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Giovanni Pascoli - Il Pensiero, La Poetica Del Fanciullino, Classicismo E Decadentismo Del Pascoli, Analisi Delle Opere




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Giovanni Pascoli


Il Pensiero

UNA CONCEZIONE DOLOROSA DELLA VITA. Il Pascoli ebbe una concezione dolorosa della vita, influenzata dalla tragedia familiare a dalla crisi del Positivismo. Alla morte del padre seguirono rapidamente quella della madre, della sorella e dei due fratelli, sicchè nel Pascoli nacque il mito del nido familiare da ricostruire. In una società dominata dalla violenza, ed una condizione umana dolorosa, la casa è l'unico luogo in cui potersi rifugiare. La crisi del Positivismo travolse le sue stesse colonne portanti, ovvero la scienza liberatrice ed il progresso. Il rinnovamento della società promesso dalla scienza non era avvenuto, ed i conflitti sociali ed internazionali spegnevano la speranza di poter risolvere i problemi umani, in quanto la morale era molto meno sviluppata di quanto non fosse la scienza del tempo. Pascoli riconosce quindi l'impotenza della scienza, e la accusa di aver reso infelice l'uomo. In questo modo il poeta fece oggetto della sua meditazione il mondo al di la della realtà fenomenica, concludendo che tutto nell'universo è mistero, e che l'uomo è una creatura fragile ed effimera.

L'UMANITARISMO PASCOLIANO. Pascoli arrivò così a formulare una teoria secondo la quale la vita è bella, sono gli uomini che la rovinano, in quanto questi amano di più il male altrui che il proprio bene. Il male è un prodotto dell'uomo e non della natura, così l'autore invita i suoi simili a bandirlo ed ad amarsi come fratelli, in quanto solo con la solidarietà reciproca essi possono vincere il destino di dolore.


La Poetica Del Fanciullino

La poetica di Pascoli ruota intorno alla concezione del mistero come realtà che ci avvolge. Questo mistero è stato studiato dalla filosofia e dalla scienza, ma solo il poeta più riuscire a scoprirlo con le sue intuizioni. La particolare poetica di Pascoli è chiamata del fanciullino. Pascoli prende spunto da un passo del Fedone di Platone, dove, due filosofi a proposito dell'immortalità dell'anima, dicono di aver paura della morte come se in essi ci fosse un fanciullino con questo timore. Per Platone, infatti, il fanciullino era il simbolo delle superstizioni, ma in Pascoli egli diventa il simbolo dell'irrazionale presente in tutti gli uomini. Tuttavia nella maggior parte di questi egli tace, mentre in alcuni, i poeti, fa sentire continuamente la sua voce riguardo le meraviglie della natura.

PUER UT POETA. La fanciullezza di cui parla Pascoli è una fanciullezza reale e non ideale, chiusa in un mondo limitato. Per questo l'autore parla di fanciullo-poeta, e non poeta-fanciullo. Ciò spiega la tendenza di Pascoli a fingere di avere un'anima fanciulla nelle proprie poesie, guastandole in quanto le rende artificiose.

POESIA PURA E POESIA APPLICATA. Pascoli distingue due tipi di poesia, la pura e l'applicata. La poesia pura è quella fatta di stupori, è la contemplazione ingenua delle cose, non solo della natura, ma di tutto ciò che riesce a stimolare la fantasia e la curiosità del bambino.

Classicismo E Decadentismo Del Pascoli

Tutte le poesie del Pascoli sono piene di reminiscenze classiche. La stessa poetica del fanciullino è ispirata dagli scritti di Platone., Tuttavia il Classicismo del Pascoli è diverso da quello tradizionale, volto all'eleganza formale, e da quello carducciano, espressione di sanità morale ed impegno civile. Il Classicismo di Pascoli è pieno delle inquietudini del poeta, che rivive i miti e le figure classici con nuova sensibilità. Il poeta pervenne al Decadentismo istintivamente, e non con l'influenza esterna. Elementi decadenti nella sua poesia sono il senso dell'infinito e del mistero, la concezione della poesia come rivelazione dell'ignoto, il simbolismo ed il temperamento debole.


Analisi Delle Opere

MIRICAE. Miricae è la prima raccolte di poesie di Pascoli, ed è dedicata al padre. Il titolo evidenza soprattutto il motivo georgico dell'opera; il tema dominante è quello della campagna, contemplata in tutti i suoi aspetti, soprattutto in quelli più suggestivi e malinconici dell'autunno.

LE ALTRE RACCOLTE. La raccolta successiva è quella dei Poemetti, in cui si racconta la vita di una famiglia contadina, che ha un ciclo di vita parallelo a quello delle quattro stagioni. Vi furono poi i Canti di Castelvecchio, dedicati alla madre, ed i Poemi Conviviali, così chiamati perché pubblicati sulla rivista «Il Convito». In quest'ultimi vengono rievocate le figure classiche, non più nel loro aspetto tradizionale, ma come esseri assorti, delusi e smarriti. Vi sono poi alcune raccolte di carattere civile e patriottico, ed altre trattano alcuni temi di storia medioevale.

LE POESIE LATINE. I Carmina contengono le poesie latine del Pascoli. Con l'autore decadente, il latino non si riduce ad una semplice esercitazione, ma sembra tornare lingua viva, che aderisce perfettamente ai pensieri del poeta. Il poemetto più famoso è Thallusa, nel quale viene raccontata la storia di una schiava cristiana che, dopo essere stata allontanata da suo figlio, viene allontanata anche dai figli della padrona, che amava come se fossero suoi


Motivi, Struttura e Forme Della Poesia Pascoliana

QUATTRO GRANDI MOTIVI DI ISPIRAZIONE. I motivi della poesia Pascoliana sono essenzialmente quattro

  1. Il Motivo delle memoria autobiografiche, che rievoca i momenti della vita del poeta
  2. Il Motivo della celebrazione degli ideali morali, patriottici ed umanitari, che si ricollega alla concezione della poesia come strumento di educazione
  3. Il Motivo georgico, che sviluppa la contemplazione della natura
  4. Il Motivo del senso del mistero della vita e della comicità della terra, che sviluppa il concetto della terra vista come un atomo opaco nell'immensità dell'universo. Tale visione da al poeta un senso di solitudine, angoscia e vertigine

STRUTTURA E FORME. Il Pascoli da inizio in Italia alla poesia moderna. Tutto parte dalla concezione del fanciullo-poeta, per il quale un particolare può diventare un simbolo infinitamente grande. Da ciò deriva che la poesia più profonda del Pascoli è quella dei componimenti brevi, dei frammenti contenenti sensazioni fulminee, per questo il poeta può essere considerato l'iniziatore della poesia del frammento lirico. Inoltre l'autore ha saputo anche rinnovare il linguaggio poetico tradizionale, che nonostante l'avvento del Romanticismo, era rimasto dotto, stilizzato e povero. Pascoli lo rende più ricco e realistico, adoperando termini tecnici e dialettali, e ricorrendo alle onomatopee.


X Agosto


La poesia è una fitta rete di simboli, che richiamano la sua visione pessimistica della vita e il suo frequentemente citato concetto del "nido", inteso sia come dimora che come nucleo famigliare. Il primo vero simbolo si può ritrovare già nel titolo: il 10 agosto, rappresenta, oltre al giorno della morte del padre di Pascoli, la notte di San Lorenzo, famosa per le sue stelle cadenti. Il poeta vede questo particolare e splendido fenomeno naturale in modo completamente diverso e con gli occhi di un uomo sofferente e rattristato, che riconosce nelle comete le lacrime di un grande pianto, quello di un cielo disperato e deluso, proprio come Pascoli. Questo concetto viene evidenziato molto nella prima strofa, quando il poeta, evocando proprio San Lorenzo, spiega come vede la notte delle stelle cadenti: non come un particolarissimo fenomeno astronomico, ma come un grandioso pianto divino che interessa tutto il cielo e che in un certo senso fa compagnia al poeta che appare come un uomo deluso, tradito dal destino che ha agito in modo veramente crudele.  Con la strofa successiva, comincia la sua complessa rete di allegorie e di metafore: egli paragona alla morte del padre, quella di una rondine che doveva tornare al nido per nutrire i suoi piccoli, ma che essendo stata uccisa durante il tragitto, lascia i suoi "rondinini" affamati e purtroppo, morenti. Oltre a questa prima metafora superficiale, il poeta introduce altri elementi rilevanti in questa strofa: nel verso 5 utilizza la parola "tetto" per descrivere il nido, questa volta in senso letterale e non come metafora dell'ambiente famigliare; evidentemente questa espressione è collegata a quella della fine del verso 13, in cui invece utilizza il vocabolo "nido" proprio nel modo appena citato, volendo cioè esprimere il senso di protezione che la dimora umana trasmette e soprattutto il concetto di "nucleo famigliare" che in questo caso sta attendendo con ansia il ritorno del padre. Al verso 6 invece è presente una importante e precisa allegoria: quando la rondine viene uccisa, ci viene detto che "cadde tra spini": questo pare essere un preciso richiamo all'idea di un omicidio ingiustamente, la rondine viene infatti profondamente collegata all'immagine del Cristo in croce, simbolo della vittima sacrificale per eccellenza. Questa immagine viene anche richiamata al verso 7 nell'espressione "ora è là, come in croce", momento nel quale l'allegoria appena citata viene esplicitata in modo più evidente e di più facile comprensione. Questo simbolo legato alla religione, ci introduce il modo di vedere la fede di Giovanni Pascoli, in questa poesia egli riconosce il Cielo come un'entità lontana dal mondo, distaccata dagli eventi terrestri e soprattutto, impotente, o almeno fermo e immobile, intento solo a guardare dall'alto senza intervenire per ridurre le ingiustizie e i delitti. Questa immagine viene ripresa successivamente e comincia nel verso 10 quando la rondine appena uccisa, tende esanime il verme nel vuoto, quasi indicando "quel cielo lontano", che nulla può, o vuole fare neanche in questi momenti in cui il male interviene e regna sovrano nella vita umana. E il delitto non colpisce solo la rondine, che invece è forse la vittima meno commuovente della poesia, ma il suo nido, dove i suoi rondinini "attendono e pigolano sempre più piano", continuando a sperare in un cibo che non arriverà mai. Queste prime tre strofe contengono il primo dei due termini di paragone introdotti da Pascoli, che mette in parallelo, la morte della rondine con quella di suo padre ed esprime quanto sia straziante l'attesa dei piccoli, proprio come fu quella della famiglia del padre del poeta, oltre che totalmente vana. Nella strofa successiva viene introdotto invece il secondo termine di paragone: la morte del padre di Pascoli. Viene citato il cosiddetto "nido", questa volta con il tipico valore metaforico che Pascoli solitamente attribuisce a questo vocabolo. Nel secondo verso viene evidentemente ripresa l'immagine religiosa citata precedentemente "l'uccisero; disse: Perdono". Addirittura la parola Perdono viene scritta con la lettere maiuscola, proprio a ricordare quello che fu il perdono per antonomasia, pronunciato da Cristo morente sulla croce. Nel verso successivo viene introdotta un'immagine molto suggestiva che ci evidenza come il padre, nonostante il perdono, trascorse i suoi ultimi istanti di vita. L'espressione "restò negli aperti occhi un grido" ci suggerisce una morte violenta, sofferta e con la grande volontà di andare avanti, resistere per raggiungere i cari, e consegnare loro quelle due bambole che portava in dono, proprio come il verme della rondine caduta tra i rovi. Quando Pascoli parla dei doni del padre inserisce una reticenza proprio per riprendere anche con il significante questa idea di interruzione, di come sia stata troncata la vita di un uomo e con essa le speranze dei suoi famigliari. Ora nella casa "romita", cioè solitaria e desolata, aspettano un uomo che non arriverà mai, proprio come i piccoli sofferenti e affamati sul tetto. E il pover'uomo è morto triste, assassinato da questo Male sovrano che oscura gli animi umani e, proprio secondo il poeta, con un ennesimo esempio poco più avanti, si diletta a mettere in secondo piano il Cielo e il Bene, che deludendo l'umanità non interviene e lascia alla Morte compiere il suo ingrato compito. Questo concetto viene infine espresso con un'immagine molto forte, a partire dal verso 21: il poeta parla direttamente al Cielo, elogiandolo e mettendolo in contrapposizione con quello che esprime con l'ultimo verso, forse il più importante di tutto il componimento. Il Cielo piange, mentre il male di tutto l'universo si concentra in un unico atto, diventa, seppur una particella infinitesimale, un momento di pessimismo e tragicità estrema. Viene descritto come un "atomo opaco del Male": l'ultima parola, scritta con l'iniziale maiuscola ci suggerisce come Pascoli vede il male come un'entità separata, sullo stesso livello del Cielo divino ma purtroppo, in questo caso vincente. E' una particella "opaca", che non brilla cioè di luce propria, è una forza oscura, cupa e funesta. Con questi ultimi, splendidi versi si conclude la lirica, lasciando intuire un interrogativo dell'autore, che si chiede come sia possibile che esistano atti di così grande malvagità. X Agosto è una poesia incredibilmente suggestiva e permeata di una grande tristezza, proprio quella che il giovane Pascoli provò vedendo il corpo esanime del tanto amato padre.


Il Gelsomino Notturno

I gelsomini notturni, detti anche "le belle di notte", aprono i loro fiori al calar della sera quando il poeta rivolge il pensiero ai suoi morti. Anche le farfalle del crepuscolo iniziano il loro volo nelle ore della notte tra i viburni, altrimenti detti "palloni di neve", perché fiori bianchi di forma sferica. Tutto tace: insieme alla notte è calato il silenzio: solo in una casa ancora si veglia: i rumori sommessi, che ne provengono, non turbano la pace notturna, paiono un bisbiglio di voci. Nel nido i piccoli dormono sotto le ali della madre. Dai calici aperti dei fiori di gelsomino esala un profumo che  fa pensare all'odore di fragole rosse. Mentre nella casa palpita ancora la vita e una luce splende nella sala, l'erba cresce sulle fosse dei morti. Un'ape, che si è attardata nel volo, trova tutte occupate le cellette del suo alveare. La costellazione delle Pleiadi risplende nel cielo azzurro e il tremolio della sua luce richiama alla mente l'immagine di una piccola chioccia circondata dai suoi pulcini, intenti a pigolare. Per tutta la notte esala il profumo dei gelsomini che il vento porta via con sé. La luce accesa nella casa sale su per la scala, brilla al primo piano e si spegne . E' chiara l'allusione agli sposi che si uniscono nell'oscurità. Al sopraggiungere dell'alba si chiudono i petali e il fiore "cova" "nell'urna molle e segreta" "non so che felicità nuova". Il poeta allude al germogliare di una nuova vita nel grembo della sposa, ora madre. Da un punto di vista metrico la lirica è composta di sei quartine di versi novenari a rima alternata. Il poeta, immerso in un'atmosfera di trepidazione esmarrimento coglie il mistero che palpita nelle piccole cose della natura. Si accorge che la notte, quando tutto intorno è pace e silenzio, vi sono fiori che si aprono e farfalle che volano. Una vita inizia quando la vita consueta cessa. L'ora della vita notturna è anche un'ora di malinconia per il poeta che pensa ai suoi morti. Avvolge la notte un senso di silenzio, cui si contrappone il misterioso agitarsi della vita "là" nella casa: Il bisbiglio desta fascino e curiosità. Nei versi successivi appare l'immagine dei nidi in cui i piccoli dormono sotto le ali della madre. Affiora l'idea rassicurante del nido, tema caro al poeta e messo in rilievo dalla critica recente. La musicalità dei versi crea un'eco suggestiva, un'atmosfera sospesa, incantata, di seduzione, di fascino, di veglia, contrapposta al torpore e al sonno. Ne deriva un sentimento di esclusione del poeta, che di fronte al tema dell'eros, avverte al contempo turbamento e fascino, attrazione e repulsione, come dinanzi a una condizione a lui preclusa. Nella sinestesia "l'odore di fragole rosse", in cui il profumo, una percezione olfattiva, sembra acuito dal colore rosso delle fragole, percezione visiva, è evidente il tema dell'attrazione, della tentazione sensuale che si accosta nei versi successivi al risplendere della luce nella sala, , alla curiosità per la vicenda degli sposi. L'ape, che, essendosi attardata, trova già prese le celle del suo alveare, potrebbe allora tradurre in immagine il senso di esclusione che il poeta, incuriosito dall'eros, avverte rispetto alla propria famiglia di origine. Ma subito ricompaiono immagini rassicuranti di nido. Le Pleiadi nel cielo appaiono per un procedimento analogico come una chioccetta, che in un'aia si trascina dietro la covata dei suoi pulcini e il pigolio potrebbe offrirsi come una sinestesia che trasferisce nella percezione uditiva la percezione visiva del tremolio della luce stellare. All'intenso odore del fiore che passa col vento si accompagna il salire della luce lungo la scala e il suo spegnersi al primo piano con i puntini di sospensione che seguono e alludono al congiungersi degli sposi, ma soprattutto al mistero della vita che continua a palpitare nel buio. La lirica si chiude nuovamente con un ossimoro: "E' l'alba", il momento del risveglio, e "si chiudano i petali un poco gualciti. "Nell'urna molle e segreta", che simbolicamente rappresenta il grembo della madre, si dischiude una nuova vita, si cova "non so che felicità nuova". Scrive Vincelli "E' qui il segreto di questa poesia, che si è detto valere, sì, per se stessa, ma che ben più ci stupisce e incanta nella rivelazione di un mirabile, sfumato, purissimo simbolo, nel segreto di un miracolo notturno, di un altro gelsomino che si apre e che, come l'erba silenziosa sopra le fosse, va segretamente dal mistero del nulla verso la vita. In quel dolce silenzio, in quell'ombra profumata quasi dalla passione del fiore, quando anche quell'ultimo lume è spento, ha cominciato a germinare una nuova vita, che come dentro l'urna segreta del fiore notturno, su cui a mattina si chiudono i petali un poco gualciti, prepara una felicità nuova: la maternità e la novella vita".


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