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GIOVANNI VERGA (1840-1922)
Giovanni Verga nasce da una famiglia di agiati possidenti a Catania, l 'istruzione gli viene impartita da un professore privato, il sacerdote Antonio Abate, letterato e patriota siciliano. Tra il 1860 e il 1864 il Verga si dedica al giornalismo politico, nel 1863 muore il padre e pubblica il romanzo 'Sulle lagune'. Nel 1865 si reca in viaggio ha Firenze dove nel 1869 si stabilirà durevolmente fino al 1871. L'anno seguente si stabilirà a Milano e parteciperà intensamente alla vita letteraria. Più tardi delineerà il ciclo dei 'VINTI'. Nel 1881 pubblica i Malavoglia che non avranno un gran successo, qui si vede il passaggio del romanticismo al verismo. Appartato vivrà gli ultimi suoi anni a Catania dove morirà nel 1922. Scrisse opere di gran valore umano, infatti il suo verismo non fu una fredda e distaccata produzione del reale; la sua opera rispetta una personale visione del mondo e del suo forte sentimento di dolore e tristezza di fronte alla vita.
LE OPERE PRINCIPALI
Nell' attivita letteraria del Verga si distinguono tre periodi: il periodo romantico patriottico, il periodo romantico passionale e il periodo verista. Al primo periodo appartengono i romanzi giovanili Amore e patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune, tutti ispirati alla storia del risorgimento e a motivi patriottici e amorosi.
Al secondo periodo appartengono i romanzi scritti durante il soggiorno Fiorentino e Milanese, quando il verga viene a contatto con la cultura positivista. Questi romanzi narrano torbide storie d' amore e di morte in ambienti borghesi e aristocratici (Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva, tigre reale, Eros) .
Nel 1864 si ha la svolta verista con la novella NEDDA, questo e dovuto alla scoperta dei naturalisti Francesi e all' amicizia col Capuana. In questa novella si narra la storia triste di Nedda che lavora come raccoglitrice di olive per curare la madre malata. Ella si innamora di un giovane, Janu, ma prima perde il suo uomo morto per la caduta da un albero, poi la bambina nata da questa relazione. Con questa novella Verga abbandona i personaggi passionali, dei romanzi giovanili e ritrae la vita degli umili, che vivono rassegnati e silenziosi tra gli stenti e le fatiche; inizia anche la narrazione di un linguaggio semplice e scarno.
Verga espone le proprie idee in opere compiute, si ispira molto all'impersonalità (comune ai veristi), che egli intende come 'schietta ed evidente manifestazione dell'osservazione coscienziosa'. Verga indaga sul processo dei sentimenti umani presentando il fatto nudo e schietto come è stato; l'obbiettivo è quello di produrre un romanzo in ogni sua parte completo. L'autore rappresenta la lotta per la vita ripercorrendo la scala sociale dal basso verso l'alto, questo per esigenza personale di rimeditare la propria esperienza umana, artistica e per estendere l'indagine che si era limitata ai ceti popolari più alti. Giovanni per essere impersonale rinuncia ai suoi pensieri e giudizi, alla sua morale e cultura perché non deve esprimere se stesso ma deve nascondere la sua presenza al lettore. Il Verga vuole eclissare l'autore assumendo la mentalità dei personaggi nascondendo la sua identità, molto evidente nei Malavoglia. L'autore adotta le espressioni degli umili rappresentanti usando anche il dialetto siciliano e cittadino, e proverbi appartenenti alla cultura locale.
Nelle opere
previste Verga rappresenta un amore passionale, travolgente spesso non
corrisposto che e si conclude tal volta con il suicidio. Nelle opere veriste
invece l'amore viene concepito come un istinto , rappresentato in relazione
all'ambiente sociale e culturale. L'amore non rappresenta un valore
'sentimentale', non è consolatorio, non modifica la condizione di
vinti dei personaggi. In 'Mastro don Gesualdo' esso si identifica con
il matrimonio ed è utile per garantirsi un ambita promozione sociale, ma anche
in questo caso il protagonista non può che costatare la sua solitudine e
sconfitta. Neppure nei Malavoglia l'amore è un ideale per cui si lotta , ma
spesso è accompagnato dalla sottomissione e dalla rinuncia: è il caso di Mena
che rinuncia al matrimonio con compar Alfio perché si sente disonorata dalla
sorella Lia. Il pessimismo verghiano, comporta il rifiuto della società borghese
e dei suoi valori, in quanto essi si oppongono a quelli propri della società
arcaica. Tra questi il valore della famiglia, difeso tenacemente da Padron
'Ntoni, e tenuto vivo dal nipote Alessi che sposa
CONCEZIONE DELLA VITA
Il Verga ebbe una concezione dolorosa e tragica della vita. Pensava che tutti gli uomini fossero sottoposti a un destino impietoso e crudele che li condanna non solo all'infelicità e al dolore, ma ad una condizione di immobilismo nell'ambiente socioeconomico in cui sono nati. Chi cerca di uscire dalla condizione in cui il destino lo ha posto, non trova la felicità sognata, ma va incontro a sofferenze maggiori, come succede a 'Ntoni Malavoglia e a Mastro don Gesualdo. Per il Verga non rimane che la rassegnazione eroica e dignitosa al proprio destino in quanto non crede in un qualsiasi cambiamento. Questa concezione fatalistica e immobile dell'uomo sembra contraddire la fede nel progresso propria delle dottrine positivistiche ed evoluzionistiche. In verità Verga non nega il progresso, ma lo riduce alle sole forme esteriori ed appariscenti; in ogni caso, e un progresso che comporta pene infinite .
La visione verghiana del mondo sarebbe la più squallida e desolata se non fosse confortata da tre elementi. Il primo è quello sentimento della grandezza e dell eroismo che porta il Verga ad assumere verso i VINTI un atteggiamento di età ed ammirazione: pietà per le sventure e ammirazione per la loro rassegnazione. Secondo è la fede in valori come: la religione, la famiglia la casa, la dedizione al lavoro, lo spirito del sacrificio e l'amore nutrito di sentimenti profondi. Terzo elemento è la saggezza che viene dalla coscienza dei nostri limiti e ci porta a sopportare le delusioni.
I VINTI
Verga, diversamente dai naturalisti francesi, ha del progresso un visione negativa. Per Verga proprio la ricerca del benessere, insita in ogni persona, è la causa della sconfitta, tutti sono indotti a migliorare la loro condizione e in questo tentativo assaporano una sconfitta ancora più dura e cocente. I suoi personaggi sono 'vinti' quando obbediscono a tale legge. Verga considera la società come una serie di classi che non possono livellarsi e dalle quali non si può uscire: chi si stacca dal suo ambiente è destinato a fallire e l'unico modo per sopravvivere è rimanere legati alle proprie radici, chi è povero deve rimanere tale, non perché sia giusto così, ma perché è così e non si può cambiare. Questo permette al Verga di fare emergere una visione della società negativa, pessimista, priva di qualsiasi fiducia e speranza nel progresso; infatti inizialmente i Malavoglia sono in buoni rapporti con il paese ma poi il negozio dei lupini crea un contrasto netto fra questi perché la famiglia ha infranto una legge che per tutti è acquisita; da Verga definita ' ideale dell'ostrica'.
I MALAVOGLIA
Le vicende
si svolgono nei primi anni dell'unità d'Italia ad Acitrezza. Prendono le mosse
da una piccola speculazione commerciale che padron 'Ntoni intraprende per
migliorare le condizioni della famiglia, aggravatasi quando il nipote 'Ntoni va
a fare il soldato. Pardon 'Ntoni acquista a credito da lo zio Crocifisso una
partita di lupini, che Bastianazzo imbarca sulla 'Provvidenza' per
andare a venderli. Durante il tragitto una tempesta provoca la perdita del
carico e la morte di Bastianazzo. A questa seguono altre disgrazie: la morte di
Luca nella battaglia di Lissa, la morte di Maruzza per il colera, la perdita
della casa del Nespolo per insolvenza del debito e degli interessi, il
cambiamento di 'Ntoni che, tornato dal servizio militare non si adatta a la
vita di stenti, si unisce ad una compagnia di contrabbandieri e ferisce con una
coltellata il brigadiere don Michele. 'Ntoni è condannato a 5 anni di carcere e
la sorella Lia scappa di casa. Padron 'Ntoni, affranto, si ammala e muore
all'ospedale. Intanta Alessi, che ha sposato
MASTRO DON GESUALDO
Il Verga narra le vicende di un ex muratore che, con la sua tenace laboriosità, è riuscito ad arricchirsi; ma ciò non gli basta e mira ad elevarsi socialmente sposando una nobile decaduta. Il matrimonio con Bianca non porta la sperata soddisfazione perché essendo 'don' si sente escluso non solo dalla plebe da cui proviene ma anche dall'aristocrazia che lo identifica un intruso. Ma il dolore maggiore gli deriva dal non sentirsi amato né dalla moglie né dalla figlia che d'altra parte, non è sua figlia ma è nata dalla relazione con il cugino di Bianca. Egli, ignorando tutto ciò educa la figlia in un collegio di nobili e la vizia accontentandola sempre; in seguito si scontrerà con lei perchè la fa sposare ad un nobile palermitano. Nel frattempo perde la moglie ed essendosi ammalato di cancro va ad abitare dalla figlia a Palermo dove assiste allo scempio delle proprie ricchezze e muore solo ed abbandonato da tutti. Si distinguono due borghesie quella nuova avida ed ambiziosa con Mastro Don Gesualdo e, la vecchia in declino simboleggiata dalla moglie.
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