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Dorothy Richardson, la vita e l'opera




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Dorothy Richardson, la vita e l'opera













Dorothy Richardson, genio dimenticato

Figura estremamente significativa nel panorama culturale inglese del primo Novecento, Dorothy Richardson è stata lungamente trascurata da pubblico e critica. Pioniera dello stream of consciousness, ella fu la prima ad utilizzare tale tecnica nelle proprie opere, tracciando un percorso che presto, e con maggiore fortuna, altri scrittori avrebbero seguito.

Ma per quanto rilevante sia stato il contributo da lei apportato all'elaborazione dell'inedita forma narrativa, il suo nome non spicca fra gli autori più rappresentativi ad essa generalmente associati.

"The Genius They Forgot", così s'intitola la prima importante biografia di Dorothy Richardson, che John Rosenberg pubblicò nel 1973, al centenario della sua nascita .

In vario modo si è tentato di trovare una spiegazione a quest'ingiusta e imperdonabile dimenticanza. Una ragione, suggerisce Rosenberg, potrebbe essere stata il riserbo con cui la stessa scrittrice proteggeva la sua privacy . L'alone di mistero che circondava la sua vita, non contribuiva certo a renderla popolare e conosciuta. Altro fattore determinante fu la considerevole mole di Pilgrimage, lunga opera in tredici volumi, che scoraggiava possibili lettori ed estimatori. Senza contare che l'itinerario di una coscienza femminile risultò per molti un soggetto di scarso interesse, non in grado di mantener viva l'attenzione del lettore per l'intera durata dello scritto.

Negli anni Ottanta, la seconda ondata di femminismo portò ad una rivalutazione dell'opera di Richardson, nella quale si scopriva la ribellione di una donna intrappolata negli schemi di vita di un mondo prevalentemente al maschile.

Più recenti studi hanno puntato l'attenzione su aspetti diversi in

una complessiva riconsiderazione dell'opera.

Nel 1995 Carol Watts, nel suo volume Dorothy Richardson, tentava di chiarire in che modo la nascente arte cinematografica avesse influito nella composizione di Pilgrimage . La stessa ottica informava il testo di Susanne Gevirtz, Narrative's Journey: The Fiction and Film Writing of Dorothy Richardson[4], del 1996. Sempre in quell'anno a cura di George Thomson, veniva pubblicata la prima guida alla lettura di


Pilgrimage ; ed infine, nel 1997, Kristin Bluemel, nel suo Experimenting on the Borders of Modernism , nell'esaminare i caratteri innovativi della prosa richardsoniana ne metteva in luce un aspetto di fisicità e sessualità fino allora rimasto in ombra.

Dopo una fase buia cominciava a realizzarsi, quindi, negli anni '90, quanto Leon Edel aveva predetto ed auspicato poco tempo dopo la morte della scrittrice: "Dorothy Richardson offers us on certain pages, a remarkable emotional luminescence - as well as historically speaking, a record of the trying out of a new technique, the opportunity to examine a turning point in the modern English novel. There is a distinct possibility that a new generation of readers - if there continue to be readers at all - may truly discover Dorothy Richardson for the first time" .


Dorothy Richardson: la vita

Dorothy Richardson nacque ad Abingdon il 17 maggio 1873. Era la terza figlia di Charles Richardson, le cui massime aspirazioni sembravano essere quella di vivere e comportarsi come un gentleman e quella di avere un figlio maschio. Ma dopo la piccola Dorothy, arrivò un'altra bambina e il padre, non del tutto rassegnato, cominciò a trattare la terza delle sue quattro figlie, quella dal carattere più forte ed indomabile, come il maschietto che non aveva avuto.

Charles Richardson regalò alle figlie un'infanzia idilliaca, trascorsa nella spensieratezza e nei giochi, in una meravigliosa casa dai mattoni bianchi e con un ampio giardino recintato, che Dorothy ricorderà sempre come sfondo e fonte delle sue prime esperienze.

Man mano che le ragazze crescevano Charles organizzava per loro pomeriggi musicali, lezioni di piano, di tennis, balli.

Dorothy ricevette una buona educazione nel South West London College for Girls, una scuola il cui preside era stato discepolo di Ruskin e l'insegnante di letteratura era amico di Swinburne.

Col passare del tempo però la situazione economica della famiglia cominciò a peggiorare e la salute mentale della madre, da sempre piuttosto precaria, ne risentì negativamente. Diminuirono i trattenimenti e le escursioni, in casa non c'era quasi più servitù.

Nel 1890 la diciassettenne Dorothy rispose ad un annuncio sul Times, per un lavoro d'istitutrice in una scuola di Hannover. Seppure a malincuore, obbligati della necessità, i genitori decisero di lasciarla andare. La giovane conquistava così la sua indipendenza e prendeva le redini della sua vita. L'esperienza di Hannover fornirà il materiale per il suo primo romanzo, Pointed Roofs.

Tornata a casa, Dorothy trovava lavoro come insegnante in una scuola della squallida periferia del nord di Londra.

Nel 1893 il padre dichiarò bancarotta e gran parte delle proprietà familiari furono vendute. Da questa situazione i Richardson poterono risollevarsi solo grazie all'aiuto economico di Arthur Bachelor, allora fidanzato e poi marito di Kate, una delle sorelle.

Nel 1895 anche Jessie si sposava e Dorothy veniva assunta come governante da una famiglia della ricca borghesia. La sorella maggiore, Alice, si trovava nel Wiltshire, dove lavorava anche lei come governante, e dunque era per lo più Dorothy a doversi prendere cura della madre, che sprofondava sempre di più nella sua malattia. Il medico consigliò di farle fare un viaggio per cambiare aria e Dorothy accettò l'offerta, da parte di una parente, di un soggiorno ad Hastings. Le due donne avrebbero dovuto rimanervi un mese, ma una mattina, di ritorno da una passeggiata, Dorothy trovò la madre morta: si era uccisa tagliandosi la gola con un coltello da cucina.

La morte della madre segnava una svolta decisiva nella vita di Dorothy: la casa non esisteva più, i membri della famiglia si disperdevano, bisognava che anche lei andasse per la sua strada.

Le fu proposto un lavoro come segretaria e assistente presso lo studio dentistico londinese del figlio di vecchi amici di famiglia ed ella decise di accettare. Così si trasferì a Londra dove visse da sola, con il salario di una sterlina la settimana. Ma la libertà di cui godeva le faceva dimenticare l'estrema povertà; imparava ad andare in bicicletta, fumava, indossava i primi pantaloni, familiarizzava con nuove idee (il movimento delle suffragette, il socialismo fabiano, la religione dei quaccheri).

In questo periodo Dorothy conobbe H.G. Wells, con il quale intrecciò una relazione destinata a durare alcuni anni.

A poco a poco, dal lavoro di segretaria Dorothy passò a quello

di traduttrice e poi a quello di giornalista. Alcuni bozzetti da lei scritti per la

Saturday Review suscitarono una tale approvazione che le fu chiesto di scrivere un romanzo. Era il 1912 quando Richardson diede inizio alla monumentale opera alla quale dedicò il resto della sua vita, il romanzo in tredici volumi (di cui l'ultimo è rimasto incompiuto) che avrebbe avuto come titolo Pilgrimage.

Nel 1917, Richardson sposava Alan Odle, un artista sconosciuto, di sedici anni più giovane di lei e dalla salute piuttosto cagionevole. Alla morte di questi, nel 1948, la scrittrice si trasferì in Cornovaglia dove visse in totale solitudine fino al 1951 quando, malata di herpes zoster, sintomo probabile di un cancro, dovette essere ricoverata in un ospizio. Lì trascorse gli ultimi, dolorosi tre anni della sua esistenza, derisa e misconosciuta dagli altri ospiti e dalle infermiere.



L'opera

A parte numerosi articoli giornalistici ed una raccolta di racconti, dal titolo Journey to Paradise, Dorothy Richardson dedicò la sua intera esistenza, sebbene a intervalli, alla composizione di Pilgrimage, un novel in progress in 13 volumi basato sugli avvenimenti della sua vita.

Dopo la pubblicazione del primo volume-capitolo, Pointed

Roofs, avvenuta nel 1915, comparvero in successione: Backwater (1916), Honeycomb (1917), The Tunnel (febbraio 1919), Interim (dicembre 1919), Deadlock (1921), Revolving Lights (1923), The Trap (1925), Oberland (1927), Dawn's Left Hand (1931), e Clear Horizon (1935). Il dodicesimo volume, Dimple Hill, comparve nella prima edizione collettanea di Pilgrimage, risalente al 1938, che fu pubblicizzata come "the complete work of twelve parts, including one not hitherto published" .

Richardson non aveva concepito Dimple Hill come volume conclusivo dell'opera, ma i debiti che la legavano alla casa editrice, la J. M. Dent & Cresset Press, le impedirono di opporsi a tale progetto di pubblicazione.

Solo ventinove anni più tardi e dieci anni dopo la morte della scrittrice, il pubblico venne a conoscenza dell'esistenza di un tredicesimo volume, March Moonlight, cui Richardson aveva lavorato negli ultimi anni della sua vita, lasciandolo probabilmente incompiuto. Osserva infatti Fromm che i dieci capitoli dattiloscritti pervenutici contano soltanto 40.000

parole contro le 55.000 dei volumi precedenti[9]. E' quindi ipotizzabile che soltanto i tre quarti del libro fossero stati completati dalla scrittrice prima che la morte interrompesse il suo lavoro.

Non si può neppure affermare con certezza che Richardson intendesse aggiungere all'opera soltanto un testo. George Thomson, per esempio, nella sua guida alla lettura di Pilgrimage, sostiene che in realtà la scrittrice avesse progettato un'intera sezione aggiuntiva di cui March Moonlight doveva essere solo il capitolo iniziale.

A mio avviso, è probabile che Richardson intendesse proseguire l'opera fino al momento in cui l'eroina si siede per cominciare a scrivere ciò che il lettore ha appena finito di leggere, trovando così nella vocazione letteraria il senso della propria esistenza.

Comunque stiano le cose la delusione per l'iniziativa degli editori di pubblicare una versione definitiva dell'opera, cosa che denotava la loro stanchezza di fronte al continuo accumularsi di materiale; l'avvilimento causato dalla recente esperienza della guerra; la sofferenza provocata dal male che aveva cominciato a tormentarla furono tutti fattori che

rallentarono la composizione dell'opera e le impedirono di portarla a conclusione.

Pilgrimage rimase, quindi, 'an unfinished whole'[11], un pellegrinaggio che non conduce a nulla e che per questo è stato giudicato da molti un fallimento, una successione indeterminata di episodi messi insieme senza un progetto coerente.

In realtà si tratta di ben altro: i titoli e il contenuto di ciascun romanzo si configurano come "le tappe del percorso di un labirinto. (.) metafora trasparente della vita intesa come viaggio"[12].

Nel labirinto il viaggiatore deve procedere senza una mappa, muovendosi nello spazio che si sviluppa davanti a lui senza sapere con sicurezza quale strada scegliere e basandosi sugli errori di percorso per cercare di orientarsi. Nel romanzo Richardson, in 2000 pagine, descrive il difficile cammino che Miriam, la protagonista, intraprende all'interno della propria coscienza per scoprire e costruire se stessa. A questa scoperta il personaggio perverrà attraverso il coraggioso atto dell'abbandono della casa paterna ed attraverso le esperienze e le conoscenze accumulate nel corso del suo viaggio.

Pilgrimage è, sotto questo aspetto, un Bildungsroman, un romanzo di formazione, in cui ciascun avvenimento esterno ha una sua influenza nello sviluppo della soggettività della protagonista.

Seguiamo brevemente le tappe che Miriam percorre: la storia ha inizio nel 1891, quando la giovane, per far fronte alle difficoltà economiche della famiglia, accetta un posto come istitutrice in un collegio femminile tedesco. Le difficoltà d'inserimento in un ambiente estraneo, gli errori involontari che la sua inesperienza e giovinezza la inducono a compiere le fanno perdere la fiducia in un possibile successo. Ella abbandona, quindi, i tetti aguzzi (Pointed Roofs) delle case di Hannover: è stato un tratto errato del percorso, si torna indietro (Backwater).

Di nuovo a casa, Miriam sceglie di continuare a lavorare, sempre come insegnante, in una scuola della periferia di Londra. La sua vita sembra essere tornata quella di una volta: ella si reinserisce nella vecchia cerchia d'amicizie, ritrova i suoi corteggiatori, riprende a frequentare i balli. Ma il senso d'indipendenza e di soddisfazione nello scoprire in sé la forza di costruire la propria vita, già sperimentato da Miriam a Hannover, le impedisce di continuare per la strada consueta. La giovane accetta, quindi, un posto come governante in una famiglia borghese, ricca ma volgare e ignorante. Diversa per sensibilità e cultura Miriam si scontra con la rigida struttura della società vittoriana, quasi un alveare (Honeycomb), in cui la donna è principalmente moglie e madre e si vede negata ogni ambizione intellettuale o la possibilità di esprimere liberamente se stessa.

Miriam comprende che bisogna trovare una via d'uscita. Ecco, dunque, che le si prospetta un nuovo corridoio (The Tunnel): l'opportunità di lavorare a Londra come segretaria-assistente in un gabinetto dentistico. Questa nuova esperienza la porterà a contatto con gli ambienti più svariati: Miriam frequenta concerti, partecipa alle riunioni dei socialisti fabiani, conosce il movimento delle suffragette, entra in contatto con numerosi scrittori, tra cui Hypo Wilson, marito di una sua ex-compagna di scuola.

Tutte queste nuove realtà disorientano Miriam che, alla ricerca della strada da seguire, si ferma a riflettere su se stessa (Interim). Nella pensione in cui alloggia arriva un ebreo russo emigrato, Michael Shatov, con cui Miriam vive la prima esperienza d'amore. Nonostante la sincerità dei propri sentimenti, la giovane tuttavia si rende conto di non poter accettare un legame definitivo, che porrebbe fine alla sua ricerca.

Il matrimonio con Shatov sarebbe un vicolo cieco (Deadlock), bisogna esplorare nuovi sentieri. Diverse e svariate vie le si aprono dinanzi (Revolving Lights): Miriam diventa una donna politicamente impegnata, Hancock, il medico presso il quale lavora, le chiede di sposarlo, Wilson la coinvolge in una compromettente relazione amorosa.

Una serie di circostanze concorrono a provocare in Miriam un forte stress: il trasloco in un appartamento che aveva deciso di condividere con un'amica, poi rivelatasi estremamente invadente e moralista; il rapporto sempre più complesso con Hypo Wilson; la pressione del lavoro. Sull'orlo di una crisi nervosa Miriam decide di fuggire da questa situazione in cui si sente intrappolata (The Trap) e si mette quindi in viaggio per Oberland.

Il lungo viaggio compiuto da sola, nella notte, l'aiuta a giungere ad una risoluzione: lascerà il lavoro di segretaria per diventare una giornalista. Imboccherà, dunque, un nuovo sentiero e sceglierà un'altra direzione (Dawn's Left Hand). Durante il percorso arriva l'emozione della pubblicazione del suo primo libro, una traduzione, e quella di un vero legame d'amicizia con Amabel, giovane femminista militante che stabilisce con lei un rapporto di comunicazione emotiva perfetta, quale non le era mai stato possibile stabilire con gli uomini.

Miriam scopre di aspettare un bambino, frutto della sua relazione con Hypo; lo confessa a Michael che le chiede di sposarlo subito per regolarizzare la sua situazione, ma ella rifiuta. Partecipa poi, per la prima volta, ad una dimostrazione per il suffragio universale, durante la quale Amabel viene arrestata e processata. Miriam, sottoposta a grave stress emotivo e fisico, proprio quando aveva deciso di tenere il bambino, lo perde a causa di un aborto spontaneo.

A questo punto, tutto le diventa chiaro (Clear Horizon): rinuncerà a qualsiasi legame e solo nella scrittura troverà piena realizzazione. Messasi di nuovo in viaggio, Miriam si rifugia questa volta presso una famiglia di quaccheri, i Roscola, in una fattoria in cui vive a contatto con la natura (Dimple Hill). Il soggiorno è brevemente interrotto dal suo ritorno a Londra in occasione del matrimonio di Michael e Amabel.

Alla fattoria uno dei Roscola s'innamora di lei, ma Miriam sente di non poter appartenere a quel mondo e decide di rimettersi in cammino. Ventiquattro anni sono passati dacché la luna di marzo l'aveva accompagnata nel suo primo viaggio verso la libertà. Una nuova luna di marzo (March Moonlight) la conduce alla meta: una stanza a Londra, in una soffitta, lontana da tutti, dove poter scrivere in solitudine.

Pilgrimage nella cultura del suo tempo

L'accoglienza che il mondo letterario inglese riservò all'opera di Richardson è piuttosto varia e ben pochi furono coloro che seppero davvero apprezzare i meriti della scrittrice.

Le reazioni più favorevoli furono quelle di Ford Madox Ford e John Cowper Powys. Il primo definì Richardson come "the most abominably unread recent novelist" , e l'autrice stessa lo ritenne l'unico ad aver realmente compreso il vero significato della sua opera: "Ford saw what without - realising - its - effect - upon - the - developm. - of - the - novel (odious word) I was moved to do" . Powys, positivamente impressionato dalla lettura di Pilgrimage, dedicava a Richardson un breve entusiastico saggio in cui accostava Miriam ai grandi eroi della letteratura occidentale, Amleto e Faust: "To find (Miriam's) speriors in intellectual interest one is compelled to turn to such world-famous figures as Hamlet and Faust. But even Hamlet and Faust do not fill the spiritual gap, do not supply the sub-conscious material, claimed, as her right, by Miss Richardson's young woman. Why not? Because both of these are essentially projections of the male quest for essence of human experience; and Miriam is a projection of the female quest for this essence" .

Meno entusiasta, H. G. Wells scriveva, nel 1917, che Richardson "had probably carried impressionism in fiction to its further limits" , estremi ai quali egli guardava con sospetto.

Anche Kathrine Mansfield non era molto propensa ad appoggiare 'lo stile ambizioso' di Pilgrimage che giudicava, nella sua recensione a The Tunnel, frutto di un egoismo ingiustificabile: "Miss Richardson has a passion for registering every single thing that

happens in the clear, shadowless country of her mind. One cannot imagine her appealing to the reader or planning out her novel; her concern is primarily, and perhaps, ultimately, with herself. "What cannot I do with this

mind of mine!" one can fancy her saying"[17].

Grande interesse dimostrò invece Virginia Woolf, ancora alla ricerca di una propria forma, anche se nelle sperimentazioni di Joyce e Richardson, intravedeva il rischio di una narrazione rigidamente soggettiva: "Suppongo che il pericolo sia nel dannato egocentrismo; che a mio parere rovina Joyce e Richardson: si è abbastanza pieghevoli e ricchi da provvedere una parete che ci divida dal libro senza che essa divenga, come in Joyce e Richardson, limite e costrizione?" .

In una recensione a The Tunnel Woolf dimostrava successivamente di aver saputo leggere le valenze estetiche profondamente innovative dello stile della Richardson: "I capitoli che creano tensione e i capitoli che la sciolgono; i tipi che sono sempre tipici; le scene piene di passione e le scene piene di umorismo; l'elaborata ricostruzione della realtà; la concezione che informa e abbraccia il tutto. Tutte queste cose vengono buttate via e rimane solo, denudata e esposta, senza principio e senza fine, la coscienza di Miriam Henderson, a registrare l'una dopo l'altra, e l'una sopra l'altra, parole, grida, urla, note di violino, frammenti di conferenze, a seguire queste impressioni mentre passano come un lampo per la mente di Miriam, risvegliando incongruamente altri pensieri, e intrecciando incessantemente i multicolori e innumerevoli fili della vita" .

Chi conosce il sistema compositivo della Woolf sa bene che è questa la strada per la quale ella avrebbe proseguito, portando la lezione appresa da Richardson ad un massimo grado di raffinatezza e perfezione.

Elogiata o criticata, Richardson, in ogni caso, era innegabilmente degna di considerazione, per l'innovazione che consapevolmente si era proposta di apportare ai metodi di narrazione convenzionali. Senza il supporto di un ambiente culturalmente ed economicamente favorevole, senza la possibilità (allora preclusa al sesso femminile) di seguire un regolare corso di studi, Richardson era una self-made-woman che, con la sua genialità e basandosi soltanto sulle sue capacità, era riuscita a preparare la strada per quella grande rivoluzione

narrativa di cui altri scrittori avrebbero poi raccolto gli allori.


"L'equivalente femminile del contemporaneo realismo maschile"

Per comprendere in che modo la figura di Dorothy Richardson si colloca all'interno della tradizione letteraria inglese, sarà utile tener conto di quanto la scrittrice stessa, nella prefazione alla prima edizione collettanea di Pilgrimage, affermava a proposito del ruolo da lei esercitato nella narrativa sperimentale del primo Novecento.

La scrittrice spiegava come, avendo conosciuto ed apprezzato il grande maestro del realismo, Balzac, ed il suo primo seguace inglese, Arnold Bennett, non poteva che provare insoddisfazione nei confronti dei successivi romanzieri realisti che "alle lenti rosacee del telescopio degli scrittori di romance, avevano sostituito un banale vetro per narrare proteste in chiave biografico autobiografica" .

Decisa ad intraprendere la carriera letteraria, Dorothy

Richardson si rifiutava di proseguire la tradizione realista che era stata, fino allora, prevalentemente al maschile; d'altro canto respingeva anche l'idea di

entrare nel "battaglione di donne che scrivono storie d'amore"[21]. Ella sceglieva, invece, per sé un sentiero solitario ".attempting to produce

a feminine equivalent of the current masculine realism" .

Come molti critici non mancarono di rilevare, infatti, Pilgrimage era un testo realista, nel senso che la scrittrice ritraeva con accurata precisione gli eventi della sua vita nello sfondo dei fatti storici e culturali della sua epoca. Persone, fatti, luoghi e riferimenti temporali trovavano effettivo riscontro nella realtà, per questa ragione l'opera, che copre l'arco di tempo compreso fra il 1890 e il 1915, risulta essere la fedele registrazione di quello che Bryher definì: "The slow progression from the Victorian period to modern age" .

La cura nei dettagli, dimostrata nelle lunghe e particolareggiate descrizioni, testimonia pure il particolare intento realistico della scrittrice, il cui stile Ford Madox Ford definiva nei termini seguenti: " The chief characteristic.is an extreme, almost Flemish, minuteness of rendering of objects and situations perceived through psychologies of the character"[24].

Si trattava, comunque, di un realismo diverso rispetto a quello di Wells e dei suoi contemporanei, da cui Richardson si distaccava per approdare ad un nuovo tipo di narrazione soggettiva e focalizzata interiormente, nella resa della realtà della coscienza, in cui immagini e percezioni del presente e del passato si fondono all'interno della mente osservatrice e contemplativa della protagonista.

La scrittrice non si limitava, quindi, a presentare l'immobile e statico affresco del suo tempo, del suo ambiente, delle vicende della sua esistenza privata: ella registrava l'essenza della vita stessa e ne coglieva l'incessante e pulsante divenire, presentandolo ai nostri occhi come se stesse svolgendosi in quel momento. Nelle parole di May Sinclair: "By presenting what happens in the mind, Miss Richardson seizes reality alive" .

Questo nuovo tipo di realismo poneva, dunque, al centro dell'attenzione l'esplorazione psicologica del personaggio, secondo un procedimento inaugurato da Henry James e che Richardson intravedeva già in un passo tratto dal V libro de Gli anni dell'apprendistato di Wilehlem


Meister di Goethe, a suo dire un vero e proprio "manifesto letterario", in cui si esprimeva l'esigenza di un nuovo uso del personaggio: "In the novel, reflections and incidents should be featured; in drama, character and action. The novel must proceed slowly, and the thought - processes of the principal figure must, by one device or another, hold up the development of the whole..The hero of the novel must be acted upon, or, at any rate, not himself the principal operator..Grandison, Clarissa, Pamela, the Vicar of Wakefield, and Tom Jones himself, even where they are not acted upon, are still retarding personalities and all the incidents are, in a certain measure, modelled according to their thoughts"[26].

Ad ogni modo Richardson pure aveva piena consapevolezza dei suoi meriti, se poteva scrivere che, poco tempo dopo la travagliata pubblicazione del primo volume di Pilgrimage (Pointed Roofs), il sentiero solitario da lei intrapreso era diventato una strada popolata, dove s'incontravano numerosi passanti fra cui ".a woman mounted upon a magnificently caparisoned charger, (.) a man walking, with eyes devoutly closed, weaving as he went a rich garment of new words wherewith to clothe the antique dark material of his engrossment" . Le due figure cui Richardson fa riferimento sono, con ogni probabilità Woolf e Joyce.

Continuava la scrittrice: "News came from France of one Marcel Proust, said to be producing an unprecedently profound and opulent reconstruction of experience focused within the mind of a single individual" .

Richardson appariva, dunque, perfettamente consapevole dell'importanza del contributo da lei apportato alla nascita del nuovo genere

narrativo, per il quale cominciavano ad apparire varie definizioni.

L'espressione stream of consciousness, coniata da May

Sinclair, non incontrava le simpatie della scrittrice che nel 1933, intervistata da S. Kunitz, l'aveva descritta come caratterizzata da 'completa imbecillità'[29].

Nel Foreword Richardson spiegava le ragioni del suo dissenso (non è opportuno a suo giudizio paragonare la coscienza ad un flusso: i pensieri fluiscono, mentre il nucleo centrale della mente rimane stabile), giudicando più appropriati i termini in uso oltre oceano, 'slow motion photography' e 'interior monologue'.

Riprendeva più tardi l'argomento, in un'intervista con Vincent

Bröme: "Stream of consciousness is a muddle-headed phrase. It's not a

stream, it's a pool, a sea, an ocean. It has depth and greater depth and when you think that you have reached its bottom there is nothing there and when you give yourself up to one current you are suddenly possessed by another" .

Ad ogni modo, qualunque terminologia si voglia scegliere, con Pointed Roofs nasceva una nuova tecnica e Richardson era cosciente di esserne stata l'iniziatrice. A questo romanzo rivolgeremo ora la nostra attenzione per scoprire in che modo le premesse innovatrici della scrittrice trovarono, sin dall'inizio della sua carriera letteraria, una realizzazione pratica.



John Rosenberg, Dorothy Richardson The Genius They Forgot: A Critical Biography, London, Duckworth, 1973.

Ivi, p. ix.


C. Watts, Dorothy Richardson, Plymouth, Northcote House, 1995.

S. Gervitz, Narrative's Journey: The Fiction and Film Writing of Dorothy Richardson, New York, Peter Lang Publishing, 1996.

G. Thomson, Reader's Guide: Pilgrimage, Greensboro, ELT Press, 1996.

K. Bluemel, Experimenting on the Borders of Modernism, Athens, University of Georgia Press, 1997.

Leon Edel, "Dorothy Richardson, 1882-1957", Modern Fiction Studies, 4 (Winter 1958), pp. 165-8, cit. in S. Sciarrino, Pilgrimage di Dorothy Richardson o dell'itinerario di una coscienza, Palermo, Quaderno 8 nuova serie, Università degli studi di Palermo, 1995, p. 67. ("Dorothy Richardson ci offre in certe pagine una straordinaria luminescenza emozionale - così come, dal punto di vista storico, una registrazione della sperimentazione di una nuova tecnica, l'opportunità di prendere in esame una svolta nel romanzo moderno inglese. C'è la concreta possibilità che una nuova generazione di lettori - se continueranno ad esserci lettori - possa davvero scoprire Dorothy Richardson per la prima volta").



G. Fromm, Dorothy Richardson: A Biography, Athens e Londra, University of Georgia Press, 1994, p. 310. ("L'opera completa, in dodici parti, inclusa una mai pubblicata ").





Ivi, p. 370.

Cfr. G. Thomson, op. cit., p. 54.


K. Bluemel, op. cit., p. 1, 'un insieme non terminato'.

E. Siciliani, Documenti per una Auto/Biografia minima, Bari, Adriatica Editrice, 1988,

p. 42.



Ford Madox Ford, The March of Literature, cit. in Bluemel, op. cit., p. 178. ("La romanziera moderna abominevolmente meno letta").

Lettera di D. Richardson a Henry Savage, 6 gennaio 1950, in G. G. Fromm, Windows on Modernism, Athens e Londra, University of Georgia Press, 1995, p. 629. ("Ford vide senza - comprendere - i suoi - effetti - sullo - sviluppo - del - romanzo (odiosa parola) quello che io mi proponevo di fare").



J. Cowper Powys, Dorothy M. Richardson, Londra, Joiner and Steele, 1931, p. 6. ("Per trovare superiori (a Miriam) in interesse intellettuale si è costretti a volgersi a figure famose in tutto il mondo quali Amleto e Faust. Ma persino Amleto e Faust non colmano il vuoto spirituale, non forniscono il materiale sub-cosciente, rivendicato come proprio diritto dalla giovane eroina di Miss Richardson. Perché no? Perché entrambi sono proiezioni della ricerca maschile dell'essenza dell'esperienza umana; e Miriam è proiezione della ricerca femminile di questa essenza").

H. G. Wells cit. in G. G. Fromm, Dorothy Richardson: A Biography, cit., p. 105/6. ("Aveva portato l'impressionismo nella narrativa ai suoi estremi").



K. Mansfield cit. in K. Bluemel, op. cit., p. 19. ("Miss Richardson ama registrare qualsiasi cosa accada nella regione chiara e senz'ombre della sua mente. Si può immaginare il fascino esercitato sul lettore e il modo in cui pianificava il suo romanzo; sua prima preoccupazione, e forse unica, era se stessa. "Cosa non posso fare con questa mia mente!" si può immaginare che dicesse").

V. Woolf, Diario di una scrittrice, Torino, Giulio Einaudi Editori, 1981, p. 44.



M. Barret (a cura di), Virginia Woolf: Le donne e la scrittura, Milano, La Tartaruga edizioni, 1995, p. 200.



E. Siciliani, op. cit., p. 55.

Ibidem

D. M. Richardson, Foreward alla prima edizione collettanea di Pilgrimage, Londra, Dent and Cresset Press, 1938, 4 voll., p. 9. (".tentando di produrre l'equivalente femminile del contemporaneo realismo maschile").

W. Bryher, cit. in C. Watts, op. cit., p. 4. ("La lenta evoluzione dal periodo Vittoriano all'età moderna).

F. M. Ford, cit. in G. Thomson, op. cit., p. 4. ("La principale caratteristica.è una minuziosità estrema, e quasi fiamminga, nella resa di oggetti e situazioni percepiti attraverso la psicologia dei personaggi").



M. Sinclair, cit. in G. Thomson, op. cit., p.5. ("Presentando ciò che accade nella mente, la signorina Richardson coglie la realtà viva").


W. Goethe cit. in D. Richardson, Foreward, cit. p. 11. ("Nel romanzo dovrebbero essere messi in rilievo riflessioni ed eventi; nel dramma, il personaggio e l'azione. Il romanzo deve procedere lentamente, e la successione dei pensieri del protagonista deve, tramite un espediente o l'altro, sostenere lo sviluppo dell'insieme.. L'eroe del romanzo deve essere oggetto dell'azione, o, comunque non deve essere lui il maggiore responsabile dell'azione.. Grandison, Clarissa, Pamela, il Vicario di Wakefield, e lo stesso Tom Jones, anche quando non sono oggetto d'azione, sono comunque personalità che producono un rallentamento della vicenda e tutti gli eventi sono, in certa misura, modellati secondo i loro pensieri").

D. Richardson, Foreword, cit., p. 10. ("Una donna, su un destriero magnificamente bardato, (.) un uomo dagli occhi devotamente chiusi, che avanzava tessendo una ricca veste di nuove parole con cui rivestire l'antico, oscuro materiale della sua meditazione").

Ibidem. ("Giungevano notizie dalla Francia di un certo Marcel Proust, che si diceva stesse producendo una ricostruzione dell'esperienza di una profondità e ricchezza senza

precedenti focalizzata dall'interno della mente di un singolo individuo").

S. Kunitz, Authors Today and Yesterday, cit. in E. Siciliani, op. cit., p. 32.



Vincent Bröme, A Last Meeting with Dorothy Richardson (1951), in E. Siciliani, op. cit., p132. ("Stream of consciousness è una frase confusa. Non è un flusso, è uno stagno, un

mare, un oceano. Ha immense profondità e quando pensi di averne raggiunto il fondo non trovi nulla, e quando ti lasci andare ad una corrente improvvisamente sei posseduto da un'altra").

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