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Honoré de Balzac (1799-1850)
Nella storia del romanzo d'appendice Balzac è un feuilletonista ricercato e di successo, ma a giudizio della critica è colui che meno possiede il temperamento adatto al feuilleton. Questo sostanzialmente per due motivi: Balzac utilizza in apertura le sue tipiche lunghe descrizioni, rischiando talvolta di non portare direttamente il lettore in medias res; inoltre lo stesso taglio romanzesco non è adatto al romanzo d'appendice, tanto che leggendo le sue opere in volume, è difficile rendersi conto del taglio delle puntate. Giovanni Macchia trova inoltre alcune delle sue opere ancora troppo legate al romanzo nero, soprattutto negli ormai esagerati paesaggi notturni e nelle descrizioni dei personaggi, come se Balzac, volendo utilizzare i soggetti di moda, non ne fosse del tutto convinto. In alcuni casi, poi, sfiora addirittura il ridicolo, come in questo passaggio della Ereditiera di Birague (1822):
Il conte passeggiava concitatamente; si fermò davanti al letto.
- Mathilde! Mathilde!!!
- Che avete, signor conte? - rispose la contessa, riprendendo il filo delle idee.
- Mathilde, siamo perduti!
- Ma che dite?
- Esiste un temibile testimone, che conosce il nostro fatale segreto! Da un momento all'altro può accusarci, trascinarci davanti ai giudici, infamare il nome e il prezioso onore della mia stirpe![2]
La zitella, scene della vita di provincia, primo di essi, fu pubblicato nel 1837 sulla Presse, lo stesso anno delle Memorie del diavolo, e presenta una semplice trama, poiché l'interesse di Balzac, che sappiamo intenzionato a studiare in modo scientifico le varie "specie umane", si concentra tutto sui tormenti e le frustrazioni della zitella protagonista. Si tratta di Rose Cormon, ricca borghese d'Aleçon, che nello scegliere tra due pretendenti attratti dalla sua fortuna e dalle sue forme opulente, opta per il peggiore, un ex fornitore di viveri all'esercito, ora calvo e impotente per abusi passati. Un terzo pretendente, forse l'unico degno, si suicida, a 23 anni per amore e perché incompreso. Rose, conclude Balzac, "resterà sciocca fino all'ultimo respiro" . Dunque scene di vita di provincia, figure semplici: in ciò stanno il dramma, i colpi di scena. Ma questa scelta non viene apprezzata dal pubblico, che si scandalizzò soprattutto del fato che un autore pretendesse di indagare i sentimenti umani fondandosi sulla scienza del fisico Lavater. Notiamo dunque che non in tutti i suoi feuilleton si lasciò tentare dalla moda: anche nei seguenti romanzi d'appendice proseguì le sue indagini sociali, come in Una figlia d'Eva (1838 nel Siècle) o nel Giglio della valle (1836 nel Siècle), dove è protagonista la raffinatezza di due ambienti: aristocratico e bohème. Pierrette (1840 nel Siècle), è considerato da Balzac stesso, per l'argomento, opera deliziosa e "un peu jeune fille", cioè adatta alle ragazze e da dedicare ad Anna, la giovane figlia della celebre amante e poi moglie Madame Hanska. Protagonista è infatti una fanciulla bretone di quattordici anni, allevata da una coppia di fratello e sorella scapoli, la quale nello schema del Romano occupa il posto della vergine pura, che non ha né possibilità, né coscienza di peccare. Altri suoi feuilleton di rilievo, oltre ai noti Papà Goriot (1835 nel Journal des debats) ed Eugenie Grandet (1833 nel medesimo quotidiano), sono Modesta mignon, che narra gli amori epistolari di una giovane di provincia per il segretario di uno scrittore alla moda e che fu un clamoroso insuccesso, e L'ultima incarnazione di Vautrin (1847 nella Presse), forse il suo migliore, dove ritorna (secondo un tipico procedimento balzachiano) il diabolico tentatore di Rastignac in Papà Goriot per buttare nel vizio una pura cortigiana.
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