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GLI INDOEUROPEI
Quella ricostruita dai linguisti è una "finzione vera": l'indoeuropeo non è in alcun modo documentato, tuttavia è stato ricostruito attraverso leggi fisse ed etimologie.
Chi erano gli indoeuropei?
La loro esistenza è stata ipotizzata solo a partire dalla ricostruzione della loro lingua: gran parte delle constatazioni sulla loro storia deriva dall'analisi dell'indoeuropeo stesso.
Si trattava dunque di un popolo nomade di invasori (come intuibile dalle continue frammentazioni sull'albero genealogico, sintomo di desideri di espansione per occupare uno spazio proprio) proveniente dal nord-est. A conferma di ciò, gli stessi achei descritti da Omero nell'Iliade (popolazione indoeuropea) avevano tratti tipicamente nordici: erano biondi e avevano gli occhi chiari. La loro patria (Urheimat) è ancora incerta ed è stata via via identificata con l'India, l'Asia minore, le regioni baltiche o la Russia.
L'idea degli indoeuropei intesi come popolo guerriero e, allo stesso tempo, portatore di innovazioni tecnologiche ai paesi conquistati, è stata ripresa dall'ideologia nazista (basti pensare che ario o ariano è sinonimo di indoeuropeo) e da ideologie razziste più in generale nel corso della storia.
Famiglia linguistica
Per famiglia linguistica si intende un gruppo di lingue che presentano all'osservazione (soprattutto grammaticale) una serie di somiglianze tali da far supporre che derivino dalla stessa lingua madre.
Le espressioni "famiglia linguistica" e "parentela linguistica" sono ovviamente delle espressioni metaforiche perche le lingue non sono organismi viventi.
La famiglia
indoeuropea è la più importante delle famiglie linguistiche, non perché
raggruppa le lingue più parlate ma perché la sua scoperta ha determinato la
nascita della linguistica scientifica.
La più importante delle lingue indoeuropee è il sanscrito (non
perché sia la lingua madre, come hanno pensato molti studiosi dell'800 ma)
perché il carattere trasparente della grammatica sanscrita ha fatto sì che
fosse facile confrontare le parti della parola sanscrita con le parti delle
parole delle lingue indoeuropee.
L'analisi morfologica (radici, affissi e desinenze) ci permette di descrivere una parola indoeuropea antica. Le lingue moderne si sono infatti allontanate dal modello delle lingue antiche a tal punto che esistono anche parole che rappresentano solo la radice, si pensi ad esempio alle parole inglesi cat e dog , al verbo think o alla parola francese chat. Questo nelle lingue antiche non succede mai.
Per il gruppo delle lingue indoeuropee e
per quello delle lingue semitiche (in entrambi i casi lingue flessive) si parla
di "parentela" e di "famiglia" perche presentano somiglianze sia nella
struttura grammaticale sia nella materia fonica, ma per le altre lingue come
quelle agglutinanti è difficile parlare di parentela perché sono distinte e
indipendenti le une dalle altre.
Ad esempio: il turco e il giapponese sono due lingue agglutinanti che hanno
alcune somiglianze strutturali (come , ad esempio l'ordine delle parole) però non
possono essere messe a confronto perché non c'è nessun motivo che può farci
pensare ad una qualche parentela linguistica fra le due.
Altre lingue agglutinanti (ad esempio l'ungherese e il finlandese) presentano,
invece, delle somiglianze per cui già dal '700 si è riconosciuta un'origine
comune (unità ungrofinica) però questa parentela non emerge con evidenza come
per le lingue indoeuropee.
Quindi la nozione di famiglia linguistica si adatta particolarmente alle lingue
flessive anche perché queste sono tutte situate geograficamente vicine le une
alle altre e sono "diverse" perché sono
raggruppate in sottofamiglie ma non c'è discontinuità.
Le lingue indeuropee non sono tutte arrivate fino ai nostri tempi, sia pure con le loro "figlie". Alcune si sono estinte:
La
lingua ittita è una lingua indoeuropea estinta molto antica parlata
nella zona della penisola anatolica che rientra culturalmente (non
linguisticamente) nella sfera della cultura che comincia con i sumeri.
Un'altra lingua indoeuropea morta scoperta di recente è il tocario, che
era parlato nel Turkestan cinese (est dell'India settentrionale). Si dice che
una lingua è indoeuropea in base alla grammatica.
All'inizio si pensava che l'ittito fosse ancore più antico dell'indoeuropee
perché vi si sono riscontrate caratteristiche anomale rispetto alle altre lingue indoeuropee; come il fatto di non
avere i 3 casi (maschile, femminile e neutro) ma solo 2 casi (animato ed
inanimato).
Per il resto, tutte le altre lingue indoeuropee hanno una continuazione fino ai
nostri giorni, sono parlate. Ad esempio il latino non è morto perché è
continuato dalle lingue romanze.
La famiglia indoeuropea è una grande famiglia che si divide in sottofamiglie.
Lingue romanze
La storia delle lingue neolatine (romanze) è una storia emblematica, ovvero, è l'unico caso in cui conosciamo la lingua madre. Infatti per quanto riguarda l'indoeuropeo noi non lo conosciamo ma lo ricostruiamo, mentre per quanto riguarda le lingue romanze conosciamo una lunga fase di attestazione del latino (circa 1500 anni).
Lingue germaniche
Le lingue germaniche sono un gruppo di lingue indoeuropee divise in tre sottogruppi:
1) orientali
(le lingue dei Goti)
di cui abbiamo una lingua attestata che è il gotico di Wulfila (un vescovo
rappresentante dell'eresia ariana che fece una traduzione della Bibbia e del
Vangelo dal greco)
2) occidentale (inglese, tedesco e olandese)
Angli, Sassoni e Juti che, colonizzarono l'isola britannica, appartenevano alla
zona nord della Germania occidentale; quella che viene chiamata "basso tedesca"
(il tedesco infatti viene diviso in alto tedesco, parlato sulle montagne del
sud, che è la base della lingua tedesca, e basso tedesco, che è alla base dei
dialetti tedeschi stttentrionali).
3)settentrionale (danese, svedese, norvegese e islandese).
Sono lingue attestate in epoca più antica.
Parliamo delle lingue germaniche come una famiglia perché hanno notevoli somiglianze sia dal punto di vista grammaticale (verbi forti e verbi deboli) sia dal punto di vista fonetico (legge della seconda rotazione consonantica di Grimm); ma non abbiamo una lingua madre comune, né questa è stata ricostruita (non si ricostruiscono le lingue delle unità intermedie).
Lingue slave
Anche
le lingue slave costituiscono una grande famiglia, ma non si ricostruisce lo
slavo comune (anche se si pensa che ci sia stato perché le somiglianze sono
molte).
La lingua slava di cui ci sono le più antiche attestazioni è l'antico bulgaro
("antico slavo ecclesiastico" lingua liturgica della chiesa ortodossa).
Greco
Un altro
caso che ci fa riflettere è quello del greco. Noi parliamo di greco come una
lingua unica. In realtà il greco antico è diviso in dialetti che sono, in certi
casi, molto diversi gli uni dagli altri.
Il dialetto più importante del greco
antico è il dialetto attico che era quello di Atene.
Mentre le colonie in Asia minore diedero origine al dialetto ionico
(molto simile all'attico per cui si parla di ionico-attico, che è la
varietà greca più importante, infatti, anche Platone scriveva in questo tipo di
greco). Contemporaneamente c'erano altri dialetti: dorico (quello di Sparta),
eolico (quello dell'isola di Lesbo).
Quindi non si può parlare di un greco originario, non esiste un greco
comune(una lingua madre greca comune), si pensa che ci sia stato ma non si
conosce. Il greco ci è noto in una diversità. I greci antichi utilizzavano
queste varietà come lingue speciali per generi letterari: in certe parti della
tragedia utilizzavano il dialetto dorico, nella lirica quello eolico e nella
storia quello attico.
Vediamo come la varietà è posta alla base di una tradizione
linguistico-letteraria.
Veniamo ora alla famiglia neolatina.
Il latino era una lingua unitaria, non differenziata dialettalmente, e lo diciamo sulla base della documentazione che noi abbiamo di questa lingua.
Si
sapeva che c'erano delle varietà; ad esempio si parlava di un sermo
castrensis (sermo=lingua parlata, castrum=accampamento) che era la lingua
dei soldati parlata negli accampamenti, nelle caserme. Non abbiamo però
documentazione del sermo castrensis anche se sappiamo che esisteva.
Possiamo pensare che nelle diverse zone dell'Impero (nelle diverse provincie)
il latino doveva essere parlato con un diverso accento provinciale. Però di
questo non abbiamo alcuna documentazione, dobbiamo immaginare che così fosse,
perché lo vediamo dalle conseguenze; ovvero dal fatto che nelle diverse provincie si sono poi affermate diverse forme di latino che sono
alla base delle lingue romanze.
Quindi l'origine delle lingue romanze
viene ricondotta soprattutto all'influenza delle popolazioni che abitavano
nelle zone su cui il latino si era sovrapposto.
Arriviamo così al concetto di bilinguismo
cioè l'uso di due lingue di ceppo diverso (l'una utilizzata a livello formale - il latino- e l'altra a livello informale, familiare - la lingua autoctona), che persiste per molti secoli.
Per favorire la comprensione da parte di tutti i fedeli, nell' 813, il Concilio di Tours dette la disposizione ai sacerdoti di tenere le prediche in « rusticam Romanam linguam » (lingua romana rustica) e non più in latino.
Gramatica = latino ufficiale, scritto (il latino per
antonomasia).
Rustica romana lingua = latino parlato (quello che in seguito si
chiamerà volgare).
Si crea così una diglossia
tra due varietà della stessa lingua: la lingua scritta (varietà alta) e la lingua parlata
(varietà bassa), quest'ultima differenziata a seconda delle zone. Il motivo per
cui non abbiamo forme di latino provinciale è perché quando si scriveva lo si
faceva in latino "corretto", e la documentazione è, naturalmente, solo scritta.
Il latino è stato utilizzato moltissimo, tanto da essere vietato nel 1500 in
Francia da Francesco I, con l'ordinanza di Villers-Cotterêts, nella quale
ordinava di usare la "lingua del re" (il francese di Parigi) e non più il
latino.
In Italia invece il latino si è continuato a scrivere fino all'800. Nella
Chiesa cattolica è ancora in uso
Questo ci fa capire (attraverso l'idea della diglossia) di come si possa
mantenere in una famiglia linguistica (come quella delle lingue neolatine) una
sostanziale unità per la sopravvivenza a lungo della lingua madre, ma anche una
progressiva differenziazione.
Una lingua romanza è il risultato di una scelta anche artificiale.
Romeno e Dalmatico (estinto)
La lingua romanza più orientale è il romeno (Dacia); procedendo verso occidente troviamo lingue romanze che oggi non ci sono più come il dalmatico (parlata fino all'800 lungo le coste orientali dell'Adriatico. Dalmazia). L'ultimo parlante rimasto si chiamava Antonio Udino (nome italianizzato di Tuone Udaine) e viveva nell'isola di Veglia (quindi il dalmatico parlato di Udino era una varietà di questa lingua, il vegliotto). Tuone Udaine fu intervistato e studiato dal linguista italiano Matteo Giulio Bartoli, che nel 1906 pubblicò un'opera su questa lingua. Bartoli trasse la conclusione che il mutamento linguistico è determinato dal contatto fra una varietà linguistica e le altre, alcune delle quali "conquistano", con lo strumento del "fascino" la varietà di minor prestigio; questi studi influenzarono la teoria di Gramsci sull'egemonia.
italiano
Procedendo
ancora verso occidente troviamo l'italiano che ha una genesi letteraria:
Dante, Petrarca e Boccaccio (i tre grandi scrittori fiorentini) attestarono
nelle loro opere una varietà di volgare altissima. Da questo fatto letterario
scaturisce la "Questione della lingua" conclusasi poi nell'800 con l'intervento
di Alessandro Manzoni che dà vita al modello linguistico con il suo
romanzo " I Promessi Sposi" (la cui
lingua, insegnata nelle scuole dell'Italia unitaria, è alla base dell'italiano
moderno).
Dante, Petrarca e Boccaccio parlavano il "loro" fiorentino mentre Manzoni era
milanese ed era vissuto in Francia per molto tempo quindi conosceva il
fiorentino solo come lingua letteraria, non parlata. Perciò andò a vivere per
un lungo periodo a Firenze e lì imparò la lingua parlata che userà nel romanzo.
(L'opera di Manzoni ha tre redazioni : "Fermo e Lucia", "Gli sposi promessi" e
poi infine " I promessi sposi" (questa ultima redazione è quindi scritta nella lingua
dei ben parlanti fiorentini e non in un generico toscano).
L'italiano ha, quindi, un'origine dotta (letteraria) e diventa lingua unitaria
nell'800 su base fiorentina ad opera di Alessandro Manzoni.
Ricordiamo altri dialetti italiani che hanno avuto una dignità letteraria: siciliano (la poesia siciliana del '200) e napoletano ("il pentamerone" di Gian Battista Basile).
Andando ancora più ad occidente troviamo il francese
(la lingua romanza di più antica attestazione: Giuramenti di Strasburgo (842), fra due re Ludovico il Germanico, che giura in francese, e con lui il suo esercito, e Carlo il Calvo, che giura in tedesco, con il suo esercito. Nel Medioevo nel territorio francese si parlavano due lingue romanze, denominate in base al modo di esprimere "sì": a Nord della Loira la lingua d'oil, a Sud la lingua d'oc, alla base delle varietà "occitane o "provenzali. Il francese non ha dialetti importanti (si tende ad ignorarli come varietà deteriori rispetto alla lingua di Parigi), è parlato anche in Belgio, in Svizzera e nella regione del Quebec in Canada.
Procedendo ancora verso occidente troviamo le lingue della penisola iberica.
Da un
punto di vista storico si osserva che le lingue di queste antiche provincie
romane mostrano coincidenze con l'italiano dell'Italia meridionale; si tratta
di un fatto di conservazione, perché
nell'esercito romano erano presenti in grande numero soldati provenienti dalle
aree abitate da popolazioni Osche (Sanniti); a molti di questi soldati venivano
dati in proprietà i territori conquistati, per cui in Spagna arrivarono
tantissime popolazioni dell'Italia meridionale che parlavano latino sannitico.
Le lingue parlate nella penisola iberica sono il catalano (che ha come
capitale Barcellona e che non è la lingua ufficiale del regno) e il castigliano
(che è la lingua ufficiale del regno, la lingua di Madrid). Il castigliano è la
stessa lingua che si parla nell'America meridionale.
Infine abbiamo il portoghese che è la lingua romanza più occidentale,
parlata anche in Brasile.
La Varietà linguistica e la nozione di "DIA"
"DIA" è un'espressione greca che significa "attraverso"(ed
infatti, diacronico vuol dire: attraverso il tempo).
La nozione di "dia" è stata introdotta da Eugenio Coseriu, uno dei più grandi
linguisti del '900.
"Dia" è un segno della varietà quindi:
dia-cronico = varietà nel tempo
dia-topico = varietà nello spazio (varietà linguistiche che si
incontrano percorrendo un certo spazio)
dia-letti = varietà del parlare (forme linguistiche). Infatti in latino lego, participio lectum = parlare, parlato, lingua. (anche in greco: lego, lexis, logos.)
dia-topico
La varietà linguistica per antonomasia è la varietà diatopica, ed è la più importante perché è nota a tutti. Infatti, il parlante si rende conto della varietà linguistica (relativismo linguistico) proprio constatando come parlano i gruppi etnici più vicini al suo paese (infatti la differenza si constata avviene prima di tutto nel dialetto).
Non è il luogo che fa la differenza linguistica ma sono i parlanti di quel luogo.
Nozione di "SOSTRATO (etnico = di popolo)"
Quando una popolazione è dominata da un'altra popolazione, le abitudini articolatorie della popolazione dominata persistono nel modo di realizzare la lingua del popolo dominatore. (In altri termini: la lingua del popolo dominatore si impone su quella del popolo dominato ma il popolo dominato conserva alcune abitudini articolatorie, che si manifestano nei dialetti moderni).
La nozione di sostrato è stata introdotta da Graziadio Isaia Ascoli (grande linguista italiano dell'800 conosciuto e stimato anche in Europa).
Secodo Ascoli, per parlare di sostrato è necessario verificare alcune prove:
Prova
COROGRAFICA (della "regione")
Bisogna che la regione in cui si vuole riconoscere un fenomeno di sostrato etnico sia una
regione anticamente abitata da quel "popolo dominato". Ad esempio, se
ipotizziamo un fenomeno di "sostrato osco-umbro", deve essere una regione
anticamente abitata da osco-umbri (ci deve essere, cioè, coincidenza fra la
sede del popolo antico e il dialetto moderno a cui attribuiamo quel sostrato).
Ovviamente non possiamo dire che in una regione vi è il sostrato osco se gli
Oschi non l'hanno mai abitata.
Prova
di CONGRUENZA INTRINSECA
Bisogna avere le prove che nella lingua
di quell'antico popolo fosse presente lo
stesso fenomeno che constatiamo nel dialetto moderno(ciò rivela che quel popolo
aveva quell'abitudine articolatoria).
Esempio: il latino "mundus" in napoletano
diventa "munno" ( fenomeno di sostrato osco-umbro).
La cosa che ci fa pensare che si tratti di un sostrato osco-umbro è
1) il fatto che questa particolarità è stata trovata in luoghi dominati da una
popolazione osco-umbra (in questo caso i Campani);
2) nell'antica lingua osca abbiamo casi
in cui -nn- corrisponde al latino -nd-
es: osco -> upsanna , latino -> operandam
Prova
di CONGRUENZA ESTRINSECA
Bisognerebbe trovare lo stesso
fenomeno anche in altre zone dove vi è stata la stessa popolazione.
Es: gli Oschi si trovavano nell'Italia meridionale ma anche in Spagna, quindi
nell'Italia meridionale e in Spagna troviamo fenomeni linguistici simili).
Nell'Osco antico: mb > mm
latino-> palumba
napoletano-> palomma (forma dialettale in zona osca)
spagnolo-> paloma (continuazione della pronuncia osca)
Lo
spazio è responsabile della varietà linguistica in quanto è abitato.
Il sostrato è un esempio di persistenza di un'abitudine articolatoria nel
tempo.
etnocentrismi
Le varietà linguistiche sono sempre legate ai luoghi; e la varietà (come abbiamo già detto) è la prima esperienza del parlante che si accorge che gli altri popoli parlano con una lingua o un accento diverso.
I
popoli nomadi sono etnocentrici (sono concentrati su se stessi) ed hanno
comportamenti particolari nei confronti della varietà linguistica.
Gli ebrei, ad esempio, quando arrivarono a Babilonia si meravigliarono per due
motivi; innanzitutto quando videro la grandiosità dei templi a terrazze
(Ziqqurat = la "Torre" di Babele): infatti, essendo all'origine nomadi e
vivendo in tende non avevano mai visto una struttura così alta. L'altro motivo
di meraviglia fu la pluralità linguistica che incontrarono nella terra di
schiavitù (in fatti le popolazioni nomade sono linguisticamente molto
compatte): ciò viene interpretata come
punizione divina (parlano lingue diverse e perciò sono stati puniti da Dio), in
quanto, secondo gli Ebrei, c'era una sola lingua, ovvero, l'ebraico, la lingua
di Adamo, data da Dio. E quindi loro, in quanto popolo eletto, conservavano la
lingua originaria, mentre gli altri avevano subito la punizione di Dio.
Quando venne scoperta l'America, i conquistatori europei e cattolici pensarono che quei popoli indigeni non avessero l'anima, in quanto non propriamente umani, perché non ci si spiegava come fossero arrivati così lontano da Babele. E questo era anche un pretesto per ucciderli.
Un altro interessante personaggio, testimone dell'etnolinguismo linguistico - in questo caso dei Greci - è Mitridate (antico re del Ponto). I Greci dicevano che fosse immune rispetto a tutti i veleni (ne assumeva quotidianamente piccole dosi) e che sapesse parlare tutte le lingue. Ciò non era vero, ovviamente. Il fatto è che mentre i Greci avevano solo una lingua (per quanto divisa in dialetti), Mitridate era re di una regione dove vivevano popolazioni diverse e quindi dove vi era una notevole pluralità linguistica; il re doveva conoscere le lingue del suo regno e dei popoli vicini.
Conoscenza delle lingue del mondo
Per far sì che le lingue del mondo siano conosciute e classificate bisogna aspettare l'uscita dei popoli europei dalla loro "culla" e ciò avviene con la scoperta dell'America, con il '500, con l'uscita dal Medioevo e col Rinascimento.
I Mithridates
A
partire dal 16° secolo si cominciano a fare delle raccolte di lingue: queste
raccolte hanno nome "Mithridates" (il più antico Mithridates è quello
pubblicato nel 1555 col titolo Mithridates de differentis linguis dal
naturalista svizzero protestante Conrad Gessner; il testo del Padre Nostro in
latino era rappresentato tradotto in 22 lingue, mentre si dava notizia
dell'esistenza di 133 diverse lingue del
mondo. ) Queste raccolte vanno avanti fino all'800: famoso quello di Adelung
(1806-17, che presenta esempi di 500 lingue).
Fra coloro che facevano aumentare la conoscenza delle lingue del mondo vanno
ricordati i missionari, poiché nella
loro attività presso i diversi popoli non cristiani traducevano i testi sacri
ed erano costretti ad imparare la lingua del posto. Da un certo momento in poi
cominciarono a formarsi una serie di grammatiche soprattutto ad opera dei
gesuiti. La linguistica gesuita fu molto importante, soprattutto nel '700.
Modello naturalistico
Nell'Ottocento la conoscenza delle lingue del mondo subisce il modello delle scienze naturali. Il grande viaggiatore.scienziato dell'800 è Charles Darwin che fece un famoso viaggio intorno al mondo sulla nave Beagle. Egli sperimento nel suo campo la varietà diatopica in quanto notava che con i luoghi cambiavano gli animali.
Anni
dopo Friedrich Müller (linguista austriaco) fece un viaggio intorno al mondo
"alla ricerca di lingue" (per conoscere le lingue del mondo) sulla nave Novara.
Alla fine del viaggio fece una classificazione delle lingue su base
antropologica (in base alle caratteristiche fisiche dei popoli che parlavano
queste lingue)
Es: lingue coi capelli lisci, lingue coi capelli crespi, lingue coi capelli
ondulati, ecc. Egli quando incontrava popolazioni con caratteristiche fisiche
simili o uguali notava che queste parlavano lingue simili.
varietà linguistica = varietà di razza (concezione naturalistica).
La classificazione delle lingue amerindiane
Importante è lo studio (di fine '800 fino al XX secolo) delle lingue degli indigeni americani. Queste erano difficili da classificare perché erano molto diverse da quelle europee e anche tra di loro. Nel 1987 il grande linguista americano Joseph Greenberg classificò le lingue americane in tre grandi famiglie ( Language in the Americas, Stanford: Stanford University Press)
1)
Eskimo-Aleutina (America settentrionale artica)
2) Na-Dene (America centro-settentrionale)
3) Amerinda (parte America settentrionale, America centrale e meridionale)
Questa
è una classificazione diatopica (che si basa sul territorio) e che presuppone
che le popolazioni dell'America siano arrivate dall'Asia. Alcuni gruppi etnici
dell'Asia settentrionale sarebbero
arrivati sul territorio americano (vuoto di popolazioni) andando verso oriente
e passando lo stretto di Bering in periodi in cui era gelato, procedendo da
Nord-ovest del continente americano) e scendendo verso Sud. Quindi, secondo
Greenberg gli americani del sud sarebbero i primi arrivati e gli ultimi
arrivati sono quelli rimasti più a nord.
Questa classificazione di Greenberg è stata molto criticata in quanto, essendo
queste tutte lingue agglutinanti, è difficili fare una classificazione (cioè
ipotizzare una famiglia o addirittura una lingua madre).
Il dialetto Il dialetto è una varietà
linguistica.
La prima cosa che ci viene in mente è la differenza fra dialetto e lingua.
Innanzitutto
la lingua è ufficiale (= identifica una nazione) o letteraria (scritta, come ad
esempio il sanscrito).
Certe volte le due cose coincidono. Ad esempio l'italiano originariamente era
una lingua letteraria che è diventata, poi, lingua ufficiale.
Il dialetto non è una forma corrotta (sbagliata) della lingua ufficiale ma è una varietà diatopica della lingua.
Quindi il discorso della varietà diatopica esige la nozione di DIALETTO.
Isoglosse
Ascoli definisce il dialetto facendo riferimento alla nozione di "ISOGLOSSA", cioè: una linea che congiunge tutti i punti di una superficie più o meno ampia in cui si trova lo stesso fenomeno linguistico.
DIALETTO = insieme di isoglosse condivise (dove l'isoglossa è un concetto linguistico geografico perché indica la linea che contiene quel particolare fenomeno linguistico), ovvero un territorio identificato dalla combinazione di un certo numero di isoglosse. È la combinazione di isoglosse che definisce un dialetto (in altre parole: un dialetto è caratterizzato dalla presenza simultanea in una certa regione di fenomeni linguistici che possono riapparire separatamente anche altrove).
La nozione di isoglossa è strettamente legata alla dimensione diatopica perché l'isoglossa è fondamentalmente una linea tracciata sulla carta che individua le zone in cui appare un certo fenomeno linguistico. Questa rappresentazione spaziale della varietà diatopica è stata molto coltivata in Italia (ed in particolar modo da Ascoli).
Geografia linguistica
Un
grandissimo linguista svizzero, Jules Gilliéron ebbe l'idea di rappresentare la
varietà linguistica su base lessicale; facendo un grandioso Atlante linguistico
della Francia (siamo intorno al 1900).
Egli si procurò una serie di parole riferite a dei concetti di base (parole
semplici) che si trovano soprattutto in ambiente contadino, dopo di che,
incaricò una persona di andare in circa settecento punti della Francia (che lui
aveva determinato sulla carta geografica) per registrare il modo in cui
dicevano quelle parole in quel punto. Dopo di che rappresentò sulla carta
geografica della Francia il risultato dell'inchiesta, dedicando ogni pagina ad
una parola o una frase semplice: le differenze registrate mostravano in maniera
immediata il variare diatopico della lingua.
Lo studio dell'Atlante linguistico della Francia faceva ricostruire una serie
di storie, non solo di parole ma anche di popoli. Questa presentazione
cartografica dei fenomeni linguistici è su base lessicale (Gillièron fece uno
studio della varietà linguistica del lessico, non dei fenomeni fonetici).
I dialetti italiani
Come
abbiamo detto precedentemente i dialetti sono varietà diatopiche.
Per quanto riguarda l'Italia, esiste una classificazione tradizionale dei
dialetti in tre gruppi (alla base ci sono tre tipi di "sostrato"
dialetti settentrionali
sono a sostrato celtico e sono quelli di Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna. I dialetti veneti restano fuori perché hanno un sostrato veneto (nella zona del moderno veneto abitava una popolazione indoeuropea diversa dalle altre di cui abbiamo delle testimonianze scritte: i veneti)
ATTENZIONE:
Ricordiamo che quando si parla di "attestazioni" si intende attestazioni
scritte in quanto non abbiamo altro tipo di attestazione delle lingue
antiche. Abbiamo attestate solo le lingue di quei popoli che hanno utilizzato
la scrittura per redigere documenti pubblici o oggetti inscritti.
Di molte lingue non abbiamo nessuna attestazione perché parlate da popoli che
non avevano l'abitudine di lasciare delle documentazioni scritte.
A questo proposito facciamo una differenza fra lingue arcaiche e lingue
di attestazione antica. Le prime sono lingue (non necessariamente di antica
attestazione) che conservano tratti, soprattutto grammaticali, che appaiono
perduti in altre lingue: fra queste rammentiamo il sanscrito e il greco, il
latino, ma anche il lituano, che, presenta tratti arcaici (la sua grammatica
somiglia a quella del sanscrito e del greco) anche se i suoi documenti più
antichi sono di epoca recente (dopo il
mille). Invece altre lingue, come ad
esempio l'ittito, pur essendo di attestazione antica, mostrano tratti linguistici
che alcuni studiosi hanno considerato come "meno arcaici" rispetto a quelli
documentati dal greco e dal sanscrito.
Quindi antica (o recente) è l'attestazione mentre arcaici sono i tratti
linguistici.
dialetti toscani
sono a sostrato etrusco.
L'etrusco era una lingua non indoeuropea
parlata nell'Italia antica (anche nell'Italia meridionale come a Capua). Il popolo etrusco è una delle componenti
antiche di Roma (re Tarquini). La lingua etrusca quindi era una lingua arcaica
nota e parlata. Dopo la conquista romana anche gli Etruschi, come gli altri
popoli dell'Italia antica, hanno iniziato a parlare il latino, ma la non
somiglianza delle due lingue ha fatto sì che non si manifestassero interferenze
fra latino ed etrusco. E' come dire che nei territori etruschi è stato appreso
un latino puro perché i parlanti non l'hanno modificato sotto l'influsso della
propria lingua.
Viceversa, nella Roma antica, dove i latini erano molto pochi ed erano
circondati da popolazioni italiche che non parlavano latino, ma lingue italiche
come il sabino, proprio per la somiglianza fra la lingua materna e la lingua
appresa, il latino appare modificato in direzione delle lingue degli abitanti
delle zone limitrofe a Roma .
Si pensa che il dialetto toscano sia a sostrato etrusco per due motivi:
l'ipotesi di Merlo
il primo è un'ipotesi di Clemente Merlo
(studioso che ha lavorato nella prima metà del '900) il quale crede che: nel
latino di Roma agisca il sostrato sabino mentre nel latino della Toscana il
sostrato etrusco si manifesta nell'assenza di modificazioni.
In altri termini: la prova dell'esistenza di una popolazione non indoeuropea (alloglotta = che parlava un'altra
lingua) in Toscana è data dal fatto che il latino qui si è conservato senza
modificazione (questo non significa che in Toscana si continui a parlare
latino, ma che il toscano è più vicino al latino di quanto non sia il romanesco
o il milanese, il veneziano ecc). Merlo sintetizzò quest'idea nell'articolo
"Lazio sannita ed Etruria latina".
L'ipotesi fonetica
-
meno sicura è la seconda prova del sostrato etrusco:
la spirantizzazione delle occlusive sorde intervocaliche
Esempio: casa in toscana è /kasa/ ma la casa diventa /la hasa/
così come la moto viene pronunciata /la motho/ e la scopa
diventa /la scoppa/.
Questo fenomeno si chiama GORGIA TOSCANA e viene considerato una forma del sostrato
etrusco ma non è sicuro che lo sia perché abbiamo solo la prova corografica e
non abbiamo le prove di congruenza intrinseca ed estrinseca.
L'osservazione di Merlo, invece, rivela il sostrato dall'assenza di sostrato.
3) dialetti centro-meridionali
sono divisi in grandi sottogruppi.
Marchigiano-umbro-romanesco
Abruzzese-pugliese meridionale
Molisano-campano-basilisco
Salentino-calabro-siculo
Hanno alcune caratteristiche comuni: un fenomeno è l'assimilazione nd>nn ed mb>mm
Il trattamento di [r]+i semovocalica: contrappone Gennaro a Gennaio, ara a aia
Infatti in Toscana [r] + i = i (area>aria>aia), a Napoli (area>aria>ara) (Gennaio>Gennaro)
Varietà DIASTRATICA
è una
varietà sociale (che "attraversa" gli strati sociali).
Queste varietà manifestano linguisticamente la presenza di diverse classi
sociali o classi di lavoro (modi di parlare di gruppi: gerghi, lingue
settoriali, varietà popolari, lingue segrete, tecno letti, sottocodici).
socio-letti= il modo di parlare dei gruppi sociali.
Oggi i dialetti stanno scomparendo (anche nelle campagne) a causa della grande
diffusione della televisione: pertanto l'italiano è la lingua più ascoltata e
quindi anche più imitata. Cò non significa che i dialetti non manifestino la
loro influenza nelle varietà diastatiche.
Italiano popolare
L'italiano
popolare è "una forma di italiano imperfettamente appreso da chi ha come lingua
materna, come modello, il dialetto" (Definizione di Manlio Cortelazzo).
Questo è caratterizzato da particolari forme grammaticali che non coincidono
con quelle dell'italiano standard (come il che polivalente, le concordanze a
senso, ecc.)
L'italiano popolare in Italia è unitario, e va considerato come una varietà
diastatica.
Diverso è il caso degli italiani regionali (o addirittura cittadini), dove sono presenti forme linguistiche (grammaticali, lessicali, fonetiche) che i parlanti considerano pienamente italiane e che invece coincidono con il dialetto. Di fronte a questi fenomeni i parlanti ingenui mostrano di confondere italiano regionale e dialetto.
Nell'italiano popolare sono presenti fenomeni di "tabù " quando si attribuisce ad una parola italiana valore dialettale, e quindi la si evita: es. papà sostituito da babbo, vacca sostituita da mucca, tarallo sostituito da biscotto.
Competenza linguistica fra lingua e dialetto:
il
grande linguista contemporaneo Noam Chomsky (Filadelfia, 7 Dicembre 1928), dice
che solo il parlante nativo ha la piena competenza della lingua materna.
Possiamo dire che oggi è difficile trovare una persona che abbia la piena
competenza del dialetto mentre è più facile incontrarne una che abbia la piena
conoscenza dell'italiano, tranne in queste zone di confine fra dialetto e
lingua che sono zone di confine sociale.
A questo proposito distinguiamo fra bilinguismo, ovvero la
conoscenza di due lingue da parte del parlante, e diglossia, cioè
la conoscenza di due varietà della lingua (una usata per le situazioni
comunicative più alte e l'altra per quelle basse).
Varietà DIAFASICA
è la
varietà dello stile, che riguarda l'individuo (ogni individuo ha in sé diverse
varietà diafasiche).
idioletto = modo di parlare di un singolo individuo (quello che Saussure
chiama "parole"-> atto individuale). Questa nozione è stata molto studiata
nell'800 come origine di tutti i mutamenti linguistici (perché è chiaro che i
mutamenti linguistici avvengono nell'individuo).
Una persona è tanto colta quante più varietà diafasiche è in grado di
utilizzare.
Perché la lingua è parlata dalla società è possibile, da chi ha il potere,
cercare di influire sul modo di parlare delle popolazioni.
Si parla di sessismo linguistico quando si vuole manifestare la
differenza sessuale nel linguaggio. Per cui, ad esempio, non si dovrebbe dire
"il sindaco" ma "la sindaca".
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