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La recherche ungarettiana
Nel riordinare le sue poesie, dando loro un titolo complessivo, Ungaretti volle sottolinearne il carattere autobiografico, proponendole come una sorta di nuova e versificata recherche (il riferimento al titolo del capolavoro proustiano non è casuale, se si pensa che Ungaretti fu forse il primo scrittore a parlare dell'opera di Proust in Italia, nel 1919). Egli stesso, del resto, aveva affermato: <<Io credo che non vi possa essere né sincerità né verità in un'opera d'arte se in primo luogo tale opera d'arte non sia una confessione>>.
Ricollegandosi alla lezione del Simbolismo, Ungaretti porta alle estreme conseguenze il procedimento dell'analogia, ricollegandosi in questo anche alle indicazioni di Marinetti (del quale respinge tuttavia ogni presupposto di dinamismo meccanicistico). Ecco quanto scriveva in proposito: <<Se il carattere dell'800 era quello di stabilire legami a furia di rotaie e di ponti e di pali e di carbone e di fumo - il poeta d'oggi cercherà dunque di mettere a contatto immagini lontane, senza fili. Dalla memoria all'innocenza, quale lontananza da varcare; ma in un baleno>>. Ungaretti usa qui termini essenziali per intendere la natura del suo linguaggio poetico: se la <<memoria>> è il fardello dei ricordi personali e storici che l'uomo porta con sé, e che lo collegano alla dimensione contingente della vita, l'<<innocenza>> rappresenta la ricerca di una purezza edenica, la riconquista dell'identità perduta, che metta l'uomo a contatto con la dimensione originaria dell'essere. Ma la <<lontananza da varcare>> deve essere bruciata <<in un baleno>>, proprio per liberarsi di ogni impurità, portando il contingente nella sfera dell'assoluto. La poesia assume anche, di conseguenza, un valore metafisicoe religioso, come afferma ancora Ungaretti: <<Oggi il poeta sa e risolutamente afferma che la poesia è testimonianza d'Iddio, anche quando è una bestemmia. Oggi il poeta è tornato a sapere, ad avere gli occhi per vedere, e deliberatamente, vede e vuole vedere l'invisibile nel visibile>>.
Sul piano tecnico l'operazione consiste nella distruzione del verso tradizionale che, con la sua sintassi ancora naturalistica, è distratto dal vero obiettivo della ricerca poetica. L'innovazione ungarettiana venne certo favorita dalla rivoluzione futurista delle parole in libertà, di cui è tuttavia rifiutato il movimento caotico, ancora immerso nel cuore della materia, con il suo analogismo onomatopeico e naturalistico. La strada da percorrere era quella additata da Mallarmé: la direzione che attribuisce alla poesia un significato magico ed esoterico, collocandola nell'oscura zona di confine che sta a ridosso dell'inconoscibile e dell'inesprimibile. Resta fondamentale, in questo senso, il significato della <<parola>>, che assume il valore di una improvvisa e folgorante "illuminazione"; essa si identifica con l'<<attimo>> in cui, attraverso l'immediatezza del rapporto analogico, la poesia sfiora la totalità e la pienezza dell'essere. La parola viene fatta risuonare nella sua autonomia e nella sua purezza, inserita in versi brevi o addirittura isolata fino a farla coincidere con la misura del verso, quasi per collocarla nel vuoto e nel silenzio, oltre ogni rapporto contingente con la realtà.
In questo senso va inteso l'autobiografismo su cui lo stesso Ungaretti ha posto l'accento, riscoprendo anche la dimensione della sua preistoria poetica: dall'infanzia e dalla giovinezza trascorse ad Alessandria, con le impressioni di un paesaggio affidato poi alle testimonianze della memoria, fino all'incontro con l'Italia, la <<terra promessa>> dei suoi genitori. Da questi riscontri sono tratti i temi e i motivi dell'esordio poetico: il deserto, il miraggio, le cantilene arabe, come ricordo degli anni egiziani; il mare, il porto, il viaggio, legati alla vicenda dell'emigrante. Il discorso si approfondisce nel motivo dell'esilio (In memoria) e dell'estraneità, proprio di Girovago. Un temporaneo - seppure decisivo - momento di approdo è costituito dall'esperienza del fronte, che offre a Ungaretti gli spunti per alcune delle sue liriche più crude e sofferte, spoglie di ogni retorica (Veglia, San Martino del Carso). Ma la guerra gli consente anche di stabilire un contatto con la propria gente (si veda una lirica come Popolo, che è comunque estranea a ogni atteggiamento populistico) e di raggiungere la coscienza di una rinnovata identità, che ricongiunge al presente le esperienze vissute nel passato (I fiumi). La guerra, infine, costringe a vivere nel precario confine tra la vita e la morte (Soldati), dove ogni cosa può rovesciarsi nel suo opposto e scomparire per sempre all'improvviso; essa traduce così in immagini concrete, in cui ci si può imbattere in ogni momento, quella "poetica dell'attimo" che costituisce il fondamento della prima ricerca di Ungaretti.
Il porto sepolto allude a <<ciò che di segreto rimane in noi, indecifrabile>>, ed ha una fonte precisa nel racconto favoloso di due amici francesi: <<Mi parlavano d'un porto, d'un porto sommerso, che doveva precedere l'epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima di Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città si consuma e s'annineta di attimo in attimo. Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d'ogni era d'Alessandria>>. Il <<porto sepolto>> equivale così al segreto della poesia, nascosto nel fondo di un abisso nel quale deve immergersi il poeta.
Il porto sepolto
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d'inesauribile segreto
Il componimento, che dava il titolo alla prima raccolta ungarettiana, assume una particolare importanza per intendere l'idea di poesia che ne è alla base.
Il <<porto sepolto>> rappresenta l'essenza della poesia, il suo mistero nascosto, la fonte del miracolo e il mito da cui trae origine. Il primo verso allude a una sorta di immersione rituale e purificatrice nelle acque primigenie, di tipo iniziatico, cui segue la risalita alla superficie, quasi un gesto di resurrezione e di gioiosa rinascita, in cui la poesia, strappata alla profondità del mare, viene sparsa nell'atmosfera luminosa della terra. Il verbo <<disperde>> deriva dall'Eneide virgiliana, dove si dice che <<si disperdevano al vento le sentenze di Sibilla>>, con un gesto magico-misterico che sottolinea anche la profondità simbolica dell'immagine ungarettiana.
Un uso dei dimostrativi analogo a quello dell'Infinito di Leopardi, si riscontra nei versi 4 e 6, in cui <<questa poesia>> si risolve in <<quel nulla>>. Il nulla è sostanziato da un <<inesauribile segreto>>, ossia dal mistero profondo della vita, che, toccando le radici dell'essere, non ha né inizio né fine, e coincide quindi con l'infinito. L'ossimoro nulla-inesauribile è quindi la condizione essenziale della poesia, con la sua accanita ricerca di una <<parola>> che sfiori il <<segreto>>, senza tuttavia coglierne la sostanza indicibile.
Mattina
M'illumino
d'immenso
E' da considerare come l'esito estremo cui potesse giungere la ricerca poetica ungarettiana, nella sua ansia di un'estrema riduzione e semplificazione che, arrestandosi alle soglie del silenzio, cerca di raggiungere l'assoluto. Quattro parole di cui due monosillabi che, compenetrandosi con il termine che segue attraverso l'apostrofo, danno luogo a due sole emissioni di voce.
Nella brevissima sequenza, la presenza del poeta appare investita da una luce violenta che riverbera dall'intera estensione dello spazio. In questo modo l'individuo partecipa della vita del tutto, il relativo si identifica con l'infinito e l'eterno. Ungaretti traduce così il linguaggio dell'ineffabile, la sensazione di una pienezza quasi soprannaturale che non può essere definita in termini logici e concettuali. Di qui, anche il dilatarsi senza limiti della dimensione spaziale, che i termini usati portano dentro di sé, nel loro stesso suono.
E' una sensazione di totalità e di pienezza di vita che rappresenta uno stato di beatitudine e di grazia edeniche, paradisiache. Il carattere momentaneo di una improvvisa folgorazione e "illuminazione" è reso dal titolo mattina, che indica il momento contingente di una miracolosa comunicazione con l'infinito. Tra il titolo e il testo esiste, in altri termini, un rapporto di corrispondenza analogica che riguarda gli imperscrutabili legami fra il tempo e l'eternità, il finito e l'infinito, il mortale e l'immortale.
Soldati
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Anche in questa poesia il titolo entra a far parte integrante del testo, risultando un elemento essenziale per la sua comprensione. Esso costituisce il punto di riferimento del procedimento analogico, che assimila la vita del soldato alla fragilità di una foglia d'autunno. L'intera poesia è formata da un complemento di paragone, retto da un verbo comune, il cui uso impersonale sottolinea una condizione di anonimato, ad accentuare il senso acuto di solitudine desolata e di abbandono.
Il carattere del paragone restituisce la sensazione di una precarietà e di un dolore ignorati e inespressi, unicamente affidati all'imminenza impalpabile di qualcosa che sta per cadere, staccata da un minimo scarto portatore di morte. Il valore tutto relativo di una vicenda esistenziale continuamente sospesa fra la vita e il nulla emerge dalla profonda spezzatura dei versi, che richiedono una scansione isolata, intervallata da pause profonde. Il ritmo del componimento e la pronuncia interiore delle parole assumono un'importanza decisiva per quanto riguarda la capacità di cogliere il significato più complesso e profondo del testo, nella ricchezza delle sue risonanze segrete. Spezzando la sequenza, Ungaretti imprime alla poesia un andamento perplesso e discontinuo, segno della precarietà e del dolore che investe ogni manifestazione dell'esistenza.
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