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Il 26 Maggio 1883 sul periodico parigino "Le Chat Noir" ("Il gatto nero") Paul Verlaine pubblicava un sonetto dal titolo Languer (Languore), in cui affermava di identificarsi con l'atmosfera di stanchezza e di estenuazione spirituale dell'Impero romano alla fine della decadenza, ormai incapace di forti passioni e di azioni energiche. Il sonetto interpretava uno stato d'animo diffuso nella cultura del tempo, il senso di disfacimento e di fine di tutta una civiltà, per cui si avvertiva un'affinità con il periodo del tardo Impero romano e si esaltava la suprema raffinatezza ed eleganza di simili momenti in cui una civiltà può esprimersi in forme squisite.
Il movimento trovò il suo portavoce nel 1886 in un periodico, "Le Décadent" diretto da Anatole Baju. La "Bibbia" del Decadentismo e il suo manifesto è sicuramente il romanzo A rebours (Controcorrente) di Joris-Karl Huysmans (1884). Il romanzo segue le sorti del fragile Des Essaints, che cerca invano la redenzione in esperienze estetiche esasperate ed è disgustato dalla società del tempo. Il protagonista è un'esteta, cioè assume come principio regolatore della sua vita non i valori morali, il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, ma solo il bello, ed esclusivamente in base ad esso agisce e giudica la realtà. Il romanzo esercitò forti suggestioni anche in scrittori di altri paesi, come D'annunzio, che vi si ispirò nel Piacere (1889), e Wilde nel Ritratto di Dorian Gray (1891).
Il termine "decadentismo", quindi, originariamente indicava un determinato movimento letterario, sorto in un dato ambiente, quello parigino durante gli anni Ottanta, con un preciso programma culturale, espresso esplicitamente da manifesti, organi di stampa e altre pubblicazioni..
Il Decadentismo può a buon diritto essere ritenuto una seconda fase del Romanticismo, anche se il primo ha una sua fisionomia specifica, che rimanda ad un clima culturale e storico particolare, ma per massima parte i suoi aspetti più salienti si individuano rispetto al Romanticismo più come sconvolgimenti, accentuazioni, esasperazioni, che come novità assolute.
Gli aspetti che più propriamente caratterizzano il nuovo clima decadente di fine secolo, rispetto al Romanticismo, potrebbero così schematizzarsi:
T Romanticismo l'età romantica, sulla base di un comune irrazionalismo, del rifiuto della realtà e della fuga verso un "altrove" ideale e fantastico, si segnalava per il suo slancio energico, per l'anelito all'infinita espansione dell'io, per le forme di ribellione eroica e titanica, che rivelano energia spirituale. Esaltava la forza creatrice immediata del genio, poneva come valore supremo la "natura", tutto ciò che è spontaneo e immediato.
T Decadentismo: è invece contrassegnato da un senso di stanchezza, estenuazione, languore, smarrimento, da un presentimento di fine e di sfacelo, che inibisce ogni slancio energico e induce a ripiegarsi nell'analisi inerte della propria "malattia" e debolezza. Il decadente tende così ad esaltare l'artificio, la complicazione, ciò che è prodotto di un lavoro squisito.
La crisi della coscienza, il rifiuto della realtà, le tematiche negative sono tutti i fattori che accomunano Romanticismo e Decadentismo. Ma gli aspetti più specifici del clima decadente, il senso di esaurimento e di sconfitta, il fascino della malattia, la crisi della nozione dell'individuo capace di dominare il reale, con la conseguente frammentazione dell'io e le sue complicazioni perverse, il soggettivismo esasperato e la chiusura alla realtà esterna, la fuga totale nell'irrazionalismo e nel misticismo, possono essere messi in relazione con gli sviluppi che caratterizzano particolarmente la situazione europea di fine secolo: la grande industria, con l'impiego massiccio delle macchine, la produzione su vasta scala, la razionalizzazione del processo produttivo. Quest'ultimo si fa sempre più impersonale: l'individuo energico e creatore esaltato nel momento eroico e pionieristico del capitalismo non conta più nulla. Ci sono ormai le società di massa in cui gli individui si riducono a rotelle di un ingranaggio sempre più perfezionato che ne condiziona comportamenti, idee, scelte. La crisi dell'individuo che caratterizza la cultura decadente ha la sua origine in questi processi.
Il motivo è particolarmente sentito dagli intellettuali perché le trasformazioni sociali investono direttamente e violentemente. Nell'apparato industriale e finanziario monopolistico l'intellettuale umanista tradizionale non trova più posto, è spinto ai margini, si sente inutile e frustrato.
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