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Gabriele d'annunzio - la vita, la poetica




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GABRIELE D'ANNUNZIO

LA VITA


Nasce a Pescara nel 1863 da una famiglia medio-borghese. Studia al collegio Cicognini di Prato, uno dei più prestigiosi d'Italia, d
ove si fece subito notare per l'irrequietezza, la vivacità del suo carattere, la  tendenza al divertimento, allo scherzo malizioso e pesante.Finito il liceo si stabilisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di Lettere, senza però completare gli studi. Appena sedicenne pubblica un libro di poesie intitolato "Primo vere", ispirato decisamente al Carducci. A Roma inizia, per il poeta, una brillante avventura, letteraria e umana, infatti in questo periodo frequenta salotti, diviene cronista mondano dell'aristocrazia della capitale e si immerge in una vita d'esteta, rivolta ad amori e avventure, alla ricerca di piaceri raffinati. Legge soprattutto i poeti del Decadentismo europeo, di cui assorbe i motivi di sensibilità più raffinata. Nel 1882 viene pubblicato il secondo libro di poesie, "Canto Novo", che arricchiva il linguaggio carducciano di una solare e corporea vitalità. Qualche anno dopo pubblica un romanzo che ha un notevolissimo successo: "Il piacere". D'Annunzio cerca di trasferire il suo gusto per l'estetica anche nella vita, coltivando l'eleganza e tendendo a fare gesti clamorosi. Si sposa molto giovane, dopo una fuga d'amore, ed ha una vita sentimentale intensissima, con  numerose amanti. Adora circondarsi di raffinate opere d'arte e conduce una vita costosa che lo porta a indebitarsi. Proprio per sfuggire ai debiti si trasferisce nel 1891 a Napoli, dove rimane fino al 1894. Le raccolte poetiche maggiori sono del 1903: con i primi tre libri, "Maia","Elettra","Alcyone" si sarebbero misurati i poeti italiani delle successive generazioni. Ad Alcyone appartengono le famose liriche "La sera fiesolana" e "La pioggia nel pineto", dove viene ripreso il tema, già preannunciato nel Canto Novo, dell'unione del poeta con la natura. Dal 1898 vive a Settignano (Firenze), nella villa La Capponcina, vicino alla residenza di un'ennesima donna amata, la celebre attrice Eleonora Duse, con la quale ha un'intensa relazione. La vicinanza con la Duse fa sí che D'Annunzio intensifichi l'attività teatrale; il meglio del suo teatro è costituito dalle tragedie "Francesca da Rimini", "La figlia di Jorio" e "La fiaccola sotto il moggio". I creditori riescono a sequestrargli la villa e per questo nel 1910 D'Annunzio emigra in volontario esilio in Francia, dove continua a scrivere. Vive quattro anni a Parigi. Fino dalla fine dell'Ottocento comincia a registrare appunti e ricordi, costituendo così la base per le prose raccolte nelle "Faville del maglio". Tornato in Italia nel 1915, tiene risonanti e violenti discorsi a favore dell'intervento in guerra (I Guerra Mondiale) e si impegna personalmente in ardite azioni belliche. Dal 1921 fino alla morte nel 1938 vive sul lago di Garda, a villa Cargnacco, da lui denominata il "Vittoriale degli Italiani Nell'opera di D'Annunzio la vita dell'autore e la letteratura non solo si rispecchiano, ma l'esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico, attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano precedente e contemporaneo. E' un artista inimitabile, anche grazie a gesta clamorose e avventurose.





LA POETICA


La poetica e la poesia del D'Annunzio sono l'espressione più appariscente del Decadentismo italiano. Dei poeti decadenti europei egli accoglie modi e forme, senza però approfondire i problemi più profondi, ma usandoli come elementi decorativi della sua arte fastosa e complessa. Aderisce al pensiero del Decadentismo, collegando alla propria ispirazione narrativa, naturalistica e sensuale. Egli rigetta la ragione come strumento di conoscenza per abbandonarsi alle suggestioni del senso e dell'istinto; spesso vede nell'erotismo e nella sensualità il mezzo per prendere il senso profondo della vita e dell'io. E' questa la "caratteristica dannunziana", quel sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo in tutte le poesie più belle di D'Annunzio, in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, s'immerge e si confondo in essa. La poesia diviene quindi scoperta intuitiva; la parola del poeta, espressa in un verso privo di ogni significato logico, ridotta a pura musica evocativa, coglie l'armonia e la esprime, continuando e completando l'opera della natura. La sua vocazione poetica si trasforma poi in esibizionismo e la poesia vuol diventare atto vitale supremo, una sorta di moralità alla rovescia, estremamente individualistica e irrazionale. Abbiamo allora l'esaltazione del falso primitivo, dell'erotismo o quella sfrenata del proprio io, indicata nei due aspetti dell'estetismo e del super - uomo. L'estetismo è in definitiva il culto del bello, in pratica vivere la propria vita come se fosse un'opera d'arte, o al contrario vivere l'arte come fosse vita. Quest'atteggiamento è caratteristico del Decadentismo francese e corrisponde alla personalità del poeta. Quindi l'esteta si limita a realizzare l'arte, ricercando sempre la bellezza; ogni suo gesto deve distinguersi dalla normalità, dalle masse, di conseguenza vengono meno i principi sociali e morali che legano al contrario gli altri uomini. Il superuomo considera che la civiltà è un dono di poche persine alla società e per questo motivo si vuole sentire al di sopra della massa; è l'esteta attivo, che cerca di realizzare la sua superiorità a danno delle persone comuni.

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