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Francesco Petrarca
Nacque ad Arezzo nel 1304, città ove la sua famiglia si rifugiò dopo essere stata esiliata da Firenze. Nel 1312 il padre iniziò a lavorare per la corte papale e si trasferì con la famiglia a Carpentras (Avignone). Con il fratello Gherardo, Francesco svolse gli studi di giurisprudenza dividendoli tra Montpelier e Bologna. Nel 1326 tornò ad Avignone, senza aver conseguito la laurea, ove iniziò a lavorare per la corte papale. Alla morte del padre, e dopo aver speso tutto il patrimonio scelse di prendere gli ordini minori per poter godere di una rendita in cambio del lavoro che svolgeva presso il Cardinal Colonna. Il 6 Aprile del 1327, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone incontrò per la prima volta Laura, l'amore per questa donna nacque da una contraddizione, era venerdì santo e invece di piangere sulla morte di Cristo Petrarca si fece sorprendere dall'amore profano. Di Laura non si sa nulla, si ritiene che fosse la figlia di Audiberto de Noves e sposa di Ugo de Sade, morta di peste nell'epidemia del 1348. Questa figura è alla base della poesia del Canzoniere. Nello stesso periodo conobbe anche Dionigi da Borgo San Sepolcro, suo padre spirituale e tramite tra Petrarca e le Confessioni di Sant'Agostino. Agostino nella sua opera narra i travagli interiori di un pagano che si è convertito al cristianesimo e che vive la conversione come un dramma interiore.
Presto Petrarca raggiunse la fama grazie alle opere in latino, il poeta affermava che la fama e gli onori non lo affascinavano, ma desiderava la calma e la quiete, che cercò nella casa di Valchiusa, un eremo sulle montagne dove continuò il lavoro di scrittore. Durante il tempo in cui lavora per il Cardinal Colonna fece vari viaggi, che lo portarono svariate volte a Roma, città di cui si innamorò sia per il fascino, che per il peso politico e per la grande cultura pagana fondata con il cristianesimo.
Nel 1337 Petrarca torna in Provenza dove si ritira in solitudine a Valchiusa, ove avvia una lunga stagione di studi e produzione letteraria. Nei due anni successivi scrive due opere in latino, rimaste incomplete, il "De Viris Illustribus" (gli uomini illustri) e "l'Africa"; il primo consiste in una rassegna di biografie in prosa dei grandi uomini del passato, si tratta di uomini illustri pagani, proposti ad esempio di virtù morale ad un pubblico cristiano. L'Africa è un poema epico rivolto a celebrare la figura di Scipione l'Africano, protagonista della vittoria di Roma contro Cartagine nella seconda guerra punica. E' un'opera celebrativa della grandezza di Roma repubblicana, ed è anche la testimonianza del tentativo che Petrarca fece di unire cultura classica e cristiana attraverso la valorizzazione delle virtù umane.
Nel 1341 Petrarca ricevette due offerte di laurea poetica: una dall'Università di Parigi ed una dal Senato di Roma. Il poeta accettò quella di Roma dove l'8 aprile dello stesso anno fu incoronato poeta laureato. Nel 1342/43 il poeta vive un periodo di crisi dovuto alla morte di frate Dionigi e da quella di Roberto D'Angiò, grande mecenate ed amico e dalla scelta del fratello Gherardo di farsi monaco. Quest'ultimo episodio crea sconforto nel poeta che aveva preso gli ordini minori per utilità, ma che comunque profondamente cristiano avverte una contraddizione tra la fede ed il proprio attaccamento ai beni terreni: il desiderio di gloria e l'amore. Dopo alcuni viaggi torna in Valchiusa dove medita e scrive tre opere in latino.
Nel 1346 inizia a comporre il "De vita solitaria", vero e proprio libro di filosofia morale dove si avverte il profondo bisogno del poeta di giustificarsi moralmente e spiritualmente e di dare un valore religioso alla sua scelta di condurre una vita da uomo di lettere.
Secondo Petrarca la ricerca di solitudine non è una fuga dal mondo ma una forma di auto riflessione e perfezionamento morale ed ammette che il massimo livello della vita solitaria è quella ascetica nella quale l'uomo si dedica all'incontro con Dio, nonostante ciò il Poeta dichiara di non essere in grado di aderire a questa scelta radicale.
Nel 1347, dopo una visita al fratello, il poeta scrive il " De otio religioso", dove esalta la serenità dell'esistenza contemplativa di chi si è dedicato alla vita religiosa integrale ed ha tagliato i legami col mondo.
Nello stesso anno inizia anche a scrivere il "Secretum", più volte rivisto, fino alla stesura definitiva del 1353, opera più intima di Petrarca, che testimonia un serrato dialogo tra Agostino e Petrarca, alla presenza di una bellissima donna, la verità, che non interviene mai, ma ha la funzione allegorica di garantire la verità. L'opera è dunque un soliloquio interiore delle due anime che Petrarca avverte dentro di se: la ragione, che indica i fini e i modi della vita di un saggio e colto cristiano, ruolo svolto da Agostino che sottopone ad una severa critica il comportamento e i sentimenti di Francesco; e lo spirito terreno, l'anima terrena e sofferta di Petrarca, che rappresenta il nodo in districabile di sentimenti, passioni, desideri inconfessati, ambizioni, sogni di grandezza, che impediscono alla ragione e alla retta coscienza di dirigere adeguatamente la sua vita. Tramite Agostino Petrarca riconosce in se i vizi della lussuria, della superbia e dell'accidia; nei confronti dei primi due cerca di giustificarsi e di salvare l'amore per Laura e il desiderio di gloria, mentre di fronte all'accidia non oppone resistenza e ne delinea gli aspetti più profondi. Nell'accidia Petrarca individua la mancanza di volontà, il morboso piacere della sofferenza interiore, l'attaccamento al proprio dolore. Per Petrarca l'accidia disegna il male moderno della sofferenza interiore che contiene in se quasi un piacere del dolore. Petrarca sente di provare una passione strana che non riesce a definire: è una tristezza che si impossessa di tutto l'animo e colora ogni cosa d'angoscia: - questa tristezza copre tutta la dimensione esistenziale, tutto l'animo
- intristisce ogni oggetto del pensiero e della vita.
- questa tristezza è uno stato continuo che occupa tempo il tempo in cui è presente
Dopo la morte di Laura, nel 1350 si recò a Firenze dove conobbe i letterati della città e strinse una grande amicizia con Boccaccio, questo subì il fascino di Petrarca e tenne con lui rapporti epistolari e personali; pochi anni dopo il poeta si trasferì a Milano, a causa di questo spostamento fu accusato dagli amici fiorentini di essere diventato intimo dei tiranni, i Visconti. Nel 1351 inizia a scrivere i Trionfi. Verso il concludersi della sua vita si stabilisce ad Arquà, sui colli Euganei, dove trova la pace e la solitudine dell'eremo di Valchiusa; qui continua il lavoro di letterato fino alla morte, avvenuta il 18 luglio 1374 sulla sua scrivania mentre stava lavorando.
Petrarca nella sua vita lavorò su un doppio registro linguistico: quello latino e quello volgare. "Le Epistole" in latino ed "Il Canzoniere" in volgare sono due opere redatte durante tutto l'arco della produzione letteraria di Petrarca.
Le Epistole raccolgono le lettere scritte da Petrarca in latino a partire dal 1325, si tratta di un complesso di 500 lettere continuamente riordinate e riviste fino agli ultimi anni di vita. Il poeta indica che queste vanno lette come un'autobiografia ideale, molte lettere nascono inizialmente da un'urgenza di comunicazione in relazione alle vicende della vita e della storia di Petrarca, in seguito amplia la riflessione morale. Le Epistole diventano testimonianza di come Petrarca intendeva apparire nel suo ruolo di intellettuale. La scelta del latino conferma la separazione creatasi tra intellettuali e popolo; Petrarca è il primo grande intellettuale che vive del mecenatismo dei potenti Signori. L'ordine definitivo delle Epistole consiste nelle Famigliari, che costituiscono il nucleo più ampio, e nelle senili: lettere scritte dal 1361 fino alla morte.
Il poeta lasciò istruzioni affinché l'ultima lettera a chiusura dell'opera fosse quella "Alla Posterità", nella quale aveva tacciato un ideale autoritratto per i posteri.
Lungo lo stesso arco cronologico sviluppa una vasta produzione poetica in volgare: "Il Canzoniere" (il titolo originario era: .. frammenti di cose volgari ..), opera maggiore di Petrarca.
Il Canzoniere è una raccolta di poesie d'amore, 366 componimenti, uno per ogni giorno dell'anno, più uno introduttivo; destinati ad una fantomatica donna chiamata Laura, figura che conserva la sua dimensione di donna terrena che suscita passioni concrete. L'opera è divisa in due parti: in vita ed in morte di madonna Laura. Il tema d'amore è vissuto come la massima delle esperienze contraddittorie, Petrarca soffre terribilmente e oscilla tra vari sentimenti che vanno dalla passione alla repulsione, dall'attrazione al pentimento; ciò è segno della crisi di un'epoca che vive profondamente il conflitto tra cielo e terra. La presenza di Laura è una presenza fisica forte, che acquista spiritualità solo dopo la morte, quando i sogni e i desideri possono sfumarsi e tradursi nel rimpianto. Il protagonista dell'opera è il poeta ed il suo modo di vivere l'amore, come lui desideri la solitudine e allo stesso tempo la pubblica fama, come avverta la malinconia della giovinezza e del tempo che consuma tutto, come senta che il suo fine è, o debba essere l'eternità.
Con Petrarca nasce un modello per i posteri definito petrarchismo, tale modello si basa sui canoni che il poeta utilizza: per parlare della donna amata utilizza iperboli, descrive il luogo dell'incontro d'amore, gli oggetti diventano feticci di lei e dei sentimenti che le si legano. Tutto è filtrato da una visione del mondo imbevuta d'amore. I temi della poesia di Petrarca sono: l'inquietudine, l'angoscia, l'incertezza, il senso di colpa, lo scavo interiore, il senso del passare del tempo e del consumarsi della vita. Petrarca ha un comportamento mutevole nei confronti di Laura, il suo sentimento assume talvolta i toni stilnovisti dell'amore spirituale, ma talvolta si pente e dichiara sensuale e peccaminoso quel amore.
Il tema del divenire della vita che giungeva a Petrarca era quello del "carpe diem", vivi intensamente la vita terrena perché altro dopo non c'è; mentre dal medioevo il divenire giungeva sotto forma di "momento mori", cioè disprezzo dei beni terreni. Petrarca vive contemporaneamente queste due dimensioni, infatti non riesce ad immaginare la morte come alba di una nuova vita, vorrebbe aspirare alla vita eterna, ma anche quella terrena lo affascina irresistibilmente. Da ciò scaturisce l'inquietudine verso il tempo, la speranza nel domani e il senso che il futuro ad un certo momento finirà.
La terza dimensione del tema dell'interiorità in petrarca è quella della solitudine, sentimento complesso e contraddittorio. Il poeta si sente attratto dalla fama, dalla gloria, dal prestigio di cui la vita di corte lo circonda, ma avverte sia l'aspetto peccaminoso, sia la sua vanità quando colloca questi desideri sullo sfondo del tempo che divora e consuma tutto.
Poesie:
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
La descrizione della bellezza di Laura è tentata tramite i canoni stilnovisti, tale tentativo non va a buon fine poiché i capelli d'oro sparsi al vento hanno una forte carica sensuale, all'epoca i capelli in pubblico venivano sempre tenuti acconciati e si scioglievano solo nella stanza coniugale. L'accenno ai capelli è segno di intimità e il vento che li muove fa pensare ad un ambiente esterno alla casa signorile. La bellezza della donna è fulgida e splendente, ma collocata in un tempo inesorabilmente lontano. Petrarca immerge Laura nello scorrere del tempo poiché avverte sia il tempo che passa, sia il consumarsi della bellezza. Il sonetto si sviluppa sull'alternanza passato-presente dalla quale emerge l'immutabile splendore della donna angelo e il rimpianto del momento in cui essa appariva tale.
Chiare fresche e dolci acque
In questa poesia l'innamorato respinto sogna e fantastica su come il futuro e la sua morte potranno indurre un sentimento di pietà e di pentimento nella donna amata che non vuole corrisponderlo. E' il tema del vagheggiamento amoroso.
Pace non trovo e non ò da far guerra
Questo sonetto esprime un profondo disagio psicologico, l'animo di Petrarca è attanagliato dalla passione d'amore e vive in un'incessante conflittualità tra speranza e delusione sulla conquista della donna. Laura non viene descritta, né vengono accennate le sue bellezze, né ricorre al tema canonico della lode. Il poeta è ripiegato su se stesso ad esaminare la lacerazione prodotta dalla passione. E' una poesia d'introspezione sulla sofferenza dell'amore che rivela l'intensità del desiderio.
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