ELOGIO DELLA FOLLIA di
Erasmo da Rotterdam
Si tratta di un'opera molto originale in cui, con toni
ironici e nel contempo estremamente persuasivi, l'autore affronta l'insolito
tema della Follia, per sostenere che essa sarebbe la vera dominatrice dell'intera
civiltà ma anche dell'esistenza di ciascun uomo, sia egli un ecclesiastico o un
laico, un saggio o un ignorante, un potente o un umile.
La Follia, che viene allegoricamente rappresentata come una dea in vesti
di donna, sarebbe infatti all'origine di ogni bene sia per l'umanità, sia per
gli stessi dèi che riceverebbero al pari dei mortali i suoi doni: "io, io sola
sono a tutti prodiga di tutto".
Ciò vale in primo luogo per il dono della vita,
considerato che nel momento in cui sia l'uomo che il dio si dedicano alla
procreazione debbono necessariamente "abbandonarsi un poco a qualche leggerezza
e follia". Nessuno genera o è stato generato se non grazie all' "ebbrezza
gioiosa" della Follia.
E perché un'esistenza sia felice è indispensabile che in
essa trovi spazio il piacere, e cioè ancora una volta "un pizzico di follia".
Ma anche nell'ambito dei rapporti umani, dal matrimonio
all'amicizia, è merito della Follia se i vincoli personali resistono
felicemente, appunto "nutrendosi di adulazioni, scherzi, di indulgenza, di
errori, di dissimulazioni".
Ugualmente la tenuta dei rapporti sociali, e quindi
l'esistenza stessa della società, dipendono dall'ausilio della Follia.
Ma più di tutto la Follia rappresenta l'unica guida per accedere
alla vera sapienza: poiché infatti tutte le passioni, tutti gli umani errori e
tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della Follia, saggio è colui
che si lascia guidare dalle passioni. Precisa l'autore che questi elementi
emotivi "non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il
porto della sapienza, ma nell'esercizio della virtù vengono sempre in aiuto
spronando e stimolando, come forze che esortano al bene".
Di conseguenza non può considerarsi saggio invece colui
che si fa guidare soltanto dalla ragione, essendo simile ad uno spettro
mostruoso "un uomo così fatto, sordo ad ogni naturale richiamo, incapace di
amore e di pietà"."un uomo cui non sfugge nulla, che non sbaglia mai, che tutto
vede, tutto pesa con assoluta precisione, nulla perdona; solo di sé
contento.lui solo tutto; senza amici, pronto a mandare all'inferno gli stessi
dèi, e che condanna come insensato e risibile tutto ciò che si fa nella vita".
E' preferibile quindi l'uomo qualunque, "uno della folla
dei pazzi più segnalati che, pazzo com'è, possa comandare o obbedire ad altri
pazzi, attirando a sé la simpatia dei suoi simili.; uno con cui si possa
convivere, che infine non ritenga estraneo a sé niente di ciò che è umano".
Ritengo che la concezione della follia espressa da Erasmo
da Rotterdam da una parte giunge a sminuire eccessivamente il ruolo e
l'importanza che deve essere riconosciuta anche alla razionalità nell'ambito
dell'esistenza umana, e dall'altra sembra differenziarsi sostanzialmente
rispetto alle più moderne teorie sul tema della pazzia, rappresentata in
termini decisamente meno positivi, come una via di fuga dalla realtà (si pensi
a Pirandello), oppure come un'emarginazione dalla società.
A quest'ultimo proposito Cechov, nell'opera "La corsia
n.6", affronta il tema della pazzia anche dal punto di vista scientifico (era
laureato in medicina) per dimostrare come essa rappresenti il più delle volte
una scelta del singolo di estraniarsi dal mondo, ma talvolta - in determinate
realtà storiche- un modo per eliminare dalla società chi non rispetta le regole
e le convenzioni predominanti nella società. Il protagonista, un medico
psichiatra che si occupa dei malati rinchiusi in un manicomio, finirà infatti
lui stesso rinchiuso in quel manicomio per aver cercato di riconoscere dignità
umana ai ricoverati.