COMMENTO AL CANTO VI
Una delle caratteristiche principali di questo canto è la presenza di un
clima colmo di tensione, direttamente collegato al tema che Dante affronta: la
politica. È la prima volta che Dante affronta questo tema ed è proprio questo
che rende il clima teso, poiché più avanti nella Commedia, che ha una struttura
ciclica (quindi vi è un ritorno dei temi), quando Dante ritornerà a parlare di
politica, il clima è sicuramente meno agitato, più sereno.
Per comunicare a chi legge questa tensione nervosa, Dante sceglie la via
implicita, cioè se il lettore non s'immedesimasse nel testo non riuscirebbe mai
a comprenderla fino in fondo. Dante sfrutta questo sistema perché se avesse
scritto esplicitamente la sua tensione, nel complesso il testo non sarebbe
stato di tipo letterario. La comunicazione di questo nervosismo avviene dunque
in modo implicito attraverso ad esempio alcuni contrasti quali l'immobilità dei
dannati e il movimento di Cerbero, i dannati sdraiati e Ciacco che si mette
seduto, Ciacco che si alza e Virgilio che alla fine dirà che egli rimarrà
sdraiato fino al Giudizio Universale, gli occhi diritti di Ciacco e gli occhi biechi
di quando egli si accascia a terra come se non riconoscesse tutt'a un tratto
chi gli sta di fronte, Ciacco che lo riconosce e Dante che non riesce a fare
altrimenti, il contrasto tra vita e morte che emerge dal verso quarantadue
'tu fosti, prima ch'io disfatto,
fatto', ed infine il contrasto tra la speranza di Dante di venire a
conoscenza di qualcosa di positivo e l'annuncio di Ciacco di continue lotte e prese
di potere a Firenze, di personaggi illustri condannati nell'inferno, di una
Firenze piena d'invidia. Si nota quindi che prevalentemente la tensione si rileva
nel dialogo tra Dante e Ciacco, e sono in gran parte i toni usati da
quest'ultimo che denotano la presenza di nervosismo all'interno del canto.
Quando poi, alla fine del canto, Virgilio rimane solo con Dante, non
commenta l'accaduto perché ritornerà sull'argomento più avanti in modo
differente.