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Compito sui primi 6 canti del purgatorio




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Scarica gratis Compito sui primi 6 canti del purgatorio

Purgatorio



Canto I


vv. 1-3


Qui c'è la metafora dell'immaginazione dell'autore intesa come una (modesta) barchetta che si avventura in acque più calme dopo aver solcato le difficili acque dell'inferno.

Il tema della navicella tornerà anche nel canto XXX, dove incontrerà Beatrice nelle vesti maestose di un ammiraglio.

Da questi primi versi già si capisce che dante, contemporaneamente al viaggio in purgatorio fa anche un viaggio interno, infatti lui si sente partecipe dell'espiazione delle varie anime che incontra, partecipa anche lui di quel pentimento.


vv. 4-6


Nella seconda terzina dante presenta il purgatorio, il fatto di chiamalo secondo regno fa capire che dante è consapevole della sua vicinanza alla poesia epica (solo i poeti epici cantano dei regni).

Importantissimo l'uso del verbo salire, che da solo riassume il significato del viaggio che dante sta per percorrere.


vv. 7-12


Qui lo stile diventa più elevato che all'inferno, per questo chiede aiuto alle muse ispiratrici, che però assume anche il significato di promessa di rinnovamento spirituale.

Le picche erano ragazze che, credendosi migliori, sfidarono le muse e Calliope le trasformò in gazze.


vv. 13-18


dolce, sereno, puro: dei verbi che, insieme a salire, esprimono l'atmosfera del purgatorio

anche da qui (come negli ultimi versi dell'inferno) si capisce come il rivedere il paesaggio sia una conquista molto importante, in quanto la luce è simbolo di Dio.

Siamo nel momento dell'alba, infatti dante evidenzierà spesso il sorgere e tramontare del sole.

L'uso dello zaffiro è condizionato dal fatto che ha il potere di far uscire dal carcere i prigionieri, placare la collera di dio e liberare gli occhi dalle impurità.

Il primo giro simboleggia l'orizzonte e li occhi e il petto simboleggiano il dolore che a provato passando per l'inferno, e di cui deve liberarsi per andare in purgatorio.


vv. 19-21


l'alba, momento sacro per i cristiani e si vede venere, simbolo dell'unione ristabilita fra Dio e gli uomini.


vv. 22-27


l'altro polo è l'emisfero australe, in cui si trova il paradiso, e le 4 stelle sono le 4 virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) d cui il nostro emisfero è privo → in preda al peccato



vv. 28-33


il carro che scompare è un altro simbolo dell'alba.

il veglio solo è catone, custode del purgatorio che, al contrario di Caronte, spira calma e silenzio; la reverenza che prova dante per lui è dettata dal dante autore.


Caronte


Perché se era pagano e per giunta suicida non si trova all'inferno, ma addirittura custode del purgatorio?

Perché dedicò tutta la sua vita alla politica, non fine a se steso ma per il bene dello stato, in più era uno stoico, cioè credeva nell'immortalità dell'anima e quindi non aveva problemi a soffrire in terra e addirittura a suicidarsi. Quindi il suo suicidio è considerato da dante un esempio di forza morale.


Vv 34-39


La barba lunga ce l'aveva perché non se l'era tagliata in protesta alla guerra civile, ma qui dante lo sottolinea per farlo assomigliare ad un santo con l'aureola intorno (li raggi delle 4 luci sante, che sono le stelle di prima). Infatti questo sta a significare che pur essendo pagano la forza delle sue 4 virtù cardinali lo hanno fatto lo stesso salvare da Dio.


Vv 40-42


Il confronto con caronte è lancinante:

  • Il tono della voce, anche se di rimprovero, non è aspro come quello del demone
  • Le oneste piume non sono le lanose gote del demone

Onesto era già comparso nella zona del limbo in cui si concentravano tutti i pagani.


Vv 43-48


Si vede che dante insiste sul buio dell'inferno, contrapposto alla luce eterna del purgatorio.

Anche adesso catone è legato fortemente alle regole, come lo era stato in vita.

Le mie grotte sta a simboleggiare l'attaccamento di catone a quel compito che gli è stato affidato.


Vv 49-51


L'insistenza delle 3 e fa capire la fretta con cui il maestro lo fa inginocchiare, gesto che fa capire l'importanza di catone.

Da qui parte il discorso di Virgilio, il più lungo di tutto il poema, ma costruito secondo i canoni di bello stile, come si deve fare quando si parla ad un personaggio importante. Anche questo serve ad allargare l'abisso fra caronte e catone.


Vv 52-57


Anche qui, come davanti a cavalcanti, si riprende il tema dell'insufficienza delle forze umane e del bisogno di Dio.

La donna è Beatrice, che è venuta a cercarlo nel limbo per supplicarlo di aiutare dante.


vv. 58-66


qui Virgilio riassume sinteticamente la situazione di dante nella selva.

La follia di dante è di aver creduto di poter raggiungere solo con la ragione la verità nella vita terrena. → l'ultima sera rappresenta simbolicamente sia la morte del corpo che quella dell'anima.

Poi riassume sinteticamente il viaggio all'inferno (ribadendo l'invio dall'alto) e chiede cortesemente (non minacciando l'intervento divino, come faceva all'inferno) di poter visitare il purgatorio.


vv. 67-75


sorvola velocemente sulle difficoltà trovate all'inferno, sottolineando la virtù del cielo che li ha sempre aiutati, poi accenna alla libertà, intesa come libertà dal peccato, e la paragona alla libertà di catone. Sottolineando utica, si capisce finalmente che parla di catone.


il disagio di Virgilio nel purgatorio


ai versi 91-93 si capisce che la retorica di Virgilio è inutile davanti ad un rappresentante divino, così si inizia a capire l'insicurezza e la sottomissione di Virgilio confrontata con la sicurezza di catone.

Infatti il purgatorio, al contrario dell'inferno, gli è sconosciuto


vv. 76-84


dopo aver sottolineato che lui non è all'inferno, Virgilio usa abilmente il limbo per parlare della ex moglie di catone, marzia.

La descrizione di marzia è fatta usando gli occhi, tipico di tutta la lirica cortese

Il richiamo al santo petto evidenzia ancora di più il valore di figura di Cristo assegnata a catone.

Finisce con l'offerta che era sempre stata gradita dalle anime dell'inferno, cioè di essere ricordato.


vv. 85-90


da queste parole di catone si capiscono 2 cose:

  1. l'integrità morale di questo individuo che non disubbidisce  alla legge di Dio di non avere contatti con le anime dell'inferno
  2. il distacco che hanno le anime del purgatorio (a differenza delle anime dell'inferno) dalla loro vita terrena.

vv. 91-93


la donna è Beatrice, quindi sarà sempre una donna a smuovere Cato, ma una donna del cielo, che quindi agisce per volere divino e non una lusinga (marzia).


vv. 94-99


il giunco schietto (senza nodi) con cui deve cingersi la vita rappresenta l'umiltà e la purezza che deve avere chi si accinge a compiere la difficile salita; mentre il lavacro del viso è un secondo battesimo, simbolo della rinnovata alleanza con Dio.


vv. 100-108


il fatto che ripeta che devono essere molli, cedevoli → simbolo di umiltà, dote indispensabile per compiere questo viaggio.

Qui di nuovo abbiamo il riferimento simbolico all'oriente, simbolo di rinascita e speranza.


vv. 109-114


ligio com'è alle sue regole e all'essenzialità, appena ha finito scompare, allora dante come sempre chiede un aiuto silenzioso alla sua guida e lui non anca di darglielo.

Non mancano i particolari realistici, infatti si dirigono realmente verso nord (essendo che quando erano usciti puntavano a est)!


vv. 115-120


il sorgere dell'alba è come un trionfo, e il mare una promessa di salvezza, perché gli occhi di dante riescono finalmente a vederlo.

Finalmente dante riesce a sentire la vicinanza della meta.


vv. 121-129


tutto di svolge in un clima di delicatezza (l'erba novella, la calma del maestro) e dante piange commosso dal rito.

Questa scena è ripresa dall'Eneide.


vv. 130-136


qui nasce subito un confronto tra Ulisse mosso dalla superbia (che non riuscì a sbarcare) e dante che invece è mosso dalla volontà divina.

Anche la storiella del giunco è tratta dall'Eneide, in cui Enea strappa un giunco d'oro che ricresce.


Canto II


Vv. 10-12


In questa terzina appare per la prima volta La condizione degli spiriti del antipurgatorio, che ancora attendono di dare inizio alla purificazione.

Sono in una situazione di merda perché, seppur sentendo l'impulso di iniziare il cammino, sono ancora legati alla dimensione della fisicità.


vv. 13-18


come venere prima era segno di retorica, marte adesso è il simbolo della musicalità, una musicalità intesa come armonia voluta da Dio.


vv. 16-24


in questi versi dante si augura di rivedere anche dopo la morte questo angelo.

Qui inizia già a diffondersi un atmosfera sovraumana (in paradiso si completerà con la totalità).

Si noti la figata di come dante ci fa la cronaca dell'avvicinamento di questa nave, bianca, colore della purezza.


vv


Virgilio è sconcertato quanto dante dall'apparizione improvvisa dell'angelo → tratti umani

Teoricamente questo dovrebbe essere il secondo angelo che appare a dante ma non si può esserne sicuri perché non lo dice chiaramente se quello all'inferno fosse un angelo.


vv. 31-36


Virgilio si riprende velocemente e inizia a far notare a dante la soprannaturalità dell'angelo.

Le sue ali non hanno nulla in comune con quelle degli uccelli se non la forma, ma non si capisce se le muove o No.

L'angelo viene dalla foce del Tevere perché: come la chiesa porta i peccatori alla redenzione, così fa l'angelo.


vv. 37-42


continua il tema della luce.

Il fatto che dante non possa vedere la luce, fa capire che gli manca ancora tanto prima di avere la grazia.

La barca è leggera per 2 motivi: la contrapposizione con quella di caronte (legata al mondo terreno anche nell'affondare), e la leggerezza delle anime morte in grazia di Dio e quindi senza il peso del peccato.


vv. 43-51


anche questa descrizione è fatta come antitesi alla descrizione di caronte all'inferno, l'armonia è il tema del purgatorio, infatti le anime scendono in gruppi cantando.


vv. 46-51


questo salmo parla della liberazione degli ebrei dalla schiavitù d'Egitto, come i peccatori sono liberati dal peccato.


intermezzo


le anime scendono confuse, poi si guardano attorno e vedono dante che getta ombra, una di loro lo riconosce e cerca inutilmente di abbracciarlo, è il musico Casella.

Dante, vedendolo triste gli dice di cantare e lui intona "amor che ne la mente mi ragiona".


vv. 112-114


qui c'è un clima simile alle coorti stilnovistiche di dante, e la canzone che sta cantando è una lirica di dante musicata.

Questo è un esempio di come ogni anima che incontra nel purgatorio gli fa ripercorrere la propria storia, infatti il soggetto di questa canzone è la filosofia → con solo la ragione si arriva alla verità.

Le ultime parole "la dolcezza ancor dentro mi suona" → ha superato questa certezza.


vv. 115-117


qui dante vuole mostrare come il seguire la bellezza filosofica è un bene illusorio.

Ma qui dante non vuole condannare lo stilnovo in se, anzi lo esalta come la migliore delle arti; ma vuole far capire come l'arte fine a se stessa può diventare veicolo di perdizione, se non è al servizio di una giusta ideologia.


vv. 118-133


il rimprovero duro di catone riporta tutti alla realtà, e fa capire che le anime devono separarsi dalla "scorza" della vita terrena, che in questi versi è rappresentata dalla musica del tipo.

Anche Virgilio cade in questa tentazione, come aveva già fatto ricordando marzia a catone nel cap. prima.

Ma le anime capiscono ed in gruppo ripartono verso il purgatorio.


Canto III


Riassunto delle puntate precedenti


Nell'antipurgatorio ci stanno le anime che si sono pentite all'ultimo momento.

Si incamminano e arrivano fino alla base del monte, ma non sanno per dove salire quindi chiedono a delle anime la strada.

Le anime, dopo aver preso uno spacco per l'ombra di dante gli indicano la salita.


vv. 103-108


qui c'è l'entrata n scena di Manfredi, mentre le anime ormai vanno avanti insieme a dante, ma non nell'errore come nel cap prima, ma verso la pace.

È importante l'entrata in scena perché è diversa da quelle dell'inferno, infatti l'interlocutore si distingue dal gruppo ma non si stacca.

La cicatrice rappresenta proprio la sua fierezza in terra ormai dimezzata.


vv. 109-111


qui dante non sa ancora chi ha davanti ma adegua il suo tono a quello di cortesia dell'anima, la quale per farsi riconoscere mostra un'altra piaga.

Questa esposizione di piaghe richiama al martire cristiano.

Dante era appena nato quando il re morì scomunicato per il taglio al petto che gli mostra in questo momento.


vv. 112-117


lui è scomunicato per aver diffuso falsamente la notizia della morte dell'erede al trono per poter prendervi il posto.

Muore in battaglia dopo che il re di Francia si era fatto incoronare del suo regno e l'aveva invaso, infatti preferì morire da eroe che vivere da sconfitto.


vv. 118-123


in punto di morte sembra che ci siano delle leggende che narrano che si sia pentito.

Manfredi inaugura la caratteristica delle anime di auto incolparsi per salire più veloce il purgatorio


vv. 124-129


qui si vede il conflitto tra Dio e i suoi vicari in terra, presuntuosi.

Infatti, mentre il suo avversario francese lo mette in una tomba di pietre, il papa lo fa disseppellire, in quanto scomunicato.


vv. 130-132


qui si capisce l'attaccatura al mondo terreno che c'è ancora nelle anime dell'antipurgatorio, infatti lui compiace il suo corpo che è ancora esposto  alle intemperie vicino al fiume, fuori dal regno per cui ha tanto combattuto.

vv. 133-135


ciò di cui accusa Manfredi il papa non è di averlo scomunicato, ma di non aver creduto nella misericordi divina, facendo disseppellire le ossa.

La scomunica non è stata messa in pratica da dante soprattutto perché era stata fatta per motivi politici.


Manfredi come dante


Dante da questa lettura personale della storia di Manfredi perché si sente come lui, esiliato da Firenze per una lettura sbagliata del suo operato da parete del papa bonifacio VIII che lo fa esiliare.


vv. 136-141


le anime che per presunzione non hanno supplicato il papa di annullare la scomunica devono vagare per 30 volte il periodo passato da scomunicati, amenocce qualcuno in terra non preghi per loro e diminuisca il tempo del pentimento.


vv. 142-145


adesso Manfredi è totalmente staccato dalla vita terrena e pensa solo a percorrere nel minor tempo possibile la sua pena per arrivare il prima possibile da Dio.


Canto VI


Riassunto delle puntate precedenti


nel V ci sono i peccatori di morte violenta che si pentirono all'ultimo istante perdonando chi li aveva uccisi.

Poi c'è la storiella del conte, il cui corpo è stato conteso da un angelo, che si è preso l'anima, e da un diavolo, che si è preso il corpo.


Nel VI dante chiede a Virgilio perché, se le preghiere non possono influire sulle decisioni di Dio, sti cazzo di morti le chiedono tanto, e lui gli risponde che ciò vale solo per i morti non in grazia di Dio.


vv. 49-54


contrariamente alla norma è l'allievo in questo caso ad incitare il maestro alla velocità; infatti il maestro non vuole fare in fretta perché la fine della sua missione coincide con il ritorno agl'inferi.


vv. 55-60


qui Virgilio preannuncia a dante che il viaggio durerà tre gg, che fa capire quanto sia più facile peccare che purificarsi (all'inferno era durato 2 gg).

Qui si preannuncia l'arrivo di sordello (il più famoso poeta italiano in lingua d'oc e grande cavaliere), che , per la sua grande dignità e l'invettiva contro lo stato, si pensa che sia l'immagine di dante negli anni dell'esilio.



vv. 61-66


qui si capisce la maestosità e la grandezza d'animo dell'anima.

Quest'anima è divisa dalle altre, per la sua grande dignità, poi la figura del leone fa capire come si stia preparando in silenzio alla futura invettiva.


vv. 67-75


qui il povero dante non lo cagano neanche di striscio, infatti loro parlano tranquilli dimenticandosi di dover salire.

Virgilio stava iniziando a dire il suo epitaffio quando sordello cambia completamente atteggiamento di fronte alla propria patria


vv. 76-84


lo spunto dell'invettiva è dato dal fatto che Virgilio e l'altro al solo nome della comune patria si sono sentiti fratelli, e invece adesso si fanno la guerra anche dentro la stessa cerchia di mura.

Come nell'inferno al canto VI corrisponde la politica → dante sfoga le sue idee in proposito

La divisione, la corruzione, le lotte fratricide, l'arroganza violenta dei nobili, contrapposta all'idea di un governo sopranazionale che continui la nobile tradizione di Roma e ponga fine a questo stillicidio autodistruttivo.


vv. 85-90


si introduce qui la metafora della giumenta con cui è rappresentata l'Italia.

Il freno e la morsa sono sistemate dalle leggi fatte da Giustiniano, ma è inutile in quanto la sella (il trono) è vuota.


vv. 91-96


il popolo ha preso in mano le redini del cavallo senza cavaliere, ma è probabile che stia parlando della gente di chiesa che si è messa a occuparsi della roba politica impedendo all'imperatore di salire al trono.


vv. 97-102


adesso inveisce contro Alberto detto il tedesco perché non venne mai in Italia ad occuparsi dello stato. E gli augura di essere punito da Dio, perché quello di governare è un dovere che viene direttamente dal Signore, e per questo chi disubbidisce deve essere punito.


vv. 103-108


continua l'invettiva contro Raul, che viene paragonato ad un giardiniere che non si cura del proprio giardino (l'Italia) che quindi diventa deserto.

Continua con i riferimenti alle lotte tra comuni che, senza l'autorità imperiale, si stanno dando alle guerre fratricide.





vv. 109-117


l'invettiva continua con il vocativo "vieni" per convincere l'imperatore a toccare con mano la triste situazione italiana, per andare a trovare Roma, qui personificata in una vedova sola.

Infine la cosa che sta più a cuore a dante: il grande numero di vittime e di sangue versato.


vv. 118-126


finisce tirando in ballo giove, che non fa niente in questa triste situazione.


vv. 127-129


l'invettiva finisce ovviamente parlando di Firenze, che non deve sentirsi tirare in causa da questi casini che non la riguardano.

Ma, seppur parlando male di lei, dante la chiama cmq Firenze mia, simbolo dell'amore che prova per lei.


vv. 130-138


l'invettiva usa il tono sarcastico, infatti sembra che stia parlando bene di Firenze ma in verità si capisce che fanno così solo perché spinti dalla cupidigia.


vv. 139-144


qui c'è il confronto con le città greche di atene e sparta, che facevano leggi durature, mentre Firenze ha un governo completamente instabile, in cui le leggi non durano.


vv. 145-151


qui il tono ironico se ne va, e paragona Firenze ad una malata che si gira di continuo nel letto in preda al dolore, così come Firenze cambia di continuo leggi e popolazione (mandata in esilio).


Canto XI


Riassunto delle puntate precedenti


dante si addormenta e quando si sveglia vede la porta del purgatorio, preceduta da tre gradini e difesa da un angelo.

Dante si inginocchia davanti all'angelo che gli incide 7 P sulla fronte con la spada, che scompariranno ogni volta che purificherà un peccato.

Poi tira fuori le chiavi che gli aveva dato san Pietro e fa entrare i pellegrini.

Il primo suono che sente dante è un canto armonioso.


Nel purgatorio più si sale meno gravi sono i peccati.

Nelle prime tre cornici ci sono i peccatori che hanno desiderato il male, o, per alcuni, che hanno indirizzato male il proprio amore.


Siamo nella prima cornice (canto X), i superbi, i cui exempla di virtù sono bassorilievi molto realistici che anche parlano sulle pareti laterali, mentre quelli negativi sono per terra.

La loro pena è di portare grossi pesi camminando guardando per terra e battendosi il petto.



vv. 1-6


i superbi devono avanzare recitando una specie di padrenostro dilatato apposta per loro.

La preghiera serve per ricordare ai peccatori che sono sotto il regno di Dio e che è per arrivare alla sua grazia che stanno camminando.

Sia fatta la tua volontà sta a significare che la nostra volontà sia sotto la tua, al contrario dei superbi.


vv. 7-9


quelli che in vita erano tanto sicuri di loro stessi desso devono recitare questa frase che sottolinea la pochezza dell'uomo.


vv. 10-12


questi superbi che in vita non misero nulla davanti al proprio io adesso devono cantare che questa fusione con Dio avvenga sempre, sottolineando il noi contrapposto all'io terreno.


vv. 13-15


un riferimento alla manna che salvò gli ebrei in Egitto e l'aspro deserto è il purgatorio.


vv. 16-18


questa terzina è proprio l'antitesi del loro pensiero in terra, infatti in terra loro basavano tutto sul vanto dei propri meriti, e adesso chiedono che non vengano giudicati.


vv. 19-24


la preghiera si conclude con questo atto di umiltà e generosità, infatti chiedono pietà non per loro che ormai sono già salvi, ma per coloro che possono ancora cadere in tentazione.


vv. 31-36


qui dante sprona la preghiera da parte di chi è in grazia di Dio (cioè non ha commesso peccati mortali) per gli espianti.


Vv 73-78


È per questo gesto di mimesi verso i peccatori che si pensa che dante abbia voluto far capire quanto si senta partecipe di questo peccato.

Queste anime sono di nobili perché, come aveva già dichiarato anche all'inferno, sono quelli più soggetti a tale peccato.

Adesso incontra uno dei suoi vecchi amici, come farà lungo tutto il purgatorio.


vv. 79-81


qui dante riconosce oderisti, uno dei più grandi miniatori del mondo.

Proprio nel canto n cui condanna l'orgoglio derivato dalla gloria artistica dante rende omaggio ad uno dei più grandi miniatori.


vv. 82-90


adesso inizia il discorso per cui oderisti diventa così uno dei personaggi più importanti, perché esprime alcune delle idee fondamentali di dante.

Lo chiama frate perché si sente anche lui parte di quel peccato.

Il fatto che riconosca che c'è qualcuno di più grande di lui nella sacra arte

  1. che non è più peccatore di superbia
  2. nel purgatorio la gloria terrena è nulla, come tutto il resto delle cose terrene.

vv. 91-93


qui dante esprime per bocca di oderisti l'idea dell'effimerità della gloria terrena, paragonata ad una foglia che appassisce, ameno che non arrivi un periodo di carestia artistica.


vv. 94-96


qui fa capire la sua idea facendo l'esempio di cimabue ormai sorpassato da giotto


vv. 97-99


fa un altro esempio con i 2 guido, e poi dice "umilmente" di averli già superati entrambi.

Non è superbia perché si mette solo in un ciclo perché questo → ci sarà qualcuno che lo supererà.

Ma intanto si pone al verso 99 che → il senso di miracolo.


vv. 100-108


qui il senso di delusione dalla gloria mondana raggiunge l'apice; infatti qui dante ripropone la teoria medioevale della effimera durata della vita in confronto all'eternità della vita ultraterrena, cosa che fa venire un senso d'angoscia che dante esprime bene i questi versi


vv. 109-114


qui il tema torna per l'ennesima volta alla città amata - odiata da dante, Firenze, che, come sempre, è in preda ai disordini.

E l'artista cita un altro personaggio che era famoso e che adesso non conta un cazzo.


vv. 115-117


qui il distacco dalla vita terrena è proprio completo, infatti dice VOSTRA è la fama terrena

con le ultime parole ricorda che la fama terrena è data e tolta da Dio.

Infatti solo il volere di Dio può rendere immortale l'uomo.


Canto XXVII


Riassunto delle puntate precedenti


II cornice: invidiosi →  hanno gli occhi chiusi con il fil di ferro, ma lacrimano cmq.

Exempla = spirito di carità

= suoni


III cornice: iracondi → come in vita sono stati accecati dall'ira adesso lo sono da un fumo denso


Le 4 cornici dopo sono del poco desiderio dell'amore


IV cornice: accidiosi → hanno desiderato Dio ma erano troppo attaccati al materiale

→ corrono intorno alla cornice gridando exempla di sollecitudine perché in vita sono stati lenti ad aderire al bene.


V cornice: avari e prodighi → giacciono a terra recitando un salmo perché in vita erano troppo attaccati ai beni terreni.

Qui c'è un terremoto perché l'anima di Strazio, scrittore di poemi epici, ha finito le sue pene.


VI cornice: golosi → soffrono fame e sete e sono costretti a passare sotto 2 alberi, uno carico di frutti profumati e l'altro bagnato da acque limpide.

Intanto intonano l'exempla.


VII cornice: lussuriosi → sono disposti in 2 gruppi che procedono in direzioni opposte avvolti dalle fiamme, come in vita erano avvolti dalle fiamme della passione,  e recitano exempla di castità premiata e lussuria punita.


Qui ci mette guinizzelli perché canta dell'amore per una donna non inteso come mezzo verso Dio, è un eccezione alla regola perché parla francese


Adesso siamo nel paradiso terrestre, che presenta la forma del giardino ideale, sempre in primavera.

Dante non ha più P sulla fronte e Virgilio non c'ha più un cazzo da insegnarli e li fa un ultimo discorso prima di separarsi da lui.


vv. 124-129


la ragione di Virgilio non riesce più a vedere nella dimensione dell'assoluto, anche se l'ha guidato nel foco temporaneo (purgatorio) ed in quello eterno (inferno).

Nelle parole di Virgilio c'è già il presagio di abbandono, ma c'è anche affetto, infatti lo chiama figlio.


vv. 130-135


fino ad adesso Virgilio ha guidato dante sempre con la ragione, e grazie agli insegnamenti del maestro dante adesso l'ha acquisita.

Adesso dante è salvo, il sole splende su di lui.


vv. 136-138


Virgilio annuncia l'arrivo di Beatrice, facendo ovviamente riferimento ai suoi occhi, da bravo poeta provenzale.


vv. 139-142


adesso dante è capace di farsi da guida da solo, ha raggiunto la ragione.





Canto XXX



Riassunto delle puntate precedenti


Dante vede una processione guidata da 7 candelabri, seguiti da uomini vestiti di bianco.

Dietro di loro 24 anziani, dietro 4 animali, ed in mezzo ad essi un carro spinto da un grifone.

3 donne danzano sulla ruota destra e 4 sulla sinistra.

Seguono 2 vecchi, poi 4 ed infine uno solo.


Quando il caro arriva davanti a dante si ferma con un gran tuono e dante vede la donna velata.

Senza riconoscerla sente comunque un fremito dentro di se, allora dante si gira per chiedere a Virgilio, che però non c'è più, allora piange.


vv. 55-57


queste sono le prime parole di Beatrice, la donna che lo aveva salvato dalla lupa.

E sono le parole di una madre severa, che gli dice che non deve piangere perché tra poco avrà altro motivo per piangere.


Riassunto delle puntate precedenti


Beatrice accusa dante di non aver fatto fruttare bene i doni che la natura gli aveva dato


vv. 127-132


quando Beatrice morì l'amore di dante diminuì invece di aumentare, aumentando la bellezza di Beatrice, distolto dall' idea di potercela fare con le sue potenzialità intellettuali.


vv. 133-135


queste parole si rifanno agli ultimi capitoli della vita nova, un idea davvero figa rifarsi alle proprie opere giovanili, confermando quello che aveva già detto lui (il senso di smarrimento per aver ceduto alle lusinghe della donna gentile)


vv. 136-141


la sua ostinazione nel peccare → ci vuole un rimedio estremo, cioè fargli capire quello che lo aspetta.

Questo dimostra l'amore di Beatrice per dante.


vv. 142-145


ma non sarebbe stato giusto che dante avesse visto Beatrice senza prima passare a purificarsi per l'inferno ed il purgatorio.






Canto XXXIII


Riassunto delle puntate precedenti


Beatrice gli ordina di confessarsi e lui inizia a piangere, poi, spinto da lei, lo fa.

Alla fine sviene e si risveglia tra le braccia di Matelda che gli sta facendo attraversare il fiume lete che gli farà dimenticare tutti i suoi peccati.

Poi beatrice si toglie il velo e la sua bellezza è indescrivibile.

La processione se ne va e Matelda lo immerge nelle acque dell' eunoè.


vv. 136-141


il sapore dell'acqua è così dolce che non se ne sarebbe mai saziato.

Qui il poeta introduce la fallibilità umana nel descrivere cose divine e poi si scusa di non poter continuare oltre perché ci sono i limiti imposti dall'opera d'arte


vv. 142-145


qui il poeta descrive bene la sensazione di rinascita dopo l'immersione nelle acque ripetendo l'aggettivo novelle.

Anche questa cantica finisce con la vista delle stelle.

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