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Gabriele D'Annunzio
Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara nel 1863. Fu autore fecondo e precocissimo: risalgono infatti agli anni liceali le sue prime pubblicazioni in versi; il giovane D'Annunzio aveva solo 16 anni quando venne pubblicata la raccolta Primo vere (1879) a cui seguì, nel 1882, Canto novo. Tuttavia, la sua carriera poetica vera e propria comincia nel 1881 quando si trasferisce a Roma: nella capitale comincia a lavorare presso vari giornali riscuotendo notevoli successi di pubblico e di critica e lasciando subito intravedere la sua inclinazione per i fatti mondani e di cronaca. Ben presto si manifestarono le sue ambizioni di personaggio fuori dal comune, costantemente alla ricerca di avventura e sensualità, ma furono evidenti altrettanto presto le sue doti di poeta versatile, propenso ad ogni tipo di sperimentazione letteraria e linguistica ma al contempo assai legato al classicismo più nobile. A Roma D'Annunzio conduce una vita raffinata ma dispendiosa. Si sposa ancora molto giovane con l'arciduchessina Maria Hardouin di Gallese e tra il 1884 e il 1886 diviene padre due volte. Nel 1887 conosce quello che fu probabilmente l'amore più importante della sua vita (Barbara Leoni) e due anni più tardi pubblica il suo romanzo principale, Il Piacere. Si separa dalla moglie nel 1890 e rimane solo a Roma allontanandosene però assai di frequente anche per sfuggire ai continui creditori. Nel 1891 pubblica L'innocente e nell'anno successivo la raccolta di poesie Elegie Romane. Scappa dai suoi stessi debiti alla volta di Napoli ma anche da lì è costretto a fuggire; nel frattempo riesce a concludere Il trionfo della morte (1894) e Le vergini delle rocce (1895). Si trasferisce in Toscana dove comincia a lavorare al ciclo delle Laudi i cui primi tre libri escono nel 1903. Allo stesso torno d'anni risalgono l'opera narrativa Il Fuoco, il dramma in versi La figlia di Iorio, La fiaccola sotto il moggio, Novelle della Pescare e, per il teatro, La Gioconda. In contemporanea ad un'attività lavorativa assai frenetica, corrisponde una vita sentimentale altrettanto turbolenta: nomi di donne importanti si susseguono nella vita di D'annunzio tra cui spicca quello di Eleonora Duse. Nel 1901, subito dopo la pubblicazione del romanzo "Forse che sì, forse che no", è costretto ad emigrare in Francia. A partire dal 1911 inizia una collaborazione intensa con il «Corriere della sera» e, assurto oramai a vate d'Italia, può rientrare in patria grazie all'aiuto economico di alcuni industriali solo nel 1915. Si dedica alla politica interventista e viene impiegato in prima linea al fronte di Novara; partecipa a numerose azioni belliche con mezzi aerei e navali. Nel 1916 perde l'occhio destro durante un atterraggio di fortuna e, assistito dalla figlia Renata, sarà costretto ad una lunga degenza a Venezia durante la quale scriverà le prose del Notturno: dalla sensualità più ostentata e sfrenata, alla ricerca, in quest'opera intimista e riflessiva, della purezza e della rigenerazione morale, dal gusto per un'arte esotica e fastosa all'eleganza e alla semplicità; dal vitalismo eroico alla malinconia notturna.
Torna alla ribalta nel 1918 quando, per nulla demoralizzato della menomazione fisica, si distinguerà in celebri imprese di guerra come la Beffa di Buccari e il volo su Vienna che gli varranno la definitiva affermazione di prestigioso oratore ma anche di uomo d'azione. Fermissimo sostenitore dell'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia, nel 1919 occupa insieme ad alcuni legionari la città di Fiume.
Alla fine della guerra si stabilisce sulle rive del Garda e mantiene con il regime fascista un rapporto che si potrebbe definire di "pensionato di lusso", poiché il regime gli garantì una indipendenza economica e un tenore di vita davvero notevoli. Lontani ormai i fantasmi dei creditori, D'Annunzio potè dedicare gli ultimi anni della sua vita alla sistemazione editoriale della sua vastissima opera e all'allestimento di una dimora-museo (la trasformazione della villa di Cargnacco nel monumento nazionale "Vittoriale" degli italiani") anche grazie ai finanziamenti dello Stato Fascista, ove morì il 1 marzo 1938.
La produzione letteraria e le scelte stilistiche.
La vastissima produzione poetica di Gabriele D'Annunzio è gia contenuta in nuce nelle sue prime raccolte poetiche: fin da Canto Novo emerge la vena dominante, il filo rosso che legherà tutte le sue opere. La sensibilità, la sensualità intesa fino alla malattia, tutto ciò che ha che fare con la corporeità fino al patologico, costituiscono per D'annunzio motivo e oggetto di esaltazione e culto; così Andrea Sperelli, Tullio Hermil e Giorgio Aurispa (protagonisti de Il Piacere, L'Innocente, e Il Trionfo della morte, poi riuniti nella trilogia I Romanzi della Rosa) sono tutti e tre intellettuali egualmente raffinati che si trovano in modi diversi a scontrarsi con la forza della sensualità e delle passioni; tutti e tre egualmente sconfitti poiché sostanzialmente incapaci di dominare quelle passioni cadono l'uno in nevrosi, l'altro nel delitto e l'ultimo nella morte. Colpisce come in ognuno di questi personaggi si possa individuare il profilo di D'Annunzio stesso che, sempre, metteva un po' di se nei suoi protagonisti; tuttavia sembra che mentre i personaggi, vuota forma, escono sempre sconfitti dai confronti con la vita e con i loro io allo specchio, l'unico a possedere la forza di gestire le passioni e la sensualità scatenata, è proprio l'autore, che riesce a vivere di quelle emozioni ma non se ne lascia sopraffare: un'energia mistica e misteriosa che lo rendeva quasi il prodotto della darwiniana selezione naturale intenta a falcidiare gli inetti per lasciar sopravvivere solo il Superuomo. La lettura di Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche risale al 1892 e, certo, segnò profondamente la poetica di D'Annunzio ma si commetterebbe un grosso errore di valutazione se si tentasse di ricondurre una naturale inclinazione dell'animo suo alla sola opera del filosofo tedesco: sarebbe meglio parlare a tal proposito, di convergenza di idee, di una comune visione del mondo che ha consentito a certa critica letteraria troppo superficiale di ricondurre in toto l'idea del Superuomo dannunziana con quella nietzschena. Del resto, le divergenze tra i due concetti-simbolo sono evidenti; il superuomo dannunziano è lontanissimo da quello del filosofo: tanto l'uno è gaudente, ottimista, privo di spessore conoscitivo e filosofico, l'altro è lugubre, riflessivo, pessimista, pensoso. In quasi tutti i romanzi di D'Annunzio troviamo un protagonista maschile che emerge per la superiorità e per la sua "volontà di potenza" che si propone spesso come un dominatore nel campo dell'arte, del gusto, della politica e della morale. Certo, anche il superuomo non è esente da insuccessi e conflitti che emergono spesso attraverso il rapporto con una "superdonna" sensuale e distruttrice secondo gli schemi di tanta letteratura contemporanea, oppure con una donna-vittima debole e pura; l'elemento perturbante e problematico, funzionale a scatenare le crisi del protagonista.
Il "personaggio" di D'Annunzio affida tutto se stesso alla sola forza della parola come unico mezzo per conquistare il mondo. Così l'estetismo materialista trova forma in un linguaggio altrettanto forbito e altisonante, ricercatissimo e musicale attinto da opere letterarie classiche fino a sfiorare il plagio. Anche la parola si fa "divina" e la più alta rappresentazione di questa ricerca semantica si trova nelle Laudi del cielo del mare e degli eroi. Divise in libri, le Laudi dovevano essere sette come le Pleiadi, da cui prendono i nomi i soli cinque libri pubblicati: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope. Il termine Laudi, oltre ad un chiaro richiamo francescano, svela un intento celebrativo verso le campagne militari in Libia, ma è in Maia e soprattutto in Alcyone che (svuotate queste opere dalla retorica bellicista e nazionalistici) D'Annunzio arriva agli esiti più felici della sua poetica: il protagonista diviene poeta di se stesso con la sua superumana capacità di immersione della natura da cui trae slancio e linfa vitale. L'arte dannunziana si può considerare estetizzante perché mira alla preziosità, alla raffinatezza, alla musicalità del linguaggio e il lettore si trova quasi immerso, con tutti e cinque i sensi, nelle atmosfere poetiche che il suo verso suscita, ovvero parte integrante della natura che descrive (panismo): esattamente in questo consiste il fascino delle opere di D'Annunzio, quando, però, non siano appesantite da preziosismi barocchi e da esaltazioni morbose. Nella commistione tra superomismo e panismo D'Annunzio trova davvero se stesso e ci regala l'esempio più alto di Poesia intesa come ritmo del cuore, dove il battito è la musica del verso: La pioggia nel pineto è l'esempio più calzante e sorprendente della ricerca musicale eseguita da D'Annunzio sulla parola. Descrivendo il rumore della pioggia il poeta sembra cercare e raggiungere l'essenza della natura, cioè quel flusso ininterrotto in cui i fatti si susseguono, si intrecciano, si isolano in fugaci bagliori prima di essere riassorbiti dal tutto. L'andamento ciclico degli eventi (e delle parole) si mescola a continue variazioni improvvise determinando un certo pathos del verso e un ritmo incalzante, come incalzante è il battere della pioggia sui "volti silvani" dei due innamorati che giocano con il loro amore, ma sanno che la loro "favola bella" ha tutto il carattere illusorio di una cosa che mentre nasce è già pronta a svanire, come in un sogno.
Non va dimenticata la produzione teatrale stimolata forse anche dalla relazione di D'Annunzio con Eleonora Duse e dall'intento di raggiungere quell'ideale di una "vita inimitabile" intesa come opera d'arte che il nostro inseguì in tutti i suoi giorni; lontano dal teatro verista e borghese dei suoi tempi, le vicende narrate sono spesso intessute di carnalità e sangue.
Opere Principali
Il Piacere (1891):
In un'atmosfera di passioni edonistiche si muove il protagonista, Andrea Sperelli, avido di piaceri, gelido cultore del bello, stanco e annoiato da tutto invaghito di due donne molto diverse ma le cui figure trovano spesso punti di sovrapposizione, Elena Muti e Maria Ferres.
L'Innocente
Romanzo che risente degli influssi di quello russo, soprattutto quello psicologico di Tolstoj e di Dostoevskji. Il protagonista è Tullio Hermil, uomo perverso e infedele alla moglie che giungerà ad uccidere il figlioletto frutto dell'unico tradimento della moglie Giuliana.
Trionfo della morte
Terzo romanzo del Ciclo della Rosa, anticipa la caratterizzazione del superuomo incarnato da Giorgio Aurispa che, nella dissoluzione di ogni comune valore morale, preso dall'ossessione amorosa per Ippolita Sanzio, cerca la morte precipitandosi con la donna in un burrone.
Le vergini delle rocce
Claudio Cantelmo, il protagonista del romanzo, sogna di avere un figlio, il nuovo re di Roma, sposando una delle tre figlie di un'aristocratica e illustre famiglia delle due Sicilie. E' qui espresso l'ideale nietzschiano del superuomo che, per D'Annunzio, coincide con la figura dell'artista espertissimo.
Novelle della Pescara
Raccolta di novelle, scritte in varie epoche, in cui è evidente la suggestione verghiana; predominano forti sentimenti e atmosfere di crudo realismo, sullo sfondo aspro delle terre abruzzesi.
Forse che sì, forse che no
Romanzo in cui, ancora una volta, l'amore è rappresentato come un'ossessione da cui il protagonista, l'aviatore Paolo Tarsis, cerca di liberarsi mediante prove che costituiscono un'ideale iniziazione ad una trasvolata sul Tirreno. Vi si trova l'affermazione definitiva della morale superomistica (da super-uomo).
Il Notturno (1918):
Opera in prosa quando D'Annunzio, ferito ad un occhio, fu costretto a una seminfermità. Caratterizza un momento di intimità e ripiegamento su se stesso del poeta che scrive alcune delle sue pagine più sincere, sensibili e appassionate.
Maia, Elettra, Alcyone (1904):
Sono i primi tre libri delle Laudi in cui sono raccolte le liriche più ispirate e sensibili e rappresentano il capolavoro dannunziano.
Merope (1912):
Il quarto libro delle Laudi in cui prevalgono le poesie celebrative della conquista della Libia.
Asterope (1920):
Quinto libro delle Laudi, celebrativo dei fatti legati alla Prima Guerra Mondiale.
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