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FRANCESCO PETRARCA
Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel 1304 da famiglia borghese. Dopo l'esilio del padre si diresse ad Avignone per poi cominciare gli studi di diritto. Ma la sua vocazione letteraria era già chiara, aveva una particolare ammirazione per gli scrittori classici (Virgilio e Cicerone) e teneva sempre con sé un libro di Sant'Agostino le Confessioni. Scrisse abitualmente i latino, l'uso del volgare fu un omaggio alla tradizione poetica. Come gli altri poeti d'amore scelse una sua unica immagine femminile alla quale diede il nome di Laura (poiché richiamava il lauro, pianta sacra ad Apollo, dio della poesia). Egli sentiva fortemente il bisogno di tranquillità che trovò nel ritiro a Valchiusa. Per rendere la propria carriera più agevole si valse delle proprie doti intellettuali per entrare nelle grazie della Curia papale. La sua curiosità di conoscere lo spinge a viaggiare che serve per arricchire la propria cultura. Sente poi il bisogno di un riconoscimento che otterrà con l'incoronazione poetica. Successivamente cadrà in una profonda crisi religiosa dalla quale non troverà sbocco a causa di una vita personale troppo legata ai beni mondani. Farà poi uso del proprio prestigio per evidenziare la corruzione della Curia Avignonese e incitando la chiesa a recuperare la sua spiritualità perduta. Proprio da Avignone partirà per Firenze dove conoscerà Boccaccio e in seguito morirà a Padova.
Petrarca rappresenta una nuova figura d'intellettuale rispetto Dante e gli altri scrittori. Un intellettuale cosmopolita ciò è manifestato ad esempio dai suoi numerosi viaggi. È anche l'intellettuale cortigiano non più quello cittadino che partecipa alla vita politica del suo comune ma lui con il suo prestigio sostiene la Signoria. Resta tuttavia geloso della sua autonomia di intellettuale rifiutando quindi incarichi che lo vincolerebbero. Petrarca anticipa una nuova figura di intellettuale quella del chierico colui che trae sostentamento dai benefici ecclesiastici. La sua è anche la figura di un intellettuale pre-umanista che disprezza un sapere scientifico mentre le lettere riconducono alla meditazione e alla riflessione interiore. Questa è una concezione che anticipa ciò che trionferà nell'Umanesimo.
La maggior parte dell'opera petrarchesca è composta in latino; in volgare egli scrisse soltanto il Canzoniere e i Trionfi. La vasta produzione latina può essere suddivisa fra le opere religioso-morali e quelle umanistiche (anche se i tratti comuni sono moltissimi). Nelle prime opere di polemica filosofica scritte nella maturità egli evidenzia il suo disprezzo per la filosofia scolastica-aristotelica, che si domandava sulla natura e la realtà in modi aridi, ma che Dante poneva alla base della sua visione del mondo. Per Petrarca la vera filosofia era quella che mira a comprendere l'uomo e ha come compito indicargli la strada della salvezza. La più importante fra le opere religioso-morali è il Secretum; l'opera divisa in tre libri è strutturata come un dialogo fra Petrarca e Sant'Agostino la sua guida spirituale. L'autore rappresenta la fragilità del peccatore, nel primo libro Agostino gli rimprovera la debolezza della volontà che gli impedisce di mettere in atto le proprie aspirazioni. Nel secondo libro passa in rassegna i sette peccati capitali fra i quali emerge la pigrizia una sorta di inerzia morale. Infine sono due le colpe più gravi esaminate nel terzo libro: l'eccessivo desiderio dei beni terreni e l'amore per Laura. Il dialogo è costituito a un ansioso bisogno di ricerca della pace interiore ma quando si conclude tutte le contraddizioni restano ugualmente aperte. Petrarca è l'uomo della crisi combattuto da una parte dagli ancora presenti valori religiosi e dall'altra legato ai valori terreni. Eppure tutto ciò non si riflette nello stile che non si presenta contorto o tormentato ma limpido e armonioso; benché quindi non riesce a dare una risoluzione ai propri conflitti riesce a comporli in maniera chiara. La tendenza di conciliazione fra la cultura classica e la spiritualità cristiana è confermata in altre opere come il De vita solitaria che esalta la solitudine intesa come fonte di purificazione interiore rallegrata dalla presenza dei libri, quindi per Petrarca non vi è alcun contrasto fra la cultura classica e la religiosità cristiana. Per quanto riguarda il De otio religioso egli esalta la vita monastica contrapponendola con quella di coloro che inseguono invano gli onori terreni; non comunque omettendo la consapevolezza di un ascetica irraggiungibile.
Petrarca riteneva di essere il continuatore degli autori classici tenendo in poca considerazione i propri componimenti in volgare; eppure questo atteggiamento era contraddetto dalla cura che preservò per i suoi versi volgari. Se Dante puntava tutto sul volgare, Petrarca fa uso di un latino differente da quello medievale ma che cerca di riprodurre quello antico. Lo stesso ragionamento deve essere fatto per il volgare poiché quello di Petrarca costituisce una lingua più raffinata e selezionata. Petrarca pensò ben presto di raccogliere i suoi componimenti in volgare in un manoscritto al quale diede il nome di Rerum vulgarium fragmenta (frammenti di cose in volgare) che esprime il suo atteggiamento di sufficienza riguardo il volgare. L'opera si designa più facilmente come Canzoniere. La trama è costituita in generale dall'amore del poeta per una donna chiamata Laura, un amore però inappagato e tormentato. Gli stati d'animo rappresentati dalla poesia risultano sempre differenti: infatti, il poeta ora gioca con il nome della donna che richiama il lauro poetico, ora contempla l'immagine della donna e si nutre di vane speranze, ora invoca pietà per le proprie sofferenze cerca, talvolta, la liberazione e la pace interiore mediante la preghiera ma nonostante tutto viene trascinato irrimediabilmente dalla passione. La vicenda ha una svolta con la morte di Laura che dà inizio ad una nuova parte del Canzoniere nella quale il mondo sembra diventare vuoto e squallido. Finché Laura appare in sogno dove sembra molto più mite e compassionevole verso le sofferenze del poeta. Ma dopo il poeta sente sempre più l'avvicinarsi della sua morte che considera non come un porto tranquillo ma come un passaggio pieno di insidie e di pericoli. Infine il libro si conclude con un intenso desiderio di pace.
È errato pensare il Canzoniere come un romanzo con una trama e un vero e proprio svolgimento, infatti, anche se in questo si delinea una vicenda essa non è direttamente identificabile con l'esperienze del poeta ma va considerata come una costruzione ideale ed esemplare. È vero inoltre che la figura di Laura è più umana delle donne stilnovistiche ma è comunque ben lontana dalla concretezza di un personaggio reale nonostante i numerosi riferimenti alla sua bellezza fisica che nono ne compongono un'immagine ben definita. La stessa concretezza è resa soltanto da pochi elementi indispensabili nella descrizione dell'ambiente e della realtà, spesso caratterizzata da sogni e apparizioni. Non vi è presente una successione cronologica delle vicende ma l'unica realtà è proprio l'interiorità del poeta. Lo stesso amore descritto è il simbolo di una sua condizione generale interiore (contraddittoria). Petrarca aspira a qualcosa di eterno sul quale possa fare approdo e la stessa gloria che insegue è soltanto una cosa vana come tutti i piaceri terreni. Perciò, cerca di condurre una vita assolutamente pura in contrapposizione con quella terrena.Al contrario della commedia nel Canzoniere però non c'è una soluzione finale poiché il poeta non trova la pace in Dio perché è troppo legato ai suoi beni. Ma ciò avviene perché il suo ideale autentico è conferire alle cose terrene la stessa stabilità di quelle celesti (una conciliazione,quindi, fra umano e divino). In contrapposizione con la materia della poesia la forma letteraria si presenta limpida e armoniosa; poiché, per Petrarca la poesia non costituisce uno sfogo immediato del sentimento ma, questi conflitti devono passare prima per un filtro che li renda chiari. Nei testi del Canzoniere possiamo trovare numerose reminiscenze letterarie, citazioni, tratti da altri poeti non solo classici ma anche stilnovisti compreso Dante. Petrarca riesce allora a superare in parte le contraddizioni interiori nelle forme equilibrate e chiare.
Dante precedentemente nella commedia raccoglieva tutti gli aspetti della realtà e della società al contrario in Petrarca vi è una vera e propria selezione di quest'ultima dalla quale vengono rimossi gli aspetti più umili e concreti. Proprio ciò è la conseguenza della sua crisi spirituale che non gli porterà a trovare delle definitive certezze: l'esclusione di qualsiasi aspetto concreto della realtà. Un'altra differenza fra Dante e Petrarca è il linguaggio che nel primo sarà definito plurilinguismo per l'uso di materiali provenienti dai campi più diversi; e nel secondo, unilinguismo per la selezione alla quale sottopone anche il linguaggio cercando di evitare termini troppo realistici senza far spiccare mai nessua parola per creare un'armonia d'insieme
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