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"Commento alla poesia Due Sigarette di Cesare Pavese"




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"Commento alla poesia Due Sigarette di Cesare Pavese"


Due Sigarette, come molte delle opere giovanili di Pavese, è una poesia strutturata come un breve racconto. Nella solitudine della città notturna il protagonista si inoltra attraverso vie bagnate dalla pioggia, alla ricerca di una donna con cui trascorrere la notte. Sotto la luce dei lampioni incontra una prostituta che gli domanda un cerino per accendersi una sigaretta; iniziano a parlare, e lei, con il pretesto di fargli vedere il ritratto di un uomo, un marinaio che aveva amato, lo invita a seguirla nella sua stanza.

I temi toccati sono comuni alle poesie di Pavese: il senso di solitudine, il desiderio di fuga da una vita insoddisfacente, la ricerca di una comunicazione e di un affetto che vengono negati.

La solitudine emerge nella descrizione iniziale della città: le strade deserte, di notte, non offrono nient'altro che il malinconico riverbero delle luci dei lampioni sulle pozzanghere di pioggia, e le immagini distorte riflettono l'incomunicabilità data dal buio, dall'assenza di vita. Solo il vento ne è protagonista: è un elemento che verrà ripreso più volte nel corso della poesia, a simboleggiare qualcosa che si inserisce, si insinua, disturba le comunicazioni provocando silenzio e isolamento. I passanti sono radi e, anche se sui loro volti si può leggere che alle spalle hanno una storia, tutto è celato, perché essi sfuggono ai contatti dei pochi che sono rimasti in giro.

Ma nella notte umida e fredda cercare calore e affetto non è altro che un'illusione. Il cerino che il protagonista offre alla donna non riesce a rimanere acceso, il calore viene spento dal vento. Le finestre dei palazzi, con le luci spente, sono come degli occhi chiusi che nella notte non possono vedere: è una metafora per sottolineare l'inconsistenza dei contatti degli uomini con le prostitute, di cui, essendo segreti e impossibili da mantenere, si percepisce solamente la caducità.

Come la conversazione tra il protagonista e la donna si riduce a due mozziconi di sigaretta, calore e luce che giacciono consumati sulla strada, anche i rapporti che entrambi intrattengono finiscono per esaurirsi nell'inestinguibile solitudine della loro condizione. Infatti, la stanza della prostituta è povera e fredda come lo sono i rapporti che ha con i "clienti", il tepore dei fiati si disperde subito come il calore umano, che è assente, e tutto avviene al buio, perché deve rimanere segreto e la comunicazione non esiste.

Egli cerca una via di fuga dalla propria vita: ogni notte è la liberazione perché ogni volta può illudersi che troverà conforto, calore umano; ma la freddezza di questi rapporti è continuamente rimarcata.

Questo desiderio prende forza nelle immagini evocate dalla prostituta, la quale rappresenta proprio la ricerca fallita di un cambiamento. La donna si illudeva che il marinaio l'avrebbe liberata della propria condizione: ecco apparire la nave di luce (la possibilità di un miglioramento) che attraversa la notte ventosa (la sua vita precedente e futura); la sciarpa colorata che l'uomo le ha regalato, con la quale, piena di speranza, viene addirittura identificata, e il contrasto tra l'illusione perduta e il buio, l'assenza di colori della vita cittadina.

Le immagini evocate si basano sul contrasto tra luci e ombre, caldo e freddo: nella notte di città appaiono deboli le luci dei lampioni, del riverbero sulle pozzanghere, dei cerini; il buio dell'oceano è illuminato dal transatlantico, mentre ad alleviare l'oscurità della stanza della donna ci sono solo le stelle fioche. La luce simboleggia dunque la speranza in una redenzione: in città è debole, incapace di penetrare la disperazione della solitudine; sull'oceano, la fiducia in un cambiamento riesce quasi a far dimenticare il passato; ma nella stanza della donna ogni illusione scompare.

Quest'idea viene ripresa anche dalla contrapposizione tra caldo e freddo, e appare vivida soprattutto nell'immaginario della donna.

Il marinaio, con la sua sciarpa e la pelle abbronzata è il calore, un mezzo di fuga; il protagonista invece è freddo nell'inconsistenza delle tenebre, nell'impossibilità di sottrarsi ad un destino detestato. Inoltre, nella sua stanza non ci sono stufe e l'unico calore è rappresentato dai respiri dei rapporti che vi si consumano: riemerge l'incapacità di trovare affetto, perché come le due persone, poi, torneranno ad essere due estranee, tale calore si dissolve nell'aria.

Anche per quanto riguarda l'aspetto linguistico si può notare come emergano queste tematiche, che, però non vengono mai espresse in modo diretto, ma attraverso simbolismi e metafore.

E' evidente il valore simbolico delle strade, che raffigurano il desiderio di fuga; esse però sono solitarie, e vi è rimasto solo chi è in cerca di una donna con cui trascorrere la notte: i lampioni sono tutti per chi si sofferma a sfregare un cerino, si tratta di una metonimia.

Inoltre le immagini vengono contrapposte: si può notare come in certo, notti di vento ci siano sia un'allitterazione di t, sia un'assonanza di e ed o, che hanno l'effetto di ottenere una parentesi più cupa nell'utilizzo di a ed e, che sottolineano invece la luminosità delle immagini della nave e del marinaio.

La contrapposizione è espressa anche dall'utilizzo di una struttura prevalentemente ipotattica nel descrivere i ricordi della donna, mettendo in rilievo la loro positività e la concatenazione della memoria, e di una paratattica nel riprendere la scena della strada, dove il distacco tra un periodo, tra un pensiero e l'altro, sottolinea la freddezza.

La volontà di fuggire, di perforare la realtà si esprime anche in guardiamo nel cielo; è quasi un tentativo di proiettarsi oltre la cupezza dell'insoddisfazione rappresentata dalla strada.


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