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D'Annunzio ha subìto a lungo l'ostracismo della critica, perplessa davanti agli esiti di una produzione vastissima, ma in gran parte viziata da un'ideologia individualistica e antidemocratica, che lega inscindibilmente questa figura di intellettuale alle responsabilità politiche e morali di un periodo oscuro della storia d'Italia. Tuttavia, ormai da qualche tempo è in corso una rivalutazione dello scrittore, non solo perché la sua attività di letterato e di poeta lo rende l'esponente più emblematico del Decadentismo italiano (il suo stesso panismo non è che un aspetto del simbolismo decadente volto a instaurare corrispondenze tra uomo e natura), ma soprattutto perché l'analisi complessiva della sua personalità riguarda, oltre che la storia della letteratura, l'intera storia della cultura di massa, della politica, del costume e della società italiane. Per un lungo periodo, gli stereotipi da lui creati rappresentarono infatti un modello imitato in ogni campo della vita nazionale.
In D'Annunzio, vita e letteratura si intersecano e si confondono, creando una figura così variegata e ricca di sfumature contraddittorie, che è assai difficile delinearla in poche righe; resta però costante in lui, finendo per diventare la caratteristica dominante della sua personalità e della sua poetica, una eccezionale attitudine a trasformare se stesso in personaggio, e a far coincidere l'arte con la realtà.
Gabriele D'annunzio nasce a pescara il 12 marzo del 1863, compirà i suoi studi liceali a Prato, per poi trasferirsi a Roma dove frequenterà la facoltà di lettere senza mai laurearsi e lavorerà per alcune riviste letterarie. La sua vita sarà sempre piena di relazioni amorose, persino con famose attrici come Eleonora Duse. Per quanto riguarda l'ideologia politica, D'annunzio si schiera inizialmente dalla parte della destra, per poi passare clamorosamente dalla parte della sinistra, e tornare nuovamente, nel tempo del regime fascista (di cui sarà precursore), a favore della destra. Si nota già che la sua ideologia si sposta dove può ricavarne il massimo sfruttamento (spiegheremo questo passo più avanti). Parteciperà alla guerra come interventista, e nel 1919 sarà al centro di una clamorosa occupazione della città croata di Fiume. Nel '21 si trasferirà sul lago di Garda, dove morirà il primo marzo 1938.
Lo scrittore pescarese si formò su una cultura di tipo tradizionale ma, di fronte agli sconvolgenti mutamenti e alle rapide trasformazioni indotti dalla società industriale, avvertì con chiarezza la crisi della cultura umanistica minacciata nella sua stessa sopravvivenza. A questo rischio egli reagì sublimando la nuova realtà tecnologico-industriale (sfruttandone a proprio favore i suoi meccanismi) e affidandosi ad una sorta di "religione" della bellezza e dell'arte (termini che in D'annunzio assumono lo stesso significato) volta a improntare la propria vita sul culto del bello. Questo comportamento potrebbe sembrare in contraddizione con la cultura decadente, che suggeriva un totale disprezzo ed atteggiamento di superiorità nei confronti della massa, con la conseguente emarginazione dalla società; in realtà anche D'annunzio, proprio a causa del suo ruolo di guida, si poneva al di sopra di essa, poiché la condizione di guida, implica di per se una certa superiorità.
Ma l'originalità e l'importanza di D'Annunzio non si limitano a questa pur geniale intuizione. Egli infatti volle e seppe costruire un vero e proprio modello di vita, e aprì la sua esistenza alle esperienze più svariate e insolite, costruendo sapientemente un'immagine carismatica di sé, fondata sul prezioso, l'eccentrico, l'inimitabile. In tal modo egli giunse a rappresentare un punto di riferimento per ampi strati della società, rispondendo alle loro esigenze e appagando le loro inquietudini, in un momento storico in cui questi gruppi sociali vivevano una forte crisi d'identità. Non a caso, la "morale eroica" propugnata dal "personaggio pubblico" D'Annunzio proponeva un'ideologia fondata sulla trasgressione delle regole e su una illimitata affermazione di sé, e suggeriva un tipo di comportamento privo di freni morali, percorso da un'accesa componente di piacere estetico, di sensualità e di erotismo.
Quell'insieme di princìpi e di modelli di comportamento che D'Annunzio elaborò e divulgò con clamore si tradusse, come si è detto, in rapida imitazione non solo delle sue idee, ma addirittura del suo modo di muoversi, di parlare, di vestire, e provocò un vasto fenomeno, noto con il termine di "dannunzianesimo", che, oltrepassando i confini della letteratura, esercitò una consistente influenza sul costume nazionale. Senza tenere conto di tale influenza, è impossibile comprendere gli sviluppi della mentalità italiana del Novecento e il proliferare di teorie sociali e politiche che incisero profondamente sulla storia del nostro paese.
Si possono adesso cominciare a capire i suoi continui "cambiamenti" di ideologie: D'annunzio aderiva agli schieramenti politici che più gli permettevano questo sfruttamento dei meccanismi sociali, e in questo periodo storico il fascismo sembrava, con la sua aderenza popolare, il più adatto a tale scopo.
La poetica di D'annunzio si basa su un'esaltazione del valore della parola e su una completa fusione tra uomo e natura (il famoso panismo), che comporta, nello stile, l'apporto di figure retoriche quali la metafora e la sinestesia; in lui arte e natura tendono a corrispondere. Questo aspetto lo avvicina molto al simbolismo europeo, del quale da un'interpretazione estremizzante: egli non crede in un arte capace di rivelare un significato universale, ma circoscritto dal particolare; non è, come si potrebbe dire di Mallarmè, un simbolismo della "rivelazione", ma piuttosto della "volontà di rivelazione"; sotto la sua trasformazione dell'arte in bellezza c'è una paura dell'estinzione della stessa bellezza. Proprio per questo il simbolismo di D'annunzio può essere definito un simbolismo estremizzato, o anche un simbolismo sull'orlo di una vicina crisi.
Il romanzo d'esordio dello scrittore, Il piacere, pubblicato nel 1889, è il primo della lunga serie di prose che testimoniano in forma esemplare in quale modo D'Annunzio costruisce e precisa la propria ideologia. Rispetto alla tradizione narrativa italiana l'opera ha caratteristiche assai nuove, per comprendere le quali non è fuori luogo ricordare che proprio nello stesso anno Verga scrive Mastro don Gesualdo. D'Annunzio conserva, dell'impianto verista, la volontà di dipingere un affresco sociale e di costume, all'interno del quale indugia a descrivere l'ambiente moralmente malato, corrotto e ozioso dell'aristocrazia. Ma l'influenza delle nuove tendenze culturali europee incide fortemente sullo scrittore, spingendolo verso la costruzione di un romanzo in cui gli eventi esterni lasciano spazio all'analisi minuziosa delle psicologie, e l'intreccio perde spessore rispetto all'indagine dei tortuosi meccanismi interiori dei personaggi, sui quali l'autore si sofferma con attenzione, rifacendosi in particolare al modello proposto da Paul Bourget, caposcuola del romanzo psicologico.
La vicenda, ambientata a Roma, ha per protagonista Andrea Sperelli, ultimo rampollo di una nobile famiglia, un esteta il cui principio-guida è, secondo l'ideale dello stesso D'Annunzio, quello di "fare" la vita come si fa un'opera d'arte. Il giovane trascorre il tempo lontano dal "grigiore" della quotidianità, circondandosi di cose raffinate e lussuose, immerso in attività fuori del comune. La sua esistenza viene però turbata dall'abbandono dell'amante, la bella e misteriosa Elena Muti, che Andrea, nonostante le numerose avventure frivole, non riesce né a sostituire né a dimenticare.
Ferito in duello, durante la convalescenza s'innamora, riamato, di Maria Ferres, una giovane molto spirituale. Ben presto però il rapporto si complica per la somiglianza fra le due donne: Andrea, sempre più tormentato dal ricordo di Elena, ricerca con la nuova amante le sensazioni provate con l'altra e quando, durante una notte d'amore, si rivolge a Maria chiamandola inconsapevolmente Elena, la donna inorridita capisce la verità e lo lascia.
I motivi di fondo del Piacere presentano forti affinità con quelli del romanzo più rappresentativo del Decadentismo europeo di quegli anni, À rebours, di Joris-Karl Huysmans. Come il duca Jean Des Esseintes, protagonista dell'opera di Huysmans, anche Andrea Sperelli è totalmente votato alla ricerca estetica, al pieno godimento delle più raffinate sensazioni, e, come lui, destinato alla sconfitta.
Compare qui, in maniera estremamente esplicita, quel motivo che la critica ha indicato fra quelli fondamentali della personalità dannunziana, il velleitarismo, ovvero la frattura tra il desiderio di affermazione del proprio io e la costante percezione dell'impossibilità di ottenerla. In questo senso, Il piacere anticipa le posizioni che D'Annunzio verrà precisando nei romanzi successivi. Ma è indispensabile ricordare ancora una volta che quest'opera testimonia l'eccezionale capacità dello scrittore nel captare e assimilare le espressioni della più recente cultura d'oltralpe, e si propone, proprio per questo, come il primo contributo italiano alla definizione europea dell'eroe decadente che, dopo Des Esseintes, assumerà, in Inghilterra, le splendide e ambigue fattezze di Dorian Gray, l'inquietante protagonista dell'omonimo capolavoro di Oscar Wilde.
Alcyone è il terzo dei sette libri delle Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi progetto di un vasto ciclo po'ematico mai giunto alla conclusione. La composizione si estende tra il giugno 1899 ed il novembre del 1903, tuttavia gran parte di essa è stata realizzata nei mesi estivi di questi anni (l'opera stessa è una celebrazione del periodo estivo). Viene pubblicato per la prima volta nel 1903 con il titolo Alcione, ma le successive revisioni riguarderanno solo la punteggiatura, l'ortografia ed il titolo che diventerà, solo nel 1931, l'attuale Alcyone.
L'opera è divisibile in cinque sezioni, riguardanti diversi periodi stagionali con conseguenti diversi stati d'animo dell'autore, ed ogni sezione, a partire dalla seconda, è preceduta da un ditirambo che ne annuncia il tema dominante. Dal rigore della struttura si intravede al volontà dell'autore di fonder la lirica moderna con l'eleganza classica. Il libro è aperto da un testo, la tregua, che lo lega con i due volumi precedenti delle laudi: mentre in questi il superuomo era rappresentato nel suo impegno eroico civile, Alcyone costituisce un momento di riposo ed abbandono di quest'ultimo alla dimensione naturale.
Seconda sezione: l'ambientazione viene spostata, dopo il primo ditirambo, in Versilia dove si svolgerà anche la successiva vicenda dell'opera. Adesso l'estate è esplosa e viene quindi celebrata la fusione panica tra l'uomo e l'elemento naturale.
Terza sezione: anche in questa sezione l'ambientazione è estiva. D'Annunzio attua il primo tentativo di dare solidità all'esperienza individuale attraverso il ricorso al mito classico, riattualizzato in chiave esistenziale, quale affermazione del potere panico del superuomo.
Quarta sezione: si contano ventisei testi segnati dal termine dell'estate e dai primi presagi autunnali. Al tramonto dell'estate è corrisposto quello del mito, rappresentato sempre più quale ricchezza irrimediabilmente perduta.
Quinta sezione: siamo ormai a settembre, al sentimento del ripiegamento e della perdita si aggiunge quella della fine dell'estate e dell'impossibilità di resuscitare il mito nella società moderna.
L'opera si conclude con un commiato in cui è presente il saluto ed una dedica a Pascoli, come omaggio al maggior rappresentante del simbolismo italiano.
Alcyone è l'opera in cui il simbolismo dannunziano raggiunge il suo culmine, tuttavia i temi trattati sono pochi ma ripetuti e rivisti da diverse prospettive. Si possono ricavare tre costanti tematiche:
scambio tra naturale ed umano: l'eccezionalità del superuomo, sta, al cospetto della massa, nel rendersi fortemente superiore ad essa, ma al cospetto della natura la capacità del superuomo è quella di riuscire a confondersi con essa, di perdere la propria identità ed assumere la stessa prospettiva del mondo naturale, per capirne il mistero e svelarne le leggi.
la riattualizzazione del mito: perché la natura possa assolvere tale funzione, è necessario restituirle la vitalità e l'armonia negatele dal mondo moderno, attraverso il recupero del mito. D'Annunzio recupera i miti della tradizione classica e, contemporaneamente, rappresentando la propria vicenda di immersione naturale in termini mitici, riesce a crearne di nuovi.
l'esaltazione della parola, dell'arte e della figura del poeta: la parola poetica è il mezzo attraverso il quale si stabilisce quel contatto tra autenticità interiore e mondo naturale. Da qui scaturisce la sua esaltazione e l'esaltazione dell'arte e della figura del poeta, rappresentato come un vate.
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