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Confronto tra Machiavelli e Guicciardini




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Confronto tra Machiavelli e Guicciardini


Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini sono due importanti umanisti vissuti a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Le opere letterarie più significative che questi personaggi ci hanno lasciato sono rispettivamente "Il Principe" e "I Ricordi", entrambe focalizzate sulla politica, anche se con punti di vista abbastanza contrastanti.

Per esempio, i due non sono affatto d'accordo riguardo alla forma di governo migliore che può vigere in uno stato: il primo ritiene, infatti, che la repubblica sia preferibile ad ogni altra, anche se, in momenti di particolare crisi come quello che l'Italia stava attraversando alla fine del '400, l'esigenza di un signore, ossia di un'autorità d'eccezione, lo porta a lodare il principato. Il secondo, al contrario, preferisce un governo di tipo oligarchico o monarchico, cioè autoritario, in quanto pensa che le forme democratiche siano troppo deboli: è infatti difficile che si riescano a trovare idee comuni.

Per quanto riguarda, invece, il rapporto con la storia e soprattutto con gli avvenimenti dell'età classica, è da sottolineare il grande interesse che Machiavelli ha nei confronti delle vicende passate, poiché ne prende ampiamente spunto, utilizzando un metodo induttivo, adattando situazioni già verificatesi a quelle della sua epoca, ricavando così insegnamenti sempre validi, universali. Parla infatti di historia magistra vitae. Guicciardini pensa esattamente l'opposto, ossia che occorre procedere con un metodo deduttivo, studiando ogni circunstanza nella sua condizione e nella sua individualità, e poi agendo di conseguenza. Usando il termine discrezione, dal latino discerno, sottolinea come si devono valutare con precisione le peculiarità di un avvenimento, in quanto per lui non si può assolutamente generalizzare, come invece faceva Machiavelli. Della storia romana, inoltre, egli non tiene assolutamente conto, poiché, come ho già detto, quel modello e quegli schemi si riferiscono al passato e quindi non sono applicabili al presente. Per di più, è importante ricordare anche le loro opinioni contrastanti sulla condizione dell'uomo. Niccolò, infatti, ha una visione aspramente pessimistica sull'umanità, che considera come una massa triste, cioè malvagia, con la quale si possa trattare solo utilizzando la "componente bestiale" del proprio animo. Francesco, al contrario, ha una visione più positiva, affermando che gli uomini sono più propensi al bene che al male, anche se per la loro fragilità spesso scelgono la strada sbagliata. Fondamentale è infine anche il rapporto virtù-fortuna: per Machiavelli la fortuna, intesa come sorte, "gioca" continuamente con la vita d'ogni uomo, ma è possibile sfruttare le proprie virtù per fare provvedimenti e con ripari e argini. Per Guicciardini, invece, la sorte è ciò che ha maggior rilevanza nella realtà, e di conseguenza non si può parlare di virtù. Per concludere, si può dire che le opinioni di questi due umanisti sono nettamente discordanti e sull'ideale politico, e sul rapporto con le vicende passate, e con l'uomo ed il suo rapporto con la realtà.

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