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Giovanni verga - vita, ideologia: dall'eta' romantica a quella scapigliata, l'adesione al verismo e il ciclo dei vinti, vita dei campi, i malavoglia, mastro don gesualdo, l'ultimo verga




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GIOVANNI VERGA


VITA

Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri con antiche origini nobiliari. Quando ha vent'anni, assiste all'impresa dei Mille e da quel momento rimane sempre fedele ai valori dell'unità nazionale e al culto del Risorgimento. Nel periodo della formazione culturale, Verga studia presso un letterato e patriota siciliano e di conseguenza si appassiona ai romanzi patriottici (ne pubblica anche alcuni, tra cui I carbonari della montagna) e comincia a dirigere vari giornali di stampo patriottico. Il periodo più fertile della letteratura di verga inizia però con il periodo fiorentino (1869/1872), quando si trasferisce nell'allora capitale d'Italia e frequenta scrittori di tendenze romantiche, pubblicando Storia di una capinera, un romanzo epistolare che allora ebbe grande successo. Alla fine del 1872 si trasferisce a Milano, dove rimarrà stabilmente per undici anni e dove frequenta i salotti e i caffé dove si riuniscono i letterati scapigliati e, soprattutto, gli artisti di quel tempo. Qui Verga si accorge che l'arte sta diventando sempre più superflua in una società dove regnano gli interessi economici, ma nonostante ciò nel 1877 si aggrega ad un gruppo di Narratori (presieduto dal siciliano Luigi Capuana) che darà il via ad una nuova epoca letteraria, quella del Verismo. Il primo romanzo verista di Verga compare nel 1878, Rosso Malpelo, anche se già qualche anno prima aveva pubblicato Nedda, novella di stampo naturalistico.

Nel periodo milanese, Verga pubblica le sue opere più importanti (I Malavoglia, Novelle Rusticane, Mastro don Gesualdo), mentre sul piano politico si avvicina agli ideali della Destra Storica, che proponeva una riduzione del potere degli industriali settentrionali a vantaggio dei proprietari terrieri meridionali. Dopo il periodo milanese, Verga torna a risiedere a Catania, dove si dedica soprattutto al teatro (un'opera importante di questo momento è La lupa) e nel 1920 viene nominato senatore. Muore solo due anni dopo, nel 1922.


IDEOLOGIA: DALL'ETA' ROMANTICA A QUELLA SCAPIGLIATA

All'inizio del periodo Fiorentino, Verga sviluppa soprattutto una tematica romantica, ad esempio con l'opera Storia di una capinera, in cui domina il tema sociale della monacazione coatta a cui erano sottoposte molte giovani donne. Compaiono qui poi il tema dell'orfano, poi ripreso in altre opere successive, ed il motivo economico, secondo cui la ricchezza determina tutta la vita di una persona, oltre alla sua felicità. Il rapporto con la Scapigliatura risulta evidente nel periodo milanese, quando pubblica Eva, romanzo in cui è preponderante l'atteggiamento di denuncia e di protesta nei confronti della società. Il tema principale è quello del rapporto tra l'amore e l'arte: il protagonista della vicenda subisce una sconfitta sia nel primo campo (vede finire la sua storia d'amore) sia nel secondo, in quanto finisce anche il suo tentativo di restare fedele agli ideali artistici della sua giovinezza. Fanno parte del periodo milanese anche Tigre reale ed Eros, romanzo di svolta in cui Verga si dirige verso una narrazione oggettiva e del tutto estranea al narrato.

Con l'opera Nedda, si sviluppa la prima vera svolta nella letteratura di Verga: in questa novella, egli sceglie per la prima volta personaggi umili della sua terra, collocati in ambienti contadini descritti molto realisticamente. Per quanto egli si avvicini al Naturalismo (o Verismo), Nedda non è ancora un'opera verista, in quanto in essa manca il carattere dell'impersonalità, poiché l'autore interviene di continuo con commenti personali, principalmente di carattere moralistico. Inoltre, anche dal punto di vista stilistico, il narratore non assume l'ottica e il linguaggio del personaggio, com'è tipico del Verismo: Verga utilizza un registro ancora fortemente letterario, scrivendo in fiorentino e interponendo alcune espressioni dialettali, ma solo come "inserti" (infatti le scrive in corsivo).


L'ADESIONE AL VERISMO E IL CICLO DEI VINTI

Tre sono i fattori che favoriscono l'adesione di Verga al Verismo: l'uscita dell'opera esponente del Naturalismo francese, ovvero L'ammazzatoio di Zola, che subito viene recensito con entusiasmo da Capuana; il trasferimento di quest'ultimo a Milano, dove insieme ad altri letterati forma un gruppo che intende ispirarsi alla letteratura di Zola; infine, lo scoppio della "questione meridionale". La poetica verista può essere definita di stampo positivistico (in quanto parte dal presupposto che la verità sia oggettiva e scientifica), materialistico (perché il comportamento umano viene visto come dipendente dall'egoismo individuale e dai bisogni materiali dell'uomo) e deterministico (in quanto afferma che il comportamento del soggetto è determinato dall'ambiente in cui vive). La poetica che si sviluppa è antiromantica, in quanto esclude l'espressione diretta dei sentimenti e dell'interiorità dei personaggi, che deve essere espressa solo attraverso i loro comportamenti e le loro parole. Una caratteristica fondamentale del Verismo è la completa impersonalità che assume l'autore. Verga è convinto che sia necessario partire dalla descrizione delle classi sociali più basse, in cui è più semplice riscontrare il rapporto causa effetto e il condizionamento naturale, per poi passare ad esaminare le classi più elevate. Di qui nasce il progetto di un ciclo di romanzi, denominato "I Vinti", che rappresenti dapprima la società dei pescatori e dei contadini (I Malavoglia), poi la borghesia di provincia (Mastro-don Gesualdo) e la nobiltà cittadina (La duchessa di Leyra). A ciò si aggiunge il mondo parlamentare romano (L'onorevole Scipioni) e quello degli scrittori e degli artisti (L'uomo di lusso). In questo ciclo di opere, dominante è l'idea della forma inerente al soggetto, secondo cui l'autore deve adeguarsi al personaggio di cui racconta la vicenda, assumendo il suo punto di vista, l'ideologia, il pensiero ed anche il linguaggio. Di qui deriva la correlazione tra livelli sociologici e stilistici; Verga tuttavia si oppone all'uso del dialetto (era infatti sostenitore dell'unità nazionale e quindi contrario a tutto ciò che potesse indebolirla), in quanto vuole creare un'opera che sia diffusa in tutta la nazione, e tema che l'uso del dialetto possa limitarne la diffusione ad un ambito regionale. Così utilizza un linguaggio particolare, sforzandosi di creare il ritmo della sintassi siciliana e di usare termini semplici e diretti.


VITA DEI CAMPI

La prima opera verista di Verga è una raccolta di otto novelle, Vita dei campi, uscita nel 1880, la cui novità non consiste tanto nella scelta di personaggi di bassa condizione sociale, quanto nella volontà di assumere la loro prospettiva culturale e linguistica. Fantasticheria è una delle novelle di questa raccolta, in cui nota una doppia tendenza di Verga che, da una parte, vuole mostrare come ad ogni livello sociale, agisca la molla dell'interesse individuale, dall'altra continua ad immaginare un mondo rurale in cui sia ancora possibile conservare certi valori. Tratti romantici sono tuttavia ancora presenti sia sul piano stilistico, in quanto il tono del racconto è simbolico e richiama la corrispondenza tra anima e paesaggio, sia sul piano tematico, in quanto domina spesso il tema dell'amore-passione. È però significativo il fatto che il trasgressore protagonista di queste storie di amore e passione finisca sempre sconfitto.

Preponderante è poi il motivo economico, che spesso è la causa della vicenda narrata. Un altro tema molto importante è quello dell'esclusione: il più povero è, in genere, l'emarginato. Si nota ciò in novelle quali Rosso Malpelo La Lupa e Jeli il pastore. In queste novelle, Verga sviluppa la tecnica della straniamento, secondo cui presenta la vicenda da un punto di vista non comune, facendo così sembrare strani e bizzarri alcuni avvenimenti del tutto normali, inducendo il lettore a non identificarsi con il protagonista, ma ad assumere un atteggiamento critico.


I MALAVOGLIA

Il primo romanzo verista di Verga viene pubblicato nel 1881 a Milano ed è improntato sulla storia di una famiglia di pescatori. Una caratteristica importante dell'opera è l'accostamento del Verismo e del Simbolismo francese, in quanto vengono presentati due sistemi si personaggi (la famiglia dei Malavoglia e i restanti paesani) per cui si utilizzano due diversi registri stilistici: quello lirico-simbolico che commenta gli stati d'animo dei personaggi principali, e quello comico-caricaturale con cui sono rappresentati i paesani. Tema fondamentale dell'opera è la presa di coscienza del dominio degli interessi culturali in ogni tipo di società (anche in quella arcaico-rurale qui descritta).


MASTRO DON GESUALDO

Il secondo romanzo del ciclo dei Vinti viene pubblicato nel 1888. Rispetto a I Malavoglia, viene qui rappresentata la classe sociale della borghesia di campagna e quella della nobiltà di provincia; il punto di vista narrativo prevalente è quello di un piccolo borghese, ma a questo si alternano altri punti di vista, che creano un registro polifonico, superando quello unitario del primo romanzo. Il culto della roba domina incontrastato quale motivo principale del romanzo, che si articola per successione di episodi, frantumando sia l'unità del tempo sia quella di luogo. Rispetto al precedente romanzo, inoltre, viene meno la distinzione tra personaggi ciclici e ripetitivi e personaggi dotati di moralità ed interiorità.


L'ULTIMO VERGA

Nell'ultima parte della sua carriera, Verga si dedica molto al teatro, già iniziato con la Cavalleria Rusticana, mettendo in scena La Lupa e l'opera Dal tuo al mio, in cui si nota lo scopo di superare l'ideologia socialista per mostrare come ognuno cerchi solamente di realizzare il proprio interesse privato. Si nota quindi lo scetticismo e il cinismo tipico dell'ultimo Verga. In questo periodo, Verga inizia anche il terzo dei romanzi del ciclo dei Vinti, La duchessa di Leyra, ma resterà incompiuto.

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