Gabriele D'Annunzio (1863
1938)
D'Annunzio vuole essere "eccezionale"
come uomo prima ancora che come scrittore, e mise nel costruire la propria
immagine un impegno mai visto prima. Per lui l'uomo superiore deve <<fare
la propria vita come si fa un'opera d'arte>>. Lungo il corso della sua
opera egli incarna questo ideale in se stesso e proiettandolo nei suoi
personaggi lo arricchisce di nuovi motivi. E' dapprima l'ideale dell'esteta
raffinato, avido di sensazioni e padrone di sé; dopo l'incontro con l'opera di
Nietzsche (Nice) l'esteta si fonde nel superuomo dominatore, su uno sfondo
reazionario, e nei suoi versi si celebra il trionfo del superuomo e dei suoi
nuovi valori. D'Annunzio ha inteso raffigurare un modello umano esemplare: il
perfetto esteta. I suoi caratteri sono: la passione per l'arte, e la bellezza
colta raffinata perché nutrita di studi e letture; l'estensione del culto della
bellezza dell'arte ala vita proprio attraverso un perfetto dominio di sé, così
l'esteta fa della propria vita un opera d'arte, quindi l'estetica diventa una
morale; la ricerca della sensazione dell'immaginazione, del piacere, come
continua sperimentazione di nuove esperienze; il distacco sprezzante della
massa degli uomini comuni che dal "paradossale" disprezzo dei pregiudizi lo
porta all'esplorazione della sua stessa idea che indica il rifiuto della
nazionalità. D'Annunzio nel romanzo "Il piacere" fa si di Andrea Sperelli, un
modello ma allo stesso tempo ne sottolinea con giudizi negativi la debolezza
del suo carattere e sugli affetti dell'educazione. Questa ambiguità è tipica
degli atteggiamenti decadenti, essendo intrinseca all'esaltazione di qualcosa
che si presenta come <<malsano>>. Con " Le Vergini delle Rocce"
l'ideologia dannunziana del superuomo accentua i suoi aspetti politico-sociali
esplicitamente reazionari (contro ogn rivoluzione che alloggia il governo
uffciale): la società deve essere nella mente divisa tra liberi e schiavi,
i secondi devono lavorare per permettere ai primi di coltivare le loro
superiori facoltà. Sono gli anni in cui D'Annunzio interviene sempre più spesso
in campo politico, nel 1897 sarà eletto deputato. Ma la sua visione della
società resta essenzialmente estetica: gli uomini superiori ai quali spetta il
dominio del mondo sono per lui gli artisti, i poeti, che sanno
<<aggiungere un qualche valore a questo umano mondo che in eterno
s'accresce di bellezza e di dolore>>. Così il superomismo si sposa con
l'estetismo. Nel pensiero di D'Annunzio dapprima prevale l'estetismo puro, il
culto della perfezione formale riassunto nella formula <<il verso è
tutto>> (Il Piacere). In seguito il culto della bellezza si incontra
naturalmente con una concezione sociale aristocratica e conservatrice e sfocia
infine nell'ideale del superuomo-artista. Queste idee aristocratiche convivono
con una straordinaria capacità di adattarsi ai gusti del pubblico in una
società di massa. Per il poeta la poesia è prima di tutto uno squisito
artificio formale, un perfetto dominio dell'artefice sulle infinite risorse
espressive della parola (ritmiche e sonore in primo luogo). Si direbbe che per
lui le cose nascono dalle parole e non viceversa. L'autore vuole andare al di
là di una concezione puramente tecnica della poesia ed indica nel verso uno
strumento di conoscenza, capace di raggiungere <<l'Assoluto>>,
qualcosa che ha un esistenza indipendente ed eterna addirittura persistente. In
D'Annunzio prevale l'amore per la parola come oggetto di godimento in se, un
amore sensuale della parola dirà lui stesso. I versi ed anche i suoi romanzi
riflettono la pronta assimilazione di temi e forme della narrativa europea
contemporanea ma non si tratta di imitazione, bensì di letteratura ispirata
dalla letteratura, ovvero letteratura al quadrato. Via Via l'estetismo
dannunziano si carica di intenzioni sociali nelle "Vergine delle Rocce": non si
tratta più di dedicarsi alla perfezione formale in splendido isolamento, ma di
combattere in difesa della "Bellezza", patrimonio degli spiriti superiori,
minacciata dalle volgarità delle masse. La parola per lui non è più oggetto di
un puro culto estetico, ma è anche arma di lotta. Anche nel protagonista
dell'altro romanzo il "Fuoco" l'identificazione tra vita ed arte è permanente
realizzata <<nell'intimo connubio dell'arte con la vita>>. Da ogni
momento, da ogni emozione della sua <<esistenza volubile>> Stelio
Effrena sa far scaturire immagini perfette e fascinose. L'artista qui è
diventato un dominatore di uomini, il mito dell'esteta si è fuso con quello del
superuomo. Nei suoi romanzi [ Piacere; Trionfo della morte; Le Vergini delle
Rocce; Il fuoco] lo scrittore maneggia con abilità i modi della narrativa
naturalista e verista di recente affermazione (si ricordi che il Piacere fu
pubblicato nello stesso anno del "Mastro don Gesualdo di G. Verga). Egli ricostruisce
un ambiente locale con ricchezza di particolari tipici, ne coglie gli aspetti
di costume e mentalità; proprio alla maniera verista affida buona parte delle
notazioni psicologiche ai gesti, agli atteggiamenti esterni dei personaggi.
D'Annunzio conduce la storia al suo epilogo (suo termine) erdico con calibrata
gradazione psicologica rendendo così accettabile anche un fatto strano o
ripugnante. L'analisi psicologica di casi umani estremi era un tema tipico del
naturalismo ma D'Annunzio vi introduce una sua sensibilità lontana da quei
modelli appunto veristi. L'autore fa partecipare alla vicenda lo scenario
naturale, con i suoi suoni, luci, odori, creando una rispondenza tra natura e
stati d'animo che ha qualcosa di simbolista, ed inoltre si compiace di
introdurne un certo gusto per l'orrido, lo sfacelo dei corpi. Egli è bravissimo
nella tecnica del flash-back, cioè di frappone nella scena il ricordo; usa una
sintassi semplice e rapida che rimanda ai modi naturalistici ma vi aggiunge un
suo gusto della preziosità lessicale che si rivela nei particolari, nelle
espressioni ricercate e nella scelta di vocaboli inconsueti. D'Annunzio medita
un ambizioso progetto poetico: una grande opera divisa in sette libri, ciascuno
intitolato al nome di una delle Pleiadi. L'opera che ha come titolo complessivo
" Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi restò incompiuta. Scrisse
solo i primi tre libri "Maia" , "Eletta" , "Alcione" e proprio quest'ultimo è
il libro più significativo di tutta l'opera poetica dannunziana. L'opera è
ordinata secondo un disegno organico: è la rievocazione trasfigurata di una
felice estate trascorsa in Versilia, in compagnia della donna amata, Eleonora
Duse, grande attrice drammatica. Il mito dominante è il mito di una vita
vissuta in perfetta fusione con la natura. Esempio mirabile è la notissima " Le
piogge nel pineto". In questa lirica D'Annunzio cantando le mille modulazioni
della pioggia estiva che cade sulla vegetazione della pineta della Versilia,
non si limita a registrare il fenomeno della natura colpita dall'acquazzone al
livello più estremo, ma usando parole che ripetano il suono "musicale" della
pioggia su ogni cosa, su ogni creatura mostra come tutto diventa vegetale per
arrivare alla metamorfosidel poeta e della sua compagna qui calmata Ermione, in
elementi ortodei, vegetali, in piante, e ogni creatura è in armonia con la
natura e la natura stessa. Così la pioggia che improvvisamente bagna le due
creature che girovagavano per la pineta, li bagna prima silenziosamente, poi
più sonoramente e fittamente i loro volti, le loro mani, i loro cuori, le loro
anime. Con il suo raffinatissimo e musicale linguaggio il poeta rende
l'atmosfera sempre più sospesa, racchiusa in un alone magico-religioso e così
le creature si smaterializzano, perdono la loro identità umana e diventano creature silvane: respirano lo
spirito della natura, vivono la vita delle piante, assumono gli stessi colori
delle piante, emanano gli odori propri delle piante, diventano esse stesse
piante per essere riassorbite totalmente nei ritmi della natura reintegrandosi
nel ciclo "antico" dove le forme umane e quelle vegetali si incrociavano e si
dissolvevano l'una nell'altra in un processo di scambiavole scorrimento vitale.
L'ultima fase della produzione del poeta in prosa presenta caratteri nuovi:
all'intonazione sublime, all'ornamentazione stracarica dei romanzi del
superuomo, s'eccede un tono più raccolto, un gusto dell'introspezione e
dell'emozione colta con immediatezza in una prosa sempre raffinata, ma meno
sforzata. Si tratta di scritti frammentari, raccolte di impressioni e
riflessioni; con questa ultima sorprendente metamorfosi D'Annunzio partecipa al
gusto del frammento lirico in prosa proprio della letteratura del primo
Novecento. Lo scritto più notevole di questa nuova maniera è il "Notturno"
anche se un gusto simile si nota anche in opere precedenti e successive come:
Le faville del maglio, La contemplazione della Morte, La Leda senza cigno, il
Libro segreto. In questi ultimi scritti il poeta parte dal buio e dalla
infermità sofferta a causa delle ferite riportate all'occhio destro, e da
questi temi sviluppa la necessità vitale dello scrivere come urgenza interiore,
la molteplicità di sensazioni provocate dal buoi sia tattili ma anche visive,
la percezione fantastica di un mondo interiore oscuro e inquieto,
simbologicamente trasformato. E' chiaro che qui il poeta esprime il bisogno di
dare una dimensione eroica e sovrumana e ogni anche minima esperienza personale
avvolto dalla presenza ossessiva di immagini funebri.Proteso all'affermazione
di sé in tutti i campi per molti anni D'Annunzio esercitò un intensa attività
politica, e allo scoppio della prima guerra mondiale fu il protagonista della
campagna nazionalista per l'intervento italiano. Dopo aver compiuto spettacolari
imprese in guerra, prese l'iniziativa del colpo di man sulla città di fiume,
per assicurare all'Italia la Dalmazia.