Si può affermare che questi tre romanzi
siano divertenti già a partire dalle trame stesse: assurde, improbabili,
paradossali. In ordine cronologico, la prima delle tre ad essere stata scritta
è "Il visconte dimezzato", storia di un nobile che, durante le guerre fra
austriaci e turchi, viene diviso a metà da una palla di cannone; egli torna
così a casa "vivo e dimezzato". Ma, mentre la sua metà destra è totalmente
cattiva, la sinistra è del tutto buona. Gli stessi sudditi del visconte non
sanno, tuttavia, dire quale sia la migliore, poiché entrambe esagerano, chi
nella crudeltà, chi nella gentilezza. La soluzione viene trovata solo
nell'ultimo capitolo, quando la due metà vengono unite di nuovo.
Il narratore di questa storia è un bambino,
nipote del visconte protagonista; anche nel romanzo "Il barone rampante", il
protagonista vive le sue avventure per bocca di un parente, ancora una volta di
otto anni: in questo caso, la parentela è di fratellanza. Cosimo, il ragazzo protagonista
del racconto, è fuggito dalla famiglia per non dover continuamente sottostare
alle strane imposizioni dei genitori. Ribellandosi, si è rifugiato su un
albero, dal quale "non scenderà più". Comincia così la sua avventurosa vita
vissuta completamente sugli alberi, tra le persone più svariate: una bambina
nobile figlia degli «avversari» dei genitori di Cosimo, una banda di
ladruncoli, briganti, pirati.
Nel terzo libro della trilogia- "Il cavaliere
inesistente"- la voce narrante è quella di una monaca, che narra le gesta di
un'armatura senza cavaliere che agisce nell'impero di Carlomagno; questa
corazza viene accompagnata tra mille peripezie da uno scudiero che crede di
essere tutto ciò che vede, da un giovane cupo chiamato Torrismondo che gira
cercando la presunta madre Sofronia, dalla maliziosa vedova Priscilla e da una
fiera amazzone di nome Bradamante (che solo nell'ultimo capitolo rivelerà di
essere ella stessa la suora narratrice). L'ultimo personaggio è un ragazzo,
Rambaldo, che giunge in guerra per vendicare il padre, innamorandosi poi di
Bradamante stessa, che potrà raggiungere solo alla fine del romanzo, in quanto
la giovane è a sua volta invaghita dell'armatura protagonista, quella
dell'inesistente cavaliere Agigulfo. Una serie di inseguimenti costituiscono il
filo conduttore della vicenda, la cui morale sembra essere che nessuno è ciò
che sembra: il cavaliere valoroso non è nemmeno un uomo, la monaca e la
guerriera sono la stessa persona, lo scudiero può essere tutto tranne sé
stesso, chi sembra madre diviene moglie (è il caso di Sofronia e Torrismondo).
L'unico ad essere sempre il medesimo è colui che pare, in realtà, il vero
protagonista: il semplice e sincero Rambaldo.
A questo punto, sorge spontanea una domanda:
perché i tre libri vengono raccolti sotto il titolo "I nostri antenati"? Una
prima risposta si può trovare nel fatto che le tre storie che raccontano
avventure accadute in passato, a coloro che avrebbero potuto essere nostri
nobili progenitori; si può invece pensare più attentamente che, in quanto tali,
siano il nostro specchio, l'immagine del mondo contemporaneo sotto forma di
metafora. Inoltre, tutte le avventure raccontate diventano parte di una
raccolta divertente, che vuole però avere anche una sua morale: Calvino aspira
ad una pienezza di vita, ad un'umanità totale (questo si nota soprattutto in
"Il cavaliere inesistente" e in "Il visconte dimezzato"), alla libertà ("Il
barone rampante").