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Il Decadentismo
1883: il poeta francese Paul Verlaine pubblico sulla rivista "Le Chat Noir" ("Il gatto nero") il sonetto Langueur (Languore) con un memorabile incipit: «Sono l'Impero Romano alla fine della decadenza» nasce il Decadentismo
Il termine "decadente" si riferisce inizialmente al piccolo circolo di scrittori francesi raccolti intorno alla rivista "Le dècadent", fondata nel 1886 dallo scrittore Baju, e accomunati dalla fede nella poesia e dal rifiuto del perbenismo borghese.
In Francia si adotta il termine "Simbolismo", in Inghilterra il termine "Estetismo"
Significato del termine "decadente": sfatto, angosciato, spossato, pessimista, tetro
Crisi della società della Belle époque
Il termine sembra adattarsi a qualcuno che non solo sta peggiorando la propria condizione, ma si sta anche lasciando andare, quasi godendo delle proprie disgrazie.
L'individuo decadente è in declino perché si è procurato ogni genere di piaceri, perché si è logorato vivendo in un mondo svincolato dalle leggi della famiglia e del lavoro
Il "Decadentismo" è un movimento culturale sorto a fine Ottocento nell'ambiente parigino, espresso esplicitamente da manifesti, organi di stampa e altre pubblicazioni. Alcuni storiografi lo collocano negli ultimi due decenni dell'Ottocento, con propaggini nel primo Novecento; altri lo definiscono come un intero periodo storico che ingloba tutto il Novecento.
Rifiuto del Positivismo (la scienza può garantire una conoscenza della realtà con il progresso): ragione e scienza non possono dare la vera conoscenza del reale, perché l'essenza di esso è al di là delle cose, misteriosa ed enigmatica, per cui solo rinunciando all'abito razionale si può tentare di attingere all'ignoto
L'anima decadente è sempre protesa verso il mistero che è dietro la realtà visibile, verso l'inconoscibile
L'io: l'identità individuale (l'io) non è un dato pacificamente acquisito, ma un obiettivo da raggiungere («Divieni ciò che sei» scrive Nietzsche) bisogna risalire alle proprie origini naturali, agli istinti e alle prime esperienze: la spontaneità è una conquista che le convenzioni sociali tendono a nascondere
L'inconscio: zona ambigua, non ancora spirituale e non più materiale. L'esplorazione dell'inconscio rinnova anche la conoscenza dei meccanismi della memoria
Il sogno: anche se sembra assurdo, in realtà rivela verità profonde, normalmente occultate dalle abitudini e dalle tabù della vita sociale
Strumenti conoscitivi: tutti gli stati abnormi e irrazionali dell'esistere: la malattia, la follia, la nevrosi, il delirio, il sogno e l'incubo, l'allucinazione questi stati d'alterazione, sottraendosi al controllo della ragione, aprono al nostro sguardo interiore prospettive ignote e permettono di vedere il mistero che è al di là delle cose.
Panismo: la tendenza ad abbandonarsi alla vita dei sensi e dell'istinto,a dissolversi e ad immedesimarsi con le forze e gli aspetti della natura,astri, mare, fiumi, alberi; a sentirsi, cioè, parte del Tutto, nella circolarità della vita cosmica.
Epifania: un particolare qualunque della realtà, che appare insignificante alla visione comune, si carica all'improvviso di una misteriosa intensità di significato, che affascina come un messaggio proveniente da un'altra dimensione, come rivoluzione momentanea di un assoluto (epiphania = manifestazione)
La poetica del Decadentismo
Il poeta veggente: tra i momenti privilegiati della conoscenza vi è l'arte Il poeta, il pittore, il musicista sono dei sacerdoti di un vero e proprio culto, dei "veggenti", capaci di spingere lo sguardo dove l'uomo comune non vede nulla, di rivelare l'assoluto
L'arte appare il valore più alto, va collocato al di sopra di tutti gli altri
Estetismo
L'esteta è colui che assume come principio regolatore della sua vita solo il bello tutta la realtà è da lui filtrata attraverso l'arte atteggiamento di distacco, ma anche di vero e proprio disprezzo verso il mondo volgare e degradato delle industrie, delle grandi città e della folla. Da qui, opzione politica nettamente conservatrice: rifiutavano le istituzioni parlamentari proprio perché in esse si esprimono le masse non importa compiere azioni buone: bisogna che le proprie azioni siano belle svalutazione della dimensione morale
Posizioni teorizzate da:
Francia: Huysmans
Poesia pura: s'intende la tendenza a una lirica slegata dai referenti reali, e volta a creare un universo in cui i significanti (i suoni delle parole svincolati dai significati consueti) si carichino di valenze inedite che riescano a cogliere gli aspetti nascosti e davvero essenziali della realtà (la musica è la suprema fra le arti): il significato letterale però resta oscuro, e appunto per questo la lirica mantiene costantemente la sua "purezza" assoluta.
Fra i protagonisti di questa rivoluzione spicca Charles Baudelaire I suoi Fiori del male (1857) accolgono come oggetto privilegiato dell'espressione lirica il magmatico universo delle pulsioni che giacciono oltre la soglia della coscienza, nell'ombra tenace dell'inconscio; un mondo cui solo il poeta può accostarsi, perché egli solo ne padroneggia il segreto linguaggio fatto di allusioni sottili, di straordinarie corrispondenze e di simboli misteriosi
I parnassani: il movimento parnassano deve il suo nome alle raccolte collettive di testi poetici che i suoi esponenti pubblicarono, con il titolo di Le Parnasse contemporain (Il Parnaso contemporaneo; il Parnaso era il monte sacro delle Muse, ispiratrici dell'arte). Fedeli alla linea baudelairiana tesa alla ricerca di una poesia "pura", i parnassani bandivano dall'espressione lirica ogni riferimento al contingente, in nome della perfezione estetica di un'arte che non doveva avere altro fine che se stessa ("Ars gratia artis" = "l'arte per arte")
L'arte poetica di Verlaine: lirica che riassume i principi ispiratori della nuova ricerca espressiva fondata sulla musicalità, elevata a tramite privilegiato fra il piano esistenziale della realtà contingente e quello del mistero e del sogno. Si tratta di una musicalità che ripudia strutture rigide come la rima, preferendo forme più libere come l'assonanza.
Temi e miti della letteratura decadente
Ammirazione per epoche di decadenza: l'età del Decadentismo è uno stato d'animo di stanchezza e di estenuazione, derivante dal senso di disfacimento di una civiltà ammirazione per le epoche di decadenza: grecità alessandrina, tarda latinità imperiale, età bizantina
Perversione e crudeltà: ammirazione del lusso raro e prezioso e della lussuria, complicata da perversità e crudeltà. Buona parte della letteratura decadente è segnata dal sadismo e dal masochismo ricerca il nuovo e l'inaudito per trovare stimoli che le impediscano di cadere nella noia
La malattia: da un lato si pone come metafora di una condizione storica, di un momento di crisi profonda, di smarrimento delle certezze, di angoscia per il crollo di tutto il mondo: la letteratura decadente è "malata", quasi ad esprimere la "malattia" che corrode dalle fondamenta la civiltà e sembra spingerla verso una prossima fine. Dall'altro lato la malattia diviene condizione privilegiata di quella separatezza verso la massa che contrassegna l'aristocraticismo degli intellettuali di quest'età, appare come uno stato di grazia, come strumento conoscitivo per eccellenza.
La morte: tema dominante, ossessivo: attrazione per il nulla.
Il vitalismo: esaltazione della pienezza vitale senza limiti e senza freni, che afferma se stessa al di là di ogni norma morale, la ricerca del godimento ebbro, la celebrazione della forza barbarica che impone il suo dominio sui deboli e può così rigenerare un mondo esausto.
Il superomismo dannunziano: le due componenti opposte si delineano sull'arco della produzione dannunziana: se fino al 1894 lo scrittore si proietta in personaggi deboli, perplessi, malati, sconfitti, da quel momento in avanti si fa celebratore della forze vitale e dominatrice del "superuomo". In realtà sono atteggiamenti solo apparentemente in contraddizione: il culto della forza e della vita non è che un modo per esorcizzare l'attrazione per la morte. Il vitalismo supero mistico non è che l'altra faccia della malattia interiore, de disfacimento e degli impulsi autodistruttivi.
Il rifiuto aristocratico della normalità: l'estenuata morbosità e il vitalismo barbarico sono entrambi il segno di un rifiuto aristocratico della normalità, di una ricerca esasperata del diverso. L'artista decadente si isola ferocemente dalla realtà contemporanea, orgoglioso della propria diversità, rovesciando in segni di nobiltà anche i propri tratti negativi.
I poeti "maledetti": l'artista "maledetto", che profana tutti i valori e le convenzioni della società, che sceglie deliberatamente, come per un gesto di supremo rifiuto, il male e l'abiezione, e si compiace di una vita misera, errabonda, sregolata, condotta sino all'estremo limite dell'autoannientamento attraverso il vizio della carne, l'uso dell'alcool e della droga. Come sappiamo da Rimbaud, proprio attraverso la sistematica sregolatezza di tutti i sensi, tendendo la sensibilità al di là dei limiti umani, il poeta può trasformarsi in veggente, può acquistare una vista più acuta, che è negata all'individuo comune e per bene, può spingere lo sguardo nell'assoluto e nel mistero.
L'esteta: è l'uomo che vuole trasformare la sua vita in opera d'arte, sostituendo alle leggi morali le leggi del bello. L'esteta ha orrore della vita comune e si isola in una sdegnosa solitudine, circondato solo dalla bellezza e dall'arte. Il presente per lui è il trionfo della bruttezza e dello squallore, ciò che è bello ed eletto può essere collocato solo nel passato, in età di suprema raffinatezza (greca e rinascimentale).
L' "inetto a vivere": figura inaugurata dal protagonista delle Memorie del sottosuolo di Dostoievskij. Egli è escluso dalla vita per una sottile malattia che corrode la sua volontà. Può solo rifugiarsi nelle sue fantasie, ammirando in sterminati sogni l'azione da cui è escluso. Vorrebbe provare forti passioni, ma si sente inaridito, impotente. Più che vivere, si osserva vivere. L'ipertrofia della vita interiore diventa una forma di ossessione, viene a costruire una dimensione alternativa, parallela alla realtà vera, nella quale l'eroe si chiude interamente, perdendo i contatti on il mondo esterno, talora sprofondando in una lucida follia.
La "donna fatale": immagine antitetica di donna. Dominatrice del maschio fragile e sottomesso, lussuriosa e perversa, crudele torturatrice, maga ammaliatrice al cui fascino non si può sfuggire, che succhia le energie vitali dell'uomo come un vampiro, lo porta alla follia, alla perdizione, alla distruzione. La "donna fatale" è quindi una figura che esprime conflitti profondi, e per questo appare l'equivalente dei mostri che emergono dagli incubi degli scrittori romantici: non per nulla assume tratti che sono propri di Satana o caratteri vampireschi.
Il "fanciullino" pascoliano: l'inietto a vivere conosce una variante originale col "fanciullino" pascoliano: il rifiuto della condizione adulta, della vita di relazione al di fuori del protettivo "nido" familiare. Il "fanciullino" è portatore di una visione fresca e ingenua, che scopre le cose nella loro vergine essenza, liberandole dalle incrostazioni inerenti di cui le hanno ricoperte le convinzioni della vita adulta. Questo mito pascoliano esprime l'esigenza di una regressione a forme di coscienza primigenia, anteriori alla vita logica, quindi è anch'esso espressione dell'irrazionalismo e del fondamentale misticismo che sono propri delle concezioni decadenti.
Il superuomo dannunziano: vuole essere l'antitesi degli eroi deboli e inetti: forte e sicuro, si muove verso la sua meta eroica senza essere contaminato da dubbi e debolezze. Il mito si carica di significati politici: il superuomo deve mirare alla rigenerazione dell'Italia, riportandola alla sua grandezza passata e ai suoi destini imperiali, e per questo deve imporre un saldo dominio all'interno della nazione, sconfiggendo le forze disgregatrici del parlamentarismo, del liberalismo, della democrazia, dell'egualitarismo, instaurando una dittatura di eletti e di forti che sottomettano il popolo, trasformandolo in docile strumento delle conquiste imperiali. Solo così l'Italia potrà lanciarsi verso il dominio del mondo, ridando vita alle glorie di Roma antica.
Il velleitarismo dannunziano: il superuomo non è che una maschera velleitaria costruita da D'Annunzio per esorcizzare le forze oscure della disgregazione che affiorano dal profondo, il fascino della morte e del nulla. Per cui anche questi eroi sono in realtà minati da segrete tendenze disgregatrici: la loro forza non si concreta mai veramente in azione, il gesto eroico è solo alluso rimandato a un vago futuro, mai rappresentato in atto.
Romanzo psicologico: caratteristica degli eroi decadenti è una psicologia complicata nasce una nuova struttura romanzesca: il romanzo psicologico, in cui la dimensione soggettiva viene prepotentemente in primo piano, oscurando quella sociale. Colui che propone il modello di questo nuovo romanzo è Paul Bourget, francese. In Italia è Svevo il primo promotore del romanzo psicologico (Una vita, Senilità). Pirandello, invece, conduce una critica corrosiva dell'unità dell'io, della coerenza della persona, da lui presentata come una costruzione fittizia, artificiosa. L'io non esiste per Pirandello, si frantuma in un'infinità notevole di io diversi, a seconda dei momenti e delle circostanze.
Decadentismo - Romanticismo
Il Decadentismo può essere ritenuto una seconda fase del Romanticismo: i suoi aspetti salienti si individuano rispetto al Romanticismo più come sconvolgimenti, accentuazioni, esasperazioni che come novità assolute.
L'età romantica si segnalava per il suo slancio entusiastico, per l'anelito all'infinita espansione dell'io; il Decadentismo è invece contrassegnato da un senso di stanchezza, languore, smarrimento, che impedisce ogni slancio energetico.
La letteratura del Romanticismo aveva ambizioni costruttive, mirava alle vaste costruzioni concettuali e artistiche, che rispecchiassero la totalità; il languore decadente impedisce ormai queste ambizioni smisurate: non si punta più alla totalità, ma solo al frammento. Il singolo particolare assume un valore assoluto, vale quanto l'insieme la letteratura decadente tende a opere brevi
Decadentismo - Naturalismo
Decadentismo e Naturalismo sono fenomeni culturali paralleli e compresenti lungo gli anni Settanta-Ottanta e per i primi anni Novanta; solo dalla metà di quel decennio il Naturalismo comincia a esaurirsi e le tendenze decadenti prendono il sopravvento. Non si può dunque dire che il Decadentismo sia il frutto di una situazione storica diversa e successiva rispetto a quella del Naturalismo - Verismo.
Le opposte fisionomie delle due correnti si possono solo spiegare col fatto che esse sono espressione di gruppi intellettuali diversi, che diversamente si collocano nei confronti di un medesimo contesto storico.
Gli scrittori naturalisti sono integrati nell'ordine borghese, ne accettano l'orizzonte culturale, costituito dal positivismo, dallo scientismo, dal materialismo, dalla fiducia nel progresso.
Gli scrittori decadenti sono quelli che patiscono più profondamente le contraddizioni del sistema e i meccanismi di esclusione e di emarginazione, quindi rifiutano radicalmente l'ordine esistente con i loro atteggiamenti "maledetti" e estetizzanti, uscendo dall'orizzonte culturale borghese.
Decadentismo e Naturalismo, al di là delle profonde differenze di visioni del mondo e di soluzioni letterarie che li dividono, sono due tendenze che spesso appaiono mescolate tra loro: aspetti decadenti sono ravvisabili in scrittori naturalistici e viceversa.
Ad esempio, nello scrittore più rappresentativo del Naturalismo, Zola, è facile riscontrare un vitalismo panico ed il compiacimento per atmosfere malate, torbide e perverse.
Nella concretezza del processo storico non esiste il Decadentismo, il Romanticismo, il Naturalismo, l'Illuminismo,..: esistono solo scrittori e opere che affrontano certi temi perché si collocano nello stesso periodo storico e nello stesso ambiente. Siamo noi che ricaviamo categorie per classificare e ordinare i fenomeni.
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