mattia Pascal nasce il personaggio pirandelliano, contro i condizionamenti della società, alla ricerca di un'identità che vorrebbe solida e definitiva, ma che in realtà diventa inconsistente, provvisoria, destinata a dissolversi come un'ombra.

Non resta, per vivere, che l'esperienza della scrittura

Pubblicato a puntate sulla "Nuova antologia" è un racconto in forma autobiografica, scritto dallo stesso personaggio.

La storia di Mattia Pascal, priva di riferimenti storici è narrata in prima persona, tutta rivissuta e ripassata dal protagonista.

L'avvilimento di un matrimonio passato e un lavoro umiliante, spingono Mattia Pascal a scappare dal paese.

A Montacarlo vince una grande somma al gioco e subito dopo da un giornale apprende che è stato ritrovato un cadavere suicida che è stato scambiato per lui: ufficialmente, quindi, egli è morto, e così n'approfitta per cominciare una nuova vita libera.

Ma la società anche diventando Adriano Meis, inevitabilmente gli tende la sua rete.

Deluso decide di simulare un nuovo suicidio, quello di Adriano Meis, e di ritornare al paese, facendosi riconoscere.

Ma qui scopre che la moglie, risposata e con una figlia, non può riprenderlo con sé. Mattia Pascal è come cancellato: è un vivo-morto.

Si ritira nella biblioteca del paese e si dedica alla sua vecchia occupazione di bibliotecario, in compagnia di don Egidio Pellegrinotto, e sarà lui poi a convincerlo di scrivere un libro che descrivesse la sua avventura..


La poetica dell'umorismo

Alla base dell'opera pirandelliana c'è una disposizione filosofica che in un'epoca di passaggio dalla cultura Positivista, mettono in crisi i vecchi valori e le spinte ottimistiche della civiltà borghese.

La crisi è connessa alla sfiducia della realtà politica dell'Italia post-unitaria.

Per l'individuo l'esistenza diventa difficile e problematica, perché deve accettare rapidi cambiamenti di mentalità.

Lo scrittore-filosofo è portato a muovere la riflessione dalla realtà sociale all'interiorità dell'individuo, che si trova smarrito in una realtà contraddittoria, senza punti di riferimento e certezze, l'uomo non solo non è più il centro del mondo, ma è disorientato in cerca della sua identità.

Al posto dell'eroe, Pirandello scopre un io frantumato e smarrito in un'angosciata solitudine.

Pirandello coglie i sintomi di questa condizione esistenziale, di cui si colgono i riflessi in alcuni titoli già di sapore umoristico: Mal giocondo, Amori senza amore ecc.

Col Mattia Pascal, Pirandello segue il suo personaggio, in un itinerario di morte e rinascite, alla ricerca di un'identità impossibile, fino alla constatazione della sua radicale estraneità alla vita.

Mattia Pascal riafferma il diritto a esistere scrivendo la sua vita.

A questo forestiero della vita, Pirandello dedica la sua più importante riflessione teorica, affidata alle pagine dell'Umorismo che, nella prima edizione del 1908, porta questa dedica: "Alla buon'anima di Mattia Pascal bibliotecario".

Il saggio si divide in due parti:

- la prima, parte da concetto di comico per giungere, passando per la satira e per l'ironia, a una definizione dell'umorismo, per riferimenti a opere e autori che ben illustrano i vari generi;

- la seconda parte, più liberamente espone i punti fondamentali della sua visione del mondo e dell'arte.

Ha come titolo Essenza, caratteri e materia dell'Umorismo, svolge una trattazione teorica sull'argomento.

Il processo dell'umorismo è innanzi tutto un processo psicologico entro cui agisce la riflessione, che contrasta ogni idea illusoria, che ci mette in guardia contro le false apparenze.

Se la ragione critica ci rendono consapevoli di un contrasto, se scatta, l'avvertimento di un contrario, tutto ciò non basta a far nascere l'opera d'arte umoristica; occorre che la coscienza del contrario si trasformi in sentimento del contrario.

Solo se interviene il sentimento ci troviamo in presenza di un'attività creativa.

Ecco perché Pirandello rifiuta l'accusa di arte intellettualistica per la sua concezione umoristica, in quanto l'arte è sempre frutto spontaneo, naturale di un sentimento.

Si tratta evidentemente di un'attività complessa, che Pirandello sintetizza nella formula del sentimento del contrario.

Intanto esso si differenzia dall'avvertimento del contrario, invece, proprio del comico, che scatta semplicemente quando si avverte un'infrazione alle norme e alle consuete abitudini. Il sentimento del contrario, invece, è un'attività in qualche modo duplice: è si, un sentimento, ma contiene in se una riflessione. E' dominante la coscienza della casualità delle vicende umane, che caratterizza una visione problematica della vita e della realtà.


La vita e le opere

Luigi Pirandello nacque a Girgenti, poi in seguito chiamata Agrigento, il 28 giugno 1886, da Caterina Ricci Gramitto e da Stefano Pirandello.

La madre proveniva da una famiglia che aveva partecipato alle lotte antiborboniche che per l'unità d'Italia. Il padre era stato garibaldino, Luigi trascorse la sua prima infanzia tra Giranti e Porto Empedocle, sul mare.

Assiduo lettore di romanzi, a 12 anni scrive una tragedia, "Barbaro", in 5 atti, che rappresentò con le sorelle e gli amici. Nel 1880 il padre, vittima di una frode, cade in dissesto, e la famiglia si trasferisce a Palermo. Nascono in Pirandello, fanciullo e poi adolescente, le prime appassionate accensioni sentimentali: comincia, in quegli anni, la sua preparazione urbanistica e la sua vocazione letterarie.

Nel 1885 la famiglia si trasferisce a Porto Empedocle, e Luigi rimane a Palermo, dove, lo stesso anno, termina il liceo. Ritornato a Porto Empedocle, prende coscienza delle realtà umane e delle solfatare.

Si iscrive alla Facoltà di Legge e di Lettere a Palermo, dove conosce alcuni dei dirigenti dei Fasci siciliani. Nel novembre del 1887, si iscrive all'Università di Roma. Vive alcuni mesi in casa dello zio Rocco, luogotenente di Garibaldi, ad Aspromonte.

Scrive in questo periodo alcune opere teatrali che sono andate perdute. Nel 1889pubblica Mal giocondo, una raccolta di poesie. In seguito ad un incidente con un insegnante, decide di abbandonare l'Università di Roma e continua gli studi a Bonn, dove scrive le liriche raccolte in Elegie renane, e Pasqua di Gea.

Il 21 marzo 1891 si laurea con una tesi sugli sviluppi fonetici dei dialetti greco - siculi. Nel 1892, rientrato a Roma, collabora a diverse riviste letterarie.

Il 27 gennaio 1894 sposa a Erigenti Maria Antonietta Portulano.

Tra il 1895 e il 1899 nascono tre figli: Stefano, Lietta e Fausto.

Nel 1894 pubblica una prima raccolta di novelle "Amori senza amori". Dal 1897, insegna letteratura italiana all'Istituto superiore di Magistero. Nel 1898 stampa sulla rivista Ariel il primo testo teatrale, un atto unico dal titolo L'Epilogo, poi ribattezzato La Morsa.

Nel 1901 pubblica il romanzo L'escluso e nel 1902, Il Turno. Nel 1903 una frana allaga all'improvviso la Zolfara nella quale il padre di Pirandello aveva investito i suoi averi e la dote di Maria Antonietta. Lo scrittore si trova in grande difficoltà economica e sembra di pensare al suicidio.

Forse alla base di questa esperienza scrive Il fu Mattia Pascal. Il successo di questo suo romanzo, tradotto subito in varie lingue, vale a Pirandello l'ingresso in un'importante Casa editrice Treves, che in seguito pubblica in volumi anche I vecchi e i giovani scritti dall'artista nel 1913.

Tre anni più tardi con il successo di una sua commedia Pensaci, Giacomino! diretta da Angelo Musco, viene stimolato a scrivere altre opere teatrali tra cui: Il berretto a sonagli e Liolà.

Queste opere segnano il passaggio dal verismo all'arte propriamente pirandelliana. Nel 1915 gli muore la madre, e si aggrava la malattia psichica della moglie, inoltre il figlio Stefano, inviato al fronte, cade prigioniero del nemico. Lascia l'editore Treves, per diventare autore di Bemporad.

Nel 1922, scrive Adriano Tilgher, amico e ammiratore di Pirandello pubblica Studi sul teatro contemporaneo opera che pone le basi della critica pirandelliana.

Riprende poi a scrivere novelle e romanzi, pubblicando Uno, nessuno e centomila, poi si occupa della direzione del Teatro d'Arte a Roma, dove debutta come attrice Marta Abba, la giovanissima interprete che poi diverrà l'ispiratrice dell'opera di Pirandello degli ultimi anni.

Sciolta poi, la Compagnia pirandelliana, Marta Abba formerà una propria Compagnia che porterà ovunque il teatro di Luigi Pirandello.

Il successo internazionale del suo teatro induce Pirandello a viaggiare ininterrottamente. Sono forse gli anni migliori della sua vita.

Il 9 novembre 1934 riceve a Stoccolma il Premio Nobel per la letteratura. Scrive i drammi Trovarsi, Quando si è qualcuno, Non si sa come, I giganti della montagna, che resta incompiuto.

Muore il 10 dicembre 1936.


La scrittura novellistica

La prima novella: La capannetta, la pubblicò da ragazzo, a 17 anni, nel 1884, e continuo a scrivere novelle fino all'ultimo.

La prima raccolta ha come titolo Amori senza amore.

Pur continuando a scrivere per giornali e riviste, nel 1922, si impegnò a realizzare un progetto editoriale in 24 volumi, ognuno di 15 novelle, per un complesso di 365.

Il genere novella attraversa tutta l'esperienza letteraria di Pirandello, in una sorta di fedeltà costante e continua, anche quando altri generi, come il romanzo, si interrompevano ed entravano in crisi per lasciare spazio all'esperienza teatrale.

Pirandello ha scritto novelle per tutta la vita perché costituivano un grande serbatoio di motivi, personaggi, riflessioni che venivano riutilizzati in altri testi e approfonditi.

Sono la propria concreta della coscienza sperimentale dell'autore, e allo stesso tempo, come tessere di un mosaico, tendono a disporsi nel disegno di un progetto autonomo, infatti, crea le Novelle per un anno.

Si tratta di un progetto che guarda al passato e soprattutto al futuro per i testi ancora da scrivere.

Non sono indicati i criteri di sistemazione dei testi e neppure i criteri che distinguono le novelle siciliane da quelle borghesi.

L'autore non ha consigli da dare se non quello di proporre la lettura di una novella al giorno, per ogni giorno dell'anno; o, sotto metafora, per ogni giorno della vita.

Il progetto è rimasto incompiuto: dei 24 volumi, ne sono stati realizzati, solo 14.

Aneddoti, fatti di cronaca, vicende quotidiane o casi paradossali, racconti propri di una tradizione popolare e temi elaborati in opere letterarie costituiscono un serbatoio di spunti per le novelle per un anno.


Le novelle borghesi

La prima novella è del 1898, pubblicata in un periodico romano e non è compresa nel progetto delle novelle per un anno.  Fa parte della sezione dei Ventuno racconti aggiunti.

Riaffiora il ricordo dell'infanzia nel giorno dei morti, che in Sicilia è dedicato ai regali per i bambini. Perciò il protagonista (Pinzone) accompagnava alla fiera dei giocattoli il suo discepolo, che si incantava dinanzi alle marionette.

Ma Pinzone col suo spirito acre, gli smontava ogni gioia. Ora che è adulto l'autore cerca i suoi eroi nella fiera della vita; ma, invano, lo spirito di Punzone non lo abbandona e gli smonta ogni possibile menzogna.

La novella mette in evidenza la situazione umoristica: la situazione impetuosa strappa il velo ad ogni illusione, scopre dietro l'apparente doratura la misera realtà delle cose.


Le novelle borghesi


In Ciàula scopre la luna, i temi tipicamente pirandellianiana, come illusione e realtà, mito della natura,                  solitudine e alienazione umana, si calano in un testo tradizionale: il mondo dei minatori di zolfo, la Sicilia.

Ma l'autore è anche attento ai condizionamenti che il progresso tecnologico esercita sul modo di vivere dell'uomo moderno.


Le novelle surreali


Nell'ultima produzione drammatica e novellistica, la ricerca espressiva confluisce, nei modi dell'evasione surreale. Si accentua il distacco dalla consistenza della trama e si accentua la forza visionaria delle invenzioni pirandelliane.

Conferma la tragica condizione delle sue creature, proiettando in una contemplazione visionaria il momento irreversibile del loro esilio alienato.



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