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DANTE ALIGHIERI
FIRENZE DIVISA TRA GUELFI E GHIBELLINI
Dante Alighieri nacque a Firenze da una famiglia della piccola nobiltà guelfa nel 1265, periodo in cui era in atto lo scontro frontale tra papato e impero:la città, a sua volta, era attraversata da forti contrasti tra guelfi, sostenitori del papa, e ghibellini, sostenitori dell'imperatore. Tra il 1260 (battaglia di Montaperti) e il 1266 (battaglia di Benevento), che segnarono rispettivamente il trionfo e la caduta delle sorti militari e politiche dell'impero, Firenze fu retta dalla parte ghibellina. Dopo il 1266 i guelfi presero saldamente il potere e guidarono la città verso un periodo di grande sviluppo economico. Protagoniste di questa fase particolarmente positiva della storia fiorentina furono due nuove classi sociali, la borghesia mercantile e quella finanziaria, che basavano la propria ricchezza sulla fiorente produzione di lana. Era il cosiddetto "popolo grasso", cioè l'alta borghesia, che costituiva la guida economica e politica del comune fiorentino e, che attirava nella sua orbita produttiva il "popolo minuto": esso era costituito dalle classi meno abbienti della città e da una grande massa di contadini inurbati, che si trasferivano dalle campagne allettati dalla possibilità di guadagni. Successivamente, l'ascesa del "popolo grasso" portò alla promulgazione degli Ordinamenti della giustizia del 1293, che proibivano alle antiche famiglie aristocratiche fiorentine, i "magnati", di rivestire cariche istituzionali. Solo nel1295 gli Ordinamenti divennero meno severi e anche i magnati poterono assumere incarichi politici, a patto di iscriversi a una corporazione.
Così Dante, dopo aver aderito all'Arte dei Medici e degli Speziali, si inserì in modo sempre più organico nella politica fiorentina, e nel 1300 fu eletto tra i Priori, la massima carica cittadina. Egli assunse posizioni antimagnatizie, convinto che gran parte dei problemi di Firenze derivassero dall'antagonismo tra le potenti famiglie, poco attente al bene pubblico. Allo stesso tempo, però, era anche critico verso le nuove classi borghesi, anch'esse accusate di anteporre il loro interesse economico a ogni altro valore politico, civile e morale. Nel frattempo, nello schieramento guelfo si era creata una grave spaccatura tra due fazioni, legate a due famiglie della città: i Neri che facevano capo ai Donati, e i Bianchi, che facevano riferimento ai Cerchi. I primi volevano una effettiva espansione politica del papato in Toscana e un inserimento di Firenze nell'orbita romana, mentre i secondi sostenevano la necessità dell'autonomia cittadina nei confronti degli interessi politici del pontefice e Dante si schierò con loro.
GLI ANNI DELL'ESILIO E DELLA PRODUZIONE LETTERARIA
In questi anni si andava via via delineando la fisionomia intellettuale di Dante. Dopo i primi studi grammaticali, retorici e l'apprendimento del latino, ebbero grande influenza sull'autore l'incontro con Brunetto Latini, maestro di retorica e autore del Trésor, un'enciclopedia scientifica, filosofica e politica, e l'amicizia con Guido Cavalcanti, raffinato poeta dello Stilnovo.
Intorno al 1283 Dante iniziò la composizione delle Rime e della Vita nuova, quest'ultima ispirata all'incontro con Beatrice Portinari, che segnò profondamente la sua vita. Nel 1301 fu un anno di svolta nell' esistenza del poeta. Papa Bonifacio VIII aveva chiamato in Italia Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo il Bello, e l'aveva invitato in Toscana con l'intento di riportare a Firenze i Neri, in quel periodo esiliati dalla città. Così avvenne, e i beni della fazione dei Bianchi nel 1302 vennero posti sotto sequestro; Dante insieme ad altri esponenti del suo partito venne multato ed esiliato, pena successivamente aggravata nella condanna al rogo se fosse tornato in città. Dapprima Dante si recò a Forlì e a Verona per cercare aiuti militari e politici contro i Neri fiorentini, mentre, successivamente, visse l'esilio in una dimensione sempre più individuale. Tra il 1304 e il 1306 si trasferì in Veneto, poi fino al 1308 fu ospite dei Malaspina in Lunigiana. In questo periodo compose le sue opere più significative: il De vulgari eloquentia (1303 - 1304) e il Convivio (1304 - 1308). Dal punto di vista politico il poeta si orientò in una direzione sempre più favorevole all'imperatore. Già nel Convivio egli aveva indicato come principale causa della decadenza politica dell'Italia la mancanza di un solido potere imperiale: ne era stata favorita la corruzione e la distorsione del ruolo del pontefice, che aveva accumulato un potere temporale sempre più ampio, trascurando l'originaria vocazione spirituale della Chiesa; la stessa tematica verrà trattata con accenti appassionati anche nella Commedia e nella Monarchia. Nel 1308 l'elezione a imperatore di Arrigo VII di Lussemburgo, e l'annuncio della sua discesa a Roma per essere incoronato dal papa, destarono grandi speranze in Dante, nei Bianchi e nei ghibellini fuoriusciti. Firenze aveva già concesso ad alcuni Bianchi il permesso di rientrare in città, divenuta la roccaforte del potere angioino e della politica antimperiale. La sua improvvisa morte nel 1313 fece però svanire ogni speranza dei Bianchi e di Dante.
Nel 1309 il papato si era trasferito ad Avignone, ed era entrato definitivamente nell'orbita della politica francese, sprofondando nella corruzione e nella mondanità. Dalla fine del 1312 Dante si trasferì a Verona presso Cangrande della Scala, vicario imperiale e punto di riferimento della politica ghibellina italiana. Qui lavorò alla revisione dell'Inferno e al completamento del Purgatorio, divulgati rispettivamente nel 1314 e nel 1315; nel lungo periodo di esilio scrisse anche la Monarchia. Nel 1315
venne deliberata un'amnistia dal Comune di Firenze ma Dante si rifiutò la possibilità di fare ritorno a Firenze a condizioni che giudicò indegne; di conseguenza venne condannato a morte in contumacia con i suoi figli maschi. Nel 1318 si trasferì a Ravenna, dove terminò la stesura del Paradiso nel 1321, poco prima della morte avvenuta fra il 13 e il 14 settembre dello stesso anno.
LE OPERE
LE RIME: Le Rime composte tra il 1283 e il 1308, sono emblematiche di questa straordinaria disponibilità a sperimentare forme e temi. Le 54 poesie che costituiscono questa raccolta consentono di passare in rassegna tutta la gamma espressiva della poesia dantesca: sonetti, canzoni, ballate, sestine. Si tratta di una raccolta di versi, non inseriti nella Vita nuova e nel Convivio, che portano all'estremo le possibilità stilistiche della poesia in volgare. I primi testi risentono del modello della scuola poetica siciliana e della poesia detta "siculo - toscana" che fa capo a Guitone d'Arezzo. Poi vi sono le cadenze dello Stilnovo, che appariranno, nella loro manifestazione più alta, nella Vita nuova; infine compaiono altri tre modelli stilistici: la poesia realistica; la poesia aulica delle grandi canzoni dottrinali; infine lo stile aspro e difficile delle "rime petrose", in cui Dante recupera la poesia del trovatore provenzale Arnaut Daniel.
LA VITA NUOVA: L'amore per Beatrice: L'adesione di Dante allo Stilnovo è testimoniata dalla Vita nuova, opera in cui viene descritta la vicenda d'amore per Beatrice, concepita come esperienza esemplare, modello d'amore da proporre in ambito non solo letterario. La Vita nuova è costituita da 31 liriche risalenti agli anni 1283-1293, accompagnate ciascuna da una parte in prosa, composta più tardi, tra il1294 e il 1295, che spiega la genesi e il significato della poesia. Questa compresenza di prosa e di versi prende il nome di prosimetrum; possiamo considerare la Vita nuova come il primo prosimetro in lingua volgare italiana. L'autore parte dal primo incontro con Beatrice che avviene all'età di nove anni, ed è seguito da un secondo incontro nove anni dopo. L'amore nei confronti della giovane è concepito come un'elevazione spirituale che avvicina l'uomo a Dio. Non è un amore che si realizza concretamente (Dante era sposato con Gemma Donati dal 1285) e non ha in sé nulla di impuro, in quanto consiste essenzialmente nella lode della donna amata. Quando Beatrice muore, il dolore per la perdita dell'amata supera ogni altro pensiero e viene sublimato dal ricordo di lei e della certezza della sua presenza nella gloria eterna.
IL DE VULGARI ELOQUENTIA: La superiorità della lingua volgare: L'opera scritta in latino tra il 1302 e il 1305, celebra la superiorità del volgare sul latino, sebbene quest'ultima fosse la lingua "della cultura", mentre il volgare era la lingua popolare e veniva utilizzato esclusivamente per scrivere testi di scarso rilievo culturale o di genere considerato minore, come la poesia d'amore o il romanzo cavalleresco. Secondo Dante, la superiorità della lingua volgare deriva dal fatto che essa è una lingua naturale, appresa dalla nascita, senza studio, mentre il latino è una lingua artificiale, sovranazionle, inventata dall'uomo per poter comunicare con i suoi simili dopo che Dio ha punito l'umanità con la "confusione delle lingue".
Nell'opera vengono teorizzate anche le caratteristiche che deve possedere un volgare, il quale pur restando lingua naturale, possa elevarsi oltre l'ambito puramente locale e proporsi come lingua letteraria unitaria. Dopo aver osservato le varietà di volgare parlate in Italia e notato che nessuna ha i requisiti per essere presa da sola come modello, Dante afferma che il volgare sommo, unitario, da utilizzare in ambito poetico, deve avere quattro caratteristiche:
Deve essere illustre, cioè di qualità così elevata da renderlo degno di un uso letterario;
Cardinale, cioè essere come il cardine, il perno, attorno a cui ruotano tutti gli altri volgari;
Aulico, cioè degno di venire parlato a corte;
Curiale, cioè ponderato secondo il parametro di moderazione della curialità, la norma delle azioni umane regolate dalla ragione e dalla legge.
Nel De vulgari eloquentia si definiscono anche le tre materie che possono venire trattate con il volgare illustre (armi, amore, virtù), i tre stili della letteratura in volgare (tragico, comico ed elegiaco), la forma metrica più nobile (la canzone) e il verso più adatto alla stile alto (l'endecasillabo).
IL CONVIVIO: Un testo filosofico in volgare: Il Convivio è un testo filosofico in volgare concepito in quindici trattati, ma rimasto incompiuto al quarto. E' composto da poesie accompagnate da prose, quindi è un prosimetrum. Il titolo Convivio indica che il libro è concepito come un "banchetto" di sapienza, dove le poesie costituiscono la "vivanda" e le prose il "pane". Il Convivio è dunque un'enciclopedia filosofica che spazia dalla scienza alla teologia alla politica: il suo disegno complessivo non è pervenuto, ma doveva essere assai ambizioso. Le canzoni risalgono al 1294 circa, quindi sono state composte prima delle prose, redatte invece negli anni compresi tra il 1304 e il 1308. L'interruzione della stesura è dovuta probabilmente da un lato, all'impegno compositivo dell'inferno, dall'altro al ritorno all'impegno politico, in coincidenza con l'elezione di Arrigo VII a imperatore.
LA MONARCHIA: Un trattato politico: La Monarchia (1316 - 18) è un trattato politico in latino che Dante scrive contemporaneamente al Paradiso, in un momento politico difficile, dopo il crollo delle speranze legate all'intervento dell'imperatore Arrigo VII. Composto da tre libri, il testo è una celebrazione dell'impero, visto come la forma politica ideale e collocato in una prospettiva di effettiva autonomia del potere papale. L' imperatore non dipende dal papa per il riconoscimento della sua autorità politica, dato che il potere gli deriva direttamente da Dio, senza la mediazione dell'autorità religiosa. Il potere dell'imperatore si può considerare inferiore a quello del papa solo in quanto il suo settore di pertinenza riguarda l'ambito civile, mentre quello del pontefice riguarda la dimensione spirituale.
LA COMMEDIA: Un originale capolavoro: La Commedia è un poema estremamente complesso e stratificato in cui Dante racconta il viaggio compiuto nei tre regni dell'aldilà: viaggio iniziatico ascensionale di purificazione interiore, del peccato punito all'Inferno, attraverso l'espiazione nel Purgatorio, fino alla beatitudine nel Paradiso. E' quindi un'opera d'alto valore religioso; ma questa dimensione, sebbene importante, non esaurisce il ricco significato del testo. Durante il suo cammino, infatti, Dante affronta, con i personaggi che incontra o con le sue guide (Virgilio e Beatrice), numerosi argomenti: dalla politica alla morale, da questioni filosofiche ad argomenti scientifici, dalla poesia alla cosmologia, a svariati altri temi che fanno della Commedia una sorta di enciclopedia del sapere medievale. L'opera costituisce uno specchio della cultura del Due e Trecento; mostra come l'uomo medievale percepiva la realtà, considerava il suo rapporto con il mondo; inoltre presenta la concezione intimamente religiosa e simbolica della vita dell'epoca. Ma è anche un testo in cui Dante riversa tutto se stesso e prende posizione, assegnando per esempio punizioni esemplari a personaggi di primo piano come papi o uomini politici, affrontando personalmente svariate questioni di ogni genere in modo da evidenziare sempre una forte partecipazione, un coinvolgimento straordinario, che testimonia il ruolo militante dell'intellettuale dell'epoca. La stesura dell'opera è iniziata presumibilmente intorno al 1304 ed è proseguita fino all'anno della morte del poeta. L' Inferno e il Purgatorio sono stati resi noti in pubblico rispettivamente nel 1314 e nel 1315. Il Paradiso invece è stato pubblicato postumo.
LA STRUTTURA E IL TITOLO DEL POEMA
Il poema è costituito da tre cantiche che corrispondono ai tre regni dell'aldilà (Inferno, Purgatorio e Paradiso). Ogni cantica comprende trentatré canti, tranne la prima, che ne ha uno in più, come funzione introduttiva dell'intera opera. Complessivamente quindi è composta da cento canti scritti in endecasillabi riuniti in terzine a rime incatenate. In una lettera inviata a Cangrande della Scala nel 1316 Dante spiega il motivo per cui ha intitolato quest'opera Commedia. Una ragione è di natura contenutistica: il testo inizia con la materia "aspra e terribile" dell' Inferno e termina felicemente con il Paradiso e con la contemplazione di Dio; in ciò essa si contrappone alla tragedia, che si conclude negativamente. L'altra ragione è di natura stilistica: infatti, secondo Dante, l'opera è scritta seguendo un registro comico, intermedio tra quello tragico, più aulico ed elevato, e quello elagiaco, più umile e dimesso. L'aggettivo Divina, usato per la prima volta da Boccaccio, è entrato definitivamente a far parte del titolo dal 1555, anno di pubblicazione dell'edizione veneziana curata da Ludovico Dolce.
L' USO E IL SIGNIFICATO DEL NUMERO
Al centro dell'opera si trova l'uso di numeri che hanno profonde rispondenze simboliche nella teologia cristiana: il tre e i suoi multipli (in particolare il nove, simbolo della perfezione), il sette e il dieci. Tre sono le cantiche, trentatré i canti di ciascuna cantica più uno introduttivo, in tutto cento, la metrica è la terzina, tre sono le fiere del primo canto, tre sono le guide di Dante (Virgilio, Beatrice, San Bernardo); nove sono i cerchi dell'Inferno più un vestibolo, in tutto dieci; sette è il numero di cornici del Purgatorio, più una spiaggia e l'Antipurgatorio, in tutto nove parti, che diventano dieci con il Paradiso Terrestre; il Paradiso è costituito da nove cieli che diventano dieci con l'Empireo. Possiamo comprendere quindi come la numerologia fosse una componente fondamentale nella cultura medievale, in cui il numero acquista una valenza magico - mistica e assume significati riconducibili alla religione cristiana.
LA COSMOLOGIA DANTESCA
La Commedia è una sorta di enciclopedia medievale, che contiene una ricca rassegna della cultura dell'epoca. In particolare è interessante osservare le teorie medievali sulla strutturazione del cosmo. Il modello è quello geocentrico elaborato dall'astronomo Tolomeo, seguito da San Tommaso e dalla filosofia scolastica, con la Terra immobile al centro dell'universo e gli altri pianeti che le ruotano intorno. La Terra è divisa in due emisferi: quello settentrionale, boreale, è l'unico abitato: quello meridionale, australe, non presenta terre emerse abitate. Al centro dell'emisfero settentrionale si trova Gerusalemme e ai suoi antipodi, nell'emisfero sud, sorge la montagna del Purgatori , sulla cui sommità si trova il Paradiso Terrestre. Questa montagna ha la stessa forma della voragine che si apre nella terra e che corrisponde all'Inferno: entrambe sono state formate da Lucifero quando è precipitato dal Paradiso e si è conficcato al centro della Terra. Intorno alla Terra si trovano nove sfere concentriche (cieli) che ruotano una all'interno dell'altra: i primi sette sono i cieli dei sette pianeti: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno; poi c'è il cielo delle stelle fisse con le costellazioni, e il Primo Mobile, detto anche Cristallino per la sua trasparenza, che trasmette il movimento di rotazione a tutti gli altri cieli.
LA VICENDA
Nella primavera del 1300 Dante, protagonista e narratore allo stesso tempo, si trova smarrito in una "selva oscura", simbolo del peccato. Quando intraprende il cammino in direzione di un colle illuminato dal sole, simbolo della grazia, viene ostacolato da tre fiere, (un leone, una lonza e una lupa, simboli rispettivamente della superbia, della lussuria e dell'avarizia) che gli impediscono di proseguire. Mentre sta per tornare indietro, viene soccorso da Virgilio, che lo accompagna e gli fa da giuda nel suo viaggio attraverso i primi due regni dell'aldilà; giunto alla sommità del Purgatorio, lo lascia, poiché è pagano e non può accedere al Paradiso, dove Dante viene infatti accompagnato da Beatrice.
Inferno: L'inferno ha la forma di un cono con la base verso la superficie della Terra e il vertice verso il centro. E' strutturato in nove cieli nei quali vengono punite diverse categorie di dannati. La gravità del peccato e quello della pena aumentano man mano che si procede verso il basso. Prima di entrare nell'inferno vero e proprio c'è un vestibolo o Antinferno, in cui si trovano gli ignavi, coloro che non hanno commesso il male, ma neanche il bene, che si sono astenuti dal prendere posizione per viltà o per egoismo. Il primo cerchio è il Limbo in cui sono collocati gli Spiriti Magni, cioè le anime di persone di spirito nobile che sono vissute prima di Cristo, e che perciò non hanno conosciuto il cristianesimo. Nei quattro cerchi successivi ci sono le anime degli incontinenti: i lussuriosi, i golosi, gli avari e i prodighi, gli iracondi e gli accidiosi. Il sesto cerchio corrisponde alla città di Dite, dove vengono puniti gli eretici e gli epicurei. Nel settimo cerchio, diviso in tre gironi, si incontrano i violenti: contro il prossimo, contro Dio, natura e arte. L'ottavo cerchio è diviso in nove gironi detti bolge, in cui sono collocati i fraudolenti contro chi non si fida, mentre nel nono ci sono i traditori, cioè i fraudolenti contro chi si fida. In fondo all' Inferno si trova Lucifero, che con le sue tre bocche divora Giuda, il traditore di Cristo, Bruto e Cassio, traditori di Cesare.
L'attribuzione di una particolare pena a ogni categoria di dannati si spiega in base alla cosiddetta "legge del contrappasso". La pena è stabilita in relazione alla colpa commessa, nel senso che il peccatore è condannato a un comportamento analogo a quello tenuto in vita, che però, nell' Inferno, provoca dolore per l'eternità. Le anime, infatti, benché non più legate al corpo, provano dolore fisico.
Purgatorio: E' una montagna che sorge in mezzo al mare, agli antipodi di Gerusalemme. La sua forma costituisce all'incirca un calco dell' Inferno.
Dante e Virgilio vi giungono passando per un corridoio sotterraneo dal fondo dell' Inferno, mentre le anime arrivano su una barca condotta da un angelo che le attende vicino alla foce del fiume Tevere. La zona più bassa del monte costituisce l'Antipurgatorio; qui si trovano le anime dei negligenti, cioè di coloro che si sono pentiti solo poco prima di morire, divise in quattro schiere: la prima è quella degli scomunicati, la seconda quella dei pigri, la terza quella dei morti di morte violenta, la quarta dei principi troppo assorbiti dagli interessi terreni. Si passa poi al Purgatorio vero e proprio costituito de sette cornici (o gironi) che corrispondono ai sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola, lussuria. Man mano che si sale verso la sommità, occupata dal Paradiso Terrestre, i peccati diventano meno gravi e le pene si alleggeriscono. Le pene sono regolate dalla legge del contrappasso. La differenza sostanziale consiste nel fatto che non sono eterne, ma hanno una durata limitata nel tempo, che può essere abbreviata attraverso le preghiere dei vivi. Anche qui le pene sono fisiche. In ogni cornice si trovano degli esempi edificanti con immagini che sollecitano al bene e che esaltano la virtù opposta al peccato che vi si espia, ed esempi di vizi puniti. I peccatori attraversano, se necessario, tutte le cornici del Purgatorio, perché si devono liberare dei peccati commessi. Le anime completano il processo di purificazione immergendosi nelle acque di due fiumi, il Lete e l'Eunoè: il primo fa dimenticare i peccati, il secondo ravviva il ricordo e la tensione al bene. Arrivato alla sommità del colle, Virgilio lascia Dante in compagnia di Beatrice, che lo accompagna nel Paradiso.
Paradiso: Nel Paradiso si trovano le anime dei beati. In realtà esse sono tutte nell'Empireo, attorno al trono di Dio. Durante il viaggio di Dante, però, per farsi identificare meglio e per facilitare la comprensione del poeta, si distribuiscono nei nove cieli, in particolare ciascuna si mostra in quello che ha maggiormente influenzato la sua vita terrena.
I beati sono disposti secondo tre categorie, dal basso verso l'alto: spiriti mondani, spiriti attivi e spiriti contemplativi. Il grado di beatitudine è tanto più elevato quanto più in alto si trova il cielo in cui le anime sono provvisoriamente collocate. Esse si presentano a Dante in forma umana solo nel primo cielo e poi nell'Empireo, mentre negli altri cieli hanno l'aspetto di luci, di maggiore o minore intensità.
Nei nove cieli Dante vede nell'ordine: le anime di coloro che non osservano i voti per la violenza altrui, quelle di chi cercò la gloria terrena, gli spiriti amanti, gli spiriti sapienti, gli spiriti che hanno combattuto per la fede, gli spiriti giusti, gli spiriti contemplanti. Poi nel cielo delle stelle fisse Dante vede il trionfo dei beati; nel Primo Cielo Mobile vede le gerarchie angeliche con Dio al centro. Quando arriva di fronte alla "candida rosa" delle anime dei beati nell'Empireo, viene lasciato da Beatrice, che prende posto tra gli altri beati, ed è sostituita da San Bernardo, che prega la Vergine di concedere a Dante di poter contemplare Dio. E' con questa visione che si conclude il poema.
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