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Come Pirandello interpreta la crisi della legge del terzo escluso ne "il fu Mattia Pascal"
La crisi della legge del terzo escluso emerge anche in un romanzo di Pirandello, "Il fu Mattia Pascal". Non che Pirandello conoscesse i filosofi intuizionisti né il dibattito intorno all'antinomia di Russell, ma sicuramente ciò che emerge da questo famoso romanzo esplica come la mentalità nei primi decenni del Novecento stesse radicalmente cambiando. Mattia Pascal è un giovane assetato di libertà, che si allontana dal suo paese, Miragno, per evadere dallo strano ménage familiare in cui si trova. Al casinò di Montecarlo egli si trova improvvisamente ricco grazie ad una grossa vincita, poi alla stazione scopre che a Miragno è stato ritrovato un cadavere, che i suoi familiari hanno identificato con lui. A questo punto c'è il problema della scelta: o rientrare nella Forma, cioè nel vecchio ménage familiare, oppure crearsi una nuova identità, facendosi credere morto dai familiari. Mattia Pascal sceglie la seconda alternativa: sotto il nome di Adriano Meis si trasferisce a Roma e vive una nuova vita, con l'illusione di aver riconquistato la libertà. Tuttavia, la nuova identità è una costruzione fittizia, esattamente come la precedente, e ne presenta tutti gli svantaggi, costringendo ad indossare una maschera, a mentire di fronte agli altri; ma è ben peggiore della prima perché non presenta i vantaggi connessi con l'identità "normale", con la forma socialmente riconosciuta: la possibilità di stabilire legami con gli altri, di assumere consistenza attraverso opere materiali, crearsi una famiglia, lavorare. Dunque Adriano Meis scopre in tutta la sua agghiacciante chiarezza la sua condizione, di essere escluso irreparabilmente da quella vita sociale a cui è rimasto così strettamente legato. Si sente come un'ombra inconsistente, che tutti possono calpestare, non una persona.
Questo crollo di tutte le certezze è ben espresso dalla filosofia di Anselmo Paleari, portavoce di Pirandello, che, di fronte ad un teatrino di marionette, spiega ad Adriano Meis la sua strana filosofia sullo "strappo del cielo di carta". La metafora delle marionette e del loro teatrino allude al fatto che la nostra personalità è una costruzione fittizia, una maschera che indossiamo, al di sotto della quale non c'è nulla, e che la realtà che ci circonda è anch'essa una costruzione nostra. Basta un nulla però per mettere in crisi tali costruzioni, come, appunto, lo strappo che si produce nel cielo di carta del teatrino. Quel cielo è falso, ma la marionetta è abituata a considerarlo vero. Lo strappo che vi si produce denuncia all'improvviso la sua falsità, e la marionetta entra in crisi, non riesce più ad aderire alla sua "parte" è costretta a vedere se stessa e la realtà in modo nuovo, straniato, e tutte le sue abituali certezze si dissolvono, condannandola ala paralisi. Così il nostro agire è possibile solo se crediamo alle nostre costruzioni, ignoriamo il carattere convenzionale della realtà che ci circonda. Lo "strappo", l'incidente casuale che ne svela la convenzionalità, ci obbliga a prendere coscienza e ci paralizza. Oreste, che deve vendicare la morte del padre Agamennone, rappresenta l'uomo che non ha ancora subito il trauma del crollo di tutte le certezze tradizionali, e quindi si prende interamente sul serio, può procedere nella sua azione sicuro e determinato. Amleto, invece, che nel suo proposito di vendicare il padre è corroso da infinite perplessità, rappresenta l'uomo moderno, che viene dopo la grande crisi, e quindi è paralizzato dalla consapevolezza della convenzionalità del reale, inibito nell'agire.
Dunque tutte le nostre certezze e i nostri punti di riferimento si sfaldano: il sistema di riferimento si "strappa", crolla la logica classica perché non esiste più la legge del terzo escluso. Infatti, quando Adriano Meis si rende conto che la sua nuova identità non ha un fondamento, simula il suicidio e vuole tornare Mattia Pascal, perciò torna a Miragno, dove si accorge che la vita è trascorsa senza di lui: la moglie si è risposata col suo migliore amico, Pomino, e ne ha avuto una figlia, perciò egli non può più rientrare nella vecchia "forma". Adriano Meis diventa il Fu Mattia Pascal, che rinuncia al vecchio ménage familiare e continua a vivere riflettendo sulla sua condizione paradossale che ha come unico privilegio quello di poter portare i fiori sulla propria tomba.
Infatti, se Mattia Pascal è e Adriano Meis è, non è vero che è sempre vera. Infatti si ha un terzo elemento, il fu Mattia Pascal: se c'è un terzo elemento, ve ne possono essere infiniti; questo distrugge la legge del terzo escluso. Citando lo stesso Pirandello:
"M'è sembrata una fortuna l'esser creduto morto? Ebbene, e son morto davvero. Morto? Peggio che morto; me l'ha ricordato il signor Anselmo: i morti non debbono più morire, e io sì: io sono ancora vivo per la morte e morto per la vita. Che vita infatti può esser più la mia?"
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