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CHARLES DICKENS
Nacque presso Portsmouth nel 1812 da famiglia piccolo borghese, in cattive condizioni economiche. A dodici anni dovette interrompere gli studi e lavorò per sei mesi in una fabbrica di lucido da scarpe (queste esperienze furono poi riversate nel romanzo David Copperfield). Più tardi si dedicò al giornalismo, divenendo cronista parlamentare e collaboratore di giornali umoristici. Nel 1836 giunse di colpo al successo con il circolo Pickwick, un romanzo che narra una serie di avventure comiche e picaresche di numerosi personaggi, pubblicato a puntate dispense mensili, che raggiunsero la tiratura di 40.000 copie. In seguito Dickens si dedicò al romanzo sociale, concentrandosi sul problema della miseria, molto sentito nel clima filantropico della società vittoriana (Oliver Twist, 1837-38, Nicholas Nickleby, 1838-39, La bottega dell'antiquario, 1840-41: tutti romanzi che hanno al centro le peripezie di fanciulli perseguitati). Del 1849-50 è il suo libro più famoso, David Copperfield, storia della formazione di un giovane. Con Dombey e figlio (1847-48) ha inizio un nuovo genere di romanzo, con cui vengono attaccati gli aspetti più odiosi della realtà capitalistica nella società vittoriana. Seguono Tempi difficili (1854), un quadro della realtà industriale inglese e delle condizioni della classe operaia, e Grandi speranze (1860-61), altra storia di formazione di un giovane, beneficato da un forzato evaso. Nel 1864-65 esce il nostro comune amico, il romanzo più pessimistico di Dickens, in cui appaiono cadute le illusioni sulla missione progressiva della borghesia e sull'emancipazione del proletariato. Lo scrittore morì nel 1870.
L'opera di Dickens è un tipico esempio di narrativa come produzione industriale, da cui l'autore può ricavare cospicui guadagni. Il fenomeno non è nuovo in Inghilterra. Ma dietro la grnade diffusione dei romanzi di Dickens sta una vera e propria rivoluzione editoriale, il passaggio dal romanzo in volume al romanzo a puntate, che veniva venduto a dispense, a basso prezzo, e diveniva così accessibile ad un pubblico incomparabilmente più vasto, determinando un enorme aumento della circolazione e dei profitti (si pensi che le 40.000 copie del Circolo Pickwick, nel 1836-37, in Italia costituirebbero ancora oggi un buon successo per un romanzo, pur in condizioni tanto mutate del mercato letterario). Questa destinazione popolare influisce sulla configurazione del romanzo dickensiano. Le sue componenti sono: intrecci fortemente "romanzeschi", con complicazioni e colpi di scena, sentimentalismo strappalacrime, situazioni melodrammatiche, gusto per il pittoresco, umorismo a volte troppo facile, che si traduce in una sterminata galleria di macchiette e caricature. Ma, potendo raggiungere un così largo pubblico, e rassicurato dai consistenti guadagni, il romanziere, "che prima era stato il paria della letteratura", si sente investito di un potere che ha "qualche affinità col potere politico", poiché il romanzo si presenta mirabilmente "ad essere veicolo di idee" (Praz). Dickens assume quindi ambizione sociali, ad usare il romanzo per illustrare i più gravi problemi della realtà contemporanea, lo sfruttamento del lavoro infantile, la scuola repressiva, l'affarismo senza scrupoli e il ruolo dominante del denaro, la miseria dei ceti proletari nelle grandi città industriali, l'ipocrisia e il conformismo borghesi, che mascherano un cinismo brutale. Dickens non prende però posizioni radicali, e nemmeno di tipo socialista e riformista (come avrà poi Zola). La correzione delle ingiustizie per lui deve provenire dall'alto, dai ricchi e potenti convertiti al filantropismo e divenuti benefici. Domina nei suoi libri lo "spirito di Natale", fatto di benevolenza, generosità e bontà caritatevole, di conciliazione e armonia tra gli uomini, a prescindere dalle divisioni di classe. Esemplare è il Canto di Natale (1843), dove un vecchio avaro e disumano, Scrooge, nell'atmosfera natalizia diviene improvvisamente generoso e benefico. Dickens interpreta perfettamente lo spirito della borghesia inglese dell'età vittoriana, consapevole delle ferite inferte al corpo sociale dal prepotente sviluppo industriale e timorosa della rivolta degli sfruttati, che si china pervasa di pietà a lenire le piaghe da essa stessa provocate, conservando però una visione sostanzialmente ottimistica della società, permeata dalla convinzione che l'armonia sia possibile grazie alla benevolenza tra gli uomini e allo spirito filantropico.
Se la popolarità di Dickens è sempre stata altissima, la valutazione critica è stata discontinua. Effettivamente i suoi romanzi presentano numerosi difetti, cadute di gusto, eccessi patetici o moralistici, facile macchiettiamo, imputabili soprattutto alla produzione "industriale", che obbligava lo scrittore a tener conto dei gusti del pubblico e gli imponeva ritmi di lavoro molto rapidi, che non consentivano un raffinato lavoro di lima. Però indubbiamente sono organismi narrativi vitali, la cui architettura "tiene" nonostante i difetti di dettaglio.
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