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Confronto tra la visione della vita fra Cristoforo e Don Rodrigo in base alla lettura del dialogo tra i due personaggi
Don Rodrigo e Fra Cristoforo si incontrano per la prima volta quando quest'ultimo decide di incontrare il prepotente per distoglierlo dai suoi propositi. Si reca, quindi, al palazzotto del nobile che nel frattempo è a pranzo con i suoi ospiti, fra i quali sono presenti molte importanti personalità. Dopo un'animata discussione che degenera quasi in rissa, fra Cristoforo e Rodrigo si appartano per poter parlare più liberamente.
L'episodio dello scontro diretto fra i due è altamente drammatico, infatti, l'atteggiamento arrogante del nobile ci induce già a prevedere un esito insoddisfacente che si può intuire essere turbolento e che quindi possiamo considerare più un duello che un dialogo conciliante.
Davanti all'aggressione di Don Rodrigo, padre Cristoforo è titubante, ma solo perché cerca le parole più adatte per entrare nell'animo del suo interlocutore così da persuaderlo senza offenderlo.
Il frate è un personaggio, dotato di grande coraggio e di una ben affermata personalità, che soccorre gli umili, aiuta i deboli e combatte contro i potenti.
Ha capito che i valori più importanti della vita sono l'umiltà, la carità, il perdono e soprattutto ha la convinzione che tutto fa parte di un quadro provvidenziale.
Lo spirito guerriero che animava Lodovico, ora è frenato dalla forza della fede.
Come risulta dal dialogo, il frate la forza non violenta dell'onore e della giustizia, la sua figura è quella di un profeta disarmato, il suo linguaggio è quello della verità.
Affronta il potente esponendo con prudenza e in modo reale l'oggetto della sua richiesta.
Don Rodrigo è forte del suo privilegio derivato dalla sua condizione sociale e, senza porsi alcun problema nella sua coscienza, cerca di prevalere sugli altri con la violenza, servendosi addirittura delle istituzioni che dovrebbero garantire la giustizia. Aggredisce, attaccandolo e provocandolo, il frate, per distogliere da se le accuse e le responsabilità; le sue parole sono violente e tendono a ferire, diversamente da quelle di padre Cristoforo che spera di redimere il signorotto dalla sua colpa.
Quindi possiamo dire che i due hanno una visione della vita totalmente diversa; infatti fra Cristoforo si basa sul valore religioso.
Ha degli ideali ben precisi ed essendo convinti sui suoi pensieri e sulle sue azioni è anche determinato nello svolgerli, motivo per cui, nonostante sia disarmato, riesce a mettere alle strette Don Rodrigo.
Inoltre considera la vita come un qualcosa da vivere nell'aiutare gli altri e nelle giustizia ma sempre attraverso il bene e gli ideali religiosi per i quali è molto scrupoloso.
Don Rodrigo, sebbene sia colui che, con il suo agire avventato e prepotente, rende possibile tutta la vicenda, è l'unico personaggio di cui non ci venga fatta una presentazione, né fisica, né morale. Noi lo conosciamo solo attraverso i simboli e gli attributi della sua forza e della sua autorità, il palazzotto e gli sbirri, e attraverso il suo agire, o meglio le conseguenze del suo agire.
Don Rodrigo non è un tipo di malvagio, un anti-ideale, la sua individualità è prodotta da un complesso di motivi storici. In Don Rodrigo ci sono tutte le caratteristiche meschine: orgoglio di casta, puntiglio e natura borghese. Questo suo comportamento emerge quando anziché abbandonare l'idea dell'impresa di rapire Lucia, specialmente dopo il discorso di fra Cristoforo, è costretto a condurre l'impresa fino in fondo per una questione di puntiglio ed orgoglio familiare nei confronti di suo cugino Attilio. Egli è il nobilotto che reputa tutto ciò che gli si trova intorno, uomini e cose come roba sua, e cerca far valere il suo diritto con la forza, circondato di bravi. Il mondo non è lo più stesso, ci sono lo Stato e la legge; c'è un'ombra di borghesia che sovrasta sopra di lui, il podestà, il console, il notaio, l'avvocato; questo lo rende ancor più cattivo, costringendolo ad agire con la violenza e la corruzione. La sua vita non ha scopo; l'ozio rode in lui tutto ciò che di elevato vi aveva posto la natura e lo tramuta in male. Ciò che lo spinge e al tempo stesso lo frena è questa interrogazione: 'Cosa diranno di me i miei pari?'. Così, per esempio, si può affermare chela sua grandezza artistica e la sua forza di suggestione, che si diffonde segretamente per tutto il romanzo, è proprio in quell'assoluta insensibilità morale, in quell'assoluta mancanza nonché di riflessione anche di pensiero, in quella prepotenza bruta e capricciosa, in quella vita d'istinto che non sa e non sospetta mai la propria immoralità, in quelle tenebre perfette illuminate solo per un lampo, e rese più sensibili, dalla profezia di fra Cristoforo precipitosamente troncata da una misteriosa paura.
Infatti si lascia intimorire da fra Cristoforo, uomo disarmato, solo perché non ha un proprio ideale, un proprio pensiero ben deciso su cui contare e quindi è subito spaventato dalle parole del cappuccino che lo portano a riflettere come non aveva mai fatto.
Lui vive solo con l'idea di potenza che mette sempre in atto senza nessun scrupolo preoccupandosi solo di acquisire altro potere per non potere sfigurare davanti a suoi predecessori.
Il Manzoni mette in chiara evidenza la tenacia e lo spirito combattivo con cui Fra Cristoforo, combatte la superbia, la prepotenza e l'orgoglio dei signorotti come Don Rodrigo e lo scopo che lo guida ovvero la pace.
Fra i due il vincitore apparentemente può sembrare il potente che resta sul campo di battaglia, mentre l'umile si allontana a capo chino. In realtà l'oppressore è stato smascherato e rimane a rodersi confuso fra la rabbia e il timore della profezia del frate.
Don Rodrigo è dunque il perdente, mentre il frate ha riaffermato il valore della giustizia e può allontanarsi amareggiato ma sereno poiché le sue sicurezze sul piano morale non sono state sconfitte: è lui il vincitore che possiamo associare alla verità.
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